Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: Bel Riose    31/05/2010    3 recensioni
Breve one-shot sulla caduta di Costantinopoli del 1453, raccontata da Girolamo Minotto, capitano veneziano che partecipò alla difesa della città dall'assedio turco.
Dedicata al grande personaggio di Costantino XI, troppo spesso ignorato nei libri di storia.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Costantino XI Paleologo, imperatore dei Romani, manteneva un contegno veramente imperiale, nonostante le lacrime che a tratti gli bagnavano il viso.
Guardava fuori da una finestra nel Palazzo delle Blacherne il sole che si avviava al tramonto.
Non so dire cosa pensasse esattamente, in quel momento, ma era indubbio che quel sole di un rosso cupo, che declinava rapidamente all’orizzonte, ricordasse quanto stava accadendo lì, attorno a noi, in quel momento.
Dopo qualche attimo si voltò verso di me.
- Fuggi, Girolamo, finché sei in tempo. Torna a casa.-
Lo guardai:- Il mio dovere è restare qui, accanto a voi, Maestà. E poi, la mia casa è questa.-
Mi lasciai sfuggire un abbozzo di sorriso. Anche Costantino sorrise, un sorriso che sapeva di amaro.
- Ormai non rimane molto tempo, prima che si giunga alla fine di tutte questo.- disse, mentre indicava con un ampio gesto del braccio la città che si stendeva sotto i nostri occhi.
- Possiamo ancora resistere.- fu la mia risposta.
- Qualche giorno fa, l’avrei pensata come te. Ma da quando i tuoi marinai sono tornati a Costantinopoli, dicendo che non c’è alcuna flotta di soccorso in arrivo….che speranze vuoi che abbiamo, di fronte ai Turchi?-
- Una salus victis, nullam sperare salutem-
Costantino ora sorrise davvero:- Voi veneziani sapete essere più saggi di quanto non sembri a prima vista.-
Respirò profondamente, un respiro che sapeva di tutta la gravità della situazione:- Questa sarà probabilmente l’ultima battaglia dei Romani. L’ultima, di una interminabile serie.-
Rimasi in silenzio, in attesa che continuasse.
- Io e la popolazione di questa città abbiamo deciso di resistere. E resisteremo.-
Mentre pronunciava queste parole, vidi i suoi occhi luccicare di quella forza misteriosa che si impossessava di lui durante i momenti di sconforto. Era la stessa luce che avevo visto quando, ricevuto il messaggio del sultano Maometto II che intimava la resa della città, e dopo aver concordato con il senato ed il popolo, l’imperatore aveva inviato il suo rifiuto.
La stessa luce che avevo visto mentre, durante i primi giorni dell’assedio, sulle mura teodosiane, all’alba, arringava i suoi soldati, i genovesi, gli spagnoli, i provenzali, i veneziani, a combattere fino alla fine per l’ultima gloria dei Romani.
Ora, dopo tre mesi di combattimenti, quell’energia era ancora lì, pronta ad uscire allo scoperto.
Era la forza di un uomo che portava sul suo capo la corona dei Cesari, e sapeva di essere l’ultimo degli imperatori.
Quando avevo lasciato Venezia per assumere il mio incarico di governatore della colonia veneziani di Costantinopoli, mai e poi mai avrei immaginato di trovare una persona di tale grandezza, nella capitale di un Impero ormai morente.
Pure, Costantino XI era lì, pronto a combattere fino alla fine per ciò che restava dell’Impero bizantino, dell’Impero di Roma..
Quando lo incontraii la prima volta, allora capii per certo che il mio posto non era a Venezia, in quella che fino a poco prima avevo chiamato “casa”, ma lì, a Costantinopoli, tra gli ultimi dei Romani.
Quando i Turchi ottomani, guidati dal loro sultano, misero sotto assedio la città, decisi che avrei contribuito alla difesa con tutte le forze mie e degli uomini sotto il mio comando. Ammiraglio di tutte le navi presenti in città per volere dell’imperatore, feci del mio meglio per dare anche il più piccolo contributo all’estrema difesa di Costantinopoli, la Nuova Roma. Mentre molti fuggivano da quella battaglia senza speranza, molti altri restavano.
E tra costoro c’ero io.
- Non si fugge da una battaglia solo perché si sa che se ne uscirà sconfitti.- disse l’imperatore, quasi avesse letto nei miei pensieri:- Si combatte per quello in cui si crede, sempre, anche quando questo ti dovesse portare ad affrontare il mondo intero. Che tu sia davanti ad un uomo solo, o ad un’armata invincibile, devi combattere sempre e solo per quello in cui credi veramente.-
- Molti purtroppo non la pensano come voi, Maestà. Si combatte per il profitto, oppure si scappa.-
L’imperatore annuì:- E’ vero. Questo perché non capiscono che la vera morte non è quella che ti procuri combattendo, e cadendo, sul campo. La vera morte, quella che uccide anche l’anima, è voltare le spalle ai tuoi valori, alle tue idee, quando si è presi dalla paura.-

Lunedì 28 maggio dell’Anno del Signore 1453.
Santa Sofia era gremita di gente, di tutte le classi e di tutti i ceti sociali.
Aristocratici e plebei, senatori e artigiani, tutti insieme pregavano, le lacrime agli occhi, insieme al loro imperatore.
Io mi trovavo accanto a Costantino, unitamente a Giovanni Giustiniani Longo, generale genovese.
Quell’uomo era giunto a Costantinopoli con settecento uomini, pronto a difendere la città come se fosse stata la sua vera patria.
L’avevo visto personalmente, combattere sulle mura con tutte le sue energie, esortando più con l’esempio che con le parole i suoi soldati a fare lo stesso.
Un uomo, che ne valeva diecimila.
Ora era lì, in una dei più grandi e splendidi santuari della Cristianità, a pregare un’ultima volta, in attesa dello scontro finale.
Era diventato da subito un grande amico di Costantino, e mai e poi mai avrebbe rinunciato alla difesa di Bisanzio.
Mai.
Correva voce che lo stesso sultano avesse tentato di corromperlo, senza alcun successo.
Giustiniani era una delle poche persone rimaste della mia epoca per la quale la fedeltà non poteva essere comprata.
E rimase fedele alla parola data fino alla fine.

Martedì 29 maggio dell’Anno del Signore 1453.
I combattimenti iniziarono fin dallo scoccare della mezzanotte, e continuarono per tutta la notte, e la mattinata seguenti.
Il sole era sorto da poco, quando vidi Costantino che stava riposandosi, seduto sulla scalinata di una piccola chiesa nei pressi della Porta d’Oro.
- Abbiamo respinto i Turchi.- mi disse, ansimando, non appena mi vide. Era visibilmente provato, pure non c’era stanchezza nella sua voce, o nel suo sguardo. Solo la volontà di combattere.
- Ho saputo che hanno aperto una breccia.-
- L’abbiamo richiusa.-
L’imperatore si lasciò sfuggire un sorriso di compiacimento.
- Giustiniani?-
- E’ sulle mura, a riorganizzare le fila.-
- Un nuovo attacco è imminente?-
Costantino non rispose subito. Alzò per un attimo la testa, guardando la mole delle mura, mentre i tiepidi raggi del mattino ne illuminava la merlatura.
- Il sultano sembra abbia intenzione di attaccarci con i giannizzeri.- disse, poi.
Ebbi un fremito, ma mi ricomposi subito:- Resisteremo?-
Costantino si alzò, e mi mise una mano sulla spalla:- Sono stato davvero fortunato ad incontrare sul mio cammino due Latini come te e Giustiniani, in un momento così drammatico. Non dimenticherò mai il servizio che avete reso all’Impero.-
Rimasi in silenzio.
Un urlo, proveniente dalle mura, attirò l’attenzione dei presenti: i giannizzeri stavano arrivando.
L’imperatore tornò a guardarmi:- Ho un ultimo ordine per te, amico mio.-
- Sono al tuo servizio.- replicai, la voce rotta.
- Salva tutti quelli che puoi.-
Dopodichè, insieme alle sue guardie, salì sulle mura.
Quella fu l’ultima volta che lo vidi.
Come seppi in seguito, combatté fino all’ultimo, da vero imperatore. Quando i turchi irruppero in città, lui e gli ultimi superstiti si lanciarono all’attacco senza esitazione.
Morì combattendo per ciò in cui credeva.
Giustiniani venne ferito mentre difendeva le mura, ma riuscì a salvarsi. Da quello che mi è stato riferito, le ferite sono state gravi. Probabilmente non sopravviverà.
Quanto a me, riuscii a radunare le mie navi e vi feci caricare sopra quante più persone potevo.
Mentre salivamo sulle imbarcazioni, sentivo in lontananza le urla della gente che fuggiva, disperatamente ma invano, dall’esercito invasore.
Alzai gli occhi al cielo. Era la fine dell’Impero di Roma.
Pensai ai soldati di Costantino. Quanti di loro erano ancora vivi? Quanti, erano corsi alle proprie case? Quanti erano riusciti a salvare se stessi, e la propria famiglia?
Mi volsi ad osservare quelli che salivano sulle navi. Nessun soldato, a parte i miei veneziani.
Scrollai il capo, e nel mio cuore dissi una preghiera per loro.
Pregai, affinché morissero con onore, salvando i loro cari da una sorte atroce. Le urla che sentivo mi raggelavano il cuore.
Salii sulla mia nave, e partimmo.
Vidi allontanarsi Costantinopoli, dietro di me, fumante per gli incendi appiccati dagli ottomani. Il mio sguardo si soffermò sulla mole di Santa Sofia, poi sulle mura.
Tutto era finito.
Costantinopoli era caduta.
L’Impero bizantino aveva visto il suo ultimo giorno.
Pure, quello che Costantino XI Paleologo, imperatore e autokrator dei Romani, mi aveva insegnato, travalicava i meri confini della storia, dello spazio e del tempo.
Spero che i posteri ricordino, che non dimentichino come pochi uomini coraggiosi, che difendevano le proprie case, e soprattutto i propri valori, difesero l’ultimo caposaldo di Roma dall’assalto di centinaia di migliaia di soldati.
Spero che, un giorno, leggendo delle gesta di Costantino XI, ricordino che l’uomo vive e combatte per ciò in cui crede.
Forse mi sto illudendo, forse tutto cadrà nel dimenticatoio.
Pure, ne sono sicuro, ci saranno ancora uomini che combatteranno per le proprie idee, fino alla fine, senza arretrare di fronte a nulla.
Uomini che adempieranno alla loro missione fino in fondo, senza esitare.
Io ho adempiuto alla mia.
L’ho fatto, fino a quando i turchi non sono riusciti a prendere la mia nave, me ed i miei figli.
Ora sono qui, prigioniero, dinanzi al sultano, pronto a seguire nel destino gli ultimi difensori di Bisanzio.
Mentre colui che sarà il mio boia si avvicina, mi sono passati davanti gli occhi i giorni che ho trascorso a Costantinopoli, accanto all’imperatore, stretti dall’assedio.
Ma, soprattutto, continuo a ricordare le parole di Costantino.
- Ho combattuto per quello in cui credo.- dissi al turco che si avvicinava.
Lui non mi comprese.
Alzò la spada.
E poi, fu il nulla.

  
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: Bel Riose