Poteva farcela: bastava poco, veramente poco...
Un gesto veloce... e via!
Il naso gli si arricciò automaticamente, senza poterne a fare meno.
Coraggio, Merlin, ne hai vissute di peggiori!, si disse.
Tuttavia, la cosa non lo fece stare meglio, né risultò consolante.
Altra fonte di disturbo era la presenza di Arthur, alle sue spalle: pur senza vederlo, sapeva bene che le sue labbra erano tirate in un sorriso – di scherno e vittoria.
« Sto aspettando, Merlin». Odiò il proprio corpo, per come rabbrividì al respiro di... di quell’asino sulla propria pelle.
Deglutì più e più volte, la gola serrata.
Per un attimo – uno solo – fu tentato di chiudere gli occhi e scuotere infantilmente il capo, ma consapevole che ciò avrebbe fatto solo che divertire l’altro, si trattenne.
« Merlin», cantilenò all’orecchio il suo Signore, piegandosi in avanti, le braccia appoggiate ai suoi lati.
Non lo aiutò sentire le sue labbra posarsi sulla mandibola, in un bacio fugace, per poi scendere lentamente, ridisegnandone il profilo.
E si ritrovò a chiudere gli occhi, quando morse lievemente sul mento.
Asino, dannatissimo asino!
« Suvvia, Merlin. Non vorrai farmi preoccupare, vero?»
Spinto da un moto d’orgoglio – fugace e passeggero – che gli imponeva d’agire, allungò una mano verso la posata poggiata nel piatto, sollevando quella... quella... carne.
Lo stomaco protestò veementemente, ma cercò di ignorare il moto di disgusto, infilando velocemente il cibo in bocca e masticando.
Gli occhi gli si serrarono per un attimo, senza che potesse farne a meno; sapeva che masticare lentamente avrebbe prolungato quella tortura, ma...
Solo chi aveva mangiato carne di ratto poteva capirlo...
Si ritrovò a sollevare le palpebre, quando la risata bassa e divertita di Arthur gli arrivò alle orecchie.
« E bravo Merlin». Se non si era ancora soffocato da sé, ci andò vicino quando una vigorosa pacca si scontrò contro la sua schiena, facendolo sobbalzare. « Dove lo trovo un altro servo come te?»
Non ebbe modo di capire se la voce del suo Signore fosse ironica o meno, troppo concentrato com’era sullo spiacevole delizioso sapore che sentiva in bocca.
Inghiottì stoicamente, memore di come l’asino fosse riuscito a mandare giù diversi bocconi, prima di capire che non era carne di maiale quella che stava mangiando – e se ce la faceva il sopracitato asino, poteva farcela benissimo pure lui.
Finché era un pezzetto, non sarebbe di certo mor-
« Ed ora il prossimo, Merlin. Non vorrei mai che deperissi a causa della mancanza di cibo... e qui ce n’è a volontà».
Se quello era un tentativo neanche troppo sottile di farlo fuori, Merlin non lo trovava affatto divertente.
Ma il modo con cui le labbra del principe avevano cominciato a torturare il lobo del suo orecchio e le mani a solleticare il fianco non lasciavano adito a dubbi.
Lo odiava per come lo provocava.
« Sai Merlin...»
« Cosa, sire?», domandò, preoccupato dal tono meditabondo dell’altro.
« Se la tua carne fosse commestibile, le tue orecchie mi sfamerebbero per diversi giorni».
Aveva già detto che lo odiava?