La seguente fanfiction si è
classificata terza al contest "La
Vita segreta delle Parole" , indetto da The Forgotten Dreamer
sul Forum di EFP, e si è aggiudicata il premio per
l'originalità.
E' una nonsense con un senso, come mi piace definirla. Non dico
nient'altro, al fin di non rovinare la lettura. Le note esplicative si
trovano a fine fic.
Piove.
Da quanto
tempo il cielo piange bagnando la terra?
Non lo
ricordo neanche più.
Wrong Paradise
E'
primavera, ciò nonostante il sole non accenna a scacciare le
nubi
che opprimono la città. Da giorni e giorni piove a dirotto
senza
sosta, causando non pochi problemi alla popolazione che prega per la
venuta del tepore tipico della stagione dei fiori.
Una
giovane donna dai lunghi capelli biondi passeggia evitando
accuratamente le pozzanghere insidiose, proteggendosi con un grazioso
ombrello decorato da una fantasia floreale multicolore. Ha fretta,
cammina a passo svelto, eppure è attenta a dove mette i
piedi
nascosti in un paio di stivali di pelle nera; sa che qualcuno la sta
aspettando, dunque è indispensabile ch'ella si presenti
elegante e
puntuale.
Lo
sguardo azzurro cielo di tanto in tanto si distrae, quel tanto che
basta a notare che, a causa della gran quantità d'acqua
piovana, le
erbacce hanno preso il sopravvento sulle piccole e indifese
margherite, che solo a volte fanno timidamente capolino. Certo quello
attuale non è il clima adatto per mettersi a curare i
giardini,
eppure lei storce il naso quando vede un simile scempio. La bella Ino
adora le piante e i fiori, ed ama mantenere rigoglioso il verde
cortile della propria casa di periferia.
Giunta
di fronte alla sua abitazione, sorride; non vede l'ora di
incontrarlo. Chiude l'ombrello ed entra, voltandosi in direzione
dello specchio che dopo tanto rimuginare ha deciso di posizionare
all'ingresso, vicino all'attaccapanni. Si sofferma sulla propria
immagine per qualche secondo, lisciandosi una ciocca di capelli con
la mano; è soddisfatta del proprio aspetto.
E'
sempre stata orgogliosa, fin dalla tenera età. Non ha mai
voluto
ammettere di sentirsi inferiore, qualche volta, forse per paura di
perdere le persone che amava; parlare al passato è
d'obbligo, in
questo caso specifico. Sì, perché i suoi amici
non li vede da
tanto, ormai.
Da
quando ha fallito nell'intento di diventare medico, a differenza di
colei che un tempo era la sua migliore amica – anche se, in
verità,
bisticciavano fin troppo spesso –, si è chiusa in
se stessa ed ha
deciso di dedicare la maggior parte del suo tempo al suo giardino,
coltivando il sogno di aprire un negozio di fiori.
Pensa
al passato e poi sbuffa, seccata.
"
Bah... non è questo il momento di pensare a fronte spaziosa!
"
esclama parlando fra sé, scacciando quegli scomodi ricordi.
Non
è il caso di perdersi in nostalgie, non ora.
Apre
la borsa ed estrae da essa quel che ha appena comprato: un rocchetto
di filo nero e alcuni aghi nuovi, perché quelli che ha sono
ormai
usurati. Da giorni lavora a quell'opera con dedizione, e vuole il
meglio per lui;
il meglio, per onorare la sua memoria.
Prende
una busta colma di pezzi di stoffa e altre cose ed esce di nuovo,
sedendosi sulla panchina che si trova accanto alla porta d'ingresso,
sotto una tettoia per ripararsi dalla pioggia battente.
Sorride,
guardando la strana pianta che regna nel centro del giardino, e che
sembra non soffrire affatto neppure quando nevica o grandina; il
precedente proprietario della casa le ha detto che si tratta di una
pianta carnivora, ma lei non ci ha mai voluto credere.
Le
enormi foglie sempreverdi si muovono appena solo col tocco del vento,
o almeno è questo che la bella Ino crede. Tuttavia la loro
immobilità riesce a farle compagnia, così come ne
è capace la
bambola di legno dai capelli rossi che tiene nella propria camera da
letto.
La
ragazza si mette al lavoro, cucendo a mano il ritratto del suo amore.
E
nel frattempo piove, insistentemente, tanto che l'acqua oscura la
visuale.
Così
ella non può vedere chi la sta guardando, immobile al di
là del
cancello di ferro.
Shikamaru
sa che cosa le è successo, e sa anche che provare a
confortarla
sarebbe inutile.
Una
parte di
braccio viene unita ad un'altra da una
vistosa cucitura nera, che riproduce in un certo qual modo una delle
tante cicatrici che segnavano il corpo mortale dell'uomo che
più di
una volta l'aveva stretta fra le braccia, per poi lasciarla piangere
sul letto dalle bianche lenzuola; era strano, Kakuzu. A volte
passionale e a volte freddo, un'umana contraddizione, eppure le
piaceva da morire. Le piaceva il modo in cui la guardava mentre si
donava a lui completamente, le piaceva la sua voce profonda, amava i
suoi capelli corvini; però odiava il suo attaccamento al
denaro ed
alle cose materiali, e fu proprio per questo che lei decise di
cacciarlo via.
" Sei meno stupida di quanto immaginassi... il tuo
orgoglio, probabilmente, ti salverà la vita " le aveva detto
prima di voltarle le spalle per sempre, prima di venire ucciso da
qualcuno più influente di lui.
Così ella aveva scoperto che amare un assassino poteva
rivelarsi la cosa più dolorosa che potesse immaginare,
soprattutto
se costui aveva deciso di andare incontro a morte certa.
Lo aveva ritrovato sul ciglio della strada, vicino alla
sua casa, che un tempo apparteneva a lui; una pozza di sangue mista
ad acqua piovana sotto la sua testa, una pallottola nel bel mezzo
della fronte. Quell'immagine l'aveva sconvolta nel profondo, eppure
riusciva solo a pensare a quand'egli era vivo e il suo cuore batteva
forte sotto la sua piccola mano.
Ancora oggi non riesce a proiettare nella propria testa
immagini nitide di quella notte di fine inverno.
Lo ama ancora, Ino. Lo ama come se fosse stato l'uomo
più bello e romantico a calpestare il suolo terrestre, lo
ama come
se fosse un angelo e non un'anima dannata. Eppur lo odia,
perché non
le ha mai regalato un fiore; lo odia, perché l'ha lasciata
sola a
tentare di ricostruire un idillio ormai irrimediabilmente distrutto.
Se ne rende conto, eppure è incapace di fermarsi.
E'
testarda, Ino.
Se
sbaglia non si scoraggia, non intende più farlo, da quella
volta
contro Sakura.
Se
si ferisce con l'ago sussulta appena, ma la sua espressione
è più
determinata che mai.
E
intanto continua a piovere, mentre fili invisibili muovono la
marionetta che si sta avvicinando alla finestra.
Si
sente
osservata, ma in fondo la cosa non la
infastidisce più di tanto. E' a un passo dal completare il
suo
capolavoro – Dio, se solo sapesse cosa pensa il disegno
appeso nel
corridoio, della sua arte! -, non vede l'ora di poterlo contemplare.
Il ragazzo che la stava guardando si arrende, chiudendo
gli occhi e voltandole le spalle; oramai non c'è
più niente da
fare.
Lei non appartiene più al suo sguardo sinceramente
innamorato, ma ad un'illusione che porta il nome dell'uomo che le ha
rubato il cuore e fatto a pezzi; chissà se dietro le sue
forme
generose il suo organo vitale suona ancora la melodia che solo una
volta ha avuto l'onore d'ascoltare.
Ino vuole ricordare, vuole imprimere nella propria mente
ancora una volta la sua immagine; la pelle olivastra accarezzata
dall'acqua calda di una doccia rilassante, gli occhi smeraldini
capaci di stregarla. Vuole rivederlo.
Per questo s'impegna, sempre più veloce ma al contempo
attenta. Ha deciso che lo terminerà entro sera, e oramai
manca solo
un'ora al tramonto del sole che non brilla più da troppi
giorni.
Per un attimo si volta verso
la propria
abitazione,
graziosa villetta dalle persiane verde scuro e le tende variopinte.
Le sue labbra carnose si curvano in un sorriso quando pensa a
quant'era ancor più bella, quando c'era lui.
In casa, nascosta da tempo immemore nell'armadio, una
strana maschera arancione riposa, accanto ad un diario; lei non lo ha
mai sfogliato, in realtà non l'ha mai trovato, e forse
è meglio
così. Al suo interno, un uomo che non ha potuto conoscere ha
narrato
la propria vita attraverso di esso, raccontando di quanto appagante
fosse bagnarsi col sangue di vittime innocenti da sacrificare ad un
Dio fasullo.
Sul comodino una piccola palla di vetro ricolma d'acqua
che Ino cambia diligentemente ogni giorno, per consentire
all'adorabile pesciolino che vi vive, di stare meglio. Se solo
conoscesse i suoi pensieri, forse non lo adorerebbe alla stregua d'un
figlio. D'altronde, come potrebbe anche solo lontanamente immaginare
che dentro di lui si nascondono l'anima e i desideri di uno dei tanti
occupanti della villa?
Tornando alla ragazza, infine ha terminato. Certo, è
ancora da perfezionare, ma il più è fatto.
E allora lo guarda, piange di gioia, perché non vede la
bambola di pezza che ha appena cucito a sua immagine e somiglianza;
ma vede Kakuzu, colui che l'ha irrimediabilmente abbandonata, e versa
lacrime dolci-amare che silenziose s'infrangono sulle sue mani
gentili.
Lo ricorda, rimembra com'era allora.
Quanto vorrebbe che quel pupazzo non esistesse affatto.
Glielo dice, sperando invano in una risposta, un cenno.
L'oggetto inanimato la fissa impietoso, mentre tutto attorno a lei
perde colore.
I fiori appassiscono, le foglie cadono nonostante sia
primavera inoltrata – tutte tranne quelle della regina del
giardino
- ; i vetri delle finestre si rompono, le tende si lacerano; il muro
dipinto d'una chiara sfumatura di giallo si scolorisce, si
ingrigisce; tutto muore.
La
pianta carnivora digrigna i denti,
la
marionetta picchietta sul vetro incrinato.
Il
disegno prega di prender vita per dimostrarle che arte non significa
tentare di ricreare qualcuno che si è spento giovane, come
si confà
ad un'umana opera d'arte.
Il
pesce salta,
il
diario sanguina,
la
maschera ricerca il suo padrone.
E
fuori continua a piovere, mentre io osservo con gli occhi della mente
la rapida discesa negli inferi di un angelo caduto.
Come
mi chiamo?
Non
penso sia necessario dirvelo.
Magari
potete chiederlo a colui che ha strappato i miei occhi con
l'abbraccio che deridendomi definiva fraterno, ma che non sono mai
riuscito ad odiare.
Ma
questa è un'altra storia.
Ino
piange,
pregando che il cielo si rassereni anche
solo per poche ore.
Stavolta le sue lacrime sono figlie della disperazione.
Una sola frase, una flebile voce nel decadere dell'Eden
illusorio:
" Lascia che ti ricordi com'eri allora, quando
ancora non esistevi "
Fine ~
Note:
Il titolo "Wrong Paradise" significa, tradotto letteralmente dall'inglese, "Paradiso sbagliato"; penso che sia facilmente intuibile il perché di questa scelta, dopo aver terminato la lettura.
Credo si comprenda bene chi
rappresentano
gli oggetti
presenti nella fic, e anche chi è che pronuncia le frasi in
corsivo,
ma lo puntualizzo qui per sicurezza:
la pianta carnivora è Zetsu, il pesce è Kisame,
la
maschera è Tobi, il diario è Hidan, la marionetta
è Sasori, il
disegno è Deidara, e infine il "narratore" è
Itachi. O
meglio, sono le loro reincarnazioni ( così come la bambola
lo
diventerà di Kakuzu ). Itachi, nello specifico –
spero si capisca
–, è la casa stessa.
Ino, la cui psicologia è abbastanza complessa, è una ragazza orgogliosa, sicura di sé, eppure al contempo fragile – o almeno, è così che io la vedo –; il suo atteggiamento nella mia storia è dettato dalla follia che si è impossessata di lei quando ha subito l'ennesima delusione, ovvero la fine della sua storia con Kakuzu. Spero che per questa sua debolezza non venga considerata OOC, io credo sinceramente che non sia la persona forte e menefreghista che cerca il più delle volte di sembrare. Questa è una mia personale interpretazione, spero di non aver detto una serie di castronerie. XD
Infine, la pioggia.
Direi che devo ringraziarla, visto che la storia mi è
venuto in mente guardando fuori dalla finestra qualche giorno fa
–
pioveva da un mese intero, comprendetemi XD - .