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Autore: minimelania    02/06/2010    5 recensioni
Inghilterra, 1880. Una ragazza bella e intelligente. Un disastro improvviso. Un uomo che sarà la sua salvezza.
Genere: Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Capitolo Primo -
La casa del Signor Thompson
 
La casa del signor Thompson era una vecchia, enorme costruzione quadrata che si apriva su una via trafficata della città. Un tempo quella era aperta campagna, almeno lo era stata quando i suoi nobili e ricchi avi vi avevano fatto costruire una dimora principesca di pietra scura, con un'enorme scalinata d'ingresso e un doppio portico retto da colonne. Poi la città aveva cominciato ad espandersi, e a poco a poco le industrie e le strade, la gente, il chiasso e i mercanti di cenci avevano invaso anche quel piccolo pezzo di pace suburbana e campi. Nel giro di cent'anni dei giardini, dei filari coltivati e dei boschi che un tempo circondavano il palazzo non erano rimasti che radi rimasugli stentati e spogli. Al loro posto c'erano le case, decine e decine di case tutte uguali. Così assediata da sporcizia e chiasso, da vetture e da banchi del mercato, la vecchia dimora signorile aveva preso a sembrare un gigante assalito da ogni parte da nani brutti e famelici, e poco a poco era caduta in disuso.
- Il signor Thompson sarà anche molto ricco, ma la sua casa è in uno stato pietoso!
Eileen si mosse a disagio sul calesse. Era tutto il giorno che viaggiavano, e visto il fango delle strade, il disastro della pioggia che li aveva presi di sorpresa a dieci miglia dopo la locanda, visto come erano ridotti lei, il carretto, suo padre e il suo garzone, una bella casa allegra in cui dormire non sarebbe stata affatto sgradita. Dovevano fermarsi da un amico, le aveva detto suo padre quel giorno appena finita colazione. Si erano messi sul calesse contenti con una bella giornata di sole.
- Vedrai, Linny, che il signor Thompson è una persona meravigliosa! E guarda che bella casa ha! Me la ricordavo molto più piccola!
Eileen gettò uno sguardo perplesso alle mura scrostate e al muschio che si aggrappava alla pietra grigia. Ma era troppo stanca per discutere. Stavano entrando in un enorme cortile circondato su tre lati dall'imponente facciata del palazzo.
Quando il calesse si fermò sulla ghiaia non c'era ragazza più felice di lei nonostante la costruzione intorno a loro risultasse più che desolante nella sua tetra, spoglia maestà.
Eileen saltò giù dal calesse e tirò un sospiro di sollievo: era finita, quell'assurda giornata era finita.
Anche suo padre, un ometto rubizzo e sempre pieno di spirito, posò i piedi in terra con evidente sollievo. Strusciò le scarpe fradice sulla ghiaia e si dette una scrollata al mantello.
Erano in viaggio per l'Europa da mesi, per vendere il vino che suo padre produceva in grande quantità e smerciava in tutto il mondo. Era un mercante molto ricco, viaggiava spesso, e sin dall'infanzia Eileen lo aveva sempre accompagnato nei suoi viaggi che potevano durare mesi e mesi. Insieme avevano girato il mondo, dopo la morte prematura di sua madre.
- E allora, c'è o non c'è il mio vecchio amico, in casa?
Fece suo padre andando in contro ad un tizio che era comparso sulla porta. Era un maggiordomo lungo e allampanato, con folte sopracciglia grigio scuro e un'aureola di capelli bianchissimi.
- Il padrone vi aspettava, signore. Vi chiede scusa per non essere potuto essere qui lui stesso ad accogliervi, ma è dovuto andare d'urgenza in città. Tornerà quanto prima, e nel frattempo prega voi e la signorina vostra figlia di fare come se foste a casa vostra.
- Non c'è problema, Foster, lo aspetteremo dentro, davanti ad un bel fuoco caldo. Fa un freddo cane, vero, vecchio mio?
Il cameriere stirò le labbra pallide come uno che prova dopo secoli ad articolare un sorriso e scomparve inghiottito dalla porta. Il padre prese Eileen sottobraccio e insieme lo seguirono dentro casa.
- Non mi avevi detto di conoscere un tipo del genere! - mormorò lei mentre varcavano la soglia ed entravano in un piccolo vestibolo completamente tappezzato di arazzi. Quello che la colpì istantaneamente fu un lieve e tenace odore di sigaro. Ma non sgradevole, vagamente fruttato.
- Conosco tutti, a questo mondo, mia cara. Il vecchio Foster è qui da molto prima che ci fosse il nostro amico Thompson. E' una specie di istituzione della casa. Avrà cent'anni ma è sempre vivo e vegeto e sono certo che non si trova un maggiordomo migliore in tutta Inghilterra.
Eileen dette un'occhiata a Foster. Quello sembrò sentirsi gli occhi addosso perché si voltò sulla schiena ricurva e fece cenno di seguirlo.
- Da questa parte.
La casa, se da fuori era enorme, da dentro lo sembrava ancor di più. Nonostante fosse ingombra di oggetti delle più disparate provenienze, poltrone e arredi damascati, scalinate,vetri, tappeti e lampadari di cristallo che piovevano da tutte le parti, le stanze facevano lo stesso l'impressione di essere vuote tanto erano vaste e spaziose. In un lato c'erano delle casse, alcune delle quali schiodate, per terra una quantità di polvere e di paglia e fogli di carta.
- Il mio padrone si scusa, ma è da poco rientrato da un lungo viaggio, e questa è la parte di bottino che gli è stata assegnata dagli indigeni.
Eileen scoccò a suo padre un'occhiata interrogativa. Ma suo padre stava già ammirando un quadro di splendida fattura. Vi era raffigurata una donna di incredibile bellezza, tanto bella da sembrare più un angelo del cielo.
- Ma che bellezza! Chi è questa donna?
Era stato appena tirato fuori da una cassa più grande delle altre. La donna aveva un gran vestito vaporoso che le fasciava il busto. Una sciarpa di un rosa finissimo le circondava le spalle e scendeva con una gran profusione di nastri fino alla vita sottile e perfetta. Aveva i tratti estremamente delicati, gli occhi verdi e una bellissima aria assorta.
Foster non si fermò a dare spiegazioni. Semplicemente farfugliò qualcosa e tirò dritto. Eileen gettò un'occhiata ai guanti antichi, alla finezza delle mani del quadro e a quegli strani occhi verdi che sembravano bucare la tela, poi passò oltre e non ci pensò più.
Aveva la scarpe completamente inzuppate di fango, e in questi casi tutto quello che si pensa è a un bel fuoco e a come fare a non prendersi un malanno. Fu con somma felicità di entrambi che, dopo una fuga interminabile di stanze e corridoi pavimentati di marmo, sbucarono in una sala dai soffitti altissimi tappezzati di damasco cremisi. Era piccola, rispetto alle altre, e aveva un'aria leggermente meno fredda delle altre. Su un grazioso tavolino accanto al fuoco, che era acceso nel camino di marmo più grande che Eileen avesse mai visto, c'era un servizio completo da thé, una teiera fumante e un vassoio pieno di piccolo biscotti colorati dall'aria estremamente invitante.
- Il padrone ha pensato che poteste aver bisogno di riprendervi dal viaggio. In questa stagione le strade sono pessime anche da queste parti. Se volete accomodarvi accanto al fuoco, tra un attimo sarà qui Elizabeth. Io vado ad accertarmi che le vostre stanze siano pronte e riscaldate a dovere.
Suo padre annuì tutto contento avvicinandosi al vassoio dei dolci, ed Eileen si lasciò andare soddisfatta ad osservare la stanza intorno a loro. Girò gli occhi e vide che le pareti erano piene fino in cima di piccoli quadretti color seppia. C'erano ometti minuscoli dentro, e donne e strade e palme e una grande quantità di immagini bizzarre. Si mise ad osservarle con interesse. Non aveva mai visto niente di simile.
- Sono fotografie - spiegò suo padre con la bocca piena indicando i quadretti alle pareti. Aveva attaccato  il vassoio dalla parte di certi biscotti scuri che sembravano coperti di mirtilli - il nostro amico ha viaggiato molto. Per tutta Europa, e poi anche in Asia e in India. Pare abbia visto tutto il mondo conosciuto.
- Che cosa fa? - chiese Eileen lasciandosi andare su una poltrona dopo aver preso anche lei un pasticcino e essersi versata un po' di thé nella tazza. Aveva una fame da spavento, ma come sempre era stata attenta a non mangiare prima di suo padre. Una signorina bene educata non doveva mostrare di aver fame, anche se aveva una fame da lupi. Ed Eileen in quel momento stava letteralmente svenendo dalla fame.
Suo padre scosse la testa, più volte, e si ficcò un altro pasticcino in bocca.
- Nessuno lo sa, mia cara. Probabilmente niente, visto che è così ricco che potrebbe comprarsi mezzo mondo. Credo lo faccia perché gli piace e basta. Uno così non ha certo bisogno di girare l'Europa su un calesse per piazzare il suo vino ai fornitori!
-Ma se ti piace un sacco andare in giro per commercio insieme a me!
Suo padre rise e ci mancò poco che si strozzasse con un sorso di thé al latte.
- Certo che sì, mi cara, scherzavo. Non cambierei i nostri piccoli viaggi con tutto l'oro del mondo. Dicevo solo che … insomma, il nostro amico Thompson è forse l'uomo più ricco d'Inghilterra. Potrebbe comprarsi la Regina, se un giorno glie ne venisse voglia!
Così dicendo suo padre mimò la grossa stazza della vecchia Regina che governava l'Inghilterra da decenni. Una volta Eileen l'aveva vista, durante una parata a Londra per  i quarant'anni della sua incoronazione. Dicevamo che fosse enorme, estremamente astuta e con un naso arcigno da strega. Si ricordava di essersi alzata sulle punte per riuscire a vederla tra la folla, ma tutto quello che era riuscita a scorgere era una piccola corona dorata che teneva su un velo molto lungo. La capote dorata dell'elegante e sontuosissima carrozza da parata aveva coperto tutto il resto: nella sua memoria la Regina era rimasta un ventaglio di pizzo e una corona davvero molto piccola e graziosa.
- E' davvero così ricco, papà?
- Ricchissimo. Pensa che suo nonno, o il suo bisnonno, non lo so, furono i primi a commerciare con le Indie e a importare il thé in Inghilterra. Roba dell'altro mondo, mia cara, affari d'oro. Fecero i soldi a palate, non c'è dubbio.
Eileen guardò d'istinto dentro tazza che reggeva in mano. Era azzurra, di porcellana cinese e aveva delicati ricami con motivi di pagode e fiori. Si chiese se il thé che conteneva era davvero capace di traversare metà del mondo, e mari, e foreste per finire sopra i loro tavolini accanto al fuoco. Mille volte aveva segretamente sperato di spingersi fin là, in India, dove i suoi libri dicevano esserci gli uomini fachiro, e templi fitti di colori e profumi difficilmente immaginabili per una mente europea e beneducata.
- Davvero è stato in tutti quei posti?
- Penso che abbia passato metà della sua vita a viaggiare, bambina. Pare che che abbia avuto una gioventù avventurosa. Ma di questo non ne so più di te. Lo conosco da parecchio tempo, certo, ma non da così tanto, neanche io. Altro biscotto? Altrimenti li finisco tutti io.
Eileen face di sì con la testa e prese dal vassoio d'argento il biscotto che suo padre le offriva. Era coperto da un sottile strato rosa di glassa e aveva un aspetto invitante. Stava appunto per dargli un morso quando Foster ricomparve sulla porta. Dietro di lui c'era una ragazzina pallida, minuscola e molto graziosa che evidentemente avrebbe preferito trovarsi da tutt'altra parte. Aveva un'aria molto timida.
- Quando i signori hanno finito con il thé, avrei piacere di mostrare loro gli appartamenti destinati agli ospiti. Elizabeth - così dicendo spinse avanti la ragazza - sarà a disposizione della signorina per qualsiasi cosa possa servirle.
Eileen sorrise con fare amichevole ad Elizabeth, che per tutta risposta abbassò gli occhi e arrossì ancora più violentemente.
- Ai vostri ordini, signora - mormorò.
A Eileen  scappò da ridere: nessuno l'aveva mai chiamata 'signora'.
- Chiamami pure Linny, Elizabeth, davvero. Non penso di avere molti più anni di te!
Per tutta risposta la ragazza arrossì ancora più violentemente.
- Come desidera, signora - farfugliò. Poi si affrettò a sparire dietro Foster.

 
 
  
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