Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: heart in a cage    04/06/2010    3 recensioni
L'amore disperato per una donna, che corrode l'anima.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


Fanfic classificata terza nel contest ‘Dai Classici alle Fanfiction’, insieme al premio per Miglior Stile.

 


che oggi mi illuse, oh Hermione.


Muore, il giorno. Scivola lento, sospira, sui morbidi profili di colline solitarie. Giace, in sottile attesa, ricercata la solitudine, esita sull’orizzonte, un ultimo, fulmineo sguardo alla vista che schiude. Cammina lento, il nostro eroe. I passi sembrano eterni, lenti movimenti alla continua ricerca di uno scopo. Le mani tendono ai petali di fiori solitari, si muovono, appena, lungo i fianchi, protraggono le falangi alla ricerca di nuovi odori, nuovi sapori. Avvolto da braccia sottili, amanti fedeli, ombre notturne tessono la loro maestosità su un corpo ancora dipinto di un’aria infantile, piacevole. Gli occhi glauchi scorrono, assenti, coperti di nuovo prestigio. Solitari. È il pensiero, la coscienza che prende parte dell’animo, lo tormenta, lo uccide. Pallida ossessione, fine, morbida. Le mani, bianchi gigli schiusi al primo sole. Feroce il ricordo di quelle che maestose agitavano l’aria di una stanza lontana, di un luogo lontano. E muovendole, ella parlava. Se solo. Se solo avesse avuto la sfrontatezza di muoversi, di muovere quelle sue gambe stanche, che all’ultimo sole gioivano, in un viale ormai spento. Aveva limitato la sua presenza ad una cordiale figura di contorno. Il vino vermiglio ancora scuote il suo umile cuore, troppe volte sforzato. Troppo spesso ucciso. Quando la fronte esplora il cielo tinteggiato, è ormai giunto alla fine di quel noioso ripetersi di alberi, cipressi, ininterrotti. Immobile. L’eco di un silenzio fin troppo presente rimbomba nelle orecchie di un uomo solo, alla conclusione di un altro passo. Di un’altra via. Occludendo l’attenzione ai primi bagliori della sera, ascoltando una melodia che lui solo pare udire, volta la sua direzione. In fondo alla salita, nuovi passi da compiere, nuova vita da vivere. Circonda, con incidere sapiente, la maestosa dimora. In pietra, probabilmente settecentesca, dalle finestre arabescanti. Graziose. L’erba incolta inumidisce i pantaloni scuri. Ostinato tortura le fibre del suo misero pensiero a lambiccare con meticolosa precisione, riesaminare attentamente ogni dettaglio di lei. Corre la notte, a sostituirsi all’aria mite, di una primavera inoltrata. Stelle, glaciali testimoni, scrutano l’animo tormentato del giovane, solo. Morpheo sarà il suo unico amante, questa notte.

 

Sogni irrequieti, la fronte imperlata di madido sudore. La seta non produce alcun effetto sulla carnagione diafana, la finestra socchiusa, sì che l’aria possa scivolare all’interno della piccola stanza, carezzare con mano materna il volto dormiente di lui, per poi morire all’esterno, sparire nel buio. Tremano, le mani, sul cuscino, impregnato di un odore estraneo. Il petto scolpito, nudo, lasciato solo, ad osservare il soffitto. Sarebbe interessante riuscire a carpire i sonni del giovane Blaise, docilmente assorto nella sua anima, ma pressoché impossibile. Il caldo inghiotte un urlo sommesso, il ventre si flette, le ginocchia sorrette dall’adrenalina. Cieco. Demoni malvagi che irrietiscono una mente fin troppo debole, facile. Giocare con chi non può difendersi, inerme.  Acqua. Impellente il desiderio, lontana la fonte. Scivola, fuori dal letto, dalla stanza, dal corridoio, dalla sua vita. L’umido della pietra penetra le ossa, il freddo del pavimento intorpidisce i piedi nudi. Sospinto da braccia immaginarie. Tutto è ombra. Repentino un filo di luna intraprende la strada che lo conduce ai lineamenti delicati del ragazzo, per morire lì, fra gli occhi e la fronte.

 

*

Rotolano via, le ore. Scorrono, come un fiume in piena, lasciando il vuoto dietro di loro. Il tempo pare vuoto, privato della sua sostanza. Ricolmo di luccicanti ombre, pesanti. Calate sulla sua testa, sul suo volto. Sui suoi pensieri. Morbida, la voluttà, lo coglie. Le luci paiono stordirlo sotto quel susseguirsi di nomi, colori e voci risonanti. Superflue. Le mani sfogliano con la grazia di un omicida una rosa dal pallido colore. Un bianco irreale, disciolto fra le dita rozze del suo volere. Cupido, il più crudele degli arcieri. Nessuno, che abbia mai visto condurre un corteo di caccia, ha mai brillato di un godimento così superiore nel scagliare le sue frecce, nel scegliere le sue prede, duramente. La mente è così fortemente assorta da quei pensieri naviganti nell’odio, quasi fosse vino, che non si è reso conto di lei, che nel silenzio si è accostata. Le mani. Il collo. I capelli. La bocca. Gli occhi. Tutto sembra collaborare a rendere quello che Hermione è, davanti ad un giovane impaurito ma inerme. E gli pare di coglierla, quella bocca, schiudersi. Le labbra, poggiarsi con febbrile pudicizia sulle sue. Quell’accenno di profumo è un trionfo, nella sua mente. Il semplice pensiero di vederla. Di averla.

« I glicini » mormora, fra le pieghe della seta, con lo sguardo di una ninfa, lontana dal mondo che la circonda, da quella stanza, vicina solamente a lui. Non esiste, Hermione, il resto.

Il volto del giovane volge lo sguardo, seguendo quella linea immaginaria che gli permette di fuggire, superare la tappezzeria e assaporare una piccola porzione di cielo e giardino; cade, la pioggia. Irriverente, continua, riversa il dolore degli amanti sul suolo terreno. Le urla lanciate al cielo ricadono.

« I glicini – continua e lo fa come se lo avesse sempre fatto. Come se non avesse avuto altro interesse, che parlare dei glicini, ora in fiore – il loro manto. Muore e lieve risorge, fra il grigiore della pioggia. Potrei morire, fra i glicini »

I suoi occhi, la sua mente, tutto, ogni misera fibra di quel corpo stanco è preso, irretito da quella voce, quelle parole che paiono intrise di una malinconia lontana, nascosta. Antica.

« Hermione » lo dice piano, come una preghiera.

Abbastanza forte perché alzi lo sguardo e lo fissi, il nostro eroe, come non ha mai fatto prima o come ha fatto sempre. Non trova poi che sia così importante.

Silenzio, amico mio. Parole non dette, mutate, uccise. Piove, Hermione. E con lei noi, Hermione. Ricade, lontano.

« Non parli? »

« No »

Silenzio.

Ed è credere in te soltanto. E giurare in te soltanto. Riporre in te, soltanto in te, la mia fede, il mio orgoglio, tutto il mio mondo, Hermione, tutto ciò in cui spero. Memnosine beve le parole, ubriaca di un amore non detto. Ma è lì. Palpabile. Crollassero i muri, sparisse ogni più deliziata persona in quella stanza stracolma di ipocrisia e buone maniere.

Silenzio.

« Ti accompagno fuori » in un’illusione. Un’altra. Ogni attimo, ogni secondo della mia intera esistenza è stata una pallida imitazione di quello che avrebbe potuto essere davvero una vita. Un film in bianco e nero che ho seguito a malapena. Ed è tutto quello che voglio, Hermione. Nient’altro. Con te.

« Sì. Va bene »

Lascia che ti guidi, Hermione.

Fra i glicini.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: heart in a cage