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Autore: Matt_Plant    04/06/2010    0 recensioni
Siamo abituati a vedere i supereroi alti e muscolosi, belli e fieri, ma cosa succederebbe se un supereroe uscisse dagli schemi? Una catastrofe! Ed è proprio da una catastrofe che nascono due supereroi, che hanno avuto la sfortuna di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. O almeno è il caso di Allan e Judy, due fratelli gemelli che del supereroe per eccellenza hanno ben poco. Allan è disoccupato, perché ogni volta che viene assunto ne combina una delle sue e viene licenziato, Judy della bella eroina formosa ha solo la tuta, troppo aderente. I due ben presto si ritroveranno ad avere a che fare con le forze del male che puntualmente, a notte fonda, si presentano in città per scatenare il caos. Riusciranno questi simpaticissimi eroi a superare i loro difetti e a donare alla loro città pace e serenità?
Genere: Comico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Scusate per la mia lunga assenza su efp, ho cercato di rimediare stendendo un capitolo più lungo del solito, spero vi piacerà...
Buona lettura!!
:]



7. Begonia.


Passò una settimana da quella terribile sera tragi-comica.
La nostra vita in una notte, aveva subito cambiamenti radicali, ma io e mia sorella avevamo deciso di non pensarci. Cercavamo di vivere i nostri giorni come li avevamo sempre vissuti prima di diventare dei supereroi. E scoprimmo che ci riusciva molto bene.
Quella mattina ero in giardino. Innaffiavo i fiori giulivo.
Nell'aiuola c'erano le begonie, alcuni crisantemi e molte rose rosse. Insomma in quell'aiuola c'erano i più bei fiori autunnali che madre natura poteva produrre. O almeno io la pensavo così. La bellezza di quei petali sapeva lenire ogni mia angoscia e farmi stare bene.
Anche a Judy piacevano i fiori, non si limitava a portarli disegnati sopra un vestito. No, odorava il loro profumo naturale, osservava ogni sfumatura dei loro colori sgargianti. Non li aveva mai ricevuti da nessun ragazzo, ma ne aveva regalati tanti a tutti. Si, Judy dava un fiore a qualunque persona a cui voleva bene. Non importava se era la più semplice delle margherite oppure una rosa sofisticata; non importava perché quello era un pegno, che mia sorella donava unitamente al suo cuore. Per sempre.
Aveva regalato un fiore a me e uno alla sua migliore amica Elle. E lo regalava ogni giorno ai nostri genitori andandoli a trovare al cimitero.
Judy apprezzava le bellezze della natura soprattutto perché studiava scienze agrarie all'università. Ed era riuscita a contagiare anche me.
Là fuori l'aria era fresca e rifugiavo mento e bocca sotto l'impermeabile giallo che indossavo.
"L'uomo banana" pensai divertito. Ma non mi importava del colore, se non altro quell'impermeabile teneva caldo.
Mi chinai e presi una begonia. La più bella di tutte, quella che spiccava come un gioiello prezioso in mezzo a tante pietre tutte uguali.
- Questa è per te, sorellona.- dissi a bassa voce tirandomi su. - Perché anche tu a volte hai bisogno di ricevere un fiore.-
Judy era al calduccio dentro casa. A fare un bel bagno fumante e a giocare con la schiuma che versava sempre abbondantemente dentro la vasca. Non poteva sentirmi, ma appena fosse uscita le avrei fatto una bella sorpresa. Un pensiero semplice che le avrebbe fatto sicuramente piacere.
Passai la pompa su quell'unico fiorellino. Poi questa si attorcigliò attorno alla mia caviglia.
La pompa mi scivolò via dalle mani come una saponetta bagnata e mi andò a finire dentro il giubbotto. L'acqua gelida entro e questo si gonfiò, assumendo la forma di un salvagente riempito d'aria.
In quel momento mi maledissi da solo. Cercavo di sganciare la cerniera, ma questa si era bloccata proprio tra il mio mento e il grande tubo pieno d'acqua.
- Accidentaccio!- urlai attirando l'attenzione dei vicini. Il mio sguardo si posò sopra una finestra dove un'arcigna signora mi fissava dall'alto.
Era la signora Lensbury, la più temibile e antipatica di tutte le vicine di casa.

- Mille mille bolle bluu, mille mille bolle...lavano, profumano, detergonooo! Spuma di Champagnaaa!-
Judy era immersa nella vasca da bagno. Attorno a lei tante bolle di sapone fluttuavano per la stanza.
Come era d'abitudine quando era più piccola, Judy si era portata dietro un giochino. Si, quando facevamo il bagno io e mia sorella adoravamo giocare dentro la vasca mentre nostra madre ci insaponava. Di solito ci lavavamo insieme, ma crescendo avevamo perso questa abitudine.
Judy smise di soffiare dentro il cerchio dove stava nascendo una nuova bolla. Questa si afflosciò e sparì.
- Ho sentito un rumore.- disse guardinga afferrando l'asciugamano e armandosi dello spazzolone.
- Aiuto!- urlavo io dal giardino.
- Porca birba!- gridò mia sorella. Uscì dalla vasca e si catapultò fuori dalla stanza alla velocità della luce.

Judy uscì dalla porta del giardino allarmata.
- Che succede fratellino?-
Stavo disperatamente tentando di togliermi l'impermeabile giallo. Al suono della voce di Judy mi girai di scatto. E la fissai.
Un grande asciugamano bianco e infradiciato le avvolgeva corpo e capelli. Ai piedi portava solo un paio di pattine lilla, con ciuffi di cotone colorati che si disperdevano qua e là per il prato.
Era appena uscita dalla vasca.
- Judy, vai dentro che prendi freddo!- la rimproverai battendo i denti. Ma forse quello che rischiava di più di prendere un raffreddore ero io.
Il lungo tubo della pompa non voleva proprio saperne di abbandonare il mio giubbotto. E intanto questo si gonfiava. L'acqua spingeva e lo riempiva, ma non riusciva ad uscire da nessun buco.
La signora Lensbury imprecò qualcosa da dietro la finestra. Ma era impossibile capire cosa stesse dicendo. Alla fine sparì dietro due tende bianchissime.
- Oh santi lumi, ma che cosa succede?- chiese mia sorella unendo le mani ai fianchi rotondi.
- Chiudi l'interruttore della pompa, io non riesco più a muovermi!- risposi sbrigativo tentando di rialzarmi senza successo.
- Non ti preoccupare ci sono qua io.- e detto questo prese la rincorsa, alzò leggermente l'asciugamano e si catapultò addosso a me. Ma inciampò sul tubo e andò a sbattere contro l'impermeabile. Questo esplose.
Riuscii solo a vedere il brutto muso ingrugnito della nostra vicina che spuntava da dietro la ringhiera. Poi un grande getto d'acqua in direzione del cielo. D'istinto chiusi gli occhi.
Sentii l'impermeabile sgonfiarsi e l'acqua uscire. Ma subito dopo fui schiacciato da un peso opprimente allo stomaco.
Judy si trovava per l'ennesima volta sopra il mio corpo indolenzito.
Riaprii gli occhi e vidi un volto corrugato e bagnato a pochi centimetri dal mio. Un occhio di vetro vispo e perforante come il ghiaccio mi stava fissando tra due sbarre della ringhiera.
- Io vi faccio sfrattare.- disse la signora Lensbury sputacchiando quelle parole come un lama arrabbiato. La sua voce era impossibile da ascoltare. Era così tonante e burberosa da costringere chiunque ad utilizzare dei tappi per le orecchie.
- Signora Lensbury, ci lasci spiegare. Noi...-
- Non c'è più niente da spiegare.- si affrettò a rispondere lei in un borbotto. - Ho già visto abbastanza!-
 A quel punto l'arcigna vicina di casa si ritirò dentro la sua catapecchia, sbattendo la porta dell'entrata con un tonfo secco.
Sussultai. In tutti quegli anni in cui io e mia sorella avevamo vissuto vicino alla Lensbury, non mi ero ancora abituato al suo occhio. Ne aveva solo uno, di vetro. L'altro lo teneva nascosto dietro una benda perenne. Quello "buono" si muoveva velocissimo e mi faceva senso. Ad ogni modo si poteva dire che quest'ultimo faceva per tre. Si, perché la signora riusciva a vedere qualsiasi cosa succedesse nel vicinato.
Fissai mia sorella. E sorrisi.
- Se non altro mi hai tirato fuori da un gran bell' impiccio.- dissi dolcemente e le porsi la begonia che si era un po afflosciata. - Tieni, è per te.-
Lei avvolse i suoi ditoni attorno all'esile gambo del fiore.
- Ah, grazie è splendida!- rispose, gli occhi illuminati dalla gioia. - Nessuno me ne aveva mai regalata una.-
Lo sapevo, ma quello era uno dei tanti modi per vedere mia sorella felice.
- Ok, ora credi che tu possa lasciarmi respirare almeno un po'?-
- Certo fratellino, basta chieder...Allan!-
Sobbalzai, mentre mia sorella prese il mio stomaco come un materassino su cui poter saltare tranquillamente.
- Tu hai il colloquio di lavoro oggi!-
Judy si scostò di scatto dal mio corpo. Io mi alzai altrettanto velocemente e corsi a più non posso.
Me lo sentivo, quel lavoro lo avrei ottenuto. A tutti i costi.
- Cerca di non farti licenziare!- disse salutando con la mano. E per poco l'asciugamano non le cadde.
" Per oggi basta figuracce." pensò acchiappandolo alla velocità della luce. E in una giravolta Judy si rifugiò al calduccio dentro casa.

- Prego si sieda.-
- Grazie.-
Mi trovavo al colloquio.
Ero riuscito ad arrivare sano come un pesce fino là. Questo per me era già un gran risultato.
Il capo-redattore mi aveva accompagnato nel suo ufficio. Una grande stanza arredata con mobili antichi e molto luminosa grazie alle finestre che partivano dal pavimento e arrivavano fino al soffitto. Eravamo passati dall' ampio e lungo corridoio, dove indaffarati dipendenti battevano le dita sulla tastiera del computer, pronti a scrivere nuovi articoli.
E ora ero là. Seduto faccia a faccia con quell'uomo bassiccio e con la pipa in bocca.
Lui mi fissava. Io battevo nervosamente le dita sulla sua scrivania.
- Dunque il curriculum ce l'ha?- mi chiese portandosi la pipa in mano per poi riportarsela tra le labbra. La sua voce era calma e profonda, tanto che riuscì persino a tranquillizzarmi.
Notai che non usciva del fumo dalla pipa, era spenta. Probabilmente gli piaceva tenerla semplicemente in bocca.
- Si, eccolo.-
Lui lo prese con fare disinvolto e incominciò a leggerlo.
- Bene, bene, cos'abbiamo qua.-
Le mie dita scivolarono tra i bordi della scrivania. Poi si fermano a toccare un prezioso portagioie che mi ricordava tanto quella di mia madre.
Il mio indice ne ripassava i bordi mentre il medio ne tastava il contenuto.
Gli occhi nocciola Del signor Holdes si alzarono, mentre la mia mente viaggiava tra un turbinio di ricordi piacevoli. E avvolti nel mistero.
Una stanza. Uno specchio. Una porta.
Nient'altro che un ricordo offuscato da mille altri pensieri.
Una donna alta e biondissima fissava i suoi gioielli. Poi li ripose dentro una scatolina dorata.
Un piccolo ciondolo prismatico giaceva lì, in mezzo a tutti quei gioielli. Lei lo afferrò e se lo portò al cuore. Un barlume di luce iniziò a circondarla, mentre una debole brezza smosse i suoi capelli.
Un bambino con un caschetto biondo sporco spuntò da dietro la porta. La fissava accigliato.
Mia madre ritrasse spaventata il ciondolo notando il mio volto riflesso sullo specchio. Poi sorrise e mi abbracciò, dandomi un bacio sulla fronte.
- Le piace il mio portagioielli?- la voce del referente aziendale mi riportò alla realtà.
- Io...- incominciai.
L'uomo alzò un sopracciglio, regalando al suo volto un'espressione interrogativa.
- Si, è un oggetto molto bello.- mi arresi all'evidenza. - Credo di averne uno uguale a casa.-
Lui allargò il sorriso in modo gentile. Poi il suo sguardo scivolò di nuovo sul curriculum, diventando serio. Aveva notato la lunga sfilza di licenziamenti a cui ero andato incontro in tutti quegli anni.
Mi morsi le labbra in modo nervoso.
" Ecco come un uomo gentile e disponibile cambia la sua espressione e diventa una furia ambulante." pensai sconsolato. Già mi immaginavo la scena: io con i vestiti ancora umidicci che venivo catapultato fuori da una finestra dell'ufficio a calci nel sedere; in stile Paperon de paperoni.
Seguirono attimi di silenzio, a me sembravano interminabili. Poi il signor Holdes abbandonò il curriculum sulla scrivania.
- Non giudico mai le persone dal loro curriculum, ma le metto alla prova. Congratulazioni, lei é sulla buona strada per essere assunto!- mi disse porgendomi la mano. Io gliela strinsi incredulo.
- Ma prima.- annunciò lasciando in sospeso la frase e alzando il mento in modo solenne. - Dovrà dimostrarmi la sua abilità a scrivere con il computer.-
Sorrisi e annuii in modo docile. E giurai a me stesso che non avrei fatto un altro dei miei pasticci.

Intanto tra le ombre del bosco di Notthingwish qualcuno stava tramando qualcosa.
Là, dove i raggi del sole non penetravano tra i fitti alberi; là, dove il silenzio regnava quasi irreale, c'era Androgina. Le sue liane e i suoi rovi secchi si muovevano veloci e convulsi come in preda alla frenesia.
Questa volta aveva in mente un piano diabolico e nessuno poteva fermarla.
- Ecco qual è il mio destino. So cosa fare.- disse la donna-driade avvinghiando le sue liane attorno ad un antico tomo ingiallito dal tempo.
Nella sua tana, attendevano in silenzio i discepoli dei maghi rossi. Portavano le teste basse, come fossero in penitenza. Nascosti sotto i cappucci si intravedevano gli aguzzi menti affilati uniti ad un sorriso beffardo.
- Scappati. Vi sono sfuggiti dalle grinfie come dei vermi viscidi.- infervorò, gli occhi da pesce che si muovevano velocissimi. Si girò, dando le spalle agli assassini e concentrandosi solo sul libro. Il suo nuovo gioiello.
- Il loro potere é grande, mia signora.- rispose il discepolo che si tolse il cappuccio, il tatuaggio del drago ben in evidenza sulla testa pelata.
- Non mi interessa.- tuonò irata, le foglie secche che si sollevarono a mezz'aria. Tra le ombre, Androgina assumeva una postura spettrale; le foglie turbinavano attorno al suo corpo in un unico uragano vegetale. Poi il flusso rallentò.
- Non ha importanza.- rispose la donna-driade ritirando le lame taglienti con la stessa velocità con cui le aveva estratte. - Ho intenzione di usare i loro poteri per uno scopo più grande.-
Seguirono attimi di silenzio, interrotti solo dal fruscio del vento.
- La profezia.- continuò Androgina in un sussurro. -
Ora che i miei poteri sono più potenti, richiamerò l'antico signore e niente potrà fermarmi.-
Una debole brezza smosse i suoi capelli covini. Sorrise, pensando all'azione che finalmente avrebbe dato una svolta decisiva alla sua esistenza malvagia.

"Blop blop" qualcosa ribolliva dentro una grande pentola.
- Tubiduuù!- cantava Judy rigirando uno dei suoi intrugli. Di solito li preparava di mattina, ma quel giorno aveva fatto uno strappo alla regola. Aveva voglia di qualcosa di gustoso e nutriente.
La fiamma ossidata sotto la pentola sparì quando Judy spense il gas. Affondò il mestolo e tirò su una bella porzione di brodaglia fumante.
- Ecco qua.- disse soddisfatta riempendone un bicchiere fino all'orlo. - Con questo avrò energia sufficiente per tutta la giornata.- continuò. In effetti aveva proprio bisogno di tirarsi su dopo tutto quello che era successo al suo corpo mutantizzato.
"Driin!"
Qualcuno suonò il campanello. Mia sorella si pulì le mani sul grembiule che aveva indossato, la splendente begonia fissata con una spilla da balia vicino alla spalla.
- Eccomi arrivooo!- disse alzando quest'ultimo con fare principesco.
" Chi sarà a quest'ora?" pensò poi in un affanno. Aprì la porta e si trovò di fronte lo scienziato pazzo. La fissava da sopra gli occhiali rotondi.
- Oh, salve, lei qui?-
- Trovato.- annunciò lui entrando subito in casa.
- Non capisco, che cosa significa?- chiese mia sorella unendo le mani ai fianchi rotondi. Ma non ricevendo risposta fece accomodare Mardock in cucina. Frugò tra le stoviglie e ne estrasse una grande tazza decorata con delle composizioni floreali.
Lo scienziato pazzo si sedette, svuotò la tasca del giubbotto e ne estrasse un grande oggetto d'oro grosso quanto la sua mano. Lo fece ciondolare a mezz'aria, lasciando che lo sguardo di Judy potesse analizzarlo meglio.
- Questo è l'incanalizzatore di potere di Allan.- spiegò appoggiando l'oggetto sul tavolo.
Judy che era intenta a travasare il suo intruglio nella tazza si avvicinò e nel suo sguardo si accese una nota di stupore.
- Un momento, ma questo lo riconosco.- disse afferrando l'oggetto che luccicava al riflesso del sole.  - E' l'orologio di Allan, glielo avevano rubato quei ladri vestiti di rosso. Apparteneva a nostro padre e prima ancora a nostro nonno.-
- Dici sul serio?-
Judy annuì.
- Si, si, certo, ora è tutto più chiaro. Ad ogni modo l'ho modificato per bene, come lo spazzolone che ti ho dato, anche questo oggetto intriso di scienza unito alle capacità paranormali di Allan, è in grado di far scaturire i suoi superpoteri.- lo scienziato mandò giù qualche sorso della bevanda di Judy. La sua carotide si muoveva veloce, mia sorella rimase lì ad immaginare entro quanto tempo avrebbe tossito o sputato quel suo miscuglio. Ma il suo sguardo non fece una piega. Anzi sembrava compiaciuto.
- Dove lo ha trovato? Allan sarà così felice di sapere che il suo prezioso gioiello è di nuovo qui, nella nostra casa!-
- Attenta pollicina, non è un giocattolo! L'ho trovato passeggiando in mezzo al bosco, si, si! Ma dovete stare attenti, se l'orologio è riuscito ad attirare l'attenzione della setta dei maghi rossi, vuol dire che è molto più prezioso di quanto possa sembrare. Tuo fratello dovrà fare attenzione quando userà i suoi poteri, si,si. Perché saranno potentissimi.-
Judy non prestò particolare attenzione alle sue parole. Sollevò la tazza dal tavolo; era vuota, allo scienziato doveva essere proprio piaciuta la sua invenzione giornaliera. E così Felice e contenta si diresse al pentolone, pronta per un nuovo travaso.

Dopo aver attraversato il corridoio dei dipendenti, il signor Holdes mi fece accomodare in uno scomoda sedia scorrevole rilegata ad un antro di scrivania. Sopra quest'ultima un computer di vecchia generazione era in fase di accensione. Il monitor era ancora spento e io potevo intravedere il mio riflesso preoccupato.
- Coraggio, accenda!- mi disse con un'aria leggermente scocciata. Poi appoggiò la mano rugosa sulla scrivania che scricchiolò.
Unii le labbra in modo confuso. Poi mi decisi a premere il pulsante che si illuminò di una luce verde opaca.
Mentre aspettavo la schermata di avvio, guardai di fronte a me. Un pò più in là, vicino all'entrata del grande corridoio, era affissa alla parete un' insegna a caratteri cubitali. "Notthingwish News" lessi compiaciuto. Mi chiesi come avevo fatto a non notarla prima.
- Bene, bene. Ora scriva ciò che le detto.- iniziò il il capo redattore avvisandomi che il computer si era acceso. Io mi misi in posizione; pronto per battere alla tastiera. Se tutto sarebbe filato liscio, presto sarei diventato un nuovo dipendente di quel giornale. Il solo pensiero mi faceva rabbrividire.
" meglio stare con i piedi per terra!" pensai mentre le parole del signor Holdes scivolavano via dalla sua bocca velocissime, le mie dita in frenesia sulla tastiera nero corsetto.
- Che cosa succederà alla nostra economia se il nostro presidente...- continuava senza fermarsi. Ma per fortuna non avevo problemi a stare al passo con la dettatura.
"...Let it be, let it be...Whisper words of wisdom, let it be..." La canzone dei Beatles proveniva da una radio, probabilmente posta su una scrivania vicina. Ma non mi feci distrarre e continuai a scrivere.
Un leggero mal di testa iniziò a farmi appesantire gli occhi, ma non mollai. Alzai lo sguardo. Nel volto del signor Holdes potevo scorgere un'espressione compiaciuta.
Bé, non potevo dire di essere Mozart alla tastiera, ma se non altro me la stavo cavando abbastanza bene. " Chissà come sarà contenta Judy!"
- Perfetto. Va bene così.- disse il signor Holdes togliendomi la tastiera da sotto il naso, per poi spingerla sotto lo schermo.
Sorrisi compiaciuto alla notizia della mia performance. Poi spensi rapidamente il computer.
" Il misfatto è ormai fatto!" mi complimentai con me stesso tra me e me. " Non vedo l'ora di dirlo a Judy!" ma nello stesso istante in cui pronunciai il nome di mia sorella, una forte emicrania smorzò il mio sorriso. Mi portai le mani sulle tempie; il dolore si fece insopportabile, intorno a me sentivo tutti i suoni amplificati in un unico rumore.
- Sta bene?- sentii rimbombare nella mia mente la voce del capo-redattore.
Non riuscii a rispondere. E mentre sentivo che la testa mi stava per scoppiare da un momento all'altro, lo schermo del computer si accese di scintille, prendendo fuoco.
Chiusi gli occhi. E quando li riaprii la testa non mi faceva più male.
" Al fuoco, al fuoco!" gridò terrorizzata una delle segretarie.
Il signor Holdes mi fissava accigliato. Il suo sguardo si posò prima su di me e poi sul computer ormai in fiamme. Poi si allontanò, vedendo il fuoco avanzare verso alcuni fogli.
Alcuni temerari giornalisti si armarono di estintori per estinguere le fiamme. Come era successa una cosa del genere? Non lo sapevo. Ma sospettavo che centrassero qualcosa i miei poteri paranormali. In quell'istante capii che fare finta di niente non mi avrebbe aiutato a dimenticare quello che ero diventato.
Le fiamme divamparono sulla scrivania convogliandosi in un' unica, alta fiammata. Decisi di allontanarmi dal fuoco; perché sinceramente, rimanere carbonizzato non rientrava nella mia personale lista dei desideri. 
Gli spruzzi di polvere degli estintori resero l'aria irrespirabile, mentre in un movimento generale tutti i dipendenti arrancarono verso le scale e gli ascensori.
Rimasi solo. In compagnia dei pochi coraggiosi giornalisti-pompieri e del capo-redattore, che mi scortò all'uscita.
Percorremmo il corridoio in silenzio. Poi ci fermammo vicino alle scale.
- Io, mi volevo scusare con lei per quello che é successo.- dissi con un' espressione colpevole. Anche se in realtà non avevo la più pallida idea di come avevo fatto a fare una cosa del genere.
- Non si preoccupi, a meno che lei non abbia poteri pirocinetici, dubito che quello che sia successo sia stato a causa sua.- ci fu una pausa in cui il signor Holdes si portò la pipa in mano. Estrasse un panno di lino dalla tasca dei pantaloni e iniziò a strofinare la pipa. Teneva a quell'oggetto come ad un paio di occhiali nuovi e costosi. - Nonostante il suo curriculum disastroso, può ritenersi fortunato. Non ho mai visto nessuno dei miei dipendenti scrivere così velocemente con la tastiera.-
Un barlume di speranza si riaccese dentro di me. Forse quello significava che la mia assunzione non era stata revocata...o forse significava che non dovevo trarre conclusioni affrettate.
Rimasi in silenzio a osservare l'attenzione morbosa che il capo prestava alla sua pipa. Poi mi decisi a chiedere spiegazioni.
- Significa che sono assunto?- chiesi con una nota di impazienza.
Il signor Holdes sorrise amabilmente, lo sguardo alto ad osservare l'orologio affisso alla parete. - Incomincerà a lavorare domani. Prepari un articolo per sta sera e me lo porti. Ma da ora in poi niente più sorprese di questo tipo, o potrei seriamente iniziare ad insospettirmi, intesi?- scherzò ritirandosi sbrigativo nel suo ufficio.
Feci cenno di no con la testa. E per una volta anche io mi sentii come mia sorella; con la testa fra le nuvole.

La cucina di casa Chord era vuota.
Dopo aver scaraventato frettolosamente le tazze vuote nel lavandino, una impaziente Judy aveva accompagnato lo scienziato pazzo di sopra. Non vedeva l'ora di fargli vedere le stanze.
- Ecco qua.- aveva detto mia sorella saltellando di qua e di là. - Qui è dove dormo io.- concluse mostrando a Mardock lo stanzone.
Lui fissava da sotto gli occhiali rotondi la ragazza cicciottella mentre si destreggiava nelle sue piroette. Non diceva una parola. Ma a giudicare da come le sue labbra si allungarono per baciare l'aria, era pensieroso. Probabilmente gli sembrava una di quelle oche giulive che si vedono in televisione. Poi il suo sguardo venne abbagliato dalla luce solare.
Una finestra ad arco adornata di tende color caramello rendeva luminosa la stanza. Il linoleum riluceva brillante e perfettamente pulito nel suo ocra temperato. Un gran lettone ad una piazza e mezza era sistemato al centro della stanza e la rendeva ancora più allegra grazie alle lenzuola rosa con tanto di principessine ricamate.
- Mi segua!- disse Judy con l'intento di continuare il giro della casa. Ma Mardock la fermò guardingo.
- Hai sentito, Pollicina.- disse con un'espressione stranissima in volto.
Judy smise di fare piroette e si voltò a guardarlo. Ma lei non aveva sentito proprio nulla, così unì le mani ai fianchi rotondi, come faceva sempre quando non capiva qualcosa. - Oh signur, ma che cosa c'è adesso?-
Mardock allungò la mano ad un orecchio e fece cenno di ascoltare.
"frish." era vero; un fruscio quasi imprescrittibile trascendeva dal piano inferiore. Come se tanti oggetti lisci e avvicinati si sfregavano tra di loro.
Poi un boato assordante sovrastò l'aria, attirando anche l'attenzione di Judy.

- Che cosa è stato?- chiese Judy in un affanno; le scale la sfinivano sempre.
Lo scienziato pazzo tastò e annusò l'aria cercando di afferrarla tra i palmi delle mani. Inutile dire che non ci riuscì.
- Ferma.- annunciò. - Vai a prendere lo spazzolone! Qui c'è bisogno dei tuoi servitori.-
Lo sfrigolio si fece più intenso come se qualcosa o qualcuno si stesse avvicinando. Judy, spaventata non se lo fece dire due volte. Alzò la gonnella, fece dietrofront e si catapultò in bagno a prendere il suo incanalizzatore di potere.
Fece ritorno pochi secondi dopo con l'arma tra le mani.
- Dobbiamo essere prudenti, Pollicina.- annunciò lo scienziato pazzo proseguendo per primo. Aveva gli occhi sbarrati e gli occhiali glieli facevano enormi.  Sembrava che le sue palpebre fossero tenute su da dei paletti di legno.
Mia sorella girò la testa di scatto. - Sono loro?- chiese con un'espressione di puro terrore in volto, lo spazzolone svolazzante. - E' la stessa banda di assassini che ci ha attaccato l'altra notte?-
Mardock fece cenno di no con la testa, ma non fece in tempo a fornire ulteriori delucidazioni. Il muro della cucina tremò, mentre grandi crepe presero a salire su di esso.
La parete si incrinò e una pioggia di calcinacci accompagnata da una nebbia di polveri riempì la casa.
Judy si riparò la testa dietro le braccia, poi cadde e rotolò giù dalle scale. Mardock si lanciò a capofitto dietro un mobile del corridoio.
Dietro la polvere, un gorgoglio di fruste vegetali accompagnava un esile donna dai capelli corvini.
Il soqquadro del momento fu interrotto da una risata composta da mille voci sovrapposte. Poi la polvere ricadde sul pavimento bianco ricoperto dai calcinacci e il volto di Androgina si rese visibile.
Judy si alzò da terra tremante. Con fatica aprì gli occhi socchiusi e fissò quella strana creatura che avanzava verso lei, insensibile alla pioggia tagliente che continuava a cadere dal soffitto.
- Tu!- si sentì rimbombare. - Pagherai per ciò che hai fatto.-
- Povera sciocca.- disse Androgina schioccando la lingua biforcuta in modo sprezzante. - Pensavi davvero che i tuoi uccellacci potessero fermarmi?-
Un rovo secco partì dalle sue membra e stritolò il collo di Judy che lanciò un lamento soffocato. La ragazza venne sollevata da terra, mentre veniva avvolta e imprigionata da altre liane verdastre.
Mardock sbucò guardingo da dietro l'armadio.
- Stai tranquilla, pollicina!- disse lanciando una pozione contenuta in una provetta. Il giallo opalescente dell'intruglio sfrigolò al contatto con il corpo coriaceo della donna-driade che ritrasse le sue fruste vegetali all'istante. 
Judy cadde a terra con un tonfo secco. Sapeva cosa fare. Premette all'istante il pulsante al centro dello spazzolone. Ma androgina fu più veloce. Dal suo corpo guizzarono fuori le foglie rosicchiate dai vermi che sferzarono l'aria alla velocità della luce. I due furono travolti da mille lame taglienti e caddero a terra incolumi.
La povera Judy piena di tagli sanguinanti venne portata via da Androgina e dalle sue liane.

E mentre il suo stomaco veniva cinto da fitte lancinanti, la begonia le scivolò via dal grembiule, cadendo a terra. La ragazza sperò con tutto il cuore che suo fratello la sarebbe venuta a salvare.
E poi...e poi una frusta vegetale ridusse i petali del fiore in mille frammenti arancioni.
Quella fu l'ultima cosa che vide prima di perdere i sensi.
Infine, il buio.



Lo so, il finale è un po' tragico, xò ci voleva un po' di suspence!! E voi che cosa ne pensate?? Fatemi sapere! ;]
 

Ringraziamenti:

Lunatharis: Ciao! Mai dire mai...Si, di sicuro qualcosa di buono alla fine concluderanno anche loro, dai!
Lovy91: Ciao Lovy, sono contento che le fatine ti siano piaciute...Lo so che é passato tanto tempo, ma ti é piaciuto il nuovo capitolo??
Un abbraccio:
Matt_Plant

  
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