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Autore: Stray cat Eyes     04/06/2010    3 recensioni
Nonna Gina, un turista e la cura per i mali dell’anima.
[Partecipante all'iniziativa 2010: a year together, del forum Collection of Starlight.]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Partecipante all’iniziativa 2010: a year together sul forum Collection of Starlight.








[Azzurro, arancia e torta al limone]

#206. « Do you speak english? »




Nonna Gina la trovavi spesso appollaiata sul suo scoglio - un pontile, in realtà -, armata di pazienza e ardore.
Amava il mare, il suo odore, i suoi colori - il blu smeraldino in mattinata, l’affogato all’amarena che diventava al tramonto (altro che spremute d’arancia rossa...!); ma soprattutto amava pescare.
Nonna Gina, lei non è che fosse un’esperta di pesca. Però aveva la vecchia canna di suo marito, pace all’anima sua, degli stivali un po’ consunti, un gilet con le tasche verdi e spaghetti scotti da appendere all’amo. Non era esattamente la classica esca - e forse per questo, forse per una coincidenza, Nonna Gina non aveva mai preso nulla - ma andava bene lo stesso.

Nonna Gina non era davvero una nonna - non nel senso letterale del termine. Ma da tale si comportava e, anche se in vita sua non era mai stata capace di fare centrini all’uncinetto e non aveva l’aria gracile e mezzo spenta della tipica donna anziana, aveva sempre una fetta di torta al limone - generalmente presa in pasticceria - con cui tirarti su il morale, più una saggia perla da dispensare all’occasione.
I bambini la adoravano dal più profondo, per tutte le volte che aveva rinunciato a vecchi biscotti stantii per salvare il loro gioco, la campana, in mancanza di sassolini. Con l’avvento dell’asfalto anche nella piccola cittadina, sospirava la Nonna, non era più mica tanto facile procurarseli, eh.

Nonna Gina conservava la propria energia, quella di quando aveva vent’anni e inciampava nella gonna ogni due per tre; energia talvolta stemperata nel più tipico profumo di nonna e quiete, quando la malinconia le si appoggiava addosso e le foto in bianco e nero diventavano una dolce tortura polverosa.
Ma questo non succedeva mai a pesca.
Quando Nonna Gina era appollaiata sul suo scoglio-pontile, armata di pazienza e ardore, la tristezza non c’era. La polvere veniva soffiata via dalla brezza di giugno - era quella che preferiva, in giugno, con ancora l’odore vago di rose in giro - e lei era libera di entrare in comunione con qualcosa di astratto per chiunque, ma tangibile per una nonnetta adorabile e con qualche problema d’udito. Era... pace. E un guizzo d’azzurro aranciato.
Lei sosteneva avvenissero miracoli, con quel colore in cielo e nel mare.


Un bel giorno - era appena l’inizio di giugno - la sua pace fu disturbata appena da un passante; passante che si rivelò essere, col suo zaino in spalla e una lieve abbronzatura, nient’altri che un turista.
La spiaggia era quasi completamente deserta; Nonna Gina, assorta nella pesca allo spaghetto stracotto, non si accorse della sua presenza fin quando il suddetto turista, giovane modestamente atletico dai capelli bruni, le si avvicinò.

“Ehm...”

Pareva in difficoltà. Tuttavia, lei non lo sentì.

Do you-” Tentennamento. Si schiarì la gola. “Do you speak english?” Domandò ad alta voce.
Al che, Nonna Gina si voltò, interessata. “Dov’è che spiccano le alici, scusi?”
Il ragazzo sospirò, passandosi velocemente una mano sul volto, e quel sospiro aveva tutta l’aria di una speranza infranta. Scosse la testa, rassegnato, e fece per andar via.
“Ehi, aspetti! Cos’è che diceva?” Lo richiamò, inaspettatamente, Nonna.
Lui si fermò a guardarla: lo sguardo fu ricambiato pienamente, e la nonna, studiando appena un po’ più a fondo il suo viso e il naso già scottato dal sole, scoprì che era più triste di quel che sembrava.
“Venga qui, giovanotto,” gli disse, accennando allo spazio subito accanto a sé, sulle assi umidicce del pontile.
Il turista, forse per curiosità o per il mero bisogno di compagnia, obbedì. Non disse una parola quando la donna gli passò la canna da pesca, per girarsi ad aprire una borsa e a tirarne fuori una sorta di fagotto.
Lui la osservò con attenzione, mentre da un panno in fantasia arancione sbocciava l’odore dolce di una torta al limone, e la sua morbida resistenza era vinta da un coltello tirato a lucido.
Nonna Gina frugò nelle tasche del gilet, per poi estrarne un pacchetto nuovo di fazzoletti di carta; ne prese un paio, e col coltello vi adagiò la fetta di dolce appena tagliata. Gliela porse, con tutta la gentilezza che quell’intrusione le lasciava, e riprese la canna da pesca fra le mani irruvidite dall’età e da tante, tante altre cose.
“Le è successo qualcosa, giovanotto?” Gli chiese, rinfagottando la torta con la mano libera.
L’altro, intanto, aveva accettato il dolce e lo fissava, un po’ confuso ma con un mezzo sorriso sulle labbra.
“Si vede che le è successo qualcosa, si vede. È triste?”
Lui non la capiva, ma l’espressione si rabbuiò mentre addentava il pandispagna, quasi che avesse intuito il significato delle sue parole.
I’m sad,” sussurrò.
E nessuno dei due si rese davvero conto di aver inteso l’altro perfettamente.
“Mangi, vedrà che si sentirà meglio. Con quella ci sarebbe stata bene una tazza di tè, ma farà effetto anche così. Si fidi! Meglio di un medicinale, le torte.” Lo rassicurò Gina, annuendo con il sorriso di chi la sa lunga.
Il silenzio cadde con un plof!, come un sassolino - o un biscotto stantio - in acqua. Ma durò poco.
“Allora, vuol raccontarmi che cosa è successo?” Tentò la Nonna.
Lui, dal canto suo, mandò giù l’ultimo boccone; poi si strinse nelle spalle.
Lei lo scrutò per lunghi istanti, facendo dondolare lentamente la canna da pesca.
“D’accordo, che ne dice di presentarsi, prima? Io,” disse, indicandosi, “sono Gina. Lei?”
Il ragazzo, scrollandosi le briciole di dosso, parve capire. “I’m John.”
Sorrise, tendendole la mano, e lei gliela strinse con energia.
“Bene, Angio.”
L’anziana donna tacque per un attimo, inspirando profondamente l’aria salmastra, con la nota dolce della torta che teneva ancora in grembo.
“Guardi, ‘Gio.” Indicò, con la mano e con un cenno del capo, l’orizzonte.
John ne seguì lo sguardo e si sorprese di trovare, dietro il rosa del tramonto, un vago azzurro screziato d’arancio.
“Quello ha la capacità di far svanire ogni problema, ogni dilemma. Vince la malinconia. La tristezza la butta giù, come un muro vecchio.”
Incantato, il giovane straniero non le rispose, né distolse lo sguardo da quello spettacolo.
“Qualsiasi cosa, ‘Gio, qualsiasi cosa accada, non c’è da disperarsi. Se ha una torta al limone a portata di mano e quel cielo lì, non c’è bisogno d’altro. Il malumore svanirà da sé.”

Nonna Gina e John rimasero ancora, seduti l’uno accanto all’altra, ad osservare il mare dal loro umido scoglio di legno, avvolti da profumo di sale e rose e miele.


“Sto elaborando una teoria nuova, sa, ‘Gio? Latte caldo e biscotti. Ma non quelli del vecchio barattolo, nah. Giù in paese c’è una pasticceria che sforna delle madeleine... d’accordo, non sono propriamente biscotti, ma sono una mano santa, parola mia. Lei crede che funzionerebbero?”

I don’t understand... Not a single word, mrs. Gina...

“Visto? Lo dicevo, io. Però la torta è sempre la migliore.”










*


Note.
D’accordo, non so esattamente cosa volessi dire con tutto questo. Forse che non ti conviene fermarti a chiedere indicazioni ad una persona che chiaramente non conosce la tua lingua. Forse che le nonnette sono adorabili anche se non sanno cucire. Forse che chi è duro d’orecchi in realtà sente solo quello che vuole sentire. Forse che certe “comunicazioni”, certe “intuizioni”, durano solo per un attimo - solo finché ciò che si recepisce piace.
Non lo so, insomma. Però so che mi piacerebbe molto riuscire a scrivere di nuovo di Nonna Gina, magari ancora insieme a John, magari in un contesto più sensato di questo. XD
Tenendo presente che questa è la primissima “cosa” originale che scrivo/posto, e che l’ho scritta in circa tre ore e la notte stessa l’ho sognata - esattamente: prima l’ho scritta e poi l’ho sognata -, vi chiedo non di essere clementi, ma soltanto di evitare le verdure marce. Non le sopporterei. XDD
Ah, in ultimo, vorrei chiedervi un consiglio: pensate per caso che starebbe meglio in un’altra sezione degli Originals? Perché io mi sono scervellata per un’ora senza venirne a capo. ^^’


Grazie infinite per la lettura! ^^


  
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