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Autore: Ariadne_Bigsby    04/06/2010    5 recensioni
John rimase incantato per un attimo, guardando la foto. Ripercorse ancora una volta con lo sguardo i quattro volti, lasciando il suo per ultimo. Quando alzò lo sguardo si vide riflesso nello specchio appeso al muro davanti, ed avvertì il peso degli anni gravargli sulle spalle come un macigno. Aveva quaranta anni, il giorno dopo avrebbe avuto quaranta anni e due mesi esatti...

"Prequel" della vicenda raccontata in "Here There and Everywhere", ovvero le esperienze vissute da John Lennon prima di prendere la decisione di scendere nuovamente sulla terra. Ff scritta in concomitanza con"Here There and Everywhere" (non ho resistito alla tentazione di pubblicarla adesso..." xD
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, George Harrison, John Lennon , Stuart Sutcliffe
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'John in the sky with diamonds'
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Long

 

 

 

Allora….era da un po’ che volevo buttare giù questa storia. In realtà avrei dovuto pubblicare questo prima di “Here There and Everywhere”, però ho deciso di fare il processo inverso : partire dal sequel e pubblicare successivamente il prequel.

Si, questa storia è proprio quello che è accaduto prima di “Here There…”, ovvero la storia di John, dalla sua morte fino alla sua discesa sulla Terra. Ovviamente tutto visto con gli occhi di John.

Stamani a scuola ho buttato giù il primo capitolo, riorganizzando le idee che avevo…

Cercherò di pubblicare i capitoli di questa storia in concomitanza con l’altra fiction…Beh, detto questo…

 

Enjoy! Ringrazio anticipatamente chi leggerà la storia e chi la recensirà.

 

Walking on Thin Ice

 

 

“I may cry some day,
But the tears will dry whichever way.
And when our hearts return to ashes,
Itll be just a story,”



 

 

8 Dicembre 1980 Record Plant Studio, New York

 

 

 

“Sono esausto! Ho passato un’intera giornata chiuso qui in studio a registare.

Sono passati circa due mesi dalla pubblicazione di “Double Fantasy” ed ormai sono troppo preso dal comporre nuove canzoni per fermarmi un’altra volta.

Ho davvero un sacco di materiale pre-registrato a casa, tanti spunti per nuove canzoni.

 Dopo un “silenzio” di cinque anni sono felice di essere tornato in pista.

 Cinque anni…La nascita di Sean ha cambiato moltissime cose..ed io non voglio essere un padre assente, troppo preso dalla sua vita. Non voglio che mio figlio cresca senza una figura paterna. Non voglio che passi ciò che ho passato io nella mia infanzia e nella mia adolescenza.

Voglio che abbia un punto solido di riferimento.”

 

 

Questi pensieri affollavano la mente di John Lennon, seduto alla sua scrivania nello studio di registrazione.

Stava rimettendo in ordine le sue cose, dopo un’intensa giornata lavorativa. Lui e Yoko, sua moglie stavano lavorando su una canzone che avevano già utilizzato per “Double Fantasy”.

 La canzone si intitolava “Walking on Thin Ice” ed era cantata da Yoko.

 

 

Il cantante era rimasto così soddisfatto dai risultati ottenuti, che aveva fatto trasferire tutta la registrazione su nastro: voleva portarla a casa per ascoltarla tutta con calma.

 Era totalmente saturo di musica, almeno per quella sera.

 

 

Contravvenendo alle sue ripetute promesse di smettere di fumare, John si accese una delle sue “Gitane.

Aspirò il fumo mentre si lasciava sprofondare nella poltrona. Si sentiva veramente stanco e spossato e questo lo rendeva nervoso: era sempre stato un tipo energico e scattante. Ma ora le sue forze stavano come venendo meno.

 

 

Il cantante fece un lungo sospiro “Troppo lavoro! Si disse “Va bene partire in quarta per creare subito un nuovo album…ma forse mi sto lasciando prendere troppo la mano…” scosse leggermente la sigaretta per far cadere la cenere rimasta attaccata al tubicino “d’altro canto non sono più un ragazzino.

 I tempi delle “consegne lampo” di nuovi  album sono finiti da un bel pezzo ormai..”

 

 

Il cantante si accigliò per un attimo, indugiando sui ricordi che pensava di aver sepolto bene sotto una coltre di disprezzo neanche troppo implicito.

Riluttante, John Ono Lennon si vide passare davanti immagini, dove lui era ancora il “Beatle John”.

Si ricordava le sedute con Paul, cercando  di mettere assieme parole e note.

Erano ricordi offuscati come da una leggera nebbia, erano vere e proprie fotografie impresse nella sua mente. Fotografie riposte con cura in fondo ad un cassetto dove, col tempo, avrebbero perso la loro brillantezza.

 

 

John aspirò nuovamente il fumo a pieni polmoni,  ma lo rilasciò quasi subito.

 Quanti anni erano passati? Dieci?

Erano già passati dieci anni da quando tutto era finito?

“Per la miseria! Dieci fottutissimi anni?” si ritrovò a pensare il cantante, come se se ne fosse reso conto solo in quel momento “e ne sono passati venti da quando…”

 

Di nuovo, un’altra immagine a lungo rimasta nel dimenticatoio si fece strada nei suoi pensieri.

 Vide tre ragazzi: uno era veramente giovane, doveva avere circa diciassette anni.

 Portava un buffo ciuffo “alla Elvis” ed imbracciava una chitarra.

 Il secondo era un ragazzino di circa diciotto anni, dalla faccia d’angelo e dai grandi occhi verdi. Lui, a differenza del suo compagno imbracciava un basso, ma lo portava al contrario perché era mancino.

Il terzo era un ragazzo alto, il più alto dei tre e dinoccolato: anche lui aveva i capelli impomatati di brillantina, cercando di ricopiare il  ciuffo di Elvis Presley ed anche lui portava una chitarra a tracolla, quella chitarra comprata a rate.

 Ma a differenza degli altri due, che sembravano smarriti e preoccupati, lui teneva la testa alta, in atteggiamento di sfida.

Lo sguardo esprimeva tutta la sfrontatezza e l’arroganza che può esprimere il volto di un adolescente che si sente invincibile.

 

John Lennon si lasciò andare ad un sorriso nostalgico.

Erano anni che non sorrideva più a quel ricordo: per gli ultimi dieci anni, quei ricordi erano legati indissolubilmente alla più totale mancanza di valori, anni macchiati da eccessi per i quali, ogni volta, il cantante provava brividi di disgusto.

Erano giovani, gli idoli di un mondo che li additava come quattro giovani dalla faccetta pulita e rassicurante..òa realtà era ben diversa.

La sigaretta si era ormai consumata fino al filtro.

Tra le mani dell’ ex-Beatle.

Lui la fissò per un attimo “ Fanculo, io me ne accendo un’altra…” si disse.

Dopo averla accesa, John rimase nuovamente immobile.

Stavolta non pensava a nulla in particolare, anche se, voci dal passato si insinuavano senza freni nella sua mente.

 

 

Alla fine fece qualcosa di inaspettato.

John Ono Lennon si alzò dalla comoda sedia imbottita e si diresse verso il suo cappotto nero, che si trovava sull’attaccapanni.

Ormai era chiuso li dentro da quasi 20 minuti ma non gli importava.

Cominciò a frugare con calma nelle tasche del pesante cappotto: ovviamente non lo trovò al primo tentativo, ma alla fine le sue mani toccarono ciò che cercava.

 Estrasse il suo portafoglio di pelle marrone e lo aprì.

Non era mai stato un patito dei portafogli all’ultima moda ed usava quel consunto portafogli da ormai dodici anni.

 Le sue dita indugiarono per un attimo prima di estrarre quello che cercava da una delle strette taschine del portafoglio.

 

 

Il tempo aveva fatto appiccicare la pelle sulla patina della pellicola e Lennon dovette impiegare molta pazienza per estrarre la foto senza danneggiarla, ma alla fine ci riuscì.

 

Nella foto erano ritratti quattro ragazzi sorridenti.

Le dita di John toccarono il viso del giovane in posa al centro: aveva i capelli di una tonalità che poteva essere castano chiaro, così come poteva benissimo passare per un biondo scuro e gli arrivavano fin sotto le orecchie.

 Il suo occhio destro era semi-nascosto da una frangetta.

Il suo sorriso pareva spensierato.

John percorse con l’indice quei volti a lui così noti.:alla sua destra c’era Paul, con i suoi grandi e malinconici occhi verde bosco che mandavano in delirio le loro fan…George, il piccolo, dolce George, timido e riservato ma dalle idee sempre geniali e Ringo, col suo naso spropositato ed i suoi occhi cristallini come l’acqua. Ringo era stato il vero “collante “ dei Beatles, era stato l’unico elemento portante.

 

 

John rimase incantato per un attimo, guardando la foto.

Ripercorse ancora una volta con lo sguardo i quattro volti, lasciando il suo per ultimo.

Quando alzò lo sguardo si vide riflesso nello specchio appeso al muro davanti, ed avvertì il peso degli anni gravargli sulle spalle come un macigno.

 

 

Aveva quaranta anni, il giorno dopo avrebbe avuto quaranta anni e due mesi esatti.

 John fissò con un sorriso mesto la sua immagine riflessa: era proprio lui, lo stesso John della foto, quella foto rimasta sepolta per anni.

 Il suo viso era più magro ed affilato, qualche ruga era già spuntata qua e là- I suoi capelli non erano più lunghi come quelli della foto perché li aveva fatti tagliare proprio come li portava quando era un diciassettenne di belle speranze.

Però erano dello stesso biondo scuro, anche se facevano capolino piccoli ciuffi brizzolati.
Osservò le sue labbra sottili, il suo naso aquilino che pareva ancora più prominente, a causa della sua magrezza…

Senza rendersene conto, John aveva lasciato consumare anche la seconda sigaretta fra le sue mani.

La gettò nel cestino, centrandolo e rivolse lo sguardo verso la finestra.

Il cielo di Manhattan era buio, ma rischiarato dalle mille luci della “città che non dorme mai”.

L’ex-Beatle John si rese conto che era tardi e che doveva fare presto, se voleva salutare il suo bambino prima che si addormentasse.

Raccolse i nastri che aveva lasciato sulla scrivania e si infilò il cappotto.

 

 

Quando fu salito in macchina si accorse di aver dimenticato la foto sul tavolo…

 

 

 

Manhattan, Upper West Side.

Dakota Building

 

 

La sontuosa limousine stave per svoltare e dirigersi verso il parcheggio del palazzo, ma l’autista fu fermato da Lennon. “Aspetta, mi ci vuole più tempo per salire se scendo al parcheggio…e io voglio dare la buonanotte a Sean..Fammi scendere qui”

L’autista obbedì ed accostò al marciapiede, per permettere a John di uscire.

 Il cantante raccolse i nastri che si era portato dallo studio e scese dall’auto, mentre la moglie si attardò un attimo all’interno.

 

John Lennon camminò a passo svelto verso l’ingresso, così svelto da non notare l’ombra al lato del portone.

 Ormai era vicino alla porta d’ingresso, dove avrebbe preso l’ascensore per il settimo piano.

Sarebbe entrato in casa e si sarebbe diretto a passo sicuro nella stanza di Sean, dove gli avrebbe dato la buonanotte e magari cantato la sua ninnananna preferita…

 

“Hey, Mr Lennon!” lo apostrofò una voce sconosciuta.

 John non fece in tempo a girarsi, quando sentì un dolore acuto allo stomaco, come se lo avessero trapassato con un ferro arroventato.

Nel giro di pochi secondi avvertì la stessa sensazione alla spalla e, di nuovo, allo stomaco.

Quasi non sentì l’urlo angosciato della moglie, né il fragore dei nastri che gli cadevano dalle mani e cozzavano contro il cemento del pavimento.

 

Si sentiva incredibilmente pesante, le gambe sembravano non riuscire più a sostenere il suo peso.

 Aveva solo voglia di stendersi e chiudere gli occhi…voleva scacciare il dolore.

 

John Lennon, colpito da quattro pallottole esplose da quell’ombra che lo aveva atteso per una giornata intera, si accasciò per terra, dove chiuse gli occhi, senza sapere chi gli avesse sparato e per quale motivo.

 

Prima di perdere conoscenza pensò: “Perdonami Sean…Non potrò darti il bacio della buonanotte..perdonami…………”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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