Fanfic su attori
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Autore: NeverThink    06/06/2010    9 recensioni
Poi, nel buio della notte, nel cielo coperto di nuvole, vedi il suo viso, quello marchiato a fuoco nella tua mente e senti le lacrime rigarti inesorabilmente il viso.
Le senti calde e pungenti rotolarti sulla pelle liscia, morbida e bianca. E ti rendi conto che lui non c’è, che, come le foglie al vento d’autunno è volato via, per non fare mai più ritorno.
Gli avevi donato tutto ciò che il tuo fragile cuore era capace di donare, avevi dato tutta se stessa e lui aveva fatto lo stesso.
Ma un giorno tutto è finito, senza un reale e preciso motivo.
[...] “Sono Audry Morel. Tu sei...” Sussurrai dopo essermi infilata sotto le lenzuola.
“Non hai davvero capito chi sono?” La sua voce era calda e bassa.
“Dovrei?” Chiesi confusa.
“No. Mi chiamo Robert. Robert Pattinson.” E nel buio delle notte, in quella piccola stanza mi lasciai cullare dal suo respiro, che tranquillo mi aiutò a scivolare nel mondo dei sogni.[...]
Cosa potrebbe accadere se Audry Morel fosse costretta a condiviere la stanza del college con un ragazzo? Cosa potrebbe accadere se lui fosse Robert Pattinson, ma il suo nome non le ricordasse nulla? Cosa potrebbe accadere se i due non si sopportassero?
Cogli la rosa quando è il momento, che il tempo lo sai che vola e lo stesso fiore che oggi sboccia domani appassirà... cogli l'attimo, Audry.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Robert Pattinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 29



I want to recognise your beauty’s not just a mask…
… I want to satisfy the undisclosed desires in your heart.
Muse, Undisclosed Desires.

 

«Allora… noi andiamo, Candy.» disse Robert sporgendosi sul bancone, prima di rivolgermi un’occhiata divertita. Arricciai le labbra.
«Oh, okay. Ciao, Rob. E’ stato un piacere conoscerti, Audry.» disse lei raggiante, voltandosi per guardami.
«Sì, anche per me.» risposi imbarazzata, portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Ci vediamo, cugina.», sorrise Robert, poggiando un gomito sul tavolo e rivolgendomi un’occhiata colma di malizia. Mi voltai a guardarlo riducendo gli occhi a due fessure e fulminandolo con lo sguardo. Gli tirai un pizzicotto sul fianco sinistro. Lui si mosse, e si massaggiò la parte dolorante sibilandomi un “ahi”. Provai a tirargli un altro pizzicotto, ma la sua mano fermò la mia, cacciandola via. Credetti che quel gioco finisse nel giro di pochi attimi, ma le sue mani indugiarono a giocar con le mie, fino ad intrecciare le nostre dita. Trionfante, sorrisi fra me.
«Non sparire, eh!» aggiunse Candy, fingendo di non aver notato il piccolo giocoso screzio.
«Okay.» ridacchiò lui carezzandomi il dorso della mano con il pollice.
Candy mi strizzò un occhio, prima che ci allontanassimo, uscendo dal locale.
L’aria frizzante pungeva sulla pelle accaldata del mio viso, e fremevo per il contatto delle nostre dita, ancora intrecciate fra loro.
Mentre ci dirigevamo verso l’auto, Robert rise.
«Ed ora cosa c’è?» domandai alzando un sopracciglio.
Lui fece spallucce. «Niente.» sghignazzò.
Rotai gli occhi, sbuffando. «Se ridi per ciò che penso io, non è di certo una bella cosa. Molto imbarazzante, direi.» mugugnai chinando appena il capo e guardandomi la punta della scarpe, imbarazzata.
«Mi sa che ciò che penso io è ciò che pensi tu.»
«Cosa pensi che io pensi?»
«Penso che tu pensi che io pensi cosa tu pensi.» rispose aprendomi la portiera, che così divideva i nostri corpi, e poggiò i gomiti su essa.
«Quindi… tu pensi che io pensi cosa tu stia pensando che io pensi?» chiesi corrugando la fronte.
Lui rise. «Penso che non abbia senso.»
«Io penso che pensare faccia male.» ridacchiai chinando appena il capo e portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Sì, direi di si.» disse accarezzandomi ciocche ribelli, prima di farle ricadere sulla spalla.
«Ho sempre desiderato farlo.» mormorò con voce calda.
«Cosa?» chiesi inclinando il capo e corrugando la fronte.
«Questo.» mormorò premendo il palmo della mano sulla mia guancia. Chiusi gli occhi assaporando a fondo quel contatto, riponendolo accuratamente nel cassetto dei ricordi.
«Ho sempre desiderato riceverlo.» soffiai col fiato corto. Quando la sua mano scivolò dal viso, sfiorandolo piano con i polpastrelli. Sentii la pelle bruciarmi, piangeva il contatto perso, durato troppo poco. Ma, quando aprii gli occhi, pronta a salire in auto, il suo viso dannatamente vicino al mio, mi mozzò il respiro. Le sue labbra erano a pochi millimetri dalle mie, potevano sfiorarle. Il suo respirò caldo mi colpii in pieno viso, dandomi alla testa.
«Ma più di tutto, Morel, ho sempre desiderato fare questo.» mormorò prima di premere le labbra sulle mie. Un semplice bacio, un posarsi di petali di rosa, ma che quasi m costò caro. Dovetti reggermi alla portiera dell’auto per non cadere.
Sorrisi. «Devi spiegarmi molto cose, Pattinson.» mormori sfiorandogli la mandibola con la punta delle dita.
«Abbiamo tanto tempo, Morel.»
«Mi piace.»
Sorrise e mi baciò ancora a fior di labbra, esattamente come pochi istanti prima. Si allontanò e, una volta entrata in auto, mi chiuse la portiera.
Tremai, sorridente, e non era per il freddo.


I miei passi risuonavano ovattati grazie alla moquette del lungo corridoio del dormitorio. Tenevo la borsa con entrambe le mani mentre giocavo con il manico di pelle rigida. Fissavo la punta delle mie scarpe da tennis cercando di evitare di guardarlo e, così, evitando di aumentare il colore purpureo che mi colorava le gote. Il mio viso sembrava essere in fiamme, dannatamente scordante con il resto del corpo.
Anche lui, dal canto suo, era in silenzio. Non fiatava mentre guardava dinanzi a sé con sguardo concentrato. Non facevo che osservarlo con la coda dell’occhio, desiderosa di piccoli gesti o espressioni che potessero darmi un pretesto valido per voltarmi ed osservarlo.
Così, stanca, chiudendo un momento gli occhi, voltai il capo e fui sorpresa di incontrare il suo sguardo. Sul suo viso, un sorriso sghembo.
Corrugai la fronte. «Mi stavi per caso osservando?» ridacchiai.
Lui scosse il capo. «No, certo che no… ma ho i muscoli del collo che si muovono da soli, mi spiace, ma non posso controllarli». Fece spallucce.
Gli diedi una piccola spinta con la spalla. «Bella questa.» osservai prima di portarmi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
«Dannatamente bella.» mormorò e la sua voce parve una lieve carezza, miele sulla mia pelle.
Alzai lo sguardo su di lui ed abbozzai un sorriso imbarazzata, poi lui si fermò e guardò dietro di me. «Ci siamo.»
«Di già?» mugugnai voltandomi e accorgendomi all’istante di ciò che avevo pronunciato senza pensare. Strizzai gli occhi, dandomi della stupida. Poi, mi voltai.
«Intendevo… è passato in fretta il tempo.»
Lui annuì sorridendo. «Certo, ovvio.»
Ridussi gli occhi a due fessure. «So a cosa stai pensando.»
«Sul serio?»
«Certo.»
Lui sorrise ed incrociò le braccia al petto. «Sentiamo.»
«Tu pensi che io si una totale imbranata e, date le ultime… performance, potrei anche darti ragione. Ma, sai, Pattinson, mai fermarsi all’apparenza.» annuii alle mie stesse parole poggiandomi con una spalla allo stipite della porta.
Robert annuì piano col capo, con lo sguardo concentrato su un punto indefinito del mio abito. Poi alzò lo sguardo e scrollò le spalle. «Sbagliato.», e sorrise.
«No, non è vero.» sbuffai dandogli una leggere spinta.
«Sì, è vero. Ritenta, Morel.» disse con leggere malizia nella voce.
Aprii la bocca per parlare, ma la richiusi immediatamente rendendomi conto che, in realtà, non avevo nulla da dire.
«Ti serve una mano, Audry?» chiese innocentemente.
Arricciai le labbra. «No.» lo sfidai mettendomi dritta ed incrociando come lui le labbra al petto. «Allora,» esordii, «tu stai pensando che… che… che io non so a cosa tu  stia pensando!» esultando puntandogli un dico contro, poggiandolo un attimo sul suo petto.
Sorride, ma scosse il capo. «Non ci siamo ancora.»
«Ah, no?» chiesi accigliandomi.
«No.» mormorò poggiando un braccio sullo stipite della porta, quasi sovrastandomi. Il suo profumo mi inondò i polmoni dandomi alla testa. Cercai di mantenere un minimo di controllo, ricordai all’istante le sue labbra sulle mie, una sensazione che mi si rivelò tanto potente da poterne gustare il sapore sulla lingua.
«Potrei dirti cosa sto pensando io.» mormorai con bocca secca, annegando nel mare dei suoi occhi.
«Uhm… e a cosa stai pensando, Morel?» chiese. Il suo viso era vicinissimo al mio, tanto che in un secondo avrei potuto annullare la distanza che era a separarci.
«Che vorrei baciarti.» soffiai col fiato corto.
«Guarda un po’,» mormorò avvicinandosi piano, «è ciò che penso anche io.», ed annullò la distanza che vi era fra noi. Le sue labbra di mossero piano sulle mie, quasi avesse paura di romperle. Dolcemente si incastrano fra loro, mentre affondavo le mie mani fra i suoi capelli che, in quel momento, mi parvero della stessa consistenza della seta. Le sue, invece, si posarono delicate sui miei fianchi, attirandomi a sé.
Mi allontanai dal suo viso quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi. «Mi stai viziando.» mormorai.
«Potrei dire lo stesso.»
«Sei stato tu a baciarmi ora… e prima. Potrei…», ma non riuscii a terminare, temendo una sua reazione.
E se quella sera fosse solo un episodio? Se avevo frainteso? Se il giorno dopo avesse fatto finta che non si fosse stato nulla?
«Potrei?» domandò con voce roca.
Deglutii rumorosamente. «Potrei desiderarne ancora domani.» sussurrai sfiorandoli la mandibola con i polpastrelli. Lui dischiuse le labbra prima di chiudere gli occhi.
«Come potrei non desiderarne altri, Audry.» disse aprendo gli occhi e puntando lo sguardo nel mio. Il mio cuore, a quelle parole, incespicò prima di accelerare vertiginosamente i suoi battiti. Mi morsi il labbro inferiore poggiando la fronte nell’incavo del suo collo.
«Hai un buon profumo.» mormorai sulla sua pelle calda. Robert mi cinse le spalle e mi strinse a sé, poggiando il mento sul mio capo, io circondai con le braccia il suo addome.
«Mi ignorerai domani?» chiesi chiudendo gli occhi e poggiando le guancia sulla sua spalla.
«Non ti ho mai ignorata, Audry. Non potrei farlo mai.» sussurrò al mio orecchio, carezzandomi i capelli.
Alzai il capo, per guardarlo in volto e sorrisi. «Che situazione assurda.» mormorai scuotendo il capo e poggiandomi ancora a lui, ma mi allontanò da sé tenendomi per le spalle.
«Che intendi dire?» chiese con l’ombra di un sorriso.
Allungai le braccia sporgendo il labbro inferiore. «Ehi che fai?» dissi circondando con le braccia il suo addome e stringendomi a lui.
Sorrise sommessamente. «Sì, sei strana.»
«Forse.» dissi un risolino. «Comunque intendevo dire che… tutto ciò è strano... e non mi dispiace.»
Rise. «Avevo avuto un sentore.»
«Shakespeare direbbe che è colpa della luna.» aggiunsi.
Per qualche istante rimanemmo così, immobili, stretti l’uno all’altra, prima che mi allontanassi.
«Forse è meglio andare.» mormorai guardandolo negli occhi.
«Lo credo anch’io.», abbozzò un sorriso.
«Ci vediamo domani.» mormorai passandomi una mano fra i capelli, cercando di ignorare la parte di me stessa che urlava di trattenerlo.
«Sì. Buona notte, Morel.» mormorò sfiorandomi il viso con una mano.
«Buona notte, Pattinson.» risposi ed attesi quel bacio che non arrivò.
Corrugai la fronte e sbuffai. «Hai intenzione di non farlo più?» chiesi quando fece un passo indietro.
«Cosa?» chiese sorridendo.
«Lo sai.»
«No, non lo so. Perché non me lo mostri?»
Rotai gli occhi e sospirai, poi feci spallucce e mi avvicinai a lui, alzandomi sulle punte per baciarlo a fior di labbra. «’notte». Mi allontanai e sorrisi.
Sul suo viso vi era un’espressione compiaciuta. Fece un inchino e poi, strizzandomi un occhio, si allontanò.
L’osservai con il cuore palpitante d’affetto ed emozione, prima di entrare in camera. Chiusi la porta e mi poggiai su essa lasciandomi poi cadere. Con un braccio poggiato su una gamba piegata osservai la stanza. Poggiai il capo alla porta e risi di felicità chiudendo gli occhi e osservando l’immagine del suo viso dipinta sulla palpebra chiusa del mio occhio.


La radiosveglia suonò alle sette in punto e, mugugnando, tastati il comodino per poi spegnerla, facendo cadere tutto ciò che vi era poggiato sul ripiano. Mi portai il cuscino sulla testa, speranzosa di cadere ancora dolcemente fra le braccia di Morfeo, quando, una strana immagine, forse un ricordo, mi si stagliò davanti, come fosse… reale. Scattai a sedere e sgranai gli occhi, per poi strizzarli con forza. L’immagine, si rivelò ancora, e capii che non era un sogno che non era sciocca immaginazione che le sue labbra sulle mie erano stati reali, che, quel momento, non era frutto di una speculazione della mia mente che piano degenerava. No, era… era realtà.
Mi passai una mano sul viso, poggiando il gomito sul ginocchio e sorrisi. «Non è possibile.» dissi prima di perdermi in un risolino. «Non è possibile.» ripetei.
Alzai lo sguardo e mi voltai verso la finestra. Scesi dal letto e mi diressi verso il vetro, poggiandoci sopra la mano. Un sole, timido come la luna a mezzanotte, illuminava il campus deserto, la strada trafficata da poche auto. Osservai un tre ragazzi rientrare nel dormitorio, ridacchiando fra loro e tirandosi spinte.
Sorrisi senza rendermene conto. Mi sentivo il viso in fiamme, scossa ancora dal ricordo della sera prima.
Sopirai e, quasi saltellando, mi diressi in bagno per una doccia calda. Sotto il getto d’acqua calda diedi il meglio di me stessa, liberando la rockstar nascosta da qualche parte in me. M’infilai un paio di jeans scoloriti e una maglia rossa, prima di afferrare la mia borsa e dirigermi al bar per la colazione. Mi portai una ciocca di capelli dietro un orecchio, mentre fischiettavo e mi dirigevo verso la stanza di Stephanie. Non cercarla, in quel momento, sarebbe stato folle.
Bussai ripetutamente alla porta fino a quando delle imprecazioni mi fece capire che Stephanie era sveglia.
Di scattò la porta si aprì e lei fece la sua comparsa sulla porta, perfettamente in… disordine.
«Sono pronta.» disse chiudendosi la porta alle spalle.
Aggrottai le sopracciglia. «Oh, vedo.» annuii.
«Ascoltami bene… dieci minuto fa ero, con Alice nel paese delle meraviglie.» borbottò passandosi una mano fra i corti capelli, cercando di darli un ordine.
Annuii energicamente. «Ora mi è tutto chiaro.»
«Sei allegra?» chiese quasi scioccata, guardandomi appena terrorizzata.
«Potrei.» risposi facendo spallucce e voltandomi per sorriderle.
Lei sbatté le palpebre confusa, cercando quel tassello mancante per poter completare il quadro e capire finalmente cosa stesse accadendo. «Non dovevi uscire con Pattinson?» chiese grattandosi la nuca.
«Già.» sorrisi.
All’improvviso sgranò gli occhi. «Non dirmi che…» sibilò gesticolando con le mani.
Abbozzai un sorriso e feci spallucce. «Io non ho idea di cosa tu stia parlando.» mi voltai a guardarla e sperai che dal mio sguardo capisse che non volevo ulteriori domande, che l’argomento si concludesse in quel momento.
Per alcuni istanti i suoi occhi rimasero nei miei illuminandosi di gioia, felicità. Chinai d’un tratto il capo, quasi imbarazzata da ciò che lei aveva letto nel libro dei miei occhi.
«Io lo sapevo.»
«Che sarebbe andata a finire così?» chiesi guardandomi la punta delle scarpe da tennis.
«Sì. In fondo… ci ho sempre sparato e anche se non vuoi ammetterlo, nemmeno a te stessa, so che lo speravi anche tu.» disse mentre scendevamo le scale, dirette al pub per la colazione.
Non risposi, conscia che forse aveva ragione… forse.
«Lo rivedrai ancora?» chiese con fare dolce. Mi voltai a guardarla ed accennai un sorriso, quasi involontariamente, al ricordo del suo viso.
«Così si dice.» risposi portandomi una ciocca di capelli dietro un orecchio.
Mi era sempre stato difficile, sì, parlare di ciò che sentivo. Lo era stato con mia madre, lo era stato con lei, la mia migliore amica. Non ero una che esternava i proprio sentimenti con grande facilità, superare il muro che divideva il mio animo dal resto del mondo mi era quasi impossibile e, per quanto mi sforzassi di aprirmi, il tutto risultava impossibile.
«Bene. Io lo sapevo!» canticchiò Stephanie facendomi ridere.
Scossi il capo prima di sospirare. «In fondo, me l’avevi detto.»
Lei fece un risolino prima di circondarmi le spalle con un braccio e stringermi a sé.
«E sai perché?»
«No.»
«Perché ti voglio bene, Audry.»

 

*

05-06-10, ore 15.15: grazie, di cuore.
Ti voglio bene.


Salve gente. Eccomi qui, finalmente. E’ tardi e non ho molto tempo. Domani mattina sono di “studio matto e disperatissimo”, per cui ho deciso di postare ora.
Non ho nemmeno il tempo di ringraziare a modo. E’ un periodo difficile e il tempo manca sempre.
Stupido quinto anno.
Perciò un grazia speciale a:
Piccola Ketty, Ello, Xx_scrittrice_xX, lazzari, Nessi93, winnie poohina, ginevrapotter, Sognatrice85, KeLsey, Bauci_Selvi, Fairwriter, CinziaBella1987, Ryry_, candidalametta e uley.
Grazie, di cuore, ragazze, davvero.


Vostra, Panda.

   
 
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