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Autore: Pharmakon    06/06/2010    3 recensioni
Andre e Luc; quanta pigrizia per concludere un nome - ed iniziare un ciclo di bestemmie.
Luc A ndre - a.
Genere: Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Questa storia è stata ispirata dal libro "Emmaus", di A. Baricco. Tutti i personaggi presenti sono suoi. E' un semplice "tributo" allo scrittore che amo, ed al suo fiume di parole che invade la terra. Ovviamente, non ci guadagno nulla.
Possiamo dire che non ci perdo neanche.











Questa vita inizia e finisce con "A".











C'è quella ringhiera, attaccata al balcone come ogni normale costruzione che c'è nel quartiere; nessuno l'ha ancora dipinta e la ruggine porta via sudore e vernice già da tempo: ne mangia il metallo, rendendola ogni giorno più instabile e brutta.
Eppure, io lo so, non possono addossare alle mani di muratori, alle loro negligenze e pigrizie, il cedimento che ha avuto il corpo di Luca. Avrei voluto controllare i suoi vestiti, la maglia all'altezza della vita, la stoffa ruvida – se avesse, chissà, strisciato troppo contro quei bordi causando una macchia marrone, troppo scura per essere sangue e troppo in compagnia d'altre macchie – quello, quello era sangue, l'hanno già pulito via... - per essere soltanto ruggine.
Non hanno perso tempo a pulire quel pianerottolo. È per questo che rido.

Come sperava di annegare tra i fiori e l'erba?
Mi fa rabbia, giuro.
Pesante per ogni sua nenia, a volte mi chiedo se nel lanciarsi non abbia intrecciato le dita – in un atto di preghiera contraddittorio e blasfemo perché Andre, non devi incrociare le gambe in Chiesa.

Come sperava di annegare tra – come sperava, come sperava di annegare? - Quanta irruenza, nelle tue parole, Andre. Un nome veloce, veloce come l'acqua che invade, che entra, rendeva pesante ed abbracciava. Vero, Andre? È diversa dall'Aria. Ti prende a calci e ti stringe tra contusioni e lividi.

I suoi pensieri l'hanno condotto all'oblio; un tuffo di testa, denti stretti, cervella ovunque e disgusto – è stata una morte violenta, la immagino, più violenta e con meno vertigine.
Cristo ha guardato dall'alto della sua croce ed io lo so: Luca lo ha capovolto e lasciato morire, lo so, col sangue al cervello ed il respiro smorzato, le narici calde, il profumo delle rose di sua madre e poi perfino delle viole.
Cosa c'entra un poeta? Mente e non sa.
Non era un poeta, Luca; ma leggeva “viole e rose”, prima – prima, prima di scopare – e non si domandava se morte e volo potessero essere unite e non l'una la conseguenza dell'altra -
perché, in cielo, si vola. Si vola, lo dicono ai bambini. Non si dovrebbe -
poi ha iniziato a chiedersi se viole e rose fossero sue. Le stagioni sono nascita e morte di fate, nient'altro; basta metterle vicine, basta conservarle, ed hai ucciso il tempo e le credenze di critici mondiali.
Era questa la fede di Luca.
Il Santo me lo diceva che l'aveva sul volto: quella bellezza che si portava addosso, catartica solo per suo padre e troppo silenziosa per la madre – gran alchimista, quella donna.
Non è mai venuta a parlarmi.








Questo mio bimbo nasce da due morti e da due morti poi respira ed è legato alla velocità ed al volo; ad una lettera che ha dato inizio al venire di Luca e ad ogni corsa del mondo – senza di essa, è inutile l'impeto e l'affanno.








Il padre di Luca mi sorride sempre.
Morto suo figlio e morto l'antenato del mio, è come se sapesse che questi nostri fili siano perpendicolari – senza bisogno di scontrarsi, solo leggeri, come lo sono dei nastri, qualche bandiera di resa, qualche panno ad asciugare al sole.
Qualche giorno fa gli ho chiesto di riverniciare quella ringhiera. In cambio, mi ha chiesto di lasciarmi chiamare Andrea.
È il mio nome, ha sostenuto.
Era un lavoro a metà, quella ringhiera; era un lavoro a metà anche il mio nome. Era pigrizia. Niente del genere, comunque, ci avrebbe salvati. Me e Luca, dico.
Come se lì, in quella casa, si fosse cominciato a chiamare Luc, e pensare poi ad Andre, e la ruggine ed il salto, poi... - Ci sono tante cose a cui questa lettera da inizio, oltre l'alfabeto; e non coincide mai con “Dio”. È qualcosa che non ha bisogno di lui.
Ora che io mi chiamo Andrea, e Luca deve tornare nel nome di un figlio che ha visto di lui, il bianco puro senza religione.


È per questo che rido della morte di Luca.
Come cazzo ha fatto ad affogare nei fiori?











Il nome di mio figlio inizierà come l'alfabeto.
Il padre di Luca non avrà mai la camicia macchiata di ruggine.
Io non smetterò di incrociare le gambe in Chiesa.


Questa fede morirà sempre più nella semplicità, e non nei dettagli della sua esistenza; perché c'è già altro, a cui credere. Ed altro che esiste, senza dover ringraziare.













Da quando la scuola è finita, ho davvero tantissimo tempo; ieri mattina ho iniziato e finito "Emmaus" - non sono riuscita a fare pause mentre lo leggevo! E non è qualcosa di negativo.
Ho scritto questa storia di un momento vuoto, ed è, da come si è capito, dal punto di vista di Andre. L'hanno vista ridere, con i capelli strani, nuda e ballerina. Luca l'ha vista e l'ha avuta - meglio dire che Andre ha avuto lui.
Loro due, insieme, sono affascinanti.
Guardare con gli occhi di Andre è stato così; non so se difficile o meno - chiamiamolo, questo, un "esperimento".

Un ringraziamento particolare va a Lupus, che ha letto la storia in anteprima e detto che sì: si poteva decisamente pubblicare.

Saluti. (:
  
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