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Autore: itsbrie    06/06/2010    2 recensioni
Così, con un gran peso alla gola cercò con gli occhi la signorina per chiederla il conto, ma poi, una voce, profonda e giovanile la chiamò " Vuole già andar via? " Sally si voltò verso il lato dal quale riteneva provenisse la voce, intravide un cespuglio di ricci scuri e poi, alzando le spalle disse tristemente " Non credo d’avere motivi per restare " Il ragazzo ridacchiò di gusto, poi le sorrise con dolcezza " Magari posso chiederti io, di restare. Sempre che tu non mi scambi per un maniaco o altro. – rise – Ti vedo qui molto spesso, e ho sempre desiderato parlarti, adesso però, mi sembra una buona occasione, dimmi solo se vuoi "
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nick Jonas, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Chi non muore si rivede!
Ebbene si, sono ritornata con l'ennesima shot, le uniche cose che riesco a portare a termine in maniera più o meno decente.
Questa storia nasce un sabato sera, da una canzone, una delle mie preferite, che da il titolo alla storia, appunto "Don't look back in anger".
Sally è la protagonista indiscussa di questa sei pagine, accompagnata da un Nicholas, che non è il solito, è diciamo "diverso".
E' un pò triste, lo è quasi per tutta la durata, ma diciamo che in un modo o nell'altro, le sorti di questa ragazza, si risollevano.
Ad ogni modo, credo che molto presto rileggerete di questa Sally, visto che è sta diventando un po’  il “mio personaggio”.
Ma adesso non voglio anticipare o dire altro ;)
Spero di ricevere almeno qualche vostra opinione, che la storia vi sia piaciuta o meno.
Inoltre, ringrazio Abigail e Giulia per aver letto ed anche assistito alla nascita di questa storia!
E anche grazie a voi che leggerete e/o commenterete!
Un bacione,
Letizia.

 

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So Sally can wait,
she knows It’s too late as we're walking on by
Her soul slides away,
but don't look back in anger I hear you say
(Oasis – Don’t Look Back In Anger)

 

<< Merci beaucoup >> sussurrò appena Sally, scostandosi una ciocca castana dal viso stanco.
Era il secondo caffè quella sera, e Parigi, intorno lei, continuava a vivere freneticamente, senza fermarsi neanche un secondo, neanche per darle il tempo per respirare.
Quel locale su
Place du Parvis Notre Dame  aperto per miracolo, sembrava esser stata la sua salvezza.
Di solito, in sere come quelle, preferiva restare a Montmatre, per tornare solo l’indomani mattina.
Eppure quella sera era andata diversamente, aveva preferito girovagare per la città, senza badare alla meta, alle ore, ai secondi che scorrevano inarrestabili.
La città le sembrava solo un tumulto ed una confusione di colori, luci appena accennate, immagine sfocate, sbiadite. Opache.
Era solo Dicembre, e si moriva di freddo, quasi fosse la Siberia.
Sally si strinse ancora nel suo giaccone trasandato, provando ad avvertire meno freddo di quanto ne sentisse. Era ormai da due ore fuori, ed era solo mezzanotte e quaranta.
La notte è giovane – pensò con un sorriso amaro.
Parigi era sempre stato il suo sogno, fin da bambina, fin da quando sua madre, l’aveva portata lì per il suo quinto compleanno. Fu come un colpo di fulmine, una attrazione intensa, un legame innato, ma forse già predestinato, già scritto da chissà chi.
Sally non credeva di poter dire “per caso”, niente per lei, succedeva per caso.
Ma forse, in momenti come quelli, le sarebbe davvero servito per darsi una spiegazione più o meno plausibile a quel meschino gioco che la vita le aveva posto di fronte.
Alla fine, per lei la vita era solo una lunghissima passeggiata nel vuoto, dove non si intravede né gioia, né dolore, né luce, né buio più pesto.
Sperava in Dio, qualcosa di superiore che potesse seguire quel cammino alla cieca  al quale ormai, si era completamente rassegnata.
Ma non le sarebbe bastato nemmeno quello per accettare, perché per rivivere  ancora, aveva bisogno di qualcosa che ormai, aveva perso da tempo.
Al sol pensiero, le mani ricominciarono a tremare, con intensità, forte.
Guardò fuori dai vetri lucidi del locale, avvertendo una forte nostalgia d’aria fresca, quasi come stare al chiuso, le impedisse di respirare.
Lasciò i soldi del caffè sul bancone con non curanza, e poi, uscì di corsa, presa da un improvviso impeto. Chissà se aveva con sé qualcosa che l’aiutasse a sentirsi un po’ meno sola, qualcosa che le avrebbe tenuto compagnia in una fredda serata parigina.
Non aveva paura della notte, delle insidie o dei pericoli che avrebbe potuto incontrare in quel cammino matto contro il destino, piuttosto preferiva lasciarsi andare dietro ogni cosa.
Tutto le scivolava addosso con indifferenza, come fossero solo gocce di pioggia superflue.
Ma a volte erano lacrime che copiose, le rigavano il volto rosso dal freddo.
Sally non temeva il buio, né tantomeno la luce.
Aveva solo paura di inciampare, inciampare nel tramonto, magari.
E di respiri sospesi a mezz’aria non ce ne sarebbero mai stati abbastanza, e di secondi colmi di fiato non ci sarebbe stato il tempo.
Perché Sally doveva riconquistare qualcosa, qualcosa che aveva perduta tanto tempo fa.
Sì.
Sally doveva riconquistare sé stessa, i lunghi respiri, i sorrisi, le carezze.
Quello che aveva lasciato fermo in un angolo del tempo, lì dove nessuno le avrebbe mai preso niente, lì dove solo loro  avevano accesso.
In quello spazio del cuore in cui solo chi ama riesce a penetrare.
Ma Sally avrebbe aspettato, sapeva di poterlo fare.
Il tempo, non avrebbe mai perduto due cuori innamorati, neanche se avesse voluto.
Magari, ricordare sarebbe servito per non dimenticare di vivere un presente, un presente che Sally aveva pensato come una rivoluzione, affinchè niente potesse mai sembrarle uguale.
Invece adesso, era tutto diverso, sembrava la stessa armonia, che non ti colpisce più come una volta, ma che diventa pesante, fastidiosa, opprimente.
Molto spesso, magari mentre camminava, si sentiva chiamare “Sally aspettami!”
Ma lei non si voltava mai, neanche per vedere se magari era stato il vento, un soffio.
Niente.
Sally sembrava quasi rassegnata, anche l’ultima volta, quando gli disse “Non voltarti arrabbiato, me ne vado”.
Via, via come la luce, qualcosa che si muove abilmente, senza dar conto a nulla.
Non riconosceva più notte e giorno, le sembrava tutto così dannatamente inutile.
Non sprecare tempo con me, sei già la voce che riempie la mia testa.
Giorni come anni, minuti come ore, secondi come minuti.
Attimi come vite.
Era tutto sprofondato verso il basso, un orribile oblio dal quale sarebbe stato davvero troppo difficile riemergere, mettere la testa fuori.
Dopotutto, era tanto bello sguazzare nel dolore, in quella sofferenza che lacera il petto tanto da privarti del più insignificante sentimento.
Ma era tutto insignificante, ormai, senza quella luce, quel sole che da sempre e che per sempre  - o almeno così doveva essere – l’avrebbe illuminata.
Che senso avrebbe avuto adesso, il mondo, senza questo? Cosa avrebbe significato, adesso, vivere e andare avanti, senza quella luce?
Non sarebbe stato possibile pensare ad una vita senza luce, avrebbe significato morire, dissolvere ogni senso, gesto, compromesso.
Sally neanche avrebbe voluto ridursi in quel modo, iniziare a vivere come fosse un automa, pilotata solo da alcuni istinti, che le impedivano di vivere serenamente, e che avrebbero sempre, portato la sua vita nell’oscurità. Ma quella era una abitudine, un luogo più che comune.
Che cosa voleva vivere, dunque?
Morire, vedere molte che uno non vorrebbe, e molte, anche soffrire.
Uno spreco di tempo, vivere, sì, senza sapere di farlo.
Non avrebbe mai avuto senso.
Mai, mai, mai..
Ormai era persa, insicura, distesa su un mucchio di foglie secche, senza vita, colori.
E  neanche Parigi sembrava voler ascoltare il suo grido, debole richiesta d’aiuto al cielo, perché potesse ascoltarla, salvarla.
Non voltarti Sally, asciuga le tue lacrime, il cammino è ancora lungo.
La vita, dopotutto, ti frega in questo modo.
Ti colpisce l’anima mentre sei ancora addormentato, poi, lascia dentro di te qualcosa, che sia un odore, un’immagine, una persona.  Te li scolpisce dentro, così non si levano più.
Capisci solo troppo tardi che quelle era la felicità, mentre già intanto sei lontano da quell’odore, immagine, persona. Sei completamente perso.
Ti prego, lasciami asciugare i tuoi occhi, lasciami..

Io ci sono senza che tu abbia bisogno di essere con me*
Era iniziato tutto un freddo giorno di Novembre, sulla riva della Senna, circa un anno e mezzo fa.
Era un giorno come un altro, un’abitudine come altre, niente di speciale, niente di nuovo rispetto alle altre volte.
Sally era come al suo solito seduta al terzo tavolino a sinistra, ma ad uno di quei tavolini con vista sul fiume, che scorreva lentamente, e il ritmico rumore dell’acqua dava quasi fastidio alle orecchie.
Le si avvicinò la solita cameriera dai capelli rossi, e lei ordinò il suo classico the al limone con qualche biscotto. Prese dalla sua borsa un fascicolo dalla copertina rosa e, con fare geloso, lo riconservò. Forse per lei era così importante da non poter neppure aprirlo.
Poi, iniziò ad osservare il paesaggio di fronte a lei: una natura autunnale, foglie giallastre che scendevano dagli alberi lentamente per poi, ammucchiarsi vicino le altre.
L’aria fredda fece diventare il naso di Sally rosso, come anche le sue guance.
Si recava a quel cafè ogni giorno, ogni pomeriggio per le cinque meno dieci, per l’esattezza.
Ogni suo gesto si svolgeva meccanicamente, non c’era neanche bisogno di pensare.
Di fianco a lei, vi era un’allegra riunione di amici che, in compagnia, degustavano i nuovi gusti delle tisane inglesi appena arrivate.
In quel momento, le sembrò di essere la persona più sola sulla faccia della terra.
Con i suoi genitori a migliaia di kilometri di distanza, con gli amici tutti sull’altra faccia del globo.
Con le aspirazioni e la voglia di vivere proprio di fianco a lei.
Almeno quelle le sarebbero bastate.
Sospirò, facendo spostare una ciocca dei suoi capelli castani sulla fronte, poi, come fosse sconfortata, iniziò a fissare il the nella tazza proprio sotto i suoi occhi.
Quel liquido giallastro che lei tanto amava.
Ma lei, era lì da sola, non aveva possibilità di condividere neanche un po’, dei suoi pensieri.
Magari Sally aspettava qualcuno, qualcuno che probabilmente non sarebbe mai arrivato, e che forse, era solo un suo vano pensiero.
Così, con un gran peso alla gola cercò con gli occhi la signorina per chiederla il conto, ma poi, una voce, profonda e giovanile la chiamò << Vuole già andar via? >>
Sally si voltò verso il lato dal quale riteneva provenisse la voce, intravide un cespuglio di ricci scuri e poi, alzando le spalle disse tristemente << Non credo d’avere motivi per restare >>
Il ragazzo ridacchiò di gusto, poi le sorrise con dolcezza << Magari posso chiederti io, di restare. Sempre che tu non mi scambi per un maniaco o altro. – rise – Ti vedo qui molto spesso, e ho sempre desiderato parlarti, adesso però, mi sembra una buona occasione, dimmi solo se vuoi >>
Mai avrebbe creduto ad un avvenimento simile se, non fosse stata del tutto cosciente della realtà. Dopotutto, Sally è sempre stata fin troppo razionale, pochi pensieri per la testa.
Pochi per i quali però, avrebbe lottato fino alla fine.
Magari avere una discussione con quel ragazzo non sarebbe stato poi così male.
L’avrebbe aiutata, perlomeno, a sentirsi un po’ meno sola.
Giusto per poco.
<< Non ho fretta, credo di poter restare >> fece lei quasi sicura << Ad ogni modo, io sono Sally >>
Il giovane le sorrise affabile << Questo già lo so. Io sono Nicholas, comunque >>
Restarono così per un’ora buona, poi Parigi fu colpita da un temporale a sorpresa e Sally, avrebbe faticato parecchio a raggiungere il suo monolocale in Rue Tivoli se non si fosse sbrigata.
Nuvole scure iniziarono a riempire il cielo, colorandolo di un grigio scuro e intenso.
Ma intanto, per quell’ora, il mondo s’era fermato.
E questo Sally, lo sapeva.
<< Ci rivedremo ancora? >> chiese Nicholas guardandola negli occhi.
Lei abbassò il capo con un sorriso debole << Io vengo qui ogni giorno, ma questo, tu già lo sai >>
Entrambi risero.
Proprio come succede all’asilo, quando incontri quell’unico bambino che divide con te la merenda, facendoti sorridere.
Magari poi, si diventa amici.
Magari poi, finisci anche per amarla quella persona.
E questo Sally forse, non lo sapeva.
Qualunque sia la strada, non importa, continua a camminare, le luci finiranno per accecarti lo stesso.
Ormai Sally era da sola, senza meta, senza destino, senza niente.
E cosa succede, quando cominci a correre con tante voci che ti rimbombano nella testa, durante la notte? A che prezzo continui a correre?
Non ti resta che asciugare le lacrime, aspettare che arrivi il mattino, aspettando e danzando a ritmo dell’alba, del sogno, del sonno.
E a che prezzo, se nella testa, continui a sentire quello che non dovresti sentire?
Eppure, sembrava tutto così perfetto.
Forse lo era troppo.
Ma se noi persone, lottiamo per le nostre esistenze, pur sapendo d’essere libere, come potremmo mai essere padroni delle nostre vite?
Basta qualunque cosa per farci sprofondare, alla fine.
Poco a poco, forse, si potrebbe imparare.
L’importante è andare insieme.
Bastò quel niente, quella parola fuori posto, per mandare tutto in frantumi.
<< Non capisci, non vuoi capire! Cosa ne vuoi sapere tu della mia vita! Avanti, sentiamo! >> aveva urlato Sally tra le lacrime, con il polso macchiato di sangue.
“BASTA!” aveva gridato, tirando un pugno al vetro della sua auto.
Nicholas la guardò glaciale << So quel che basta, ma visto che a sembra non bastare ti lascio decidere. Forza Sal, vediamo quanto sei brava a farci del male. >>
In quel momento, le forze della giovane si annullarono.
Cadde sulle ginocchia, gli occhi ricolmi di lacrime.
<< Quello che mi fa impazzire di rabbia, sai cos’è? Che non vuoi ammettere d’aver sbagliato, di non esserti fidato di me a sufficienza.. Adesso, vuoi giudicarmi. Prego, fa con comodo. Dopotutto, te l’avevo fin da subito. Ci abbiamo provato, mi spiace, lo so.. Sono un essere umano.. Donami la facoltà di sbagliare.. E anche tu. Sbaglierai, non preoccuparti. >> si alzò in piedi, con sul volto un sorriso doloroso ed amaro.
<< Ti prego, non voltarti arrabbiato, me ne vado >>
Nicholas alzò il capo, portandosi una mano al petto, come simbolo di dolore, profondo e forte.
Incapace anche di respirare, guardò Sally andare via, con la consapevolezza che ormai, tutto si era bruciato.
Con la consapevolezza che ormai, non c’era più niente da fare.
Ed ora, sul fondo di quel viale, in quel secondo piano, ci sono ancora i segni.
Avanti Sally, cammina, non perdere tempo..
Ma Parigi non aspettava più nessuno, correva, andava avanti, lasciando quei vetri rotti sui fondi delle strade, intorno ai mucchi di foglie ingiallite, ora, ricoperti da un po’ di neve.
Parigi non avrebbe più atteso le cinque del pomeriggio, per il the, per i sorrisi fatti d’ardore, d’amore, di qualunque cosa.
Parigi avrebbe guardato con occhi severi chi fosse rimasto fermo lì, senza seguirla.
E Sally continuava, imperterrita a vagare senza una meta, fino a bruciare le suole, fino a bruciare il suo cuore, ormai completamente andato in pezzi.
Anche Nicholas soffriva, di questo lei ne era certa.
Sapeva che si erano amati troppo e in maniera incondizionata anche solo per dimenticarsi una virgola, un qualunque ed insignificante particolare.
Per la prima volta in vita loro, avevano amato senza pensare, senza aver paura del presente o del futuro, l’unica cosa che importava era esserci, viversi.
Che di sogni, ne avevano avuti tanti, di baci ce n’erano stati troppi.
Di follia, ce n’era sempre bisogno.
<< Voglio amarti, fino a domani, fino a che darò il mio ultimo respiro >> disse Nicholas al cielo, tenendo forte la mano di Sally, che tremava emozionata.
<< .. non hai detto per sempre.. >> sussurrò lei debolmente, con un piccolo sorriso.
Il giovane rise, poi la prese in braccio, facendola girare.
<< Non c’è bisogno di dire per sempre >> rispose lui con sicurezza.
Sally lo baciò, con trasporto, anima.
<< E’ vero, no, non c’è, non c’è.. >>
Sicuramente i fiori del suo giardino erano cresciuti, sicuramente non c’era più tempo per piangere, guardare indietro, magari pentirsi, magari provare a rimediare.
No, no, non si poteva, non si poteva e basta.
La verità è che si vedono e si sentono e si toccano così tante cose...
Sembra come se ci portassimo dentro un vecchio narratore, il quale per tutto il tempo continua a raccontarci una storia mai finita e ricca di mille particolari.
Lui racconta, non smette mai, e quella è vita.
Per Sally e Nicholas era stato un po’ così, solo che loro, questo vecchio narratore, lo avevano sul serio preso in parola, e avevano iniziato a vivere tutto ciò che egli gli raccontava.
E avevano vissuto fantasie, avventure, altri amori, altre vite.
Ma ora, no c’era niente.
E nessuno, neanche quel vecchio narratore, li avrebbe aspettati.
Puoi fermarti, adesso, è l’alba, hai danzato abbastanza.
In lontananza, aldilà di Ponte Alessandro, Sally intravide una panchina fare capolino tra quei pochi fili di luce.
Sally iniziò a camminare più veloce, avvertendo finalmente, un fortissimo dolore alla caviglia.
Ma qualcosa, un braccio forse, la bloccò.
Quasi istintivamente sentì il sangue gelarsi nelle vene, per poi, riprendere a circolare.
Come fosse ghiaccio.
Quasi.
Le sue mani, come il suo corpo, iniziarono a tremare senza controllo, senza che lei potesse darsi un attimo per respirare, oppure razionalizzare.
Sapeva perfettamente di chi fosse quel tocco.
Lo sapeva troppo bene.
I suoi occhi si abbassarono, sprofondando in una visuale scura, senza alcun colore.
Nicholas stringeva forte il pezzo di tessuto del cappotto di Sally tra le mani.
<< Pe-Perché non ti sei mai fermata? Io.. E’ da un po’ che cerco di capire dove vai.. >> il suo respiro fu mozzato da un brivido che gli percorse la schiena.
Gli occhi della ragazza, si riempirono di lacrime.
Ricordi, immagini..
<< Non potevo.. io.. dovevo.. camminare.. >> le sue parole erano deboli, afone, senza fiato.
Nicholas l’attirò a sé con uno scatto, senza pensarci, senza pensare alla sua reazione.
Piuttosto, l’avvolse tra le sue braccia, affondando il viso tra i suoi capelli.
<< .. errare è umano.. >> le bisbigliò delicatamente.
<< .. e perseverare è diabolico.. >> ribattè lei tra le lacrime.
C’era di nuovo quella magia, quel qualcosa in più che li rendeva diversi, da tutto, da tutti.
E non importava quanto tempo fosse passato, come fosse finita.
Ora potevano riviversi.
<< Ma io ti amo.. E persevero in questo.. Credi sia diabolico, Sal? >> domandò il giovane con estrema tenerezza e amore.
Lei alzò stremata lo sguardo, giusto per regalargli un po’ del suo sorriso stanco << No, non lo è.. Perché anche io ti amo, e persevero in questo.. >>
E allora potresti pensare che forse è solo un’illusione, una miserabile illusione, che tuttavia per un attimo, finché hai suonato quella musica, è stata vera davvero. E solo per quella hai vissuto la tua vita e ti pare che questo dia senso all’insensatezza.
No?
<< .. stringimi la mano, adesso.. >> bisbigliò Sally, tremante.
Nicholas fece come le disse, poi, accompagnato dalle luci dell’aurora.
Intorno a loro, l’alba sprigionava i suoi riflessi, i primi suoni della natura appena sveglia iniziavano a farsi sentire.
Anche Parigi si stava svegliando.
Ma loro questo, non lo sapevano.
<< Te le stringo, ora, per sempre.. >> rispose il giovane, per poi baciarla.
Dopo tutto quel tempo.
Ma tu, amore mio, ci sarai di nuovo? Avrai fatto come me il tuo viaggio di ritorno
e tutto starà per incominciare di nuovo, ripartendo dal principio?*
<< Si, si ci sarò >>


*da “Si sta facendo sempre più tardi” – Antonio Tabucchi

 

   
 
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