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Autore: Sarhita    08/06/2010    4 recensioni
La filosofia di Akasuna no Sasori era sempre stata che qualunque azione, qualunque gesto da lui compito, dovesse avere sempre una motivazione. Quale fosse questa motivazione ai più era chiara, in fondo, non faceva molto per nasconderlo
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akasuna no Sasori
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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Ogni filosofia nasconde anche una filosofia;
ogni opinione è anche un nascondiglio,
ogni parola anche una maschera
(Nietsche)


La filosofia di Akasuna no Sasori era sempre stata questa: che qualunque azione, qualunque gesto da lui compito, dovesse avere sempre una motivazione.
Quale fosse questa motivazione ai più era chiara, in fondo, non faceva molto per nasconderlo. Arrivare all’eternità. Il perché di questa fissazione per l’arte, in quanto strumento per raggiungerla, non va ad attribuirsi alla continua ricerca di immortalità a cui molti uomini aspirano. Ma da un semplice fatto avvenuto nella sua infanzia.
Ricordo che la sua mente ha rimosso ma che comunque continua a rimanere nel suo cuore.

Era un giorno molto caldo, non che ci fossero giorni di clima particolarmente freschi, a Suna.
La temperatura quel giorno sembrava però più insopportabile del solito.
Un bambino dagli occhi e capelli rossi, molto piccolo camminava sulla sabbia con qualche difficoltà.
Sotto il sole cocente, un uomo, sfidando la natura e i suoi effetti continuava a scolpire una roccia. Armato di martello e scalpello, continuava, asciugandosi il sudore di tanto in tanto.
Chiunque avrebbe sicuramente lasciato perdere, contando poi che era da poco passato mezzogiorno e il sole picchiava feroce sulle loro teste, allora quell’uomo non doveva essere molto sano di mente per tentare tanto.
Perfino il bambino aveva capito che continuando così quell’uomo sarebbe stato molto male.
-    Signore…. – con la vocina caratteristica dei bambini che hanno ancora qualche difficoltà a parlare, il piccolo Sasori, perché era proprio lui il bambino, aveva rivolto la parola all’uomo.
-    Signore non ha caldo?
L’uomo si voltò mostrando una pelle molto scura e una barba bianca che copriva gran parte del viso. Un viso stanco e provato dall’età. Sorrise cordiale al piccolo e posò la sua grossa mano sulla testa dalla chioma rossa.
-    Sono anni che faccio questo lavoro, ci sono abituato.
-    Ma oggi fa caldo, se continua si ammalerà. Si prenderà un isulasione.
L’uomo scoppiò in una fragorosa risata. – Un insolazione, dici? Hai ragione, forse. Ma devo finire il mio lavoro oggi.
-    Cos’è? – fece allora il piccolo, con sguardo curioso.
L’uomo guardò la roccia che stava lentamente prendendo la forma rettangolare ed era pronta da incidere. – Un piccolo blocco di pietra dove verranno incisi i nomi degli anbu del nostro villaggio che sono morti durante la guerra.
Il piccolo Sasori lo guardò confuso. – Perché scrivere i loro nomi sulla roccia?
Il vecchio scultore si inginocchiò all’altezza del bambino – per ricordare per sempre il loro sacrificio e ciò che erano anche se ora non ci sono più…
-    E perché?
-    Perché… - sospirò l’uomo – perché così è come se potessero vivere per sempre. Come se fossero immortali. Perché se anche la memoria degli uomini si inganna e questi ninja saranno dimenticati, questo piccolo blocco sarà qui a ricordarli, per sempre.
Sasori si avvicinò al blocco non ancora completato e lo sfiorò con le mani. – Ma la roccia non dura per sempre.
-    Ahaha giusta osservazione figliolo. Ma non è compito degli uomini far durare qualcosa per l’eternità. Ci possiamo provare.
-    Io ci riuscirò – sorrise il bambino nella sua ingenuità.
-    Ahaha come no



Quel giorno quel vecchio rise di lui e anche Sasori rise di gusto, vicino a quella pietra.
Ma mai avrebbe immaginato che i nomi dei suoi genitori finissero su una pietra simile.
E allora, come una promessa persa nel vento, la sua vita è stata dedicata al raggiungimento dell’eternità.
E l’arte si prestava al suo scopo. Come quella pietra dai nomi incisi, anche l’arte nasce per far riflettere, meravigliare e ricordare.

E nessuno l’aveva mai contraddetto, almeno finchè non era entrato nell’Akatsuki e aveva incontrato Deidara No Iwa.
Dopo un fissato coi serpenti ecco che arrivava un parruccone biondo, che sosteneva l’estremo opposto della sua convinzione. Per Deidara l’arte era un effimero attimo di splendore. Mentre per lui era la porta verso l’eterno.

Solo al momento della sua morte, contro sua nonna e una ninja di Konoha, un pensiero gli attraversò la mente. L’arte è eterna, è vero. Ma ciò che la rappresenta no. E l’uomo non è eterno. E nemmeno l’arte stessa in quanto essa ha vita nei ricordi dell’essere umano.
Che Deidara avesse ragione?
   
 
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