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Autore: Geneviev    08/06/2010    4 recensioni
A volte gli uomini sono convinti di covare le tenebre nel proprio cuore e non si accorgono della luce che hanno negli occhi. Non si rendono conto che al mondo ci sono delle ombre più crudeli finchè non le hanno davanti. Allora ogni certezza scompare, ogni sentimento svanisce... restano soltanto cenere e polvere.
Genere: Triste, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Baci oscuri'
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Destino scarlatto

Il tuo viso è sempre stato così bello. Lo è anche adesso, con nuove rughe che scavano la tua pelle chiara, e con altre cicatrici che rendono la tua espressione ancor più severa di quanto già non sia. Anche fra i tuoi capelli c’è qualche filo d’argento che prima non c’era.

La cosa che ho sempre amato in te, però, sono i tuoi occhi. Sono sempre gli stessi, e ancora dopo tutto questo tempo riescono a togliermi il fiato. Starei ore e ore a fissare il baratro infinito che celano i tuoi occhi, freddi e crudeli come le stelle. E’ vero, incutono timore. Una volta mi dissi che pochi riuscivano a sostenere il tuo sguardo.

Abbasso il mio. Non è timore quello che sento, non ho mai avuto paura di te. E’ solo che... non te l’ho mai detto, ma sono innamorata di te.

Lo sono sin dal primo giorno che ti vidi. Da quando mi copristi le spalle con il mantello. Era autunno, lo rammento bene. Ti dissi che mi sarei sdebitata con una tazza di tè. Ironico il destino, non te l’ho mai offerto. Mai lo farò.

Non ti ho mai detto nulla, forse avrei dovuto.

Quando t’incontravo il mio cuore palpitava, ma ho sempre fatto finta di nulla, sapevo che non ci sarebbe potuto essere niente fra noi. Forse mi sbagliavo. Ho cercato di dimenticarti, però il tuo viso è indelebile nella mia mente, doloroso come un cancro.

Un’aura di mistero aleggia intorno a te, ombre oscure regnano nel tuo cuore arcigno e ti segnano il viso di una pena profonda, pensieri cupi di triste tormento scalpitano nella tua testa. Forse è questo che spaventa la gente, ma sono certa che è per questo che ti amo.

Tu stesso avevi paura di quello che vedevi allo specchio... soltanto spenti colori dell’inverno sterile e fatale, ma io riuscivo a vedere il calore delle tue labbra, l’odore della tua pelle. Non te l’ho mai detto, e mi chiedevo cosa pensassi, cosa provassi per me.

Ora so cosa pensi, posso leggere nella tua mente. C’è ancora qualcosa che ti sfugge, è solo una sensazione, ed io so cosa faresti se ti dicessi la verità. Quale verità?

Pronunci il mio nome con voce rauca e impolverata. Quanto mi mancava il suono della tua voce. Mi dici che sono splendida come sempre. Bugiardo. Non ti ho mai creduto quando sostenevi di dire sempre il vero. Cerco di far apparire un sorriso sul mio pallido viso malato, e il risultato incerto è comunque qualcosa di dolce, qualcosa che ti piace.

Mi fai notare che è molto tempo che non hai il piacere di vedermi, mi chiedi se sto bene. Abbandono un sospiro, aspetto che il silenzio invada la stanza prima di rispondere. Rispondo di sì, risponderò sempre di sì e mai sarò sincera.

Mi fermo a fissare i tuoi occhi e dopo un po’ la mia espressione di cortesia svanisce, mi accascio mestamente trafitta dal destino. Devo faticare per non lasciare che anche la mia parvenza di vita svanisca, per non mostrarti la faccia che c’è sotto la maschera.

Ti avvicini con fare preoccupato e mi chiedi ancora se sto bene. Cerco i tuoi occhi e vorrei mettermi a piangere, ma non posso permettermi nemmeno quello.

Ti dico che mi dispiace. Tu mi guardi senza capire e il tuo profumo mi penetra nel cervello ora che sei così vicino. L’aroma scarlatto del tuo sangue caldo. Ho fame. Ho sempre fame, perché digiuno per lunghi periodi. Odio cibarmi ora, lo trovo così sporco, crudele. Chiudo gli occhi e boccheggio l’aria che non respiro come se potesse placarmi.

Mi prendi una mano e dici che sono gelata. Non posso sopportare oltre, la tua pelle brucia, la tua voce inquieta mi dilania il petto. Mi volto verso di te e fisso i tuoi occhi.

Il tuo nome che esce dalle mie labbra ha un suono così dolce, ha il potere di paralizzarti. Che cosa senti? Una volta mi dicesti che ero come un fiore, tanto delicato da non poter resistere al gelo dell’inverno, hai detto che avresti voluto che fosse sempre primavera per me, perché io potessi gioire continuamente dei colori e dei profumi del mondo. Forse era amore allora.

"C’è una cosa che non sapete" inizio. Oh, in verità ci sono fin troppe cose che non sai. Allora te la dico, finalmente. La verità.

Ti sorprendo, ma non lo dai a vedere. Ti commuovo, magari ti faccio pena. Impassibile rimani, come gli uomini forti e duri. Mi stringi le mani con eccessiva delicatezza, e mi dici che hai sempre avuto nel cuore la vaga sensazione che sarebbe stato bellissimo avere accanto una donna come me, ma il freddo e le tenebre che ti dominavano mi avrebbero fatto morire, mentre io meritavo la primavera. Il destino è davvero crudele, oltre ad essere ironico.

Non ho ancora finito di dirti tutta la verità. Il tuo battito cardiaco mi sta facendo uscire di senno, ora vorrei davvero piangere e vorrei azzannare la tua carotide pulsante. Vorrei sentire sulla lingua il sapore del tuo sangue, vorrei sentire il suo calore scendermi nelle viscere e nutrire il mio corpo gelido e morto.

Vorrei essere ancora viva, per sentire il calore delle tue labbra sulle mie, del tuo corpo dentro il mio a donarmi attimi di estasi e pace che mi sono stati e mi saranno sempre preclusi. Sarebbe stato bello avere dei bambini, diventare madre. Chissà se sarei stata una brava madre, se avessimo avuto una famiglia, noi due.

Mi fissi in modo strano, sento che vorresti abbracciarmi, toccarmi, ma hai paura. Non di me, non avrai mai paura di me. Non vuoi rompermi, sembro fin troppo fragile.

Mi alzo sulle punte e avvicino la bocca alla tua gola, sfioro la tua pelle. Sono dilaniata dai dubbi, la fame mi sta facendo regredire allo stato selvaggio, allo stato animale, e la mia coscienza sembra cantare in una lingua arcana che non comprendo. Tu rimani immobile, mi lasci fare.

Non so se è per consapevolezza o per resa, ma non lo faccio. Non posso cibarmi di te. Sono troppo vigliacca forse, o forse amo troppo la tua vita. Amo te e quello che non c’è mai stato fra noi, che mai ci sarà. Mi dici la verità mentre ti bacio il collo.

"Sono un... ". Cacciatore. Un Cacciatore di Vampiri.

Mi scosto da te e ti fisso. Lo sapevo, era solo una sensazione ma sapevo cosa sarebbe successo questa notte. Davvero beffardo il destino.

"Allora dovrete uccidermi" sussurro e lascio svanire la mia bellezza umana. Mi vesto della mia bellezza inumana, del mio fascino immortale. La mia pelle diventa completamente bianca, si arricchisce delle preziose qualità del marmo, dello sfavillio del salgemma e risplende quanto la luna. Si tendono le labbra a mostrare i denti bianchi come perle, i canini lunghi e appuntiti nella bocca socchiusa. I miei occhi si riempiono della spettrale luce degli inferi, abbacinante canto di sirene per gli umani. Le ombre della notte nuotano in essi, un dedalo di lugubre bagliore, sorgente dei fiumi rossi che tagliano le mie guance.

Scuoti la testa debolmente. E’ la verità. E’ tutto vero, ma non vuoi credermi. Non vuoi credere a quello che vedono i tuoi occhi. Abbassi lo sguardo e ti chiudi nei tuoi pensieri. Ecco, adesso mi fai paura. Sembri una belva pericolosa, immobile, che non può essere toccata. Io vorrei scuoterti, chiederti cosa ti sta passando per la testa. A cosa servirebbe? Lo so già cosa farai.

Ti avvicini a me, con fare sicuro, fin troppo crudele. Arretro di qualche passo finché il muro non mi ferma. Alzi le mani e le appoggi alla parete, ai lati delle mie spalle. Non mi guardi.

Il sangue delle mie lacrime si è seccato, sento l’odore sporcarmi il viso. Devo avere un aspetto orribile, ma che importanza ha?

Appoggi la fronte alla mia e cerchi di sorridermi anche se sei triste. Mi dici che mi hai sempre amata, ma te ne sei reso conto solo ora. Ora è troppo tardi, mi hai già perduta.

Sento che dovrei rimettermi a piangere, ma sarebbe inutile e faticoso. Cerco i tuoi meravigliosi occhi e alzo una mano pallida e fredda per sfiorati le labbra.

"Il destino è scritto con sangue scarlatto" sussurro. Ti prego di liberarmi dalle tenebre, di fare il tuo dovere. Rimani immobile, combattuto nel profondo dell’animo.

Mi fissi, mi lusinghi, mi adori. Poi sento un dolore immenso, il culmine massimo di tutti i dolori del mondo in ogni fibra del mio corpo. Poi più niente.

Rimangono soltanto cenere e polvere.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Un uomo buono nel suo oscuro impulso
è pur cosciente della retta via."

Faust _ di Goethe

   
 
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