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Autore: Mo Caffrey    09/06/2010    6 recensioni
Aveva portato a termine tutti i suoi incarichi per quel giorno e non vedeva l’ora di fare una lunga passeggiata, godendosi i raggi del sole. Odiava star chiusa a palazzo per molto tempo. Percorse a passo veloce le strette stradine di Camelot finché non raggiunse le mura della città. Molte donne non si sentivano sicure ad abbandonare la città senza la protezione di un uomo o senza essere in gruppo, ma lei ogni tanto sentiva la necessità di stare un po’ da sola...
Genere: Triste, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gwen, Lancillotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alone

Alone

 

Si slacciò il grembiule, appendendo al gancio fissato dietro alla porta.

Salutò una paio di serve intente a ripulire alcuni ortaggi, prima di uscire dalle cucine del palazzo.

Aveva portato a termine tutti i suoi incarichi per quel giorno e non vedeva l’ora di fare una lunga passeggiata, godendosi i raggi del sole. Odiava star chiusa a palazzo per molto tempo.

Percorse a passo veloce le strette stradine di Camelot finché non raggiunse le mura della città. Molte donne non si sentivano sicure ad abbandonare la città senza la protezione di un uomo o senza essere in gruppo, ma lei ogni tanto sentiva la necessità di stare un po’ da sola.

Imboccò uno dei sentieri che si inoltravano attraverso i campi, lanciandosi un’occhiata fugace alle spalle. Non voleva che qualcuno la seguisse o che, cosa ben peggiore, iniziasse a malignare su di lei e su quello che poteva andare a fare fuori dalla cinta delle mura.

Non appena si fu allontana abbastanza, si mise a canticchiare un motivetto che aveva udito intonare dal giullare di corte. Era una giornata davvero splendida. In qualche modo nel palazzo reale faceva sempre freddo, le pareti di pietra erano così spesse che anche in piena estate si dovevano accendere i caminetti per combattere il freddo intenso, ma fuori, nel campi, il sole era caldo e benevolo sulla pelle.

Si fermò quando scorse una macchia blu - violetta risaltare in mezzo all’oro del grano maturo. Raccolse le gonne ed iniziò a farsi largo attraverso le spighe.
“questi ti piaceranno” mormorò a mezza voce, mentre raccoglieva i piccoli fiori estivi. Sorrise al mazzolino che aveva raccolto, prima di ritornare sul sentiero. Riprese a camminare, fermandosi di tanto in tanto per aggiungere altri non di scordar di me al mazzo che teneva in mano.

Solitamente cercava di non strappare i fiori, tranne quando doveva portarli a Lady Morgana. Le sembrava un’inutile cattiveria, ma quel giorno non poteva presentarsi senza un regalo. Era una giornata importante.

Si fermò per un po’ per riprendere fiato prima di affrontare l’ultimo tratto del sentiero che si arrampicava su da una bassa collina. Da lì si poteva vedere facilmente tutto il profilo di Camelot. Era imponente ed incuteva timore, non si stupiva del fatto che nessuno dei regni vicini si fosse mai sognato di attaccar battaglia contro il regno di Uther.

Gwen si tolse un ricciolo scuro dalla fronte, sistemandolo poi dietro all’orecchio e riprendendo a camminare, senza più guardare Camelot. Doveva sbrigarsi, era già in ritardo e voleva rientrare in città prima che facesse notte.
“eccomi” disse arrivando in cima alla collina. Il grande olmo era carico di foglie e gettava un’ombra piacevole sull’erba un po’ alta.

Gwen raccolse le gonne sotto alle gambe e si sedette sull’erba. “Scusa per il ritardo” disse, accarezzando con affetto il terreno. Prese un paio di pietre che erano scivolate da uno dei due tumoli e le rimise al loro posti. “So che mi stavate aspettando” aggiunse, dividendo in due il mazzo dei fiori e deponendoli un po’ sopra ogni tumulo. Quello era il luogo in cui erano sepolti i suoi genitori.

Sentiva la loro mancanza ogni giorno. A volte gli capitava di sentire ancora l’odore di fuliggine che impregnava sempre i vestiti di suo padre. era forte e fastidioso, eppure le mancava da morire sentire quell’odore per casa.

O a volte le sembrava di vedere sua madre in piedi in cucina accanto al tavolo con un mattarello in mano mentre stendeva la pasta. Era solo un’allucinazione, una specie di miracolo visivo che si dissolveva non appena sbatteva le palpebre. A volte si sentiva così sola che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di averli ancora con sé.

“Domani sarà una grande giornata a Camelot. Ci sarà un torneo importante a cui parteciperà anche Ar-..”

Si bloccò sentendo le guance arrossire. “voglio dire, il principe Arthur” si corresse, dandosi mentalmente della stupida. Non sapeva che cosa stava accadendo tra lei e l’erede al trono, ma in ogni caso non poteva permettersi certe confidenze, nemmeno se intorno non c’era nessuno che potesse udirla.

“Il re ha ordinato di preparare un grande banchetto per festeggiare il vincitore. Eloise è quasi impazzita, dice che i dolci non sono abbastanza e non sono abbastanza buoni. Secondo me sono ottimi, in fondo cosa potrebbe mai farle? Giustiziarla?” disse, emettendo una risatina isterica. Uther avrebbe potuto giustiziarla forse per molto meno. Bastava un piccolo sospetto di stregoneria. Lei lo sapeva bene.

Fissò le montagnole di pietre chiare, sentendo gli occhi riempirsi di lacrime. Aveva bisogno del loro conforto e del loro consiglio. “Che cosa devo fare?” sussurrò. Si coprì la bocca con una mano per soffocare un singhiozzo.

I sentimenti per Arthur erano forti nel suo cuore, avrebbe voluto che lui la cingesse con le sue braccia e la baciasse ancora, eppure c’era qualcosa di profondamente sbagliato, come una nota stonata che rovinava tutta la melodia.

I suoi genitori non avrebbero voluto Arthur per lei, dicevano sempre che i nobili erano fatti di un’altra pasta, che loro, la gente umile, doveva lavorare senza avere pensieri strani e poco concreti. L’idea di sposare un principe e vivere come una regina per il resto dei suoi giorni era una di quelle fantasticherie che i suoi genitori non avrebbero approvato. Una fantasticheria non poteva renderti felice e aveva l’innegabile difetto di non essere mai bella come uno se l’aspetta una volta tramutata in realtà.

Arthur era esattamente questo, una fantasticheria destinata a guastarsi se solo avesse osato concretizzarla.

E poi c’era lui, Lancelot.

Non lo vedeva da mesi, ma lui era così vivido, reale. Non era una fantasia romantica di una ragazzina un po’ sciocca. Quando la guardava, sembrava annullare tutto il resto del mondo. “Ti sarebbe piaciuto” disse, guardando la tomba di suo padre. Spostò distrattamente la posizione di una delle pietre, asciugandosi le lacrime con una mano. “Ne sono certa”

Chiuse gli occhi, immaginandosi suo padre e Lancelot nell’officina dove forgiava le spade e poi seduti a tavola, a mangiare la cena che lei e sua madre avevano preparato con le loro mani segnate dal lavoro.

Non si sarebbe mai vergognata di sé stessa e della sua famiglia con Lancelot. Lui sarebbe sembrato così in sintonia con loro, al contrario di Arthur.

Era troppo biondo e nobile e altolocato per poter capire le sue origini e il suo modo di pensare. “Ma l’amore supera queste cose no?” mormorò più a sé stessa che ad altri.

In realtà non ne era così sicura, ma non voleva pensarci. Si sarebbe di nuovo messa a piangere e non desiderava che gli altri la vedessero con gli occhi gonfi e arrossati dal pianto.

“Verrò a trovarvi di nuovo tra un paio di giorni” assicurò, alzandosi in piedi e rassettandosi la gonna. Mancava poco tempo al tramonto, avrebbe dovuto sbrigarsi.

Discese la collina a passi rapidi, sentendo l’aria fresca condensarsi sulla pelle. Non doveva attardarsi tanto, non era sicuro per una donna restare così lontana dalla città senza protezione. I boschi erano pieni di lupi e furfanti. Accelerò il passo, lanciando un’occhiata preoccupata alle sue spalle.
Aveva la sensazione di essere seguita e spiata. Si diede mentalmente della stupida, aumentando però l’andatura. Probabilmente era una civetta o qualche contadino che si era attardato troppo nei campi.

Il suo cuore mancò un battito quando una figura incappucciata comparve improvvisamente di fronte a lei. Indietreggiò istintivamente di un passo, senza nemmeno riuscire a gridare per chiedere aiuto, quando l’uomo si tolse il cappuccio da sopra la testa rivelando le fattezze del suo volto.

“Lancelot” disse con la voce ridotta a un bisbiglio.

“Posso scortarvi fino in città, mia signora?”

Gwen sorrise, il suo cuore batteva all’impazzata. Era felice di vederlo, più felice di quanto fosse mai stata di vedere il principe Arthur. Ogni volta che Lancelot compariva nella sua vita era come se le rapisse il respiro e se lo portasse via con sé.

“Ne sarei onorata” rispose lei, accettando il braccio che lui le porgeva. Quello era il suo posto, lì, in mezzo ai campi accarezzati dal sole morente a fianco dell’unico uomo che avrebbe mai potuto amarla totalmente.

 

 

***

Ciao a tutti!

Spero che anche questa storia vi sia piaciuta!

Desidero ringraziare  Lupus,  elfin emrys, GiulyB,  elyxyz,  bilancina92 e  Oryenh per aver commentato la mia fanfic precedente.


Se siete appassionati di Twilight e volete leggere le mie storie su Jasper e Alice potete trovarle qua:

 

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=511106&i=1

e qua

http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=513337&i=1

 

Lasciatemi tanti commenti!

Un bacione!

Mo

   
 
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