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Autore: helionor 95    13/06/2010    2 recensioni
La famiglia Cullen non sembra destinata ad una vita tranquilla...
Genere: Azione, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen, Isabella Swan, Jasper Hale
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Che bello essere a casa. Mi sentivo decisamente la persona- o meglio la vampira- più felice del mondo. 
Pensavo questo da circa 18 anni, ossia da quando avevo conosciuto Edward, mio perfetto e bellissimo marito, che in quel momento sedeva al mio fianco cingendomi le spalle con un braccio e, di tanto in tanto accarezzandomi dolcemente la guancia. E continuavo a pensare anche in quel preciso momento, ascoltando il respiro regolare e il battito lento del cuore di nostra figlia che dormiva beata. Quella notte eravamo rimasti seduti tutta la notte a fianco al lettino di Renesmee, sentendola borbottare nel sonno parole incomprensibili. Questo l’aveva decisamente preso da me. Quando anche io potevo dormire, avevo l’abitudine di parlare nel sonno, mentre Edward si divertiva ad ascoltarmi fino all’ora del mio risveglio. All’inizio mi chiedevo come facesse ad avere così tanta pazienza, ma ora che ero come lui riuscivo a capirlo. Avendo a disposizione l’eternità, si impara ad aspettare, e ad apprezzare molte più cose.  
Poi quel momento magico perso nei ricordi venne bruscamente interrotto.                                 
–Ragazzi, siamo già in ritardo!- esclamò una voce, da sotto la nostra piccola casetta sperduta in mezzo al bosco. Mi ci volle meno di un secondo per riconoscerla. Era la voce di Alice.              
Evidentemente anche Edward la riconobbe, perché lo sentii borbottare qualcosa come:‘ è sempre la solita’.          
Poi si alzò e si diresse alla porta con due soli balzi, attentamente misurati. Lo seguii di scatto e in un attimo fui al suo fianco.
Se c’era una cosa di cui ero estremamente soddisfatta nella mia nuova vita, era la velocità.   
–Alice! Renesmee sta ancora dormendo!- disse tra i denti, rivolto alla sorella.  
Alice chinò il capo in segno di scusa. Poi, senza troppi indugi, entrò in casa, seguita a ruota da Jasper. Non mi ero neanche accorta di lui, così gli feci un cenno di saluto che ricambiò con un sorriso schietto.
Se c’era un membro della mia famiglia che era cambiato in questi anni, era proprio Jasper, mio fratello -e cognato-. Dopo le mia trasformazione pensavo ce l’avesse con me per il fatto che avessi un autocontrollo superiore al suo, ma evidentemente mi sbagliavo. Finita la faccenda dei Volturi, si era dimostrato molto disponibile e comprensivo. E addirittura simpatico.     
–Non sta nella pelle per il tuo ritorno a scuola- mi sussurrò, riferendosi ad Alice, che nel frattempo si apprestava a scegliere l’abito che avrei dovuto indossare il mio primo giorno all’Università.                               
E in attimo il panico dei giorni precedenti tornò più vivido che mai.         
Però la paura che provavo non aveva a che fare con la classica fifa che avevo da umana quando mi ero trasferita a Forks e dovevo affrontare il primo giorno del terzo anno di liceo. Decisamente quello era niente in confronto alle preoccupazioni di quel momento.     
Avevo paura di perdere il controllo e di attaccare qualcuno, costringendo tutta la mia famiglia a trasferirsi. Evidentemente Jasper si accorse del mio cambiamento di umore, ma fu tanto discreto da limitarsi a lanciarmi un’occhiata sorpresa, del tipo’io te l’avevo detto ’. Ma non avevo la minima di dare a lui e a Edward questa soddisfazione.      
Infatti 10 anni prima avevo sollevato la questione di quando sarei potuta ritornare a scuola. Subito Edward e Jasper si erano coalizzati, sostenendo che come minimo avrei dovuto aspettare vent’anni, se non di più. Ovviamente mi ero sentita ferita nell’orgoglio. Pensavo di essere talmente brava ad auto controllarmi da poter ricominciare la scuola entro due, massimo tre anni. Ma evidentemente gli altri non erano d’accordo. Anche Carlisle sosteneva che era inutile correre rischi, mente Emmett e Alice erano intervenuti in mio soccorso.  
–E’ perfettamente in grado di gestire la situazione- aveva sostenuto il mio fratello-orso, con il pieno consenso di Alice.  
 Esme e Rosalie non si erano pronunciate. I rapporti con la mia biondissima sorella erano decisamente migliorati grazie a Ranesmee, però non mi ero mai illusa che mi avrebbe perdonata del tutto per aver scelto di diventare vampira, rinunciando alla mia mortalità.  Comunque, alla fine eravamo giunti al compromesso che avrei aspettato dieci anni.      
E ora, i dieci anni erano velocemente trascorsi. Troppo velocemente. Avevo fiducia in me stessa, ed ero sicura che Edward non mi avrebbe permesso di fare qualcosa di cui poi mi sarei pentita. Però temevo di attaccare anche lui, o Alice, o chiunque si sarebbe frapposto tra me e la mia preda. 
Fortunatamente, i miei pensieri  vennero interrotti dalla voce squillante di Alice, proveniente dalla camera da letto di Renesmee:   
-La piccola è sveglia!- annunciò.
Feci per precipitarmi nella stanza, ma Edward mi toccò il braccio e mi voltai con aria interrogativa                       
-Lascia andare noi- sussurrò piano in modo che solo io potessi sentirlo -Poi ti spiego- aggiunse sorridendo.  
Fece un cenno a Jasper, e insieme puntarono verso la stanza di Renesmee. Rimasi un attimo interdetta, poi vidi Alice spuntare dalla porta, ansiosa.              
–Bella!-esclamò -Ho appena dato un’occhiata al tuo guardaroba! Non hai assolutamente niente di adatto!-                   
La guardai per un momento, poi mi lasciai scappare un sorriso.    
–Bella!- mi rimproverò -Non c’è niente da ridere, siamo nei guai, sul serio!-
–No…..è solo che….tu non cambi mai, vero?- le chiesi senza smettere di sorridere.          
Quando afferrò il senso del mio sorriso, ricambiò e per un attimo parve dimenticarsi del suo problema. Ma in attimo si riscosse e una mi fece una linguaccia.   
–Certo che no! E comunque non cercare di cambiare di cambiare discorso. Ti conosco, sai?- disse, mentre mi si avvicinava e mi prendeva per un braccio nell’intento di trascinarmi nella camera mia e di Edward.           
–Ok- borbottai -Hai vinto. Come sempre, d’altronde-  
Sorrise compiaciuta, ma non mi lasciò il braccio finché non fummo nella stanza ed ebbe richiuso la porta alle sue spalle. 
Restammo a provare abiti per un bel po’ di tempo, finché Jasper non venne a bussare.  
 –Posso entra….-  
–NO!- sbottammo in coro io ed Alice. Poi, guardandoci, ci abbandonammo a una risata, come due semplici amiche che provano dei vestiti per un avvenimento importante che capita una volta sola nella vita. L’unica differenza era che noi, quel giorno, lo avremmo ripetuto per l’eternità.
-Ok, ragazze- disse Jasper, spazientito - Siamo in ritardo-  La sua voce risuonò forte per tutta la casa. Ci stava parlando da un’altra stanza.         
–Accidenti! Hai ragione….mancano solo 3 ore all’inizio della prima lezione e noi potremmo metterci addirittura 10 minuti!- rispose Alice, sarcastica.       
–Ma non eri tu che volevi arrivare prima per presentare l’ambiente a Bella?- ribatté lui, piccato.                 
Non avevo mai sentito Alice e Jasper stuzzicarsi in quel modo. Probabilmente era la tensione dovuta al fatto che io andassi a scuola per la prima volta nella mia nuova vita. Per alleggerire l’atmosfera, provai a cambiare argomento. 
–Ehm….abbiamo quasi finito. Veniamo a salutare Renesmee e poi possiamo andare- dissi, mentre aiutavo Alice a ritirare velocemente i numerosi vestiti che avevamo provato. Alla fine lei aveva scelto una camicetta anni ’80, molto originale, accompagnata da una gonna di seta azzurra. Io, invece, nonostante il suo disappunto, avevo optato per una maglia tradizionale e un paio di jeans. Comunque, agli occhi degli altri umani -e mi sorpresi di come ormai non mi riconoscessi neanche un po’ in quella categoria- saremmo sembrate degli angeli o qualcosa del genere. O almeno, era quello che avevo pensato io quando avevo visto per la prima volta le famiglia Cullen. 
Provai un briciolo di orgoglio, e con questo sentimento mi diressi verso la camera di mia figlia, seguita da Alice. Però quello che vidi appena varcata la soglia mi fece dimenticare ogni cosa, svuotandomi la mente e risvegliando tutti i sensi sopiti che avevo.  
Al centro della stanza c’erano Edward e Jasper. E, sorprendentemente, in braccio a quest’ultimo c’era Renesmee.       
Mi irrigidii e osservai Edward che, a sua volta guardava nostra figlia toccare gentilmente la guancia dello zio per trasmettergli chissà quali pensieri.          
Osservai meglio mio marito e notai che aveva la mascella leggermente contratta, in evidente stato di tensione. Alice, al mio fianco, rimase invece perfettamente immobile. Poi, lasciandomi senza parole, sorrise radiosa.  
Eppure doveva sapere meglio di me che Jasper non aveva un buon auto controllo, e Renesmee rappresentava sicuramente una prelibata tentazione per lui. Feci per dirle qualcosa, poi i sussurri di Jasper attirarono la mia attenzione.   
–Certo…per me…importante…- stava mormorando all’orecchio di Renesmee. Riuscivo appena a cogliere qualche parola indistinta, nonostante il mio udito sviluppato.        
Vederlo così vicino a mia figlia mi fece rabbrividire, ma notando che perfino Edward si stava rilassando, cercai di comportarmi in modo spontaneo.             
–Ehm…- cominciai, cercando di attirare su di me l’attenzione -che ne dite di andare? Siamo in ritardo di una vita, adesso-
Ma Renesmee continuava a mostrare a Jasper immagini che solo loro potevano vedere. Ero abbastanza irritata, ma cercai di non darlo a vedere. Però Alice evidentemente se ne accorse, perché si avvicinò piano a Jasper e sfiorandogli un braccio lo riportò alla realtà.
–Che cosa c’è?- chiese lui, brusco.
Adesso ero allibita. Jasper, legato ad Alice in maniera impressionante, non aveva mai usato un tono così duro con lei. Anzi, solitamente era molto protettivo e dolce nei suoi riguardi. Più volte si era dimostrato addirittura pronto a dare la vita per lei.    
Anche Alice si accorse del suo tono e ,sgranando gli occhi, stupita, rispose a tono.      
–Pensavamo che visto che hai stressato fino ad adesso dicendo che per colpa nostra saremmo arrivati in ritardo, adesso potresti darti una mossa- disse acida.    
–Uhm…-grugnì lui- D’accordo. Diamoci una mossa- E detto questo scattò al mio fianco, porgendomi delicatamente Renesmee. Poi uscì senza dire altro, rivolgendo un ultimo rapido sorriso a mia figlia, che ricambiò allegra. Infine, dopo un attimo di indecisione, lo seguimmo tutti.    
Avevamo appena abbandonato Forks, lasciando Renesmee a Rosalie.                                                   
–State tranquilli- aveva detto –Io e Emmett per quest’anno abbiamo deciso di non frequentare la scuola. Tanto avremmo dovuto ricominciarla in un altro posto-  In effetti lei e il marito avevano finito l’Università  proprio l’anno prima. E poi Rose non vedeva l’ora di passare un po’ di tempo con la nipotina, quindi avevamo accettato di buon grado ad affidarla alle sue cure. Sfortunatamente, capii da li a poco che a scuola saremmo dovuti andare in macchina. Avremmo impiegato la metà del tempo correndo, ma sarebbe sembrato sospetto se degli studenti provenienti da tanto lontano fossero arrivati a piedi. E il nostro intento principale era proprio non attirare l’attenzione.  
Mentre viaggiavamo sulla mia ‘auto del dopo ’, regalatami da Edward per il post-matrimonio, Jasper mi spiegava le regole basi per il comportamento in presenza di un così grosso numero di umani.  
Non rimanere per troppo tempo ferma nella stessa posizione. Non osservare un punto fisso per più di 5 minuti. Non dimenticare di respirare. Non mostrare agli umani il colorito variante dei nostri occhi a seconda della sete. Insomma, una serie di cose che ormai a me risultavano abituali.   
–Non preoccuparti – mi disse dolcemente Edward, seduto al mio fianco nei sedili anteriori -Non permetterò che accada nulla di male-     
Ovviamente le sue parole mi rassicurarono, al punto che per qualche minuto dimenticai ogni timore godendomi le sue leggere carezze.
–Bene. Siamo arrivati- annunciò infine Jasper, rompendo l’incantesimo.
Scesi veloce dall’auto e feci per dirigermi verso quello che supposi doveva essere l’ingresso principale, nel quale erano accalcati molti studenti. Troppi studenti, per i miei gusti, e per di più tutti deboli e indifesi.
Sentii la sete bruciarmi in gola, mentre un moltitudine di odori giungevano al mio olfatto sovrasviluppato. Tremai, pensando a ciò che mi aspettava nel momento in cui sarei entrata in contatto con tutti loro in modo più ravvicinato. Sentii Edward afferrarmi la mano, ma questa volta ero troppo preoccupata per tranquillizzarmi. Rabbrividii di nuovo e mi resi conto che tutte le mie paure stavano per diventare realtà.
Poi, proprio mentre stavo prendendo in seria considerazione l’idea di scappare, sentii una sensazione di pace pervadere il mio corpo con una velocità impressionante. Mi voltai di scatto e vidi e, con stupore, vidi Jasper chino su Alice, mentre mormorava parole veloci e incomprensibili.
Mi sembrò opportuno distogliere in fretta lo sguardo, ma mentalmente ringrazia Jasper di tutto cuore.
Nel frattempo Edward al mio fianco sorrideva, guardando distratto un gruppo di ragazzi che ci lanciavano occhiate bizzarre, come se fossimo dei mostri. Ero quasi tentata di dirgli qualcosa, poi ricordai come tutti, me compresa, guardavo i Cullen al liceo. Come fossero alieni provenienti da un altro pianeta. Allora mi resi conto che erano occhiate curiose, e allo stesso tempo invidiose.
Sorrisi, poi tornai velocemente ai miei pensieri. Sentendo la paura tornare, domandai a Edward la prima cosa che mi venne in mente.
–Ehm…cosa è successo ad Alice? Questa mattina era stranamente silenziosa….-dissi a bassa voce.
–Uhm……-mugugnò lui distratto. Stava evidentemente pensando ad altro.
–Edward!- esclamai, alzando un po’ il tono della voce, facendolo sobbalzare.
–Scusa, hai detto qualcosa?- mi chiese, di nuovo presente a se stesso.
–Mi chiedevo perché Alice fosse così silenziosa questa mattina….- risposi, di nuovo sussurrando.
–E’ quello che cercavo di scoprire- disse, sorridendo dolcemente -Prima che mi interrompessi-
-Ah, scusa- borbottai. Mi sorrise di nuovo e tornò a concentrarsi su un punto fisso di fronte a lui, perdendo lo sguardo nel vuoto. Stava certamente provando a penetrare nella mente della sorella.
Attesi, paziente, ma non dovetti aspettare a lungo. Vidi gli occhi di Edward spalancarsi leggermente e scattare nella direzione di Jasper.
–Edward, ma cosa……?- chiesi, lasciando la frase in sospeso.      
Lui corrugò le sopraciglia perfette e si limitò a rispondere a monosillabi.
–Chiedi ad Alice. E’ complicato- disse con tono duro, che evidentemente non tollerava obbiezioni e domande. Sorvolai sul suo cambiamento di umore e mi voltai verso la mia macchina, in tempo per vedere Jasper che, sorridendo, sfiorava la guancia di Alice, per poi allontanarsi a grandi passi. Guardai confusa l’espressione di lei, che lasciava solo trapelare un’immensa tristezza.
Accidenti. Quella era decisamente una giornata nera. Prima, avevo il terrore di uccidere qualcuno. Adesso Alice era depressa e Jasper più misterioso che mai.
Ero confusa e irritata per essere l’unica all’oscuro della situazione, ma una fastidiosa campanella segnò l’inizio della prima ora. Un cumulo di ragazzi si affrettò verso l’entrata e un’altra ondata di odore fece scattare la mia sete.
Ma ero troppo presa da altri pensieri per farci caso. Mi staccai da Edward, che invece rimase immobile, e camminai verso la macchina nella quale era ancora seduta Alice, ben attenta a non superare un certo limite di velocità. Mi accomodai al suo fianco sui sedili posteriori, in attesa.
Notai che era estremamente pallida, persino per essere un vampiro.
-Chissà cosa le ha detto Jasper…- pensai, mordendomi il labbro.     
Sentii uno strano senso di impazienza e frenesia sovrastare la sete di sangue. Erano passata diversi minuti, ma ancora Alice non si decideva a parlare. Mi voltai verso di lei, con fare incoraggiante. Ma qualcosa nella sua espressione mi bloccò. Sembrava…beh, non sembrava Alice. Ogni traccia di allegria era scomparsa dai suoi occhi, ogni scintilla di vitalità sparita.
A quel punto abbandonai il mio desiderio di farla parlare. Ero disposta a aspettare finché non si fosse sentita di dirmi la verità.  

  
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