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Autore: kyelenia    13/06/2010    9 recensioni
E' una Brian/Justin, post 5x13.. Perchè in amore l'importante non è perdersi, ma tornare sempre sulla strada per ritrovarsi.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Kinney, Justin Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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It's necessary to come back

Justin allungò il braccio nel sonno, perso ancora in un sogno dal sapore dolce.

- B...- era sul punto di dire mentre gli occhi cominciavano a schiudersi; fortunatamente recuperò in tempo la lucidità.

- Ehi, bello - salutò Jack, con cui condivideva la casa da circa sei mesi.

Era dolce, quel nuovo ragazzo, sapeva di zucchero messo nel latte alla mattina, e miele spalmato sulle fette biscottate.

Eppure non poté evitare una punta di delusione appena si accorse del corpo che stava accarezzando.

Per un istante, un solo istante, aveva pensato davvero di essere di nuovo a casa, quell'unico luogo avvertito come tale. E aveva pensato di svegliarsi con la luce che entrava dalla finestra proprio sopra al letto, di aprire gli occhi e vedere che sì, Brian era ancora al suo fianco.

E il corpo di Jack sembrò sbagliato, in quel momento, riapriva ferite che dopo due anni e mezzo avrebbero dovuto lasciare a malapena la cicatrice; eppure sentì il calore del sangue inondargli il petto, scorrere ancora da quei tagli impossibili da ignorare.

Il richiamo di casa lo sentì con prepotenza, forte come non mai.

Si alzò dal letto deciso a schiarirsi le idee, davanti a una tazza di caffè e i suoi biscotti ipocalorici. Fu così che lo trovò Jack, seduto al tavolo e con le pagine d'arte del giornale spiegate tra le dita. Leggeva una recensione, sulla sua ultima mostra. Non li contava nemmeno più io complimenti ricevuti, ricordava meglio le assai più rare critiche; non era presuntuoso a considerarsi talentuoso, erano stati i più importanti critici stessi a ribadirglielo.

- Espressioni di colori sentite e fantasiose - giudicavano ogni sua nuova creazione.

Quei quadri erano il suo unico mezzo per esprimersi,  l'unica cosa che lui era.

Lui aveva bisogno di dipingere, avvertiva quell'esigenza come se ne andasse della sua stessa vita. E ogni volta che era triste si chiudeva nello studio e buttava giù qualcosa; era per questo che c'era un po' di Brian in ogni sua opera, a volte dettagli impercettibili, che nessuno avrebbe potuto riconoscere. Brian.. Quel nome faceva male, aveva timore perfino di pronunciarlo ad alta voce. Non lo sapeva nessuno, infatti, cosa si fosse lasciato dietro; pensava che al solo parlare di lui avrebbe potuto rompere quel sottilissimo filo che lo teneva lontano dalla distruzione, dalla disperazione, giorno dopo giorno.

Jack lo baciò sulla guancia, lo infastidì quel contatto.

- Buongiorno amore - lo salutò.

Justin avrebbe voluto dirgli che non ne aveva il diritto; ma aveva fatto la sua scelta tanto tempo prima.

Aveva preso un aereo convinto di non essere costretto a rinunciare a niente, che la sua vita sarebbe rimasta invariata. I week-end a Pittsburgh, o a New York con Brian. Ma gli impegni si erano innalzati di fronte a lui come ostacoli insormontabili: prima c'era stato lo studio da affittare, poi i contatti giusti da cercare e infine la sua prima mostra da organizzare. Aveva finto di non sentire quel distacco crearsi tra di loro, "una settimana ancora" rimandava ogni volta, o si convinceva che Brian gli avrebbe fatto una sorpresa, quel week-end, come se non lo conosceva abbastanza bene. E aveva smesso di telefonare, e il telefono aveva smesso di squillare con il nome di Brian sul display.

I primi tempi era stato preso dalla frenesia del debutto, era stato troppo indaffarato tra mostre e feste per sentire il dolore; quando infine il successo era diventato una costante e non era più stato un anestetizzante era troppo tardi per tornare indietro. Aveva cominciato a perdersi tra locali, alcool e droghe, in una pallida imitazione di quello che era stato Brian prima di incontrare lui.

In alcune di quelle occasioni avevi incontrato i primi ragazzi, con alcuni aveva perfino tentato una storia seria. Si limitava a due, tre mesi il tempo di sopportazione. Poi erano tutti troppo sdolcinati, troppo casalinghi, troppo poco Brian. Jack poteva avere la palma per la durata: ben sei mesi.

Ma in quel momento lo sentiva che non gli bastava più. Stava per spogliarlo, per dargli il suo personale buongiorno con un fantastico pompino quando Justin lo fermò. Gli mise il palmo aperto sul petto, e lo spinse lontano da sé.

- Jack, dobbiamo parlare - cominciò senza esitazione.

 Quelle parole non preannunciavano niente di buono, ma forse, per una volta, la medicina giusta sarebbe stata proprio parlare.

- Che succede, Jus? - chiese l'altro preoccupato.

- Ti devo solo raccontare una cosa. Tu non sai molto della mia vita prima di qua, beh è ora che ti dica la cosa più importante che c'è da sapere -

E cominciò, dalla notte in cui si erano incontrati, senza tralasciare alcun dettaglio, senza dimenticare niente di quello che avevano vissuto insieme.

Ogni parola rendeva il dolore più acuto, ma ormai il racconto scorreva come un veleno di cui non riusciva a fare a meno.

Era una dolcezza dolorosa quella che provava nel ripensare alle mani di Brian su di sé, ai primi disperati tentativi di legarlo in qualcosa di più che una semplice scopata.

I minuti trascorsero mentre la loro storia veniva svelata a quell'inusuale ascoltatore.

- E così lo ami ancora - cercò di dire Jack con tranquillità, ma la delusione.. quella forse era impossibile da evitare.

Justin neanche avrebbe saputo dire da cosa l'aveva capito; non poteva vedere il brillio dei propri occhi al solo pensare a Brian, accorgersi del tremore delle mani quando pensava al percorso eccitante che quelle avevano tracciato sul corpo del compagno. Ma i segnali si erano mostrati di fronte agli occhi di Jack, inconfondibili.

E Justin capì che sì, l'amava ancora... Con tutto se stesso. Finalmente colse il significato delle parole che Brian gli aveva rivolto la sera prima di partire.

"E' solo tempo", "è solo tempo", "è solo tempo"... In quel momento si ripeteva come una maledizione nella sua testa, come la sua maledizione. Non sarebbe bastato un mese, un anno, tutta la vita per dimenticare Brian Kinney.

Un dolore opprimente gli nacque dal petto, divenne impossibile perfino respirare. La nostalgia, quella che ti stringe il cuore in gabbia, che ti fa desiderare soltanto di vedertelo strappato dal petto, perché è troppo doloroso perfino che batta. Quel dolore che forse Brian provava ogni giorno, da quando era partito. Che affogava nei corpi di ragazzi sempre diversi, nei loro culi perfetti che però non erano quello di Justin.

Che ci faceva ancora a New York?

- Jack, mi dispiace... - sussurrò quando si fu reso conto che non era quello il suo posto.

Jack lo guardò negli occhi, forse comprendendolo per la prima volta.

- L'ho sempre avvertito che non eri mai del tutto mio - quella sensazione finalmente era stata spiegata.

Fu incredibilmente rapido chiamare l'aeroporto, prenotare il primo volo disponibile per casa, chiedere a un taxi di prenderlo in mezz'ora.

Scelse dal cassetto qualche maglietta, un paio di jeans, tutte le mutande pulite; recuperò le chiavi del loft da un angolo remoto della casa, dove le aveva buttate non appena aveva capito che aveva scelto di non tornare più a casa.

Scese al volo, in tempo per vedere il taxi arrestarsi di fronte al suo portone.

- L'aeroporto - e la macchina prese a volare in mezzo al traffico, magicamente spinta dal suo desiderio di tornare, ancor prima che dalla benzina.

La fila al check-in, l'imbarco, il decollo. E infine era in volo, col cuore che batteva a mille, col sangue che finalmente smetteva di sgorgare dalle ferite

"Brian, Brian, Brian" lo sapeva che stava volando per lui, che stava perfino respirando per lui, e si chiedeva come fosse riuscito a vivere per due anni e mezzo senza andare a riprenderselo.

Si sentì a casa quando finalmente scese dall'aereo, quando lo accolsero le sale che quasi tre anni prima aveva salutato, e che per lungo tempo era stato convinto di non rivedere mai più.

L'indirizzo del loft di Brian si srotolò sulla sua lingua rivolto al primo tassista disponibile, come se fino a quel momento si fosse annidato nella sua gola, soltanto in attesa di essere pronunciato nuovamente. Non era cambiata di una virgola, Pittsburgh, pensava mentre si muovevano lungo le strade affollate. Infine giunse di fronte al palazzo familiare, allungò l'importo che lampeggiava sul display all'autista, si caricò la sacca su una spalla e si affrettò a scendere dalla macchina, ad aprire il portone, ad azionare il montacarichi che lo avrebbe portato a destinazione. Il ronzio familiare si arrestò di fronte alla porta scorrevole in metallo, che tante volte aveva aperto e chiuso solo per vedere Brian, per ritagliarsi quei momenti insieme. La mano gli tremava mentre tentava di infilare la chiave nella toppa, ma si impose di riuscirci; non si sarebbe fatto ostacolare dallo stupido nervosismo.

E l'odore delle stanze lo colpì; era qualcosa di unico, che non era riuscito a ricreare neanche dopo aver comprato gli stessi detersivi e lo stesso deodorante per ambiente usati da Brian. Era l'odore di casa, solo questa parola gli veniva in mente nell'essere di nuovo in quell'appartamento che aveva abitato per quasi cinque anni, nonostante le innumerevoli interruzioni.

Si sedette sul divano ad aspettare il ritorno di Brian, a formulare un discorso che sicuramente avrebbe dimenticato.

Brian lasciò la macchina in garage, con una strana sensazione in fondo al cuore. Quella mattina si era svegliato triste, abbattuto, forse più del solito. Non era stato più lo stesso da quando Justin era partito, si era sentito idiota, patetico oltre ogni dire e aveva ostentato innumerevoli sorrisi finti, si era stampato un'espressione impertubarbile sul volto per fingersi il Brian di sempre. Ma non rimorchiava più con la stessa voglia di prima, non viveva più con la stessa intensità; e sapeva che tutte le persone a lui più care erano preoccupate per lui, che Michael aspettava il momento in cui il dolore sarebbe sparito dal fondo dei suoi occhi, che Debbie pregava che tornasse il vecchio bastardo, prima di essere costretta ad abituarsi  al suo eterno pallore, alla passività con cui si costringeva a vivere.

Chiamò il montacarichi che era fermo al suo piano, la cosa lo stupì alquanto.

"Justin..." pensò subito il suo cervello, il suo cuore, prima che si obbligasse ad allontanare quella speranza, immaginandosi il ragazzo nel proprio appartamento a New York, ben lontano dal loft.

L'allarme era disinserito, e di fronte a quell'inconfondibile segnale i suoi battiti accelerarono, non fu in grado di riarginare la speranza. Aprì la porta tremando, perché non avrebbe resistito alla delusione di essersi sbagliato, di trovare l'appartamento vuoto.

La figura bionda sul divano, che lo aspettava tenendosi la testa tra le mani, diede ragione a quei sospetti. Quei capelli.. Non erano dei gigolò che aveva pagato, pur di avere l'illusione di essere di nuovo col suo Raggio di Sole.

- Justin... - scandì con dolcezza, con un amore che aveva seppellito per troppo tempo.

- Brian! - Justin scattò su dal divano, si avvicinò a lui con timore quasi reverenziale.

Brian lasciò cadere la valigetta accanto a sé, si affrettò a stringere il ragazzo a sé dopo quello che gli era sembrato un tempo interminabile.

Ragazzo... Ogni dolcezza dell'adolescenza aveva lasciato il suo viso, i suoi lineamenti si erano induriti, e indubbiamente era un uomo quello che si trovava a stringere tra le proprie braccia. Ma i dieci centimetri di vantaggio, quelli Justin non era proprio riuscito a recuperarli. Poggiò la testa sulla sua spalla, ad annusare di nuovo il profumo del suo collo. E strinse Brian con tutte le proprie forze, con l'unica certezza di essere proprio lì, nell'unico posto a cui apparteneva per davvero.

Una lacrima punse l'occhio di Brian, minacciando di uscire, e si fece largo tra le sue ciglia, lungo la guancia, fino a posarsi proprio tra i capelli di Justin. Era solo gratitudine, che le sue preghiere erano state esaudite, che il pensiero che aveva cercato di ricacciare nei meandri del suo cervello, ma che si era fatto largo ogni volta, era divenuto finalmente realtà.

- Che ci fai qui? - chiese infine; l'aveva convinto a partire per un motivo, non poteva mandare tutto all'aria per una debolezza d'amore.

- E' solo qui che voglio stare. Puoi offrirmi New York, l'Italia, la luna o perfino un'altra galassia, ma non riuscirai mai a impedirmi di tornare. Mi mancavi Brian, ogni giorno, per quanto mi ripetessi di aver fatto la scelta giusta, di dovermi concedere una possibilità. E di possibilità me ne sono concesse a palate, ho perfino avuto più di una relazione. E tu?

- Nessuna, ho rispettato le regole. - si sentiva patetico ad ammetterlo, ma fingere non gli sembrava poi così utile - Mai due volte con lo stesso, niente nomi né numeri di telefono, neanche un bacio e a casa per le tre, ogni sera. -

. Così sono quasi tre anni che non baci nessuno? - chiese Justin già fissando le sue labbra invitanti.

- L'ultimo sei stato tu -

E Justin si sporse verso di lui, fino a sentire il sapore di Brian di nuovo nella propria bocca. Quel bacio fu la cosa più dolce che avesse mai scambiato, sentiva che sarebbe stato in grado perfino di nutrirsene.

- Ma.. - azzardò Brian quando si furono separati.

Justin gli mise un dito sulle labbra, gli fece capire che ci sarebbe stato un altro momento per parlare. SI inginocchiò davanti a lui, come il più impeccabile dei gentiluomini e prese una scatola di velluto blu dalla tasca destra. Mostrò un anello, semplice, in oro bianco o forse solo in argento, era stato l'unico che era riuscito a recuperare nella gioielleria dell'aeroporto nella fretta di scappare da New York.

- Brian mi vuoi sposare? - gli chiese con serietà, guardandolo negli occhi.

- Jus.. - cominciò quello.

- No Brian, non ti permetto di obiettare alcunché. Mi hai spinto via al momento giusto, mi hai convinto a farcela con le mie forze, dando solo il massimo. Ma adesso niente mi potrà fermare, perfino a te risulterà impossibile. Sono qua per restare, perché è solo a questo che riesco a pensare, perché ho bisogno di te e perché in confronto dipingere non è nulla. Perciò dimmi adesso che mi sposerai, o insisterò finché non sarai costretto ad arrenderti.

- Perché tutto questo, Justin? Perché rinunciare al tuo grande futuro?

- Per amore, Brian, e a questo non c'è una spiegazione. Posso avere tutto il successo che voglio, ogni singolo centesimo dei collezionisti che mettono piede nella mia galleria, ma non è nulla se poi mi trovo a essere il solo a goderne.

- Ma è la tua grande possibilità -

- L'ho provata infatti, l'ho vissuta ma ho capito che mancava l'unica cosa davvero importante.

- Justin...

- Brian, concediti ciò che desideri per una volta, sposami!

- Si Justin, ti sposerò... Tra dieci anni.

- Non ho intenzione di aspettare un attimo di più, devi solo dirmi che lo farai.

 E Brian lo baciò, come faceva ogni volta che non sapeva cosa dire.

Entrambi, in quel momento, realizzarono che vero amore non significava non perdersi, ma tornare sempre sulla strada per ritrovasi.

 

 

 

Questa NON è la mia prima fanfiction, ma è la prima del fandom Queer As Folk. So che sono passati parecchi anni da quando è stato concluso, ma ehi... su Jimmy lo danno ancora e quindi magari qualcuno se lo ricorda!^^ Per quanto mi riguarda, io l'ho scoperto di recente questo telefilm, forse perché prima sarei stata decisamente troppo piccola per vederlo; inutile dire che è stato amore a prima vista, Brian e Justin mi sono entrati nel cuore e sono rimasta assolutamente insoddisfatta dalla conclusione della serie. So che non esiste, e non esisterà mai uno spin-off o un seguito all'ultima puntata, che non ci sarà mai una risposta alla domanda che ogni singola persona che abbia visto la serie fino alla fine si pone: "saranno insieme, i nostri eroi?" Questa è la risposta che ho deciso di dare io, alla domanda; non sono nemmeno sicura se crederci o meno, però Justin torna sempre, e Brian lo accoglie sempre, e se si amano davvero è impossibile che possano resistere lontani in eterno. Dunque posso solo sperare che siano dei personaggi senza tempo, e che qualcuno abbia voglia di sentirne ancora parlare. Recensite se passate di qui, fate un favore a me, e voi guadagnate punti! ^-^

   
 
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