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Autore: DarkRose86    14/06/2010    4 recensioni
[ Furyo - Merry Christmas Mr. Lawrence ]
Una notte, mentre il maggiore Jack Celliers è rinchiuso in prigione,
il capitano Yonoi gli porta un tappeto al fine di rendere le sue giornate più confortevoli.
Ma questa volta è diversa dalle altre;
qualcosa aleggia nell'aria.
Sentimenti repressi, amore, odio, paura, desiderio.
Come reagiranno i due militari?
[Slash.Missing Moment.Jack Celliers/Yonoi]
Prima classificata e vincitrice del premio Emozione al Movies Contest, indetto da Himechan84
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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La seguente storia si è classificata prima, a pari merito con la fanfiction di Perseo e Andromeda, al "Movies Contest", indetto da Himechan84 sul Forum di EFP, ed ha vinto il premio Emozione
Sono incredula e felice, amo questo film ed amo i personaggi che ho trattato, e sono entusiasta del fatto che alla giudice la mia storia è piaciuta così tanto. 
Spero di ricevere qualche commento, magari da chi ha visto il film ed ama tanto quanto io amo quell'autentico capolavoro, o magari anche da chi ha semplicemente letto queste righe ed ha provato qualche emozione. 
Ringrazio ancora la giudice e tutti i partecipanti per aver condiviso con me questa piccola avventura. Vi lascio ora ai banner ( splendidi, peraltro ) e alla storia, che non è niente di che, ma è scritta col cuore.
Perché Yonoi e Celliers vivranno per sempre. Perché si amano, anche se non possono dirselo. Perché sono semplicemente loro. <3

Protagonisti: Jack Celliers ( David Bowie ), Yonoi ( Ryuichi Sakamoto )

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Carpet ~
Tappeto

Fa freddo, in quell'angusta prigione.
Il maggiore Jack Celliers fissa il nulla intonando una canzone, quella che suo fratello sapeva cantare tanto bene, quella che non sente da anni e anni ma che ogni giorno risuona nella sua mente come una litania. Eppure l'adora, nonostante i ricordi che essa evoca siano tanto dolorosi; seppur stonato – come
lui spesso e volentieri gli faceva notare – non si ferma, sorride tristemente, rileggendo il copione oramai già scritto e vissuto. Lo fa così come si visiona una pellicola che sa indurre al pianto gli spettatori, e una lacrima riga silenziosa ed impietosa la sua guancia. Fa male, male da impazzire non poter rimediare ai propri errori; quel ch'è fatto è fatto, e il soldato lo sa, eppure dentro di sé non riesce a rassegnarsi.
Se solo potesse vedere ancora una volta suo fratello sorridere... se solo potesse sognare ancora ascoltando quelle note soavi...
D'improvviso, un rumore lo turba; qualcuno viola la sua solitudine, e lui sa chi è. Ci va ogni notte, dopotutto; talvolta gli fa delle domande, lo guarda, lo scruta come se egli fosse qualcosa di talmente appetitoso al punto d'aver paura d'assaggiarlo e diventarne dipendente.
Il capitano Yonoi, dall'alto della sua carica, può introdursi nella sua cella chiedendo semplicemente la chiave alla guardia di turno.

Come sta? ” gli domanda, sul suo volto fiero una maschera d'impassibilità.
Lui volge lo sguardo nella sua direzione e gli regala un sorriso più simile ad un ghigno, bofonchiando un: “ Come un topo in gabbia ”
E' sfacciato e ribelle, Jack Celliers. Com'è che l'hanno definito? Ah, sì. Rivoltoso. Estremamente rivoltoso.
Il giapponese lo guarda severo, senza rispondere alla sua provocazione; non vuole fargli del male, non se non è strettamente necessario. Non capisce neanche lui perché ma quell'uomo, dalla prima volta che lo ha visto, gli ha scatenato qualcosa dentro.
Prova rabbia per la sua faccia tosta; ammirazione, per il suo coraggio; attrazione, per il suo corpo perfetto. Ma non può permettersi di vacillare, non lui.

Le ho portato un tappeto ” dice, porgendogli l'oggetto inaspettatamente morbido; se non altro, potrà dormire su qualcosa di comodo. In fondo l'altezzoso militare è una persona buona, se n'è accorto il giorno del suo processo, semplicemente non può esternare quello che prova davvero. E' incredibile come la guerra rovini gli esseri umani, come li porti a lottare l'uno contro l'altro per inseguire un'utopia; perché nessuno, in fin dei conti, è nel giusto.
Ah... grazie ”

Vi si stende prontamente sopra, senza dire altro; è fondamentalmente inutile essere logorroici in presenza di Yonoi, in quanto quest'ultimo non va oltre a poche frasi fatte, di circostanza.
Questa volta, come tante altre del resto, lo guarda; osserva il suo petto muoversi al ritmo del suo respiro regolare, i suoi occhi chiudersi celando il limpido azzurro che li caratterizza, le sue labbra socchiudersi in un'espressione di momentanea beatitudine.
Si sta bene su quel tappeto decorato da un variopinto arabesco; non come su di un letto, ma la sensazione è comunque molto piacevole.

Perché venite qui ogni notte, capitano? ” domanda, tenendo gli occhi serrati, conoscendo già lo sguardo ch'egli gli rivolgerà a quelle parole; glielo chiede tutte le volte, e tutte le volte riceve in risposta un silenzio quasi imbarazzante.
Celliers lo ha capito, semplicemente brama sentirlo dire direttamente da lui, desidera quella soddisfazione più di qualsiasi altra cosa. Forse anch'egli, dentro di sé, non è indifferente al fascino dell'altro; o forse è semplicemente la voglia di sentirsi amato, di avvertire quel dolce torpore che solo suo fratello, prima di piangere e soffrire a causa sua, era riuscito a regalargli. E' consapevole che, probabilmente, la sua vita sta volgendo al termine; si sente forte e al contempo fragile come foglia in balia del vento, che tenta disperatamente di restare attaccata al suo ramo. In fondo la guerra non perdona, e trascina nella sua morsa letale chiunque esita anche solo un attimo, schiavo delle proprie intime debolezze.
Scopre le iridi di cielo e si volta in direzione di Yonoi, che pare sussultare appena. Sta tremando? Forse è solo il freddo, ma a pensarci bene è vestito decisamente pesante.
Fuori il cielo minaccia candida neve, il clima perfetto per il Natale che si avvicina. E' un peccato che non ci sia tempo di scambiarsi i regali.
Inaspettatamente schiude le labbra, il giapponese. Lo fa ma poi cambia idea, riacquistando la propria compostezza. Chissà che cosa voleva dirgli; chissà che cosa si sta tenendo dentro, rinchiuso nei meandri della sua anima inquieta. E' evidente che vorrebbe urlare al mondo cosa lo turba, ma non può.
Quant'è
triste.
Celliers si alza dunque a sedere, facendo leva sui gomiti. Lo tortura ancora un po' coi suoi occhi invadenti, prima di proferir di nuovo parola.

Io sono stanco ” sentenzia, “ Stanco della guerra, di questa prigione, dell'assurdo ottimismo di Lawrence, dei giapponesi... ”
Enfatizza ogni parola, osservando il volto dell'altro contrarsi in un'espressione rabbiosa; l'uomo lo afferra per il colletto della camicia, tenendosi comunque a distanza di sicurezza da suo viso.
Chi ti credi di essere? ” ringhia, sputandogli in faccia un disprezzo non troppo convincente. E l'altro si ritrova a pensare che Yonoi somigli ad una marionetta che tenta di ribellarsi al suo burattinaio; talvolta lo trova quasi ridicolo.
Adesso mi date del tu? Ci vuol poco a farvi perdere le staffe, capitano ” gli dice con fare canzonatorio, ben consapevole di quel che sta rischiando. Potrebbe ucciderlo seduta stante, anche se non sarebbe un comportamento degno d'un uomo d'onore.

Con un gesto fulmineo sguaina la spada, puntando la lucida lama contro di lui; ma la sua mano trema, stavolta è più che evidente.
Povera, povera anima.
Il maggiore sorride sfacciatamente, posando il palmo sul freddo metallo. A quel tocco, il suo corpo viene come attraversato da un brivido, una scarica elettrica perfettamente indolore. Eppure la sua pelle viene tagliata, la piccola ferita stilla gocce di liquido cremisi che silenziose s'infrangono sul dono portatogli dal suo nemico.
Anche il tappeto si è macchiato; non c'è più scampo ora, per le loro anime.
Il giapponese osserva il sangue con le pupille d'un predatore a un passo dalla preda prescelta, immaginando quale potrebbe essere il suo sapore sulle labbra dell'uomo di fronte a lui; ferro misto a zucchero liquido? Un mix tanto fastidioso quanto eccitante.
Celliers si lecca il taglio con fare sensuale, provocando desideri contrastanti nell'altro: da un lato vorrebbe recidere la sua rosa, farla finita una volta per tutte, far cessare il battito del suo cuore; dall'altro, invece, vorrebbe assaggiarlo e non esser mai sazio di lui.

The wounds on your hands never seem to heal,
I thought all I needed was to believe ”

Il biondo, approfittando del momento di confusione del nemico, lo colpisce, e la spada cade a terra con un tonfo sordo; quel tanto che basta ad allertare la guardia che si trova al di fuori della prigione, che urla qualcosa che l'inglese non riesce a capire. Yonoi risponde con altre parole incomprensibili, e Jack pensa che c'è un'altra cosa di cui è stanco: perfino la lingua giapponese oramai gli da sui nervi.
Si getta sull'uomo, cingendogli il collo con le braccia forti. Non vuole fargli del male. Non vuole essere ammazzato a causa del suo essere ribelle. Non vuole combattere. Anche solo per pochi secondi, necessita di calore umano. Nient'altro.

Vattene via! ” urla il giovane capitano, “ Vattene! Lasciami andare! ”
No ”

E lo abbraccia, lo stringe come si fa con qualcosa di prezioso, che da un momento all'altro potrebbe fuggire lasciando un vuoto incolmabile. Gli carezza la schiena cercando di tranquillizzarlo, poggia la guancia sulla sua spalla e resta in silenzio, in una muta richiesta d'un abbraccio innocente.
L'uomo dai capelli scuri allunga le dita alla ricerca dell'impugnatura della katana, ma si sente debole; è come se le sue forze lo stessero pian piano, impietosamente abbandonando, lasciando spazio ad una stupida, maledetta adorazione per la creatura che, dopo aver scacciato i timori e le inibizioni, lo sta lentamente consumando, uccidendo.

Andatevene voi, se vi pesa stare così; io non posso andarmene. Sono prigioniero. Voi mi avete fatto rinchiudere qui. Lo rammentate? ”
Che faccia tosta.
Ma Yonoi non può far altro che reprimere il desiderio di togliergli la vita, ormai incapace di pensare razionalmente; ora ci sono solo loro due, in ginocchio, stretti l'uno all'altro, su di un tappeto macchiato di sangue.
Entrambi si godono quell'unico momento, la frazione di secondo in cui la guerra si ferma per lasciare spazio ai sentimenti repressi; per un istante, le labbra di Celliers si posano caste sulla guancia destra del giapponese, e i suoi occhi seguono una calda goccia di sudore che lenta scende dalla fronte fino al mento, fortunata testimone di un dramma coronato da un solo attimo di pace.
Il nemico non pensa più di puntargli contro la spada; in fondo, a che cosa servirebbe? Nessuno li può vedere, e quell'abbraccio appartiene soltanto a loro. E si sta bene, così bene che potrebbe anche morire.
Ma purtroppo sa che quell'idillio è destinato a spezzarsi. Sa che ben presto dovrà allontanarsi da quel corpo caldo e da quelle braccia accoglienti, è conscio del fatto che dovrà cessare d'ascoltare la melodia che il suo cuore sta suonando.
Perché i suoi doveri vengono prima di un'emozione travolgente.
Prima dell'amore, dell'amicizia, perfino dell'odio.
Prima di Jack Celliers.
E' passato perfino troppo tempo.
Lo allontana da sé con un gesto di stizza, sentendosi male come mai si è sentito prima d'ora, mentre l'altro si distende nuovamente sul tappeto, in attesa del verdetto finale.
Yonoi, però, non è ancora pronto. Preferisce aspettare ancora un po', prima di spezzare le ali alla farfalla ed impedirle di volare via. E se nel frattempo essa dovesse fuggire, eludendo la sua sorveglianza, beh... forse non gli dispiacerebbe poi tanto.
Il giapponese se ne va senza fiatare, e si chiude la porta alle spalle senza voltarsi indietro, non potendo dunque vedere il sorriso mezzo triste e mezzo sornione di Celliers che, soddisfatto, sa di esser riuscito a farlo vacillare. In effetti, è andata meglio del previsto.
E quel tappeto, Dio, è così dannatamente comodo, se comparato al pavimento. E profuma di lui. Della sua fierezza. Della sua paura.
Ripensa al Natale; forse quello è il suo regalo.
Non è la fine dei conflitti, non è il volto amichevole di suo fratello, non è quella canzone che tanto ama, e non è un bacio ardente di passione.
E' espressione della sua debolezza, quella che in tutti i modi cerca di mascherare con l'indifferenza; non vale quanto i suoi repressi desideri, ma l'inglese si sente comunque stranamente felice.
Chissà che cosa starà facendo, ora, il capitano Yonoi.
Celliers chiude gli occhi, abbandonandosi all'abbraccio di Morfeo, udendo una canzone familiare; un sogno, un'illusione.
E' crudele, ma al contempo così bella. Come quel tappeto sporco di sangue, a ricordargli di quanto tagliente è l'odio che spinge gli esseri umani l'uno contro l'altro; eppure, in fondo in fondo, splende sempre una piccola luce.

I'll go walking in circles,
while doubting the very ground beneath me,
trying to show unquestioning faith for everything ”

Yonoi lucida la lama della spada, ripensando a quel che è accaduto poco fa. Non sa che fare, non sa che cosa dire, riesce solo a rievocare quei vicini ricordi.
Però sa anche che quando il sole sorgerà di nuovo, dovrà indossare ancora una volta la sua maschera. Fino ad allora, però, potrà continuare a pensare a quelle sensazioni inebrianti, a quella voce; agli occhi di cielo, ai capelli di grano, alla vermiglia linfa vitale.
Fino a domani mattina.
Ininterrottamente.


My love wears forbidden colours ”

The End ~


Note dell'Autore: le tre strofe che ho inserito, che trovo si sposino bene col testo della fic, sono tratte dalla canzone “Forbidden Colours” di Ryuichi Sakamoto ( l'interprete di Yonoi ), cantata da David Sylvian. Bellissima, peraltro. La versione strumentale di questo pezzo fa parte della colonna sonora di Furyo.
Le traduzioni letterali delle strofe sono le seguenti ( in ordine di apparizione all'interno della storia ):

Le ferite sulle tue mani sembrano non guarire mai,
pensavo che credere fosse tutto ciò di cui avevo bisogno ”

Camminerò in cerchio,
mentre dubiterò della terra sotto di me,
tentando di mostrare fede assoluta in tutte le cose ”

Il mio amore indossa colori proibiti ” 

  
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