La
seguente storia si è classificata prima, a pari merito
con la fanfiction di Perseo e Andromeda, al
"Movies Contest", indetto da Himechan84 sul Forum
di EFP, ed ha vinto il premio
Emozione.
Sono incredula e felice, amo questo film ed amo i personaggi che ho
trattato, e sono entusiasta del fatto che alla giudice la mia storia
è piaciuta così tanto.
Spero di ricevere qualche commento, magari da chi ha visto il film ed
ama tanto quanto io amo quell'autentico capolavoro, o magari anche da
chi ha semplicemente letto queste righe ed ha provato qualche
emozione.
Ringrazio ancora la giudice e tutti i partecipanti per aver condiviso
con me questa piccola avventura. Vi lascio ora ai banner ( splendidi,
peraltro ) e alla storia, che non è niente di che, ma
è scritta col cuore.
Perché Yonoi e Celliers vivranno per sempre.
Perché si amano, anche se non possono dirselo.
Perché sono semplicemente loro. <3
Protagonisti: Jack Celliers ( David Bowie ), Yonoi ( Ryuichi Sakamoto )
“
Fa
freddo, in
quell'angusta prigione.
“
The
wounds on your hands never seem to heal, Il
biondo,
approfittando del momento di confusione del nemico, lo colpisce, e la
spada cade a terra con un tonfo sordo; quel tanto che basta ad
allertare la guardia che si trova al di fuori della prigione, che
urla qualcosa che l'inglese non riesce a capire. Yonoi risponde con
altre parole incomprensibili, e Jack pensa che c'è un'altra
cosa di
cui è stanco: perfino la lingua giapponese oramai gli da sui
nervi.
“
I'll
go walking in circles,
Yonoi
lucida la lama
della spada, ripensando a quel che è accaduto poco fa. Non
sa che
fare, non sa che cosa dire, riesce solo a rievocare quei vicini
ricordi.
The
End ~ “
Le
ferite sulle tue mani sembrano non guarire mai, “
Camminerò
in cerchio, “
Il
mio amore indossa colori proibiti ”
Carpet
~
Tappeto
Il
maggiore Jack Celliers fissa il nulla intonando una canzone, quella
che suo fratello sapeva cantare tanto bene, quella che non sente da
anni e anni ma che ogni giorno risuona nella sua mente come una
litania. Eppure l'adora, nonostante i ricordi che essa evoca siano
tanto dolorosi; seppur stonato – come lui
spesso e volentieri gli faceva notare – non si ferma, sorride
tristemente, rileggendo il copione oramai già scritto e
vissuto. Lo
fa così come si visiona una pellicola che sa indurre al
pianto gli
spettatori, e una lacrima riga silenziosa ed impietosa la sua
guancia. Fa male, male da impazzire non poter rimediare ai propri
errori; quel ch'è fatto è fatto, e il soldato lo
sa, eppure dentro
di sé non riesce a rassegnarsi.
Se
solo potesse vedere
ancora una volta suo fratello sorridere... se solo potesse sognare
ancora ascoltando quelle note soavi...
D'improvviso,
un rumore
lo turba; qualcuno viola la sua solitudine, e lui sa chi è.
Ci va
ogni notte, dopotutto; talvolta gli fa delle domande, lo guarda, lo
scruta come se egli fosse qualcosa di talmente appetitoso al punto
d'aver paura d'assaggiarlo e diventarne dipendente.
Il
capitano Yonoi,
dall'alto della sua carica, può introdursi nella sua cella
chiedendo
semplicemente la chiave alla guardia di turno.
“
Come
sta? ” gli domanda, sul suo volto fiero una maschera
d'impassibilità.
Lui
volge lo sguardo
nella sua direzione e gli regala un sorriso più simile ad un
ghigno,
bofonchiando un: “ Come un topo in gabbia ”
E'
sfacciato e ribelle,
Jack Celliers. Com'è che l'hanno definito? Ah,
sì. Rivoltoso.
Estremamente rivoltoso.
Il
giapponese lo guarda
severo, senza rispondere alla sua provocazione; non vuole fargli del
male, non se non è strettamente necessario. Non capisce
neanche lui
perché ma quell'uomo, dalla prima volta che lo ha visto, gli
ha
scatenato qualcosa dentro.
Prova
rabbia per la sua
faccia tosta; ammirazione, per il suo coraggio; attrazione, per il
suo corpo perfetto. Ma non può permettersi di vacillare, non
lui.
“
Le
ho portato un tappeto ” dice, porgendogli l'oggetto
inaspettatamente morbido; se non altro, potrà dormire su
qualcosa di
comodo. In fondo l'altezzoso militare è una persona buona,
se n'è
accorto il giorno del suo processo, semplicemente non può
esternare
quello che prova davvero. E' incredibile come la guerra rovini gli
esseri umani, come li porti a lottare l'uno contro l'altro per
inseguire un'utopia; perché nessuno, in fin dei conti,
è nel
giusto.
“
Ah...
grazie ”
Vi
si stende
prontamente sopra, senza dire altro; è fondamentalmente
inutile
essere logorroici in presenza di Yonoi, in quanto quest'ultimo non va
oltre a poche frasi fatte, di circostanza.
Questa
volta, come
tante altre del resto, lo guarda; osserva il suo petto muoversi al
ritmo del suo respiro regolare, i suoi occhi chiudersi celando il
limpido azzurro che li caratterizza, le sue labbra socchiudersi in
un'espressione di momentanea beatitudine.
Si
sta bene su quel
tappeto decorato da un variopinto arabesco; non come su di un letto,
ma la sensazione è comunque molto piacevole.
“
Perché
venite qui ogni notte, capitano? ” domanda, tenendo gli occhi
serrati, conoscendo già lo sguardo ch'egli gli
rivolgerà a quelle
parole; glielo chiede tutte le volte, e tutte le volte riceve in
risposta un silenzio quasi imbarazzante.
Celliers
lo ha capito,
semplicemente brama sentirlo dire direttamente da lui, desidera
quella soddisfazione più di qualsiasi altra cosa. Forse
anch'egli,
dentro di sé, non è indifferente al fascino
dell'altro; o forse è
semplicemente la voglia di sentirsi amato, di avvertire quel dolce
torpore che solo suo fratello, prima di piangere e soffrire a causa
sua, era riuscito a regalargli. E' consapevole che, probabilmente, la
sua vita sta volgendo al termine; si sente forte e al contempo
fragile come foglia in balia del vento, che tenta disperatamente di
restare attaccata al suo ramo. In fondo la guerra non perdona, e
trascina nella sua morsa letale chiunque esita anche solo un attimo,
schiavo delle proprie intime debolezze.
Scopre
le iridi di
cielo e si volta in direzione di Yonoi, che pare sussultare appena.
Sta tremando? Forse è solo il freddo, ma a pensarci bene
è vestito
decisamente pesante.
Fuori
il cielo minaccia
candida neve, il clima perfetto per il Natale che si avvicina. E' un
peccato che non ci sia tempo di scambiarsi i regali.
Inaspettatamente
schiude le labbra, il giapponese. Lo fa ma poi cambia idea,
riacquistando la propria compostezza. Chissà che cosa voleva
dirgli;
chissà che cosa si sta tenendo dentro, rinchiuso nei meandri
della
sua anima inquieta. E' evidente che vorrebbe urlare al mondo cosa lo
turba, ma non può.
Quant'è
triste.
Celliers
si alza dunque
a sedere, facendo leva sui gomiti. Lo tortura ancora un po' coi suoi
occhi invadenti, prima di proferir di nuovo parola.
“
Io
sono stanco ” sentenzia, “ Stanco della guerra, di
questa
prigione, dell'assurdo ottimismo di Lawrence, dei giapponesi...
”
Enfatizza
ogni parola,
osservando il volto dell'altro contrarsi in un'espressione rabbiosa;
l'uomo lo afferra per il colletto della camicia, tenendosi comunque a
distanza di sicurezza da suo viso.
“
Chi
ti credi di essere? ” ringhia, sputandogli in faccia un
disprezzo
non troppo convincente. E l'altro si ritrova a pensare che Yonoi
somigli ad una marionetta che tenta di ribellarsi al suo burattinaio;
talvolta lo trova quasi ridicolo.
“
Adesso
mi date del tu? Ci vuol poco a farvi perdere le staffe, capitano
”
gli dice con fare canzonatorio, ben consapevole di quel che sta
rischiando. Potrebbe ucciderlo seduta stante, anche se non sarebbe un
comportamento degno d'un uomo d'onore.
Con
un gesto fulmineo
sguaina la spada, puntando la lucida lama contro di lui; ma la sua
mano trema, stavolta è più che evidente.
Povera,
povera anima.
Il
maggiore sorride
sfacciatamente, posando il palmo sul freddo metallo. A quel tocco, il
suo corpo viene come attraversato da un brivido, una scarica
elettrica perfettamente indolore. Eppure la sua pelle viene tagliata,
la piccola ferita stilla gocce di liquido cremisi che silenziose
s'infrangono sul dono portatogli dal suo nemico.
Anche
il tappeto si è
macchiato; non c'è più scampo ora, per le loro
anime.
Il
giapponese osserva
il sangue con le pupille d'un predatore a un passo dalla preda
prescelta, immaginando quale potrebbe essere il suo sapore sulle
labbra dell'uomo di fronte a lui; ferro misto a zucchero liquido? Un
mix tanto fastidioso quanto eccitante.
Celliers
si lecca il
taglio con fare sensuale, provocando desideri contrastanti
nell'altro: da un lato vorrebbe recidere la sua rosa, farla finita
una volta per tutte, far cessare il battito del suo cuore;
dall'altro, invece, vorrebbe assaggiarlo e non esser mai sazio di
lui.
I
thought all I
needed was to believe ”
Si
getta sull'uomo,
cingendogli il collo con le braccia forti. Non vuole fargli del male.
Non vuole essere ammazzato a causa del suo essere ribelle. Non vuole
combattere. Anche solo per pochi secondi, necessita di calore umano.
Nient'altro.
“
Vattene
via! ” urla il giovane capitano, “ Vattene!
Lasciami andare! ”
“
No
”
E
lo abbraccia, lo
stringe come si fa con qualcosa di prezioso, che da un momento
all'altro potrebbe fuggire lasciando un vuoto incolmabile. Gli
carezza la schiena cercando di tranquillizzarlo, poggia la guancia
sulla sua spalla e resta in silenzio, in una muta richiesta d'un
abbraccio innocente.
L'uomo
dai capelli
scuri allunga le dita alla ricerca dell'impugnatura della katana, ma
si sente debole; è come se le sue forze lo stessero pian
piano,
impietosamente abbandonando, lasciando spazio ad una stupida,
maledetta adorazione per la creatura che, dopo aver scacciato i
timori e le inibizioni, lo sta lentamente consumando, uccidendo.
“
Andatevene
voi, se vi pesa stare così; io non posso andarmene. Sono
prigioniero. Voi mi avete fatto rinchiudere qui. Lo rammentate?
”
Che
faccia tosta.
Ma
Yonoi non può far
altro che reprimere il desiderio di togliergli la vita, ormai
incapace di pensare razionalmente; ora ci sono solo loro due, in
ginocchio, stretti l'uno all'altro, su di un tappeto macchiato di
sangue.
Entrambi
si godono
quell'unico momento, la frazione di secondo in cui la guerra si ferma
per lasciare spazio ai sentimenti repressi; per un istante, le labbra
di Celliers si posano caste sulla guancia destra del giapponese, e i
suoi occhi seguono una calda goccia di sudore che lenta scende dalla
fronte fino al mento, fortunata testimone di un dramma coronato da un
solo attimo di pace.
Il
nemico non pensa più
di puntargli contro la spada; in fondo, a che cosa servirebbe?
Nessuno li può vedere, e quell'abbraccio appartiene soltanto
a loro.
E si sta bene, così bene che potrebbe anche morire.
Ma
purtroppo sa che
quell'idillio è destinato a spezzarsi. Sa che ben presto
dovrà
allontanarsi da quel corpo caldo e da quelle braccia accoglienti,
è
conscio del fatto che dovrà cessare d'ascoltare la melodia
che il
suo cuore sta suonando.
Perché
i suoi doveri
vengono prima di un'emozione travolgente.
Prima
dell'amore,
dell'amicizia, perfino dell'odio.
Prima
di Jack Celliers.
E'
passato perfino
troppo tempo.
Lo
allontana da sé con
un gesto di stizza, sentendosi male come mai si è sentito
prima
d'ora, mentre l'altro si distende nuovamente sul tappeto, in attesa
del verdetto finale.
Yonoi,
però, non è
ancora pronto. Preferisce aspettare ancora un po', prima di spezzare
le ali alla farfalla ed impedirle di volare via. E se nel frattempo
essa dovesse fuggire, eludendo la sua sorveglianza, beh... forse non
gli dispiacerebbe poi tanto.
Il
giapponese se ne va
senza fiatare, e si chiude la porta alle spalle senza voltarsi
indietro, non potendo dunque vedere il sorriso mezzo triste e mezzo
sornione di Celliers che, soddisfatto, sa di esser riuscito a farlo
vacillare. In effetti, è andata meglio del previsto.
E
quel tappeto, Dio, è
così dannatamente comodo, se comparato al pavimento. E
profuma di
lui. Della sua fierezza. Della sua paura.
Ripensa
al Natale;
forse quello è il suo regalo.
Non
è la fine dei
conflitti, non è il volto amichevole di suo fratello, non
è quella
canzone che tanto ama, e non è un bacio ardente di passione.
E'
espressione della
sua debolezza, quella che in tutti i modi cerca di mascherare con
l'indifferenza; non vale quanto i suoi repressi desideri, ma
l'inglese si sente comunque stranamente felice.
Chissà
che cosa starà
facendo, ora, il capitano Yonoi.
Celliers
chiude gli
occhi, abbandonandosi all'abbraccio di Morfeo, udendo una canzone
familiare; un sogno, un'illusione.
E'
crudele, ma al
contempo così bella. Come quel tappeto sporco di sangue, a
ricordargli di quanto tagliente è l'odio che spinge gli
esseri umani
l'uno contro l'altro; eppure, in fondo in fondo, splende sempre una
piccola luce.
while
doubting the
very ground beneath me,
trying
to show
unquestioning faith for everything ”
Però
sa anche che
quando il sole sorgerà di nuovo, dovrà indossare
ancora una volta
la sua maschera. Fino ad allora, però, potrà
continuare a pensare a
quelle sensazioni inebrianti, a quella voce; agli occhi di cielo, ai
capelli di grano, alla vermiglia linfa vitale.
Fino
a domani mattina.
Ininterrottamente.
“
My
love wears forbidden colours ”
Note
dell'Autore: le
tre strofe che ho inserito, che trovo si sposino bene col testo della
fic, sono tratte dalla canzone “Forbidden Colours”
di Ryuichi
Sakamoto ( l'interprete di Yonoi ), cantata da David Sylvian.
Bellissima, peraltro. La versione strumentale di questo pezzo fa
parte della colonna sonora di Furyo.
Le
traduzioni letterali delle strofe sono le seguenti ( in ordine di
apparizione all'interno della storia ):
pensavo
che credere fosse tutto ciò di cui avevo bisogno ”
mentre
dubiterò della terra sotto di me,
tentando
di mostrare fede assoluta in tutte le cose ”