Videogiochi > Kingdom Hearts
Segui la storia  |       
Autore: Flaminia_Kennedy    15/06/2010    3 recensioni
Akuroku ad ambientazione AU.
Il giovane Roxas soffre di un tumore al cervello che lo obbliga ad una vita di dolori e sacrifici, mentre il ragazzo si appassiona sempre di più al mondo dell'Esoterismo e degli spiriti.
Un misterioso ragazzo dai capelli color fuoco lo visita nei suoi sogni, mentre qualcosa poco a poco impregnerà la casa del biondino di rabbia e violenza fino a che...
Sono accetti suggerimenti per la trama e ovviamente commenti costruttivi ^^ Enjoy!
Genere: Romantico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Amare la morte'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Il giorno dopo a scuola ci arrivai come uno straccio.

Non solo mi ero addormentato tardi perché avevo letto quasi metà del libro, ma anche perché i soliti sogni di gente morta mi avevano fatto dormire un sonno agitato, così tanto che il mattino mi ero risvegliato completamente fradicio di sudore.

Il dottore diceva che era normale fare incubi praticamente ogni notte, era il mio cervello che soffriva e portava la mia psiche a indebolirsi. Quanto avrei voluto che il mio dottore di famiglia fosse stato Vexen, lui mi avrebbe semplicemente detto che prima di morire sarei diventato pazzo e avrei potuto dormire sonni agitatamente tranquilli.

Odiavo quando i medici indoravano la pillola, che gusto c’era nel sentirsi dire che andava tutto bene quando sapevi benissimo che tutto sarebbe andato di merda?

Mia madre preferiva così, preferiva credere nella speranza che qualcosa sarebbe riuscito a salvarmi.

Mentre cercavo di seguire la lezione di aritmetica guardai il mio compagno di banco costruire aeroplani di carta con i fogli di brutta del proprio compito, tentando di lanciarli all’amico della fila dietro facendosi ripetutamente beccare.

Demyx era proprio stupido, pensai bonario mentre guardavo il ragazzo voltarsi e sorridermi.

Era l’unico che non mi guardava con quello sguardo afflitto di chi guarda un cagnolino morire dopo esser stato investito ed era l’unico a sapere del fatto che io potevo vedere la gente morta.

Quando gliene avevo parlato, conscio del fatto che probabilmente mi avrebbe dato del deficiente, si era esaltato come non mai e la cosa mi aveva risollevato il morale, almeno qualcuno che mi credeva c’era.

Forse perché lui era sempre stato un po’ spiritico, nel senso che credeva in una vita dopo la morte e che il nostro spirito andasse in un mondo parallelo per poter continuare a vivere.

Una specie di paradiso, ma più terra-terra senza le stronzate delle alucce attaccate alla schiena e alle arpe dorate che suonano da sole.

Passai un paio di mesi di quell’anno ad andare a scuola, cercando di spassarmela con Demyx mentre il mio orologio biologico mi diceva che non mi restava poi così tanta energia da spendere in serate al cinema, giornate passate in giro a cazzeggiare nel modo più disparato.

Più m’indebolivo e più leggevo, imparavo a memoria il libro che mi era stato regalato per il compleanno. Così tanto che decisi di utilizzare presto la tavola oujia che mi aveva comprato Sora con l’aiuto dei suoi amici.

Appena arrivai a casa trovai mia madre ai fornelli, che cucinava come una matta «ciao mamma» dissi, cacciando lo zaino a terra e sedendomi a tavola. Ero troppo stanco per portarlo in camera mia, avrei dovuto mangiare ma quella notte avevo sognato un bambino morto per il vomito e davvero non me la sentivo di ingollare anche un solo boccone.

Appoggiai la testa sul tavolo, sentendola beccheggiare un po’ come una barchetta in mezzo al mare «ciao tesoro, domani hai appuntamento dal dottor Vexen, forse ci sono delle buone notizie» disse con un piccolo sorriso sul volto.

Ecco perché stava cucinando così tanto, era felice.

Credeva che le buone notizie fossero riguardanti a qualche medicina miracolosa? Diedi un cenno di assenso senza però muovermi troppo e rimasi dieci minuti in quella posizione, finché la testa non cominciò a farmi male in modo serio.

Avrei dovuto stendermi, come diceva sempre mio padre, ma appena mi alzai le gambe non mi ressero e caddi a terra, innescando un grido di mia madre che fu subito accanto a me «Roxas! Roxas tesoro rispondimi!» urlò, trapanandomi la testa.

Mi portai una mano agli occhi per avere un po’ di buio e dietro la figura di mia madre apparve per un attimo una chiazza rossa e nebulosa, che sparì com’era arrivata «non sto morendo mamma» dissi quando sentii che la sua presa si era fatta troppo ferrea sul mio corpo debilitato «mi fai male» aggiunsi e quella frase ottenne l’effetto immediato di mia madre che schizzava via da me, rimanendomi però accanto «scusarmi tesoro! Vieni ti aiuto ad arrivare al divano» disse, tirandomi su la schiena mentre io mi aggrappavo a lei, le gambe completamente inutili «ecco qui, hai fame? Vuoi qualcosa?» disse mia madre quando finalmente raggiunsi il divano a tre posti e io scrollai appena la testa in un cenno di diniego.

Davvero non mi riusciva di mangiare con tutto quel vorticare del mio cervello «ah…beh ora riposati, tra un po’ arriverà tuo padre» disse andandosene via e io afferrai il cuscino più morbido per poterci posare la testa sopra.

Mi domandai cosa fosse stato quel flash che avevo visto, quel bagliore rossastro un po’ traslucido che aveva illuminato le spalle di mia madre, magari era stato un effetto ottico oppure il mio cervello che dava segni di cedimento.

Mi addormentai, pensando che forse lo avrei fatto per non svegliarmi mai più.


Roxas…

…Roxas…


…Roxas!


Mi svegliai quando mio padre scrollò debolmente la mia spalla e appena aprii gli occhi di nuovo quella nuvola rossa mi passò davanti agli occhi, veloce come un fulmine e trasparente come l’aria, inconsistente «Roxas svegliati» ripetè mio padre, mentre io mi guardavo attorno.

Mi trovavo nella camertata per il pronto soccorso all‘ospedale, non mi ricordavo però in che modo ci ero arrivato «buongiorno» aggiunse ridacchiando alla mia faccia assonnata «ciao…quando…?» chiesi ma lui mi fermò «tua madre mi ha detto quello che è successo e ho preferito portarti in ospedale per un controllo. Il tuo medico ha detto che è normale, ti sei sforzato troppo ultimamente» disse, sedendosi sul bordo del letto per guardarmi da vicino «La mamma mi ha detto che fai degli incubi la notte…»«è normale» lo fermai, prima che potesse dirmi qualsiasi altra cosa «ora sto meglio…non dovevi portarmi qui, sei stanco hai lavorato tutto il giorno» dissi, la mia voce era assonnata e non sembrava nemmeno la mia, da quanto bassa e debole fosse.

Mi dispiaceva far preoccupare i miei genitori, avrei preferito poter andarci da solo all’ospedale, o anche rimanere a casa. Mia madre faceva di tutto in casa per evitarmi qualsiasi tipo di inconveniente, mio padre faceva doppi turni per pagare i medici…e ancora gli facevo venire questi colpi se cercavo di stare attento in classe «forse è meglio se salti scuola per un po’, giusto il tempo che impiegherai per riprenderti» aggiunse, scompigliandomi i capelli.

Quella frase mi diede da pensare, e parecchio.

Era veramente perché dovevo riposare? La mia intuizione era che non si fidavano più a lasciarmi da solo da qualche parte, avevano paura che mi capitasse come quel giorno, che svenissi in classe per non svegliarmi se non dopo tre giorni di coma profondo.

Non avrei più rivisto nessuno «va bene, una settimana dovrei recuperarla in fretta poi…siamo sotto esami lo sai» dissi io, guardandolo negli occhi azzurri che mi aveva passato.

Lo vidi annuire con un sorriso, poi si alzò e infilò una mano nella tasca dei pantaloni che indossava «vado a parlare con i medici allora, se possono tenerti qui in osservazione» disse e sconfitto dalla serietà con cui aveva preso il mio svenimento lo lasciai fare.

Appoggiai di nuovo la testa ai due cuscini che mi sostenevano la schiena e la nuca, sospirando pesantemente.

Odiavo quando venivo comandato a quella maniera senza che qualcuno mi chiedesse un parere «ahh brutta cosa i genitori» disse una voce alla mia destra, dall’unico letto occupato oltre al mio nella sala del pronto soccorso.

Era un ragazzo sui vent’anni che aveva parlato, era sdraiato con le gambe divaricate e le braccia a sostenergli la testa mentre mi osservava con sguardo furbetto «per fortuna i miei hanno sloggiato da un bel po’ di tempo» aggiunse, mettendosi seduto a gambe incrociate con uno scattante movimento delle anche.

Lo guardai bene in volto, riconoscendo che era veramente bello, e i capelli rossi come il fuoco si abbinavano perfettamente agli occhi verdissimi dal taglio allungato che mi stavano fissando con la stessa curiosità di quelli di un gatto.

La cosa curiosa erano i due segni neri sotto di essi, due tatuaggi neri come gocce rovesciate, due triangoli con la punta verso il basso.

Non dissi nulla, spostando il mio sguardo da lui al soffitto, osservando come sembrasse muoversi se non sbattevo le palpebre «il mio nome è Axel micetto biondo, got it memorized?» disse ancora e nonostante la sua voce fosse sempre presente, non mi dava fastidio alle orecchie, anzi sembrava calmare il bruciore che provavo nella testa.

Mi alterai un pochino per il soprannome che mi aveva dato e così lasciai che il mio nome scivolasse fuori dalle mie labbra come un sospiro «Roxas, che bel nome micetto anche se un po’ difficile da dire…preferisco Roxy» aggiunse, alzandosi e vagando per la stanza finché non raggiunse il mio letto.

Sentii dei brividi corrermi lungo la schiena quando si sedette accanto a me, ma non ci feci caso e continuai a fissarlo. Non potevo fare molto di più, mi sentivo veramente fiacco «come mai qui? Hai fatto il monello a scuola e ti sei picchiato con qualcuno?» chiese, incasinandomi i capelli.

La sua mano calda mi fece correre un esercito di spilli lungo la spina dorsale, non riuscii a darmi una spiegazione «problemi di salute varia» risposi con un fil di voce «ma spero di uscire presto da qui» aggiunsi, chiudendo gli occhi e rilassandomi per far andare via il mal di testa.

Lui sembrò capire e sentii il suo peso muoversi appena sul letto e non appena aprii gli occhi vidi mio padre dove Axel aveva preso posto «Roxas svegliati» disse, con lo stesso tono della prima volta che mi aveva parlato «buongiorno» aggiunse.

Aggrottai la fronte, confuso. Era un dejà-vue oppure ero io che non capivo?

Mi sembrava di aver già vissuto quel pezzo di vita e quando sentii mio padre dirmi che era normale perché mi ero sforzato troppo io pensai di essere veramente stupido.

Il mio cervello stava marcendo, era normale che capitassero certe cose giusto? Axel magari era uno che avevo già visto a scuola e la mia mente l’aveva tirato fuori per un motivo imprecisato, giusto per farmi sognare qualcosa che non fossero cadaveri ambulanti.



Note dell'autrice
Ecco qui il secondo capitolo, un po' più lungo del precedente.
Che bello adoro quando si iniziano ad avere commenti il giorno stesso
in cui si è postata una FF, sono commossa ^w^

Kurai_Orihime: Grazie per il bellissimo commento e inizio subito
col dire che no, Sora assolutamente non conosce
la tavola Oujia XD Infatti Riku si è dovuto prodigare
per spiegargli cosa fosse e a cosa servisse.
Riguardo ai segmenti di testo citati nel commento spero sia il modo
in cui ho modificato la FF, perchè non l'avevo capita
molto bene. In effetti avevo pensato anche io ad Aqua come mamma di Roxas
e Terra come il padre, ma poi ho pensato che nessuno dei due
è biondo, quindi credo che rimarranno solo "mamma"
e "papà", infondo sono solo personaggi secondari in questa storia.
Il film "Il Messaggero" è stato il miglior horror che abbia mai visto
anche se il fatto dei cadaveri senza plapebre mi ha traumatizzata
-non sopporto quando fanno qualcosa agli occhi >.<-
e in effetti ho preso solo la storia del film come
ispirazione, non credo di poter relazionare un personaggio
di KH a uno del film se non Roxas con Matt causa tumore.

Sarephen: Roxas deve essere lo sfigato di turno, forse
anche più di Zexion, giusto perchè deve farsi consolare
da Axel, porello xD
Visto, ho aggiornato presto ^^
Riguardo alle AU scolastiche non è che le detesti...
è solo che di scuola ne abbiamo piene
le scatole già nella vita reale, se si
mette anche nelle FF, si salvi chi può!
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Videogiochi > Kingdom Hearts / Vai alla pagina dell'autore: Flaminia_Kennedy