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Autore: Mrcctld    15/06/2010    4 recensioni
Questo è il primo capitolo della mia brutta storia. Benchè sia ambientata a Londra durante il periodo vittoriano, inizia in Africa. Qui si svolge l'infanzia dell'inquietante protagonista: il Bamboliere.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Africa centrale, 1855

Il sole stava sorgendo sul vasto altipiano, creando lunghe ombre nere fra le fronde dei radi alberi della savana. Nei vasti prati tra le nodose acacie e i possenti baobab non vi era traccia di nessun animale. Era tutto immenso nel silenzio del primo mattino.
I soldati avevano iniziato a marciare da un paio di ore, cantando i loro cori che spezzavano l'immane silenzio. Erano diretti ad un villaggio tribale nei pressi delle cascate dedicate alla loro regina Vittoria.
Una volta avvistate le capanne, le avrebbero bruciate e ne avrebbero catturato gli abitanti,  aumentando  il numero dei negri che seguivano incatenati l'uno all'altro il manipolo degli Inglesi.
La savana era una terra arida e povera di cibo. Quando uno dei prigionieri moriva di stenti, fuggendo così al suo destino di schiavo, i soldati non lo seppellivano. Lo spogliavano dei pochi beni rimasti e, dopo una rudimentale depilazione, l'arrostivano al fuoco. La gustosa testa era riservata alla truppa, mentre i resti degli arti venivano concessi agli indigeni, che osservavano questo orribile rituale senza più emozionarsi.
Il caldo opprimente di quei giorni aveva fatto delirare gli uomini, rendendoli meno coscienti e liberandoli da ogni inibizione. La prossima preda sarebbe stata la valvola di sfogo degli istinti più sanguinosi del predatore.

Il piccolo Joseph era andato a caccia di scimmie verso mezzogiorno. I suoi genitori non si spaventavano più se si avventurava da solo nel bosco ai piedi delle grandi cascate. Sapevano che loro figlio era coraggioso e abile, nonostante avesse solo otto anni. Joseph si arrampicò con agilità su un albero di baobab, facendo attenzione a non spaventare la scimmia che vi si era nascosta.
La caccia gli dava un piacere enorme. Quando prendeva la preda fra le sue mani e la fissava negli occhi terrorizzati provava un senso di invincibilità e lo sferrare colpi col sasso appuntito era per lui la liberazione della propria libidine più feroce.
Ora la scimmia si era rifugiata sulla sommità dell'albero. Per Joseph non era molto difficile raggiungerla, ma doveva essere il più cauto possibile e ciò richiedeva un certo impegno.
Stava saltando verso un ramo, quando si sentirono in lontananza colpi di fucile e schiamazzi di gente. Cadde rovinosamente a terra. Il bambino disperava nel ritrovare la scimmia e si concentrò allora ad individuare la fonte del rumore sempre più crescente. Quello che vide da dietro un cespuglio fu la prima delle spaventosi visioni a cui dovette assistere.
Una lunga nuvola di polvere procedeva per la savana e puntava al villaggio. Al centro si riconoscevano degli uomini non molto alti, con una strana uniforme rossa e dalla pelle bianca. In mano avevano lunghi fucili, molti dei quali sparavano verso gli abitanti del villaggio, che si erano già accorti di tutto e iniziavano a gridare disperati. Alla fine della colonna, Joseph vide alcuni suoi simili legati con catene che procedevano lentamente in un penoso corteo. Sembravano morti ritornati in superficie dalle viscere della Terra.

Iniziò a correre verso casa il più veloce possibile, graffiandosi con i rovi e sporcandosi tutto. Non sapeva perchè stesse tornando al villaggio, forse sperava di poter salvare i genitori. Qualcosa però gli diceva che era troppo tardi. Il bosco era esteso e i soldati erano di sicuri già arrivati. Ma lui continuava a correre a più non posso.
L'aria iniziò ad essere impregnata del fumo dei roghi, mentre le grida si facevano più vicine. Inciampò in un sasso. Joseph lo osservò meglio e scoprì con orrore che quello era un braccio umano mutilato. Capì di essere giunto al villaggio. Si trovava nello spiazzo centrale, invaso dal fumo e dalla polvere. Uomini dalla camicia rossa entravano nelle capanne, ne portavano fuori gli abitanti e poi le bruciavano. Nei visi terrorizzati riconobbe amici e parenti, che lo fissavano come se volessero dirgli di fuggire. Ma lui rimaneva in piedi al centro della turba, paralizzato dalla paura e dallo choc.

Una mano lo afferò alle spalle e lo tirò indietro.
"Guarda John, che bel negretto!"
" Ah ah ah, lo uccidiamo o vuoi farlo soffrire un pò? Sarebbe un peccato non vederlo piangere"- la mano di un altro uomo gli aveva preso il viso e lo tastava con violenza - "Sai una cosa? Mettiamolo insieme agli altri schiavi, al mercato nero i ricchi froci pagano fior di sterline per giovanotti così!"
"Hai sempre ragione John, incateniamolo e poi continuamo a divertirci con gli altri negri."
Con una forte presa gli tesero le mani all'indietro e gli misero delle pesanti catene. Joseph non sapeva perchè non avesse reagito. Aveva però temuto di morire, ma sentendo quella lunga discussione in quell'idioma sconosciuto, aveva posto un'ingenua fiducia nei due soldati. Lo scaraventarono in un angolo e lo lasciarono lì.
Poi i due uomini iniziarono a perquisire altre capanne, finchè non entrarono in quella dei suoi genitori. Rimasero dentro un tempo che per Joseph sembrò infinito. Si sentirono urla, scossoni, risate, colpi di fucile. Joseph ormai sapeva di essere solo al mondo e di non avere più speranza di rivedere i suoi genitori. Pianse.
 
I due inglesi riemersero all'esterno.
"Hai ragione sulla prestanza fisica dei negri! Hai visto quanto è lungo questo coso!" - il soldato con aria divertita mostrò all'altro un lungo pezzo di carne nera penzolante - "Poi John, le negre sono delle vere puttane, te la danno anche se le stai uccidendo."
"Ah ah ah ah ah ah!" - la risata beffarda era un linguaggio che anche Joseph capiva.
I due entrarono di nuovo nella capanna e uscirono tenendo fra le mani una testa mozzata
"Ora giochiamo un pò a calcio! Tieni!"
"Presa, era un tiro semplice, prova questo" - la lunga gamba sferrò un calcio alla testa, formando una parabola nell'aria polverosa e acre.
Quel tetro pallone colpì Joseph e rimbalzò vicino a lui. Il bimbo riconobbe il viso della madre, con gli occhi aperti in una smorfia di estremo dolore.








  
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