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Autore: chaplin    18/06/2010    9 recensioni
“Ah, ovvio che mi mancano i bei tempi.”
1960. Una ragazza decide di scappare di casa insieme a tre amici verso la Germania, alla ricerca del valore della liberta' dai vincoli della famiglia e dell'adolescenza appena raggiunta. L'incontro con un giovane batterista cambiera' in parte la sua vita. In una notte del 1962, il bassista dei Beatles, James Paul McCartney, si sveglia da un incubo.
Il nuovo episodio - sebbene completamente indipendente dal precedente - della serie "Rubber Soul." del "The Beatles... Again."
Genere: Demenziale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: George Harrison, John Lennon , Paul McCartney , Quasi tutti, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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- Questa storia fa parte della serie 'Rubber Soul.'
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:D

 

 

Ah, ovvio che mi mancano i bei tempi.”
Rise. “A me no. Eppure mi mancano quei momenti in cui mi aspettavi davanti alla scuola...”
“... allora ti mancano, ragazza mia.” replicai, mantenendo il livello giusto di malizia. Lei mi fulmino' con gli occhi, forzatamente ironica. Sorrisi al suo tentativo di spingermi via, come si fa tra amici.
“Stai zitto.” disse, fissando il vuoto. “Tu e gli altri siete stati dei grandi coglioni ad andare via.”
“Lo so.” risposi, malinconico. “E tu mi manchi. Come mi mancano i vecchi tempi.”
“Ma non potranno tornare.” aggiunse, senza nessuna emozione nella voce.
Chiusi gli occhi. “Hai ragione.” E spensi la luce.

 

Mi svegliai urlando.
Infilai la testa sotto il cuscino per non fare troppo rumore, cercando di attutire l'urlo contro il materasso. Un guanciale atterro' sulla mia schiena, scoperta dalla cannottiera, e borbottai un fiacco “Ahi.”, piu' di ammonizione che di dolore.
Io, John e Ringo dormivamo sullo stesso letto. La sera precedente, George aveva vinto la gara di chi svuotava per primo una soda, quindi era stato premiato con il letto singolo. Quello matrimoniale ce l'eravamo beccati noi; ed era tutta colpa di John, che voleva fare il figo. E, sempre per colpa sua, mi ritrovavo in quel letto, con il nostro batterista che russava come un trapano e un cuscino appoggiato sul fondoschiena.
“Stai zitto.” sentii provenire dal lato opposto del letto. John. Parla lui.
Sbuffai. “Dormi e non rompermi gli attributi dalla prima mattina, grazie.”
Dalle sue labbra usci' una risata cupa e sottile che mi fece rabbrividire. La stanza era buia, l'unica luce che illuminava in parte i pochi mobili proveniva dalla finestra, posta sul muro destro della camera, coperta da due strati di tende bianche. Aggrottai la fronte, strinsi i pugni e mi strofinai le palpebre. Quella luce avrebbe dovuto essere piu' chiara, eppure io la vedevo sfocata.
Il profilo di George, dal letto singolo su cui sonnecchiava, era quasi invisibile.
Scossi la testa, mi strofinai gli occhi per una seconda volta. Fu allora che avvertii un forte malore alla testa, dalle tempie alla nuca. Deglutii per mandare giu' la saliva. Aveva un sapore orribile, sapeva di vomito e ruggine.
Ricordai quando, da piccolo, mi ero preso l'influenza. Avevo paura di morire, continuavo a guardarmi attorno, nella mia stanzetta, e tremavo come un coniglio. Sotto la lingua, tenevo un termometro. La linea rossa si allungava sempre di piu' e, con quella, aumentava la mia ansia. Sudavo per la paura, per il caldo soffocante e la febbre. Mi veniva da piangere.
In quel momento mi sentivo cosi': avevo paura di morire, stavo male e avevo
troppo caldo, nonostante la cannottiera e i boxer. Sentii il fiato accorciarsi, il battito cardiaco che aumentava il passo, i rumori attorno a me che parevano troppo alti. Non riuscivo piu' a sopportare tutto quel frastuono; il respiro lento e regolare di John, che aveva ripreso a dormire come un agnellino, rimbombava nella mia testa, che sentivo sul punto di scoppiare.
Ricordai a quel punto la figura di mia mamma, che arrivava in tempo davanti alla porta della mia camera, e, dinnanzi al letto, mi sussurrava nelle orecchie: “Non devi avere paura. E' solo una piccola influenza.”
Un bacio della buona notte accompagnava la sua frase, “Guarirai presto, vedrai.”
Il pensiero mi fece sorridere, facendomi dimenticare per un secondo il dolore che infilzava – come il veleno – la mia testa. Lo stomaco sottosopra, le farfalle che ci facevano il nido dentro e l'aspro sapore metallico.
“J-John...” mi ritrovai presto a mugugnare. “... chiama qualcuno.”
Non rispose, finche' smise di russare e vidi – seppur con molti sforzi – il suo braccio, con il medio alzato.
“Fanculo.” borbotto' da sotto le coperte. “Dormi e non fiatare. Ringo sta dormendo.”
“Ben detto,” si aggiunse George, senza nemmeno essere interpellato, dal suo comodo letto singolo. “Ringo sta dormendo!”
“Un ari-fanculo pure a te, Harrison!” bofonchio' John, con la voce leggermente piu' alta di prima. “Non commenti, perche' tu ti tieni il
cesso, le pizze e il letto singolo! Lo sai quant'e` bello dormire con Ringo?!” e crollo'.
George si mise a singhiozzare nel buio. Ecco, ricominciava a fare le scene. Mi lasciai scappare una risatina.
“Cazzo ridi, tu, che ora ti sei pure messo a fare il gatto morto per conquistarti le ragazzine? Anzi, lo stai facendo solo perche' non vuoi suonare!” grugni' John, riemergendo dalle coperte. “Invece tu suoni, oh si' se suoni!!”
“Ma.. ma..” iniziai. Non riuscivo a credere di poter avere una voce cosi' flebile, non mi era mai capitato di parlare cosi' a
John. Feci una smorfia di disgusto, mi stavo rendendo ridicolo davanti a lui. “Lennon... ho la nausea, ho il mal di testa, ho la febbre e faccio schifo.” dissi, lasciandomi scappare un passivo e sarcastico: “Aiuto, aiuto, sto morendo dissanguato, accorrete.”
Anche se era buio, non ero cosi' stupido da non capire che John stava ridendo alle mie spalle. Anzi, avevo pure l'udito in stile Superman, riuscivo a sentire di tutto e di piu' – persino George che si grattava il sedere.
“Vatti a sciacquare la faccia.” consiglio' John, prima di cadere definitivamente nella classica dormita dei 'dieci minuti prima'. Forse aveva ragione, mi stavo solo facendo delle paranoie e avevo bisogno di bere un po' e rinfrescarmi il viso. Era da decenni che John non mi diceva una cosa utile, stavo quasi per commuovermi, ma non avevo il tempo per fare ulteriormente lo scemo del villaggio.
Barcollai un po' prima di alzarmi in piedi, senza le calze, con i capelli che dovevano essere un orrore.
Mi appoggiai al muro per non cadere, ritrovandomi cosi' appiccicato alla porta del bagno, con il respiro pesante, imprecando. Continuando cosi', non sarei mai riuscito ad entrare in quel fottutissimo bagno – manco era mio.
L'interruttore, dovevo cercare l'interruttore. Eppure non c'era.
La luce che filtrava dalle tende era troppo sottile, non riuscivo a vedere nulla di cio' che mi aspettava oltre la porta del cesso. Per un attimo, l'illusione che l'interruttore potesse trovarsi all'interno mi prese, quindi mi lasciai cadere all'interno di quella stanza che a me rimaneva del tutto ignota. Con molta probabilita', atterrai con la faccia sul lavandino, dritto sopra il sapone per le mani. Bleah.
Sbattei la testa contro il pavimento, scivolando sulle piastrelle, e provai una terribile sensazione fin sotto il cranio. Tossii forte, per scacciare quel
qualcosa che mi stava torturando da quasi dieci minuti.
Aita! Ci sta morendo Paul!” urlo' una vocetta, nel tentativo di imitare una ragazzina.
Non appena sentii le dita di John poggiarsi sulle mie spalle, per aiutarmi ad alzarmi, persi la cognizione del tempo.

 

 

 

See Emily Play
Che dire? Questo e' il tanto atteso (seeeee, sogna.) secondo episodio della serie del Beatles-Again. Stavolta, pero', e' ambientata inizialmente tra il '60 e il '62. Capirete poi perche' “inizialmente”. A dire la verita', la prima fic e' quasi completamente indipendente dalla nuova storia che sto per proporre. Forse l'unico personaggio che vedrete ricomparire, seppur per poco e in un modo simile a come Aziz Ansari ha parlato sulla parte di Robert Pattinson su New Moon (Per citarlo: “[...] e poi ritorna verso la fine, come per dire 'Ciao, vi ricordate di me?'” L'ho stimato troppo per questo.), sara' Carly. Questa storia sara' completamente in POV Paul e... un altro personaggio. Chi lo sa, a parte Carly, potrebbe ricomparire qualcun altro.
Cedo, cedo. Ricompariranno dei personaggi della prima fic, con i stessi nomi, lo stesso aspetto e lo stesso carattere... Ma non dico chi. E, come tanto tempo fa' ho detto su Messenger (ma sono stata praticamente ignorata. XD), Paul rimarra' a bocca asciutta. Cioe', avra' lo stesso delle avventure (Jane a parte.), ma... ok, sto per svelare tutto.
Che dire? Sono emozionata perche' pubblico proprio nel giorno del compleanno di Paul, quindi ne approffitto per fargli gli auguri. *_____* HAPPY BIRTHDAY, PAULIE!!! <3 Dopo questo, devo solo dire che mi farebbe piacere ricevere qualche recensione, anche negativa, perche' faccio letteralmente schifo a scrivere in prima persona. Ho sempre paura di non riuscire comunque a trasmettere le emozioni degli altri personaggi, oltre al personaggio della voce narrante – infatti non ci riesco mai. Ho bisogno che mi si dica che faccio schifo.
Allora spero di ricevere qualche insulto e.. vi lascio.

 

*parte il Te Deum di Neurovisione*
LALALALALALALAAAALALAAAAA... (8)

  
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