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Autore: Mahoney    18/06/2010    4 recensioni
Pëtr Čajkovskij e il suo dramma. Pëtr Čajkovskij e la sua omosessualità. Pëtr Čajkovskij, il suo matrimonio e l'abbandono. Pëtr Čajkovskij e il Lago dei Cigni. Breve shot su immaginati pensieri ed emozioni che il grande compositore russo può aver provato.
L'immagine del suo volto si stagliò nella mia mente. Labbra piccole e rosse, guance rosee, occhi blu cobalto, morbidi ricci biondi, naso all'insù. Così bella e delicata, eppure così indifferente a me. Io, uomo, che amavo gli uomini.
[...]
Mi avvolsi in un abbraccio, piantandomi le unghie nella carne e graffiandomi, più dolorosamente possibile. Cercai di buttare fuori le lacrime, le spinsi dal cuore, ma queste non volevano uscire, si rifiutavano di dichiarare la mia diversità. Ma io ero diverso. Io sono diverso.
Il titolo significa Lago dei Cigni.
NdA all'interno.
Genere: Triste, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Swan's Lake NdA (note dell'autrice)

E' la prima volta che sperimento lo slash. Sono convinta, estremamente convinta, che l'amore, l'amore quello vero, non dipenda dal sesso, dalle convenzioni sociali, ma dai sentimenti, dai sentimenti che vengono dal cuore, unicamente da lì. Ci si innamora di una persona per quello che lei è, ci si innamora della sua anima, dei suoi pensieri, della sua essenza, a prescindere che lei sia uomo o donna.

Con questa shot ho voluto dar vita ai miei pensieri, perché ho capito che è uguale, è uguale l'amore etero e quello omosessuale.

Sempre di amore si parla.

Amore, con la A maiuscola.


Mahoney*




* Atto Unico *







Giurai a me stessa, di non rivelarvi mai, mai e poi mai questo amore che sento dentro, giurando di chiuderlo per sempre nel mio cuore. Celai i pianti e il dolore acerbo. Ma voi, voi continuate ad essere nella mia vita, continuate a prendervi parte e io... io più non ce la faccio. Il cuore è straziato, il mio cuore vuole essere vostro. Io vi amo e ve lo confesso!


Tremante posi la lettera sulla scrivania e mi strinsi la testa nelle mani. Non riuscivo ad andare avanti, non riuscivo a continuare a leggere quella lettera. Spensi la candela. Rimasi immerso nel buio, immerso in me stesso.

L'immagine del suo volto si stagliò nella mia mente. Labbra piccole e rosse, guance rosee, occhi blu cobalto, morbidi ricci biondi, naso all'insù. Così bella e delicata, eppure così indifferente a me.

Io, uomo, che amavo gli uomini.

Condannato alla solitudine eterna.

Ma lei non aveva sentito le voci che giravano sul mio conto? Non aveva sentito che alle ballerine, io, preferivo i ballerini?

Mi maledii. Come mille altre volte avevo fatto nel passato e come mille altre volte sapevo avrei fatto. Ancora.

Mi avvolsi in un abbraccio, piantandomi le unghie nella carne e graffiandomi, più dolorosamente possibile. Cercai di buttare fuori le lacrime, le spinsi dal cuore, ma queste non volevano uscire, si rifiutavano di dichiarare la mia diversità.

Ma io ero diverso. Io sono diverso.

Lo sono davvero?

Lo sono davvero!?” chiesi lanciando un grido.

Non sono forse umano esattamente come gli altri? Non provo forse gli stessi identici sentimenti nei confronti delle altre persone? Altre per l'appunto, questo era, è, il mio problema.

Fiedor fu il primo. Il primo di cui mi innamorai. Se di amore si può parlare, quando si è così piccoli, forse non è ancora amore. E mi sconvolsero tanto quei sentimenti che pregai, pregai perché scomparissero, perché il Signore mi venisse in aiuto e mi salvasse, mi salvasse da quei pensieri demoniaci!

Ma il Signore non venne in mio aiuto. Rimase zitto ad osservarmi, a vedermi struggere, a compiacersi nel mio dolore e nella mia sofferenza.

Sperai fosse una fase. Me ne convinsi, tanto che mi fidanzai. Lei si chiamava Làrina. Scappai quando lei tentò di baciarmi. Fuggii come davanti ad un mostro.

Da quel momento in poi, smisi di sperare. Sapevo che la repulsione che avevo provato di fronte al corpo di donna, di fronte a qualsiasi contatto con esso, non sarebbe mai guarita.

E per questo cominciarono a girare voci. Čajkovskij, il compositore, non ama le donne. Čajkovskij guarda i ballerini.

Sì, io guardavo i ballerini, io guardavo gli uomini. Alla compagnia della donna, preferivo quella di un uomo. Sognavo uomini nel mio letto, uomini nudi. Sognavo di poter sussurrare loro parole d'amore, frasi di passione.

Strinsi nella mano una bottiglia e cominciai a bere.

Sentivo il liquido bruciare come fuoco nella mia gola fin nel ventre. Ardeva come il mio cuore. Buttai giù alcool finché non cominciai a dimenticare, finché stanco non mi buttai a letto e mi addormentai, senza alcun pensiero.



* * *



Pëtr, credo che questa sia un ottima notizia.” mi disse Nadeźda von Meck.

La guardai implorante.

Metterai a tacere tutte quelle malelingue. Avrai un successo strepitoso, tutti i giornali ti esalteranno come il più grande compositore dell'Ottocento!” disse infervorata.

Era giunta alla mia stessa conclusione. Un matrimonio riparatore. Un matrimonio riparatore per la mia deplorevole, disgustosa reputazione.

Io, il più grande compositore russo, ero la vergogna della mia patria. A meno che non l'avessi sposata.

Sentii i brividi attraversarmi la spina dorsale.

Le scrissi sotto dittatura della mia mecenate, consapevole che non l'avrei mai fatto da solo. Le scrissi che ero disposto ad incontrarla.



* * *



Guardai la mia allieva avvicinarmisi, avvolta in un cappotto nero pesante. Si avvicinò con occhi lucidi, con un sorriso incontenibile, tremante per l'emozione. Si avvicinò e subito cercò di stringermi le mani. Mi ritrassi e lei mi guardò, delusa.

Avevo deluso la famiglia, la società, la Russia. Avevo deluso me stesso e ora avevo deluso anche lei. Mi guardò, con il piccolo cuore che le martellava nel petto. Attese, attese la spiegazione che le avevo promesso nella lettera.

Parlai. Parlai e le confessai le mie colpe, le mie pene, il mio dolore.

Sarò sincero con voi. Non voglio imbrogliarvi. Avete probabilmente sentito cosa dicono di me-”

Maestro, non crederà mica che io badi a quelle voci?” chiese quasi ferita nell'orgoglio.

Ingenua, stupida ragazza. Chinai il volto, provai vergogna.

Io voglio sposarvi, Ivanovna. Voglio sposarvi, ma non perché vi amo. Io non vi amo, né vi amerò mai.”

La ragazza mi guardò. La luce nei suoi occhi non era cambiata. Forse non aveva colto il messaggio delle mie parole.

Non vi amo.” ribadii con più veemenza. “Io non posso amare le donne. Le voci che girano su di me sono vere.”

Lei scosse la testa. “Mi volete davvero sposare?”

Scrutai nel suo volto. Fuggi via, stupida fanciulla! Rinnegami e odiami! Respingi ciò che sono... RESPINGIMI!

Sì.” mormorai.

Allora non m'importa.” rispose risoluta. “Io vi amo. Io sopporterò, starò al vostro fianco e vi sorreggerò. Non vi chiedo nient'altro. Lasciate che vi stia vicino, lasciate che vi sia di conforto.” disse con voce piena di emozione, fissandomi con quegli occhi pieni di aspettativa. “Non vi chiedo altro.” ribadì ancora.

Vi osservai e intravedetti la vostra fine. Il vostro amore era troppo forte, troppo intenso. Non lo capii. Fui uno stupido.

Ci sposammo a settembre.



* * *



E ora sono qui e tu mi chiedi ancora una volta, ancora una volta il perché. Il perché me ne sono andato via di casa, il perché non ho lasciato che tu mi fossi di conforto.

Ancora, ancora non hai capito. Ancora chiedi in cosa tu abbia sbagliato. Tu piccolo dolce angelo, palpitante d'amore. Tu il cui corpo aborrisco, il cui contatto trovo ripugnante, non capisci che non hai sbagliato nulla? Non capisci che non potrò mai amarti? Che ti farò solo del male standoti vicino?

Non riesco, non riesco a starti accanto. Nel tuo sguardo vedo amore, nel mio non riconosci l'odio? Vorrei amarti, vorrei amarti con tutto me stesso, vorrei...

Ma non ci riesco. Sono io, io che ho sbagliato! Non dovevo sposarti, non dovevo illuderti. Ti ho condannato, alimentando crudelmente il tuo amore.

Provavo paura addirittura quando tu mi venivi vicino. Paura che tu volessi di più, che volessi qualcosa che io non posso darti.

Ti do un consiglio, Ivanovna. Dimenticami, dimenticami per sempre. Trova un giovane da amare, degno del tuo profondo e vero amore. Vattene, vattene e rinnegami. Scappa e odiami. Così come io ho rinnegato il tuo amore. Così come io sono arrivato ad odiarti.

Ma sappi che odiando te, non faccio che aumentare l'odio che provo per me.



* * *



Pëtr, mio caro Pëtr.

Sono venuta a vedere il balletto. Ho anche chiesto di te, ho chiesto di vederti, ma mi hanno detto che eri già andato via. Non credo sia vero. Non volevi vedermi, questa è la verità. Ci penso sempre sai. Ci penso sempre al perché te ne sei andato e ancora non riesco a capire il tuo gesto.

Ma sono stanca di chiedertelo, quindi non lo farò.

Ti scrivo perché ho pianto, ho pianto guardando lo spettacolo. Ancora una volta la tua musica, Maestro, mi ha penetrata scavando nella mia anima e stagliandomisi nel cuore. Trasmette la passione eterna che so ardere dentro di te.

Ho cominciato a tremare al momento dell'incontro fra il Principe ed il Cigno. Ho cominciato a tremare perché nel Principe rivedevo me stessa. E nella musica il mio Amore. Quella musica, Pëtr, è l'Amore.


Sì. Aveva ragione, aveva sempre avuto ragione.

Quella musica era Amore. Amore struggente, Amore passionale, Amore impossibile. Amore tragico, Amore doloroso, Amore assassino.

Semplicemente Amore.

Io l'avevo scritto pensando a Lui. Lei l'aveva percepito pensando a me.

Forse, dopotutto, il mio modo di amare non era così diverso dal suo.

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