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Autore: _monalisa    22/06/2010    7 recensioni
"Una mano tenta di farle abbassare la testa ma lei si oppone: una regina non s’inchina mai. Sono gli altri a farlo." - Breve one-shot incentrata su una figura che amo, Anna Bolena appunto, una tra le poche regine degne di questo nome.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Periodo Tudor/Inghilterra
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Anna Bolena

Morte di una regina

 

La grande Torre di Londra l’aveva sempre affascinata. La sua storia, i suoi prigionieri e i segreti sussurrati al suo interno la incuriosivano sin da quand’era bambina. Non pensava che un giorno anche lei ne avrebbe fatto parte. Eppure eccola li, circondata dalle sue tre dame, le fedeli servitrici al fianco della loro regina. Le perle che pendono dai lobi, la collana lucida che le risplende sul petto, l’abito scuro ornato di disegni scarlatti modella il suo corpo. Una regina deve sempre presentarsi come tale: anche il giorno della propria esecuzione.

La gente mormora ma alcun suono giunge alle sue orecchie, se non quello dell’abito indossato che strofina sul percorso ciottolato che conduce al patibolo.  Delle mani la spingono, la strattonano, la carezzano forse; pietà nei loro occhi, pregiudizi nelle loro bocche. Si ferma, si volta, lo sguardo orgoglioso di chi è ancora regina: ammutoliscono. Riprende il suo cammino, seguita dalle dame, preceduta dai suoi carcerieri. Un tempo amava essere circondata dalla gente, essere ammirata e invidiata: quella mattina avrebbe rinunciato a tutto ciò volentieri.

Avanza lenta, sotto il cupo cielo inglese; non un solo raggio di sole riesce a filtrare attraverso le nubi. Sente il cuore battere veloce nel petto, sembra quasi voglia uscire eppure il suo viso non trasmette alcuna emozione. Si muove lenta e giunge ai piedi del patibolo. Solleva lo sguardo per vedere chi ha di fronte e incontra quello del boia: occhi di miele sbucano da sotto la maschera che indossa. Lei sorride.

Il patibolo lo immaginava più grande, più adatto a una figura come la sua. Di fronte a lei c’è chi piange, chi ride, chi si copre gli occhi. Guardate come muore una regina, vorrebbe dire. Ma la voce non le esce dalla gola. Le labbra sono serrate, mute. Lascia che delle ruvide dita scorrano sul suo collo, privandolo della preziosa collana e poi dei pendenti; sente il tintinnio dei gioielli abbandonati poco più in la. Lo sguardo vaga tra un viso e l’altro e desidera sapere chi di loro vorrebbe vederla morta davvero. Ma non c’è più tempo, non per lei. E’ arrivato il momento.

Inginocchiata sulle assi di legno, aspetta. Il respiro le solleva il petto e muore confondendosi tra quelli degli altri. Dietro di lei singhiozzano le sue dame, stringendosi l’una con l’altra: stolte, dovrebbero tenere bene gli occhi aperti, così da imparare la lezione. Una mano tenta di farle abbassare la testa ma lei si oppone: una regina non s’inchina mai. Sono gli altri a farlo. Il boia si arrende, dovrà svolgere il suo sporco lavoro in un modo diverso, questa volta. Lei solleva gli occhi al cielo e vedendo un solo squarcio di azzurro si commuove e una singola, solitaria lacrima si abbandona capricciosa lungo la guancia e poi il collo. Eccola, la lama. La sente fredda, sotto la nuca. Vuole un istante, solo per lei: solleva la mano e tutto si arresta. Attendono.

« Ho sentito dire che il boia è molto bravo, e il mio collo è sottile. »

Poche parole pronunciate ad alta volte. Una regina dice sempre quel che pensa. Poi un sorriso le compare tra le labbra. La lama, di nuovo presente, le solletica il collo. Fiera, orgogliosa di se, lo sguardo fisso sulla folla. Sembra li guardi uno a uno e tutti si sentono intimoriti. Il suo nome è Anna Bolena, chiunque dovrebbe essere intimorito. Poi chiude gli occhi e i mormorii scemano poco per volta: è il momento.

Non c’è più paura, non c’è più dolore. Sangue rosso scarlatto macchia la bella veste e il viso regale. Gli occhi spalancati verso il cielo, le labbra appena schiuse dopo aver esalato l’ultimo respiro. Muore nel silenzio mentre un leggero vento le carezza la guancia. Esanime si abbandona al sonno perenne.

  
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