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Autore: Eowyn 21 10    11/09/2005    5 recensioni
Era una splendida giornata d’autunno, a Rohan. La piccola Éowyn correva per le vie di Edoras: stava arrivando suo padre. L’uomo cavalcava tranquillo, insieme alla propria scorta, diretto a Meduseld, il Palazzo d’oro, quando, improvvisamente, vide una figurina bionda spuntare dal sentiero e andargli incontro...
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Eomer, Eowyn
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Addio a Éomund

Addio a Éomund

 

 

Era una splendida giornata d’autunno, a Rohan.

La piccola Éowyn correva per le vie di Edoras: stava arrivando suo padre.

L’uomo cavalcava tranquillo, insieme alla propria scorta, diretto a Meduseld, il Palazzo d’oro, quando, improvvisamente, vide una figurina bionda spuntare dal sentiero e andargli incontro.

«Padre, padre! Sei tornato finalmente…» gridò la piccina, raggiungendolo.

«Éowyn!» esclamò Éomund» Ti faccio fare un giro sul mio destriero, vuoi?» chiese smontando da cavallo e prendendo la figlia in braccio.

«Sì!» replicò quella con entusiasmo, battendo le manine.

L’uomo l’adagiò sulla groppa dell’animale; quindi salì anche lui, dirigendosi al trotto verso le scuderie del Palazzo.

Un altro ragazzino, più grande, li attendeva vestito di tutto punto, armatura e scudo compresi.

La piccola si fece smontare da cavallo e lo raggiunse correndo.

«Bentornato padre» disse serio Éomer, accennando un inchino.

«Il mio erede!» sorrise felice Éomund «Come sei cresciuto…»

 

Lasciati gli animali ai servi e congedata la scorta, i tre si diressero su per la scalinata in pietra che portava alle Sale del Re; i soldati che stavano di guardia aprirono il portone quando li videro, per poi chiuderla, subito dopo, alle loro spalle.

«Bentornato, Éomund dell’Ovestfalda» salutò il vecchio Sovrano.

«Salve mio Re» replicò il cavaliere inchinandosi davanti al Trono, imitato al meglio dai due piccini.

«Mia figlia ti sta aspettando. Puoi andare a salutarla»

I bambini trotterellarono verso le stanze private della madre, seguiti da Éomund che ancora indossava la corazza.

 

«Éomund!» esclamò Théodwyn, vedendo entrare lo sposo. Gli corse incontro, baciandolo teneramente.

«Sono tornato, hai visto?» domandò l’uomo, abbracciandola «Non preoccuparti, non partirò più…» sospirò.

 

Non era ancora detta l’ultima parola…

 

 

***

 

 

«Éomund, dovrai partire,domani» sentenziò Re Théngel, con gravità «Frotte di orchi ci attaccano da Est, provenienti da Mordor; provocano sterminio tra Gondor e Rohan. Mio figlio, Théoden, verrà con te. Non temere la morte, giovane guerriero»

Il soldato annuì, lasciando il Palazzo.

Era passato un mese, ormai, da quel tiepido giorno d’autunno e già si avvertivano i primi sentori dell’inverno imminente: grosse e nere nubi affollavano il cielo e una fredda brezza soffiava da Ovest; il giovane uomo entrò nelle scuderie, chiamando lo stalliere.

«Amrod, fa’ preparare il mio destriero e quelli dei miei uomini. Domani partiremo verso Est, forse per non far più ritorno…» disse con sguardo torvo.

Il servitore corse via, lasciando il guerriero a guardare le dense nuvole ammassarsi sempre più, fino a formare un grande tetto nero, colmo di pioggia.

 

 

***

 

 

Théodwyn era immobile davanti alla finestra, le verdi iridi rivolte al cupo cielo; le prime gocce di pioggia cominciarono a cadere, picchiettando contro il vetro.

Un brivido di freddo, misto a paura, le attraversò la schiena, facendola tremare;si strinse addosso il mantello, per scaldarsi un po’.

«Devo partire» le annunciò improvvisamente suo marito, comparendo sulla soglia. La Principessa non si voltò; una lacrima le rigò il viso.

«Perché… perché devi andare?» domandò infine, con voce ormai rotta dal pianto.

«Non è una mia scelta. L’Ovest è in pericolo e io devo difenderlo, per permettere un sereno futuro a queste lande e ai nostri figli»

L’uomo indirizzò il proprio sguardo verso il letto che si trovava in un angolo della stanza.

La piccola Éowyn dormiva tranquilla, stretta nella sua calda copertina di lana; si girò un attimo nel sonno, sorridendo beata.

Théodwyn si fermò ad osservarla, intenerita. Si avvicinò al marito e lo abbracciò.

«Fa’ attenzione. Torna, ti prego, fallo per i nostri figli…» mormorò, cominciando a singhiozzare.

Éomund la strinse a sé, appoggiando delicatamente il mento sul suo capo; sospirò.

«Tornerò, te lo prometto» sussurrò, posando un bacio sulla sua fronte.

 

 

***

 

 

Il mattino era ancora giovane, quando Éomund partì insieme a Théoden e a un folto drappello di soldati, circa duecento.

Il vecchio Re si trovava sulla soglia del Palazzo, accanto alla figlia e ai nipoti; la piccola Éowyn stringeva forte la manina destra in quella della madre, mentre con la sinistra si strofinava gli occhietti addormentati; Éomer, in piedi, con fiero portamento, guardava il padre partire e in fondo al cuore percepiva una profonda tristezza.

Théodwyn salutò il marito con un ultimo cenno della mano; l’uomo rispose affidando al vento un lieve bacio. Gli occhi dei due erano colmi di lacrime, ed entrambi avevano la sensazione che non si sarebbero più rivisti.

 

 

***

 

 

«Mio Re!» gridò spalancando la porta uno scudiero.

Théngel si alzò in piedi di scatto, guardandolo grave.

«Mio Re, sono tornati. Ma…»

«“Ma”? Spiegati,non tentennare!» tuonò il vecchio.

«Éomund, mio signore. Éomund… ci ha lasciati. Per sempre»

Il servitore abbassò gli occhi.

Il Sovrano si lasciò cadere sul Trono, con lo sguardo fisso per terra.

«Fate chiamare mia figlia, immediatamente» disse, infine.

 

La candida ragazza entrò nella Sala. Il suo volto era sereno, sprizzava felicità.

«Cos’hai padre?» chiese, notando l’aria afflitta del genitore.

Quello non rispose e continuò a osservare il pavimento.

«Non sei forse felice? Sono tornati…» Il tono di Théodwyn, adesso, era preoccupato.

Il Re alzò la testa e fissò le verdi iridi della figlia.

«Tuo- il tuo sposo. Figlia mia… se ne è andato» sospirò, prima di coprirsi il viso con una mano.

Il sorriso abbandonò la Principessa e si trasformò in una smorfia di dolore.

«No….» mormorò, impietrita.

Con lento passo tornò nella sua stanza e si gettò sul letto; calde lacrime le rigavano il viso.

 

La piccola Éowyn trotterellò verso di lei. Teneva in braccio un pupazzo di pezza raffigurante un cavallo, avvolto in una copertina di lana.

«Madre…» chiamò «Madre… Che cos’hai? Sei triste?» domandò coricandosi accanto alla donna.

Théodwyn spostò i biondi capelli da un lato, per poterla guardare.

«Sì, tanto tesoro mio» rispose sorridendo amaramente.

«Perché? Cosa è successo?»

«Tuo padre, tesoro… è andato… dai Valar. Lo sai cosa vuol dire, vero?»

«Me lo hai spiegato… ma- ma perché oggi?» La bambina iniziò a piangere silenziosamente, stringendo a sé il giocattolo.

«Non lo so, piccola mia, forse serviva qualcuno forte come lui…»

«Ma poi posso rivederlo?» Éowyn trattenne le lacrime per un istante e guardò sua madre con occhi pieni di speranza.

«Un giorno sì, potrai vederlo di nuovo» sospirò quella, abbracciandola.

Silenziosamente le raggiunse anche il giovane Éomer; le sue guance erano rigate e la tristezza gli pervadeva il cuore.

Quando si fu in parte calmata, Théodwyn si mise a sedere e prese in braccio i figli.

«Domani verrà celebrato il funerale di vostro padre. Preparate i vostri vestitini migliori, li indosserete» disse tristemente, accarezzando due testoline bionde «Éomer, aiuta tua sorella, per favore»

I piccoli obbedirono, lasciandola sola.

 

Qualcun altro, però, giunse bussando  alla porta.

«Théodwyn… Posso entrare?» domandò una voce maschile.

«Entra Théoden…» rispose la Dama, senza voltarsi.

«Ecco io… Mi dispiace. Abbiamo fatto tutto il possibile ma… è stato inutile» balbettò l’uomo,  avvicinandosi al letto.

La giovane si alzò e lo abbracciò.

«Perché lui? Perché?» mormorò, prima di scoppiare, di nuovo, in un pianto a dirotto..

Suo fratello le accarezzò il capo, rimanendo immobile.

«Sorella, non fare così ti prego… devi essere forte» sussurrò continuando a consolarla.

 

 

***

 

 

Il corteo funebre avanzò lentamente verso le tombe fuori città; in testa vi erano Théodwyn, vestita a lutto; al suo fianco i due bambini reggevano un mazzetto di fiori secchi in mano. Seguivano Re Théngel con il figlio Théoden e tutta la Corte; in fondo alcuni abitanti.

I cavalieri di Éomund cavalcavano con capo chino, in segno di rispetto.

I servitori posarono per un istante la lettiga su cui giaceva il corpo dell’uomo, così da poter aprire il tumulo.

La Dama, con volto coperto da un velo nero, si avvicinò al marito e gli accarezzò il freddo e bianco volto.

«Riposa in pace,amore mio» mormorò prima di posare un bacio su quelle dolci labbra esangui.

I piccoli adagiarono sul petto del padre i due mazzetti di fiori secchi.

La lettiga venne rialzata e depositata nel tumulo; i presenti assistettero silenziosi alla chiusura.

Théodwyn, allora, intonò una triste canzone in Rohirrim, seguita dal coro dei figli.

A uno aduno tutti salutarono per un ultima volta il valoroso guerriero.

L’ultima ad andarsene fu proprio la Principessa che si incamminò, lentamente, verso casa, tenendo in mano una ciocca di capelli del marito e accarezzandola mestamente.

 

  
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