Addio a Éomund
Era
una splendida giornata d’autunno, a Rohan.
La
piccola Éowyn correva per le vie di Edoras: stava arrivando suo padre.
L’uomo
cavalcava tranquillo, insieme alla propria scorta, diretto a Meduseld, il
Palazzo d’oro, quando, improvvisamente, vide una figurina bionda spuntare
dal sentiero e andargli incontro.
«Padre,
padre! Sei tornato finalmente…» gridò la piccina,
raggiungendolo.
«Éowyn!»
esclamò Éomund» Ti faccio fare un giro sul mio destriero,
vuoi?» chiese smontando da cavallo e prendendo la figlia in braccio.
«Sì!»
replicò quella con entusiasmo, battendo le manine.
L’uomo
l’adagiò sulla groppa dell’animale; quindi salì anche
lui, dirigendosi al trotto verso le scuderie del Palazzo.
Un
altro ragazzino, più grande, li attendeva vestito di tutto punto,
armatura e scudo compresi.
La
piccola si fece smontare da cavallo e lo raggiunse correndo.
«Bentornato
padre» disse serio Éomer, accennando un inchino.
«Il
mio erede!» sorrise felice Éomund «Come sei
cresciuto…»
Lasciati
gli animali ai servi e congedata la scorta, i tre si diressero su per la
scalinata in pietra che portava alle Sale del Re; i soldati che stavano di
guardia aprirono il portone quando li videro, per poi chiuderla, subito dopo,
alle loro spalle.
«Bentornato,
Éomund dell’Ovestfalda» salutò il vecchio Sovrano.
«Salve
mio Re» replicò il cavaliere inchinandosi davanti al Trono,
imitato al meglio dai due piccini.
«Mia
figlia ti sta aspettando. Puoi andare a salutarla»
I
bambini trotterellarono verso le stanze private della madre, seguiti da Éomund
che ancora indossava la corazza.
«Éomund!»
esclamò Théodwyn, vedendo entrare lo sposo. Gli corse incontro,
baciandolo teneramente.
«Sono
tornato, hai visto?» domandò l’uomo, abbracciandola «Non
preoccuparti, non partirò più…» sospirò.
Non
era ancora detta l’ultima parola…
***
«Éomund,
dovrai partire,domani» sentenziò Re Théngel, con
gravità «Frotte di orchi ci attaccano da Est, provenienti da
Mordor; provocano sterminio tra Gondor e Rohan. Mio figlio, Théoden,
verrà con te. Non temere la morte, giovane guerriero»
Il
soldato annuì, lasciando il Palazzo.
Era
passato un mese, ormai, da quel tiepido giorno d’autunno e già si
avvertivano i primi sentori dell’inverno imminente: grosse e nere nubi
affollavano il cielo e una fredda brezza soffiava da Ovest; il giovane uomo
entrò nelle scuderie, chiamando lo stalliere.
«Amrod,
fa’ preparare il mio destriero e quelli dei miei uomini. Domani partiremo
verso Est, forse per non far più ritorno…» disse con sguardo
torvo.
Il
servitore corse via, lasciando il guerriero a guardare le dense nuvole
ammassarsi sempre più, fino a formare un grande tetto nero, colmo di
pioggia.
***
Théodwyn
era immobile davanti alla finestra, le verdi iridi rivolte al cupo cielo; le
prime gocce di pioggia cominciarono a cadere, picchiettando contro il vetro.
Un
brivido di freddo, misto a paura, le attraversò la schiena, facendola
tremare;si strinse addosso il mantello, per scaldarsi un po’.
«Devo
partire» le annunciò improvvisamente suo marito, comparendo sulla
soglia.
«Perché…
perché devi andare?» domandò infine, con voce ormai rotta
dal pianto.
«Non
è una mia scelta. L’Ovest è in pericolo e io devo
difenderlo, per permettere un sereno futuro a queste lande e ai nostri
figli»
L’uomo
indirizzò il proprio sguardo verso il letto che si trovava in un angolo
della stanza.
La
piccola Éowyn dormiva tranquilla, stretta nella sua calda copertina di
lana; si girò un attimo nel sonno, sorridendo beata.
Théodwyn
si fermò ad osservarla, intenerita. Si avvicinò al marito e lo
abbracciò.
«Fa’
attenzione. Torna, ti prego, fallo per i nostri figli…»
mormorò, cominciando a singhiozzare.
Éomund
la strinse a sé, appoggiando delicatamente il mento sul suo capo;
sospirò.
«Tornerò,
te lo prometto» sussurrò, posando un bacio sulla sua fronte.
***
Il
mattino era ancora giovane, quando Éomund partì insieme a Théoden
e a un folto drappello di soldati, circa duecento.
Il
vecchio Re si trovava sulla soglia del Palazzo, accanto alla figlia e ai
nipoti; la piccola Éowyn stringeva forte la manina destra in quella
della madre, mentre con la sinistra si strofinava gli occhietti addormentati; Éomer,
in piedi, con fiero portamento, guardava il padre partire e in fondo al cuore
percepiva una profonda tristezza.
Théodwyn
salutò il marito con un ultimo cenno della mano; l’uomo rispose
affidando al vento un lieve bacio. Gli occhi dei due erano colmi di lacrime, ed
entrambi avevano la sensazione che non si sarebbero più rivisti.
***
«Mio
Re!» gridò spalancando la porta uno scudiero.
Théngel
si alzò in piedi di scatto, guardandolo grave.
«Mio
Re, sono tornati. Ma…»
«“Ma”?
Spiegati,non tentennare!» tuonò il vecchio.
«Éomund,
mio signore. Éomund… ci ha lasciati. Per sempre»
Il
servitore abbassò gli occhi.
Il
Sovrano si lasciò cadere sul Trono, con lo sguardo fisso per terra.
«Fate
chiamare mia figlia, immediatamente» disse, infine.
La
candida ragazza entrò nella Sala. Il suo volto era sereno, sprizzava
felicità.
«Cos’hai
padre?» chiese, notando l’aria afflitta del genitore.
Quello
non rispose e continuò a osservare il pavimento.
«Non
sei forse felice? Sono tornati…» Il tono di Théodwyn,
adesso, era preoccupato.
Il
Re alzò la testa e fissò le verdi iridi della figlia.
«Tuo-
il tuo sposo. Figlia mia… se ne è andato» sospirò,
prima di coprirsi il viso con una mano.
Il
sorriso abbandonò
«No….»
mormorò, impietrita.
Con
lento passo tornò nella sua stanza e si gettò sul letto; calde
lacrime le rigavano il viso.
La
piccola Éowyn trotterellò verso di lei. Teneva in braccio un
pupazzo di pezza raffigurante un cavallo, avvolto in una copertina di lana.
«Madre…»
chiamò «Madre… Che cos’hai? Sei triste?»
domandò coricandosi accanto alla donna.
Théodwyn
spostò i biondi capelli da un lato, per poterla guardare.
«Sì,
tanto tesoro mio» rispose sorridendo amaramente.
«Perché?
Cosa è successo?»
«Tuo
padre, tesoro… è andato… dai Valar. Lo sai cosa vuol dire,
vero?»
«Me
lo hai spiegato… ma- ma perché oggi?» La bambina iniziò
a piangere silenziosamente, stringendo a sé il giocattolo.
«Non
lo so, piccola mia, forse serviva qualcuno forte come lui…»
«Ma
poi posso rivederlo?» Éowyn trattenne le lacrime per un istante e
guardò sua madre con occhi pieni di speranza.
«Un
giorno sì, potrai vederlo di nuovo» sospirò quella,
abbracciandola.
Silenziosamente
le raggiunse anche il giovane Éomer; le sue guance erano rigate e la
tristezza gli pervadeva il cuore.
Quando
si fu in parte calmata, Théodwyn si mise a sedere e prese in braccio i
figli.
«Domani
verrà celebrato il funerale di vostro padre. Preparate i vostri
vestitini migliori, li indosserete» disse tristemente, accarezzando due
testoline bionde «Éomer, aiuta tua sorella, per favore»
I
piccoli obbedirono, lasciandola sola.
Qualcun
altro, però, giunse bussando
alla porta.
«Théodwyn…
Posso entrare?» domandò una voce maschile.
«Entra
Théoden…» rispose
«Ecco
io… Mi dispiace. Abbiamo fatto tutto il possibile ma… è
stato inutile» balbettò l’uomo, avvicinandosi al letto.
La
giovane si alzò e lo abbracciò.
«Perché
lui? Perché?» mormorò, prima di scoppiare, di nuovo, in un
pianto a dirotto..
Suo
fratello le accarezzò il capo, rimanendo immobile.
«Sorella,
non fare così ti prego… devi essere forte» sussurrò
continuando a consolarla.
***
Il
corteo funebre avanzò lentamente verso le tombe fuori città; in testa
vi erano Théodwyn, vestita a lutto; al suo fianco i due bambini
reggevano un mazzetto di fiori secchi in mano. Seguivano Re Théngel con
il figlio Théoden e tutta
I
cavalieri di Éomund cavalcavano con capo chino, in segno di rispetto.
I
servitori posarono per un istante la lettiga su cui giaceva il corpo
dell’uomo, così da poter aprire il tumulo.
«Riposa
in pace,amore mio» mormorò prima di posare un bacio su quelle
dolci labbra esangui.
I
piccoli adagiarono sul petto del padre i due mazzetti di fiori secchi.
La
lettiga venne rialzata e depositata nel tumulo; i presenti assistettero
silenziosi alla chiusura.
Théodwyn,
allora, intonò una triste canzone in Rohirrim, seguita dal coro dei figli.
A
uno aduno tutti salutarono per un ultima volta il valoroso guerriero.
L’ultima
ad andarsene fu proprio