Era piuttosto insolito. La diciannovesima domanda era la seguente:
"Hai mai sfiorato la morte?"
Mi
lasciai cadere fiaccamente sulla sedia, e
guardai la colazione con disgusto, sapendo che di lì a poco
mi sarei costretta
a mangiare qualcosa.
Pensai di darmi alla fuga prima che fosse troppo tardi, ma non ebbi il
tempo di
alzarmi dalla sedia che mia madre fece capolino in cucina. Con aria
indagatrice
mi scrutò, e quando mi vide sorridere, anche il suo volto si
distese.
-Buongiorno mamma-Sussurrai.
-Buongiorno Kagome.-Mi rispose lei, e spensierata mi
avvicinò il vassoio
contenente verdure sottaceto. -Hai appetito questa mattina?
Scossi la testa e la guardai, sperando di farle un po' di pena.
-Devi mangiare qualcosa. - Disse, dando quel pizzico di
severità al tono di
voce da farmi capire che anche per quella mattina, non l'avrei scampata.
Nell'ultimo periodo della mia vita, mangiare per me era diventata
un'impresa
ardua. Il cinque Ottobre duemilanove sono stata vittima di un incidente
molto
grave, a cui a quanto pare, grazie ad ore passate sotto i ferri, sono
sopravvissuta miracolosamente. Ho ripreso a camminare, mi sono presa
cura di
ogni ferita del mio corpo, ho superato il trauma, ma l'appetito sembra
non
voler tornare.
-Mamma... - Provai a protestare, ma mi fermai, conscia che non sarebbe
valso a
nulla. Sbuffai.
-Almeno gli Onigiri... - Mi disse lei, questa volta addolcendo il tono.
Annuii, rassegnata.
-Tonno e maionese?- Mi chiese allegra, fiera di avermi convinta per
l'ennesima
volta.
-Come sempre!- Esclamai, accogliendo fra le mani la pallina di riso. La
finii
in pochi morsi, lasciando soltanto il nori. Mi alzai e riposi nel
lavandino il
mio vassoio, praticamente pulito, feci scorrere l'acqua e con l'aiuto
di una
spugna, lo resi ancora più pulito.
Ringraziai mia madre per aver cucinato, e mi diressi verso la porta.
-Kagome il bento!- Sentii la voce di mia madre chiamarmi dalla cucina,
ma feci
finta di nulla.
Uscii da casa di buon umore, e come sempre, mi fermai davanti al
Goshinboku per
porgergli i miei saluti, e guadagnarmi un po' buona sorte.
Le radici di questo splendido ed imponente albero secolare sono
piantate sotto
il nostro tempio da centinaia di anni. Protegge me e la mia famiglia
tutti i
giorni, e noi ce ne prendiamo cura. Molta cura.
Sostare sotto le sue fronde mi faceva sentire strana, pensierosa. Come
se
volesse spingermi a farmi domande sulla vita, sulla mia esistenza e su
quello
che non ricordavo del mio passato. Mi rendeva attiva, piena di energie.
Avevo l'impressione che celasse molti segreti fra le rughe della
corteccia.
Mi avvicinai, e ingenuamente allungai il braccio, sino a toccare la
superficie
irregolare con la punta delle dita. Chiusi gli occhi e mi lascia
travolgere
dalle sensazioni positive che riusciva a trasmettermi. Mi sentii
avvolgere da
un forte calore, e per un momento mi sembrò di ricordare di
averlo già provato
in passato, grazie ad un contatto avuto con qualcuno. Mi sforzai di
ricordare,
e poi tornò ancora. Lo vidi apparire
nell'oscurità della mia mente, circondato
di luce intensa, quello sguardo così familiare...
-Kagome?!- Una voce femminile mi allontanò dai miei
pensieri. Sentì una punta
di preoccupazione nel tono di mia madre. Mi voltai e la vidi immobile
qualche
centimetro lontano da me, con il mio bento fra le mani. Mi si
avvicinò e mi
obbligò a prenderlo. -Va' a scuola ora...- Mi sorrise.
-Volevo soltanto salutare il vecchio albero secolare- Mi giustificai,
dandole
ancora le spalle, per guardarlo ancora una volta, e scavarmi dentro,
alla
ricerca di un piccolo, insignificante attimo della mia vita precedente.
Non ci
riuscì. Ogni volta che ci provavo, le tempie mi dolevano
terribilmente,
obbligandomi a smettere. E fu così anche quella volta.
Senza voltarmi salutai mia madre, e corsi veloce, verso la scuola.
Arrivai in anticipo, e questo m’infastidì. Dopo
l'incidente, mi era diventato
difficile instaurare rapporti con gli altri, seppur sia sempre stata
solare e
socievole di carattere. Rimanere sola in mezzo a tanta gente mi
agitava,
rendendomi inquieta.
Inoltre, essere passata finalmente alle scuole superiori, non mi
aiutò per
niente. Persi contatto con quasi tutti i miei amici delle medie, ma
questo
avvenne per colpa della mia salute cagionevole, che a quanto mi hanno
raccontato il nonno e Sota, mio fratello, l'ultimo anno, mi ha
costretta a
letto molto spesso, allontanandomi così dalla scuola, e
dalle persone che
frequentavo. Al mio fianco, purtroppo o per fortuna, sono rimaste due
vecchie
conoscenze; Eri ed Hojo.
Mi faceva piacere la loro compagnia, anche se faticavo a considerarli
dei veri
e propri amici, è brutto da dire, ma è come se
non mi bastassero, come se in
passato avessi avuto di più, e non riuscissi ad accettare il
fatto che quel
"di più" non fosse più mio.
Mi appoggiai alla cancellata verde del cortile, tirai fuori il libro di
Giapponese antico, e cominciai a ripassare un argomento che ormai,
sapevo alla
perfezione.
La passione per la materia in questione, l'avevo sviluppata dopo
l'incidente,
insieme ad un milione di altre cose assurde ed inspiegabili, come
l'amore per i
cani, che non avevo avuto nemmeno in età infantile.
-Ei tu, ragazzina, non l'hai saputo? Oggi la scuola è
chiusa!- Mi urlò
nell'orecchio sinistro un mio sempai. Abbandonai la mia lettura,
riponendo il
pesante libro nella borsa, e gli rivolsi la mia attenzione.
-Perché?- Mi limitai a chiedere.
Sul viso pallido di quello, apparve un largo e sincero sorriso.-Hanno
allagato
un bagno!- Urlò, alzando le mani al cielo chiuse a pugno,
per festeggiare.
Feci spallucce.-Non lo sapevo.-Risposi- Grazie per avermi informata...-
Conclusi, per poi guardarmi intorno alla ricerca di qualche segno che
quel
ragazzo stesse affermando la verità, e vidi una moltitudine
di persone
dirigersi verso l'uscita. E così feci anch’io,
felice di potermene tornare a
casa, ma al contempo amareggiata per aver studiato tanto il giorno
prima, ed
inutilmente.
Sulla strada verso casa, volli fermarmi in una libreria. Era da qualche
giorno
che il titolo di un libro continuava a tormentarmi. Fra le stranezze
post
incidente, vi era anche un maniacale interesse per il 'Giappone antico'
che
mai, e ripeto mai, avrei considerato di poter avere.
Scivolai con gli occhi sulle copertine colorare di decine di libri,
fino ad
incrociare il titolo che stavo cercando:
"I veri Dei del passato: I Demoni".
Lo afferrai e mi diressi alle casse.
Quando rincasai, chiamai a gran voce mia madre, ma non ottenni
risposta. Andai
in cucina e mi feci una tazza di tè, per poi appollaiarmi
pigramente sul divano
e accendere la televisione, alla ricerca di qualsiasi cosa da guardare,
per
farmi compagnia. Nel bel mezzo di un film che avevo trovato, mi venne
in mente
la promessa che mi ero fatta non appena avessi avuto del tempo libero;
Cercare
dei vecchi diari.
Mi stiracchiai e mi trascinai al piano di sopra.
Dopo la mia guarigione, mia madre si era gentilmente occupata di me,
aiutandomi
a ricostruire la mia infanzia grazie all'aiuto di molteplici album di
foto, e
di vari diari personali. Non riuscii però a sapere nulla sui
miei due ultimi
anni, oltre ciò che mia madre, mio fratello e mio nonno,
erano riusciti a
raccontarmi. Però, ovviamente c'erano cose che loro non
potevano sapere di me,
cose che, essendo un'adolescente, non avrei mai svelato a loro.
Entrai nel ripostiglio, e sentì subito una sensazione strana
assalire la mia
mente, ed il mio corpo. Cercai di non farci caso e mi guardai intorno.
In
quella minuscola stanza, vi era gran parte della mia vita, e quella dei
miei
familiari. E' buffo, e quasi deprimente, come si possa sigillare i
propri
ricordi in scatole di cartone. Ne trovai una di legno, piccola e con
dei ricami
incisi sul coperchio. Sentì il cuore aumentare i propri
battiti, e le mani
tremare, diventando a poco a poco gelide. Spinta da un forte frenesia,
lasciai
scivolare il coperchio, e mi sorpresi nel trovare un foglio di carta
ripiegato
in quattro. Sempre più agitata, lo aprì, e mi
costrinsi a calmarmi per leggerne
il contenuto.
-Stupido Inuyasha...-
Lessi a voce alta, riconoscendo la mia scrittura.
-Inuyasha...?- Mi ripetei a voce bassa. -Inuyasha?!-Dissi ancora,
alzando la
voce. Sentii qualcosa muoversi dentro di me, pulsare. Faceva male,
tanto male.
Guardai ancora l'interno della scatola, e lo vidi. Con delicatezza,
quasi per
paura di romperlo, lo tirai su per il laccetto in caucciù,
fino a far arrivare
il ciondolo dorato davanti ai miei occhi. Era un cuore. Nel sfiorarne i
lati,
mi accorsi che era possibile aprirlo, non persi tempo, infilai l'unghia
nell'insenatura e spinsi contro l'alto. Udii un piccolo click, e poi lo
aprii
lentamente.
Sapevo già, nel profondo, o semplicemente lo speravo, che
avrei trovato quegli
splendidi occhi. Erano troppo belli e profondi, e luminosi e... Pieni
di quel
tutto che da mesi ormai mi mancava.
Sorrisi, ma quando lo feci, una lacrima mi scivolò lungo le
gote, sino ad
arrivare all'angolo delle labbra, ed insediarsi li, amara.
Una foto era incollata all'interno del ciondolo, su uno dei due lati.
Avevo
finalmente il volto completo di quello sguardo, che ormai da mesi
appariva
nella mia memoria. Era bello, seppur rovinato dal ghigno infuriato sul
viso. Mi
chiesi perché in passato, non scelsi una foto più
adatta a quel tipo di
oggetto. Perché ero sicura che quella collana fosse mia. Lo
sentivo nel
profondo, sapevo che quello sguardo di miele mi apparteneva in qualche
modo.
Era davvero stato mio?
Ma quella non fu l'unica domanda che invase la mia mente, se ne
affollarono
tante altre.
***
Uscii con un balzo dal pozzo mangia ossa, ritrovandomi finalmente nella
mia
originaria epoca. Trovai Miroku seduto a gambe incrociate sull'erba, ad
occhi
chiusi. Lo guardai per qualche secondo, chiedendomi per quale ragione
avesse
scelto di appostarsi proprio dinanzi al pozzo. Lo vidi sorridere.
-Sei già tornato?- Mi chiese, aprendo gli occhi e fissandomi
indagatore. Feci
finta di non aver sentito la sua voce, e di non averlo visto, e senza
rispondere, lo superai.
-Come sta la divina Kago...-Si interruppe quando mi vide fermarmi.
Respirò a
fondo e continuò.-...Kagome?-
Sentii una morsa al petto.-Ho portato delle provviste e alcune
comodità per il
bambino. Non vedo l'ora di togliermi questi stupidi vestiti, quindi, se
non ti
dispiace, levati di mezzo.- Detto ciò, balzai sul ramo di un
albero, poi su di
un altro, ed un altro ancora, sino ad arrivare alla capanna della
vecchia
Kaede.
Indossavo ancora i vestiti del futuro, e questi m’impedivano
alcuni movimenti
che solitamente mi veniva naturale compiere. Sapevo che non mi sarei
mai
abituato del tutto ad indossarli, ma quello era l'unico modo per
passare
inosservato in quel mondo caotico. Avevo imparato molto degli uomini
del futuro
soltanto osservandoli, studiandone i modi di fare, di reagire e di
comportarsi.
Fu un'attività che mi tenne occupato durante il periodo in
cui Kagome fu
costretta a rimanere in quella che, se non sbaglio, i dottori
chiamavano
terapia intensiva.
Non ho potuto vederla in quel periodo, nemmeno stando nascosto dietro
ad un
muro, come faccio ora. Quella settimana, fu la più dura di
tutte, ed anche
l'unica in cui decisi di ribellarmi. Feci irruzione in ospedale, e
urlai il suo
nome, più e più volte. Desideravo proteggerla,
aiutarla. Sfoderai persino
Tessaiga, terrorizzando lo staff medico ed i pazienti. Ero fuori di me,
non
potevano vietarmi di vederla. Odiavo l'idea di non poter restare al suo
fianco.
Il mio compito era quello di proteggerla, ed avevo miseramente fallito.
Mi
sembrò improvvisamente chiaro che il mio passato, non faceva
altro che
ripetersi all'infinito, trascinandomi via dalle persone a cui tenevo
veramente.
Non ero riuscita a proteggerla, e quella gente mi stava ostacolando
mentre
cercavo di rimediare.
Fu anche la volta in cui fuggì via, e sparii per un po' di
tempo, per dedicarmi
esclusivamente ai miei pensieri, e per esercitarmi a controllare i miei
nervi,
diventando finalmente meno impulsivo e più riflessivo. Ci
riuscii.
Quando tornai da lei, mi appollaiai dietro al vetro della sua finestra,
e la
osservai dormire. Sembrava serena, ma sapevo che in realtà,
non lo era per
nulla. Sul viso pallido, vi erano innumerevoli tagli, alcuni
più profondi e
visibili di altri. Alcuni quasi del tutto rimarginati, pronti a sparire
con il
tempo. Poi c'era il peggiore. Una lunga ed orizzontale cicatrice sulla
fronte.
Aveva uno strano colore rosato. Vi erano serviti svariati punti per
chiuderla,
sapevo che sarebbe rimasta.
Il simbolo doloroso di ciò che era accaduto, di
ciò che io non ero riuscito ad
evitare, risultando ancora una volta un pessimo combattente, incapace
persino
di difendere la propria donna. Sempre che io possa considerarla tale...
-Inuyasha?!-Le urla di Shippo mi trascinarono lontano dai miei soliti
brutti
pensieri. Lo vedi corrermi in contro, sapevo già cosa mi
avrebbe chiesto.
Mi si fermò davanti, ma io non ci badai, e continuai a
camminare. Mi venne
dietro.
Non porse subito la sua domanda, camminò al mio fianco per
svariati metri,
senza dire nulla. Ne capii subito il motivo. Dovevo sembrare scuro in
viso, e
questo poteva solo significare una cosa; Kagome non sarebbe tornata,
non
ancora.
Ma il piccolo kitsune era comunque ancora un bambino, ed impaurito ed
imbronciato, si fece avanti.
-Come sta Kagome?-Mi guardò speranzoso.
Camminai per un paio di metri, lasciandolo indietro. Poi mi fermai, e
senza
voltarmi, gli risposi:
-Sta bene... Ma per ora non può ancora tornare.-Respirai a
fondo-...Ma non
preoccuparti, tornerà- Cercai di consolarlo, seppur con una
bugia. Si allontanò
saltellando, le risate giocose, mi fecero sentire leggermente meglio.
Non sapevo se Kagome sarebbe tornata, però ero a conoscenza
del fatto che stava
affrontando la situazione nel suo mondo, insieme ai suoi familiari, che
le
stavano accanto sempre, e come promesso, non le avevano riferito nulla
del mondo
da questa parte del pozzo, e ciò era giusto.
Il patto non andava assolutamente sciolto.
L'autrice si esprime:
Dunque, non sono per nulla sicura di aver fatto bene a postare questa
FF. Ho un
sacco di dubbi su questo lavoro...
Ho iniziato a scrivere "Notti senza cuore" qualche mese fa, e
stranamente per un lungo periodo è stata l'unica cosa su cui
sono riuscita a
lavorare serenamente. L'ho scritta con leggerezza e naturalezza,
probabilmente
perché è molto diversa da "Burn", l'altra FF su
cui ho lavorato
ultimamente, ed è per questa ragione che ho deciso di
postarla.
Volevo provare a destreggiarmi in un genere diverso, anche se temo
molto un
fallimento.
Della trama per ora non si capisce molto, com’è
tipico nelle mie FF, ma piano
piano si capirà tutto. =)
Vorrei fare un appunto sul titolo." Notti senza cuore", è
una canzone
di Gianna Nannini, di cui però ho preso soltanto il titolo.
L'ispirazione
difatti è arrivata non da quella canzone, ma da alcuni pezzi
di Ludovico
Einaudi. Soprattutto da "Primavera", ovvero
questa:http://www.youtube.com/watch?v=qmxFAT581T4.
Vi consiglio di ascoltarla, è veramente favolosa XQ_.
Mi sembra però doveroso spiegare il motivo per cui ho scelto
proprio
"Notti senza cuore" come titolo... Beh, l'ho trovato adatto, tutto
qui. Non ci sono altre ragioni. Stavo scorrendo i brani sul mio iPod, e
ho
letto il titolo di quella canzone, che da subito mi è
sembrato perfetto.
So che può sembrare un motivo stupido, ma in
realtà ha un suo perché.
Dovrei postare il primo capitolo a giorni, dato che praticamente
è già pronto
xP. In non più di una settimana insomma.
* L'immagine che ho scelto e modificato io, [ Non sono assolutamente
capace di
modificare immagini, sono proprio negata nel campo. Volevo precisarlo
per non
dare l'impressione di essere una che si spaccia per capace. xD ]
è di una
famosa doujinshi di Sakurakan.
Alla prossima.