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Autore: Appleeatyou    01/07/2010    5 recensioni
Storia partecipante al contest Naruto AU - Scegli dove ambientare la tua fanfiction! indetto da DarkRose86
[Pubblicata con un anno di ritardo, sì sì!]
La panchina è un luogo di sosta, un’utopia realizzata. E’ la vacanza a portata di mano. Sulle panchine si contempla lo spettacolo del mondo, si guarda senza essere visti e ci si dà il tempo di perdere il tempo, come leggere un romanzo.[ Beppe Sebaste ]
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti.
Questa è stata la prima storia in assoluto concepita dalla sottoscritta per partecipare ad un contest, e vi sono molto affezionata.
Non sarà un granché, ma si classificò quarta al contest citato nell'introduzione. Il giudizio e i banner sono alla fine di questo capitolo.
Buona lettura :D

Autore : Erena-chan
Titolo della fic : Fallen Leaves- Foglie Cadute.
Personaggi principali : Naruto, Sasuke e rispettive famiglie.
Genere : Generale.
Avvertimenti : AU, What... if. Shonen-ai.
Raiting : Arancione
Introduzione : La panchina è un luogo di sosta, un’utopia realizzata. E’ la vacanza a portata di mano. Sulle panchine si contempla lo spettacolo del mondo, si guarda senza essere visti e ci si dà il tempo di perdere il tempo, come leggere un romanzo.[ Beppe Sebaste ]

The panc is a place to stay, an utopy became concrete. It's an always available holiday. From pancs you can watch at the world, seeing without being noticed, and you can take your time, as for reading a book. [Beppe Sebaste - versione tradotta]


Beta-reading : no, solo le correzioni di DarkRose[che ringrazio!].
Inedita : si
Capitoli: 1/3
Titolo del contest:[ NARUTO - Alternative Universe Special 4° edizione ] - Scegli dove ambientare la tua Fanfiction!  

 

La panchina è un luogo di sosta, un’utopia realizzata. E’ la vacanza a portata di mano. Sulle panchine si contempla lo spettacolo del mondo, si guarda senza essere visti e ci si dà il tempo di perdere il tempo, come leggere un romanzo.[ Beppe Sebaste ]

The panc is a place to stay, an utopy became concrete. It's an always available holiday. From pancs you can watch at the world, seeing without being noticed, and you can take your time, as for reading a book. [Beppe Sebaste - versione tradotta]

 

 

 

Fallen leaves -Foglie cadute.

 

 

Capitolo 1


 

28 October, five years [5 anni]

Rome, Italy ( Uchiha Sasuke )

From pancs you can watch at the world  [Dalle panchine  puoi vedere lo spettacolo del mondo ]

 

Quando Sasuke Uchiha la vide per la prima volta, aveva solo cinque anni.

Era grossa, color marrone marcito e dal ferro quasi del tutto corroso dalla ruggine, ma agli occhi di un bambino come Sasuke era pari ad un trono maestoso.

Non sapeva perché gli piacesse così tanto: forse perché era la prima panchina in legno su cui si era seduto da quando era arrivato in Italia, e per lui aveva un qualche arcano valore affettivo.

Forse perché si trovava esattamente dietro la scuola che avrebbe cominciato a frequentare a Settembre, e per questo la panchina costituiva l'ultimo passo prima della sua vera entrata nella scuola elementare .O, forse, perché Itachi aveva sorriso sul serio per la prima volta da quando si erano trasferiti, mentre le foglie gialle cadevano intorno a loro, simili a stelle cadenti dal fastoso colore.

Qualunque fosse il motivo, per il piccolo Uchiha, seduto con le gambe penzoloni che ancora non arrivavano al tappeto giallo sotto di lui, quel luogo era assolutamente perfetto così.

 

28 October, five years [5 anni]

Rome, Italy (Uzumaki Naruto)

From pancs you can watch at the world  [ Dalle  panchine puoi vedere lo spettacolo del mondo ]

 

Naruto Uzumaki non si recava spesso nel centro della città, soprattutto perché i suoi genitori non volevano mostrargli un tenore di vita che mai gli sarebbe appartenuto.

Loro vivevano nella periferia della Città Eterna, dove non c'erano scuole, bar o divertimenti, ma solo delle casupole in cui si rifugiavano gli stranieri che arrivavano in Italia per ricominciare a vivere.

Naruto non sapeva bene perchè si fossero trasferiti: erano lì da tre anni, ma ricordava ancora il fresco e il verde dei prati dell'Irlanda, terra natìa sua e della madre, una donna dagli splendidi capelli rossi che venivano quasi sempre mantenuti, a destra, da un fermaglio verde.

Eppure spesso aveva avuto paura nella sua vecchia casa, che a differenza di quella in cui viveva adesso era molto più grande, a due piani. Quante volte si era svegliato nel bel mezzo della notte, impaurito dagli urli e dai rumori di colluttazione che sentiva provenire dalla strada, e si era rifugiato nel letto dei suoi genitori, trovandoli sempre svegli come lui a fissare il buio oltre la porta - finestra della stanza. Buio che ogni tanto si illuminava di botto, come se fosse stato scoppiato un petardo sotto la loro finestra. Anche i boati erano gli stessi dei fuochi artificiali, ma perfino un bambino piccolo come Naruto, a soli due anni, sapeva che in strada non stavano accendendo fuochi pirotecnici.

Suo padre si era mostrato sempre più insofferente a quei rumori [ forse perché Minato lavorava tutto il giorno con dei piccoli mostri di sei anni, e almeno la notte voleva dormire sonni tranquilli], fino alla notte in cui il vetro della loro camera si era rotto con un rumore stridente, spaventando a morte sia Shina che Naruto e facendo ringhiare suo padre. Aveva impedito alla moglie di avvicinarsi per raccogliere i vetri [era stata l'unica volta in cui aveva sentito suo padre urlare contro sua madre. -" Non avvicinarti, Shina, dannazione!"- aveva strillato, livido di rabbia ], e due settimane dopo aveva comunicato alla famiglia che si sarebbero trasferiti.

Ora, Naruto aveva cinque anni, era in Italia da tre e quella era la terza volta in tutto quel tempo che vedeva il Parco Centrale, che si trovava dietro una vera scuola elementare. Lì, una mano in quella grande e scura del padre e l'altra in quella affusolata della madre, a Naruto non importava di essere povero, di essere additato dagli altri bambini perchè extracomunitario [suo padre gli aveva spiegato con cura il significato della parola, e Naruto, francamente, non aveva capito perchè molti la usassero come un insulto] e che tutti gli altri potessero comunicare tra loro, poiché parlavano la stessa lingua, e lui no perchè l'italiano ancora non lo sapeva bene.

Passarono di fronte a varie panchine in legno e ferro, e Naruto lasciò la mano dei genitori per correre più avanti, cercando di afferrare le foglie secche che cadevano su di lui. Corse a lungo in mezzo all'erba ingiallita, spaventando gli ultimi, pigri grilli dell'anno, e quando si fermò era senza fiato.

Sollevò la piccola testa bionda, cercando un posto dove sedersi; poco più a destra lo trovò, dove si erano già fermati i suoi genitori. Naruto si parò di fronte alla panchina in questione, osservandola con occhio critico: era davvero grande,tanto che non sarebbe riuscito a sedercisi da solo, ed era posizionata anche in un bel punto del Parco, sotto gli alberi che riparavano sia dal sole che dalla pioggerella autunnale. Però mancava qualcosa, al quadretto che essa formava con i suoi genitori sopra.

-" Cosa c'è, Naruto?"-chiese Minato, notando il cipiglio del suo bambino.

Naruto esibì i dentini bianchi, puntando un dito verso i suoi genitori -"Quando sarò grande, vi farò sedere su una panca molto più bella di questa!"-

Le risate di Minato e Shina si unirono ben presto a quelle di Naruto, che tuttavia aveva parlato sul serio.

 

 

 

1 November, ten years [10 anni]

Rome, Italy [Uchiha Sasuke]

From pancs you can take your time. [Sulle panchine ci si dà il tempo di perdere il tempo.]

 

Se Sasuke Uchiha avesse dovuto scegliere un aggettivo per descrivere la sua scuola, la sua scelta sarebbe ricaduta su noiosa.

Erano noiosi i suoi compagni, che ancora trovavano strano il suo bento* e lo consideravano ancora IL giapponese, nonostante avesse cominciato la scuola con loro e parlasse l'italiano alla perfezione.

Erano noiosi i suoi insegnanti, che lo consideravano un piccolo genio poiché, nonostante fosse straniero, era comunque il migliore della classe.

Erano noiose le ragazze dell'istituto, che lo consideravano il più bel ragazzo della scuola e cercavano sempre delle scuse per parlare con lui. Detestava in particolar modo il fatto che le loro conversazioni si riducessero sempre a chiedere come lui si trovasse in Italia - come se, dopo cinque anni, ancora non si fosse ambientato - e come si dicesse questa-quella parola in giapponese.

Lui, a scuola, si impegnava solo per compiacere suo padre, anche se quest'ultimo non sembrava dare molto peso agli eccezionali risultati di Sasuke. Fugaku Uchiha era sempre molto indaffarato, soprattutto in quel periodo, poiché stava organizzando lo scacco matto per una azienda loro avversaria.

Fugaku aveva due figli, ma se Sasuke era un genio, Itachi era un prodigio: aveva compiuto da poco sedici anni, ma frequentava già l'ultimo anno delle superiori e sembrava intenzionato a prendere l'Università di Medicina. Quindi era comprensibile che Fugaku ed Itachi non avessero molte ore di libertà, che invece il piccolo della famiglia Uchiha aveva in abbondanza.

Per esempio, Sasuke in genere usciva da scuola all'una e mezza, Itachi alle due e venti. Quei cinquanta minuti di attesa, inizialmente, erano stati un problema per lui, in quanto non sapeva dove passarli. A scuola non gli andava di rimanere, perché oltre a distendersi sul banco e dormire non poteva fare altro, neppure i compiti proprio perché gli mancavano i libri [Era raro che la stessa materia venisse per due giorni di fila: se il lunedì aveva storia alla prima ora, per esempio, il martedì aveva matematica.] .

Per un pò di settimane aveva aspettato nel bar "Il Miraggio", di proprietà del cugino Shisui Uchiha, situato a cinquanta metri dalla scuola. Shisui era un ragazzo straordinario, con un gran fiuto per gli affari, che in poco tempo aveva fatto del suo bar uno dei più frequentati della città. Soprattutto all'ora di pranzo, cioè quando Sasuke usciva da scuola, il bar era sempre affollatissimo di professori, impiegati e vari professionisti che non tornavano a casa per pranzare ma preferivano fermarsi lì e consumare panini, focacce o cornetti. Giustamente, l'ultima cosa di cui Shisui aveva bisogno era badare ad un bambino annoiato, anche se il cugino non si era mai espresso in merito: anzi, aveva più volte invitato Sasuke a rimanere da lui. Era il bambino, in effetti, a sentirsi un peso.

Così, una volta a scuola e una volta dal cugino, la storia era andata avanti per tre mesi. Almeno fino al giorno in cui, senza alcun particolare motivo, Sasuke era uscito dalla classe e, anziché andare ne "Il Miraggio", si era recato nel parco dietro la sua scuola.

Ci era già stato parecchie volte, fin da quando si era trasferito, ed ormai lo considerava una sorta di giardino personale. Ne conosceva ogni angolo, ed aveva perfino un posto preferito: la stessa panchina su cui aveva visto sorridere Itachi spensieratamente, cinque anni prima. Tuttavia, non aveva mai fatto caso al fatto che la sua panchina si trovasse proprio di fronte alla vetrina de "Il Miraggio", a circa centocinquanta metri di distanza. Grande era stata la sua sorpresa quando aveva visto suo cugino uscire come una furia dal suo bar e procedere spedito verso l'entrata del parco.

Si era beccato una sgridata tremenda da Shisui e da Itachi, che come al solito era venuto a prenderlo con la macchina* davanti scuola e, non trovandolo, si era preoccupato [Mai Sasuke avrebbe scordato il dolore all'orecchio di quando Shisui l'aveva trascinato da Itachi, rimproverandolo di essere un piccolo incosciente senza cervello, testuali parole.]. Quel posto gli piaceva moltissimo, e soprattutto nessuno era costretto a fargli da balia: Sasuke aveva lottato strenuamente contro Itachi e Fugaku, quest'ultimo in particolare assolutamente contrario a lasciarlo vagare da solo per cinquanta minuti in un parco deserto, col rischio di essere rapito, e alla fine erano giunti ad un compromesso: Sasuke doveva passare tutto il tempo inchiodato alla panchina, quella di fronte a "Il Miraggio", cosicché Shisui potesse controllarlo in ogni istante.

Il piccolo Uchiha aveva passato sei mesi in quel modo, e anche se ad occhi esterni al situazione non sembrava molto diversa rispetto all'aspettare nella scuola [Itachi sosteneva che non ci fosse alcuna differenza, ma lui non ricordava.], quei cinquanta minuti, per Sasuke, passavano sempre troppo in fretta. Da quando poi gli avevano regalato il lettore musicale riusciva ad ascoltare solo una mezza dozzina di canzoni prima di sentire il clacson del fratello.

In quel mezzo anno, Uchiha aveva incontrato pochissime persone nel parco: qualche atleta, qualche coppia e persone che passavano dì lì ma non si fermavano. Per questo, quando il 14 Novembre del suo decimo anno di vita Sasuke vide un grosso tronco poggiato perpendicolarmente alla panchina, sulle prime rimase immobile e perplesso.

Ieri non c'era, ne era sicuro. Dovevano averlo portato lì di recente, perchè ancora nel tappeto di foglie c'era una lunga scanalatura che partiva dal tronco e si perdeva nel terreno.

Sasuke osservò con occhio critico l'insieme: non stonava del tutto, ma era comunque fastidioso vedere quel coso marrone marcio vicino alla sua panchina.

Cominciò a soppesare l'idea di spostarlo, ma prima che potesse anche solo avvicinarsi sentì un forte fruscìo alla sua destra. Voltatosi, vide una delle scene più buffe della sua vita: un moccioso biondo, basso e tozzo, stava spingendo un altro tronco attraverso il mare di foglie gialle. Il bambino sembrava prendere il suo lavoretto sul serio, non trascinava il legno a casaccio: ogni tot di spinte si fermava, inquadrava la panchina attraverso il quadrilatero formato dai pollici ed indici uniti, e poi riprendeva a spingere.

Il ragazzino moro lo osservò sfacchinare per qualche altro minuto, poi quando l'altro arrivò più o meno a portata d'orecchio, si decise a rivolgergli la parola.

-" Cosa stai facendo?"- chiese in tono secco.

-" Controllo che sto andando dritto."- borbottò assorto il bambino, scrutando nel quadrato delle sue dita. Poi parve accorgersi del suo verbo errato, e allora riprese -" Cioè, che stia andando dritto"-

-" Intendo, cosa stai facendo con quel tronco?-

Il biondo era impegnato a dare le ultime spinte e la sua voce uscì strozzata, come se stesse correndo su delle grosse pietre

-" Voglio...farla assomigliare...ad un tro-ono."-

Finalmente portò il secondo legno allo stesso livello del primo, sospirando soddisfatto. Solo allora parve accorgersi davvero di Sasuke, perché lo guardò dritto negli occhi.

-" E tu chi sei?"-

-" Sasuke. E togli quegli orrori da vicino alla mia panchina." -

Subito, il ragazzino biondo si scaldò, portando i pugni piccoli sui fianchi in un gesto di stizza.

-" Non è tua!"-

-" Quei cosi fanno schifo. E non sembra affatto più bella, men che mai un trono!-

In effetti era vero, anche se Sasuke lo disse solo per contestare l'altro bambino: quei due tronchi sembravano delimitare il più giallo tappeto del mondo, più che assomigliare ad una scalinata che portasse ad una sedia regale.

I due bambini si stavano fronteggiando ostili, fulminandosi con gli occhi: nessuno dei due voleva cedere e mostrare segni di debolezza, e l'aria intorno a loro era pesante come un macigno.

-" Sas'ke*? Cosa stai facendo?"-

Una voce profonda e matura, da adulto quasi, fendette l'aria spezzando la tensione che si era creata. Il biondo fu il primo a distogliere lo sguardo [Con silenziosa soddisfazione di Sasuke], spostandolo ad un punto al di sopra della testa del ragazzino moro.

Sasuke si voltò, incontrando il volto di Itachi che fissava, con educata curiosità, lui e l'altro bambino alternativamente.

-" Sei un amico di Sas'ke?"-

Il biondo strabuzzò gli occhi -" Non sia mai!"- e scattò immediatamente via, come se temesse che lui o Sasuke potessero rincorrerlo per la sua risposta sgarbata.

-" Sei sempre il solito, fratellino"- sussurrò Itachi ad un corrucciato Sasuke, mentre seguivano con lo sguardo il corpo tozzo, coperto da una maglietta arancione, che quasi rotolava sull'erba ormai a distanza da loro.

 

 

9 November, seventeen years [17 anni]

Rome, Italy  [Naruto Uzumaki]

From pancs you can seeing whithout been noticed. [Sulle panchine si può guardare senza esser visti.]

 

Da quando era in Italia, Naruto Uzumaki non era mai andato a scuola.

Suo padre era stato insegnante in Irlanda, e si era occupato di fornirgli una istruzione di base. I suoi genitori, tuttavia, erano solo poveri emigrati irlandesi, che non avevano abbastanza soldi per permettergli di frequentare la scuola, neppure quella pubblica.

Naruto era convintissimo che più di tutto, i loro soldi andassero a finire nelle tasche dell'uomo che gli aveva affittato la casa [se casa si poteva davvero chiamare quella sorta di bugigattolo composto da tre sole stanze: cucina-soggiorno, bagno minuscolo e una sola camera da letto.] , piccolissima ma che costava più di quanto si potesse immaginare. Suo padre sosteneva che non dovevano lamentarsi, che c'erano tantissime persone che erano costrette a vivere per strada e quindi loro dovevano essere felici di avere un tetto sopra la testa...ma Shina, sua moglie nonché madre di Naruto, aveva più volte rimproverato al marito di essere troppo ottimista.

Sotto sotto, Naruto era d'accordo con la madre [Che soleva chiamare il loro padrone di casa schifoso approfittatore] , ma adottava la stessa condotta di Minato: non si lamentava, salutava educatamente il padrone di casa se lo incontrava per le scale ,e anche se tutti gli altri suoi coetanei passavano la loro adolescenza sui libri, lui la passava lavorando.

Ora faceva il panettiere presso un panificio non lontano da casa sua, ma prima ancora era stato calzascarpe e poi facchino al supermercato del quartiere. Alla fine, aveva capito di essere tagliato per i lavori manuali più di ogni altra cosa, anche lavori faticosi.

Così, anche se non andava a scuola, Naruto era comunque molto impegnato [Il panificio apriva prestissimo sia di mattina che di pomeriggio, ma di buono c'era che il ragazzo portava a casa chili e chili di cornetti e focacce] , e ancora più raramente che in passato si era allontanato dal suo squallido quartiere, che comunque a lui piaceva molto.

L'unico suo giorno libero, tuttavia, anziché spenderlo a dormire o aiutare sua madre in cucina, quel nove Novembre preferì trascorrerlo in città, che non visitava più da circa un anno e mezzo, cioè da quando aveva cominciato a lavorare.

Prese l'autobus di mattino presto, trovandolo vuoto poiché era Domenica. Scese quasi in centro, di fronte ad un parco affollatissimo nonostante fosse autunno inoltrato, e soprattutto facesse abbastanza freddo. Piovigginava leggermente quel giorno, il cielo era grigio cupo e minacciava un temporale con i fiocchi, ma questo non aveva impedito a molti ragazzi di passare la mattina in mezzo al verde - o forse, per meglio dire, al giallo. Naruto era abituato a quel tempo uggioso, da dove veniva lui era raro vedere delle belle giornate di sole.

Si avvicinò all'entrata, lanciando occhiate ai gruppi che lo circondavano, e il suo sguardo si posò sulla più graziosa creatura che avesse mai visto.

Una ragazza un po' più bassa di lui, dai luminosi occhi verdi e con addosso un cappottino rosa come il cappello che portava in testa e le copriva del tutto i capelli. Non era da sola, ma si accompagnava a delle altre ragazze e ad una sagoma molto più alta, che teneva le mani in tasca e sembrava volersi allontanare dalla bella fanciulla, che tuttavia era agganciata saldamente al braccio .

Chi è quel folle che vorrebbe allontanarla? si chiese Naruto, sbalordito. Non conosceva né la ragazza in rosa né una delle sue amiche, e il ragazzo intorno al quale erano raccolte [Era sicuramente un ragazzo, si capiva dal fisico.] era di spalle. Comunque, non gli sembrava di conoscere un tipo con quei capelli e con quella fisionomia.

Naruto provò ad avvicinarsi senza dare nell'occhio, proprio mentre in ragazzo si scioglieva dalla stretta di Cappotto Rosa e si girava di centottanta gradi: se lo trovò proprio di fronte, a meno di dieci metri di distanza, e si riconobbero a vicenda. O, almeno, Naruto aveva riconosciuto il ragazzino antipatico che l'aveva insultato cinque anni prima. Sasuke, se non andava errato...o Sas'ké, come l'aveva chiamato quello che probabilmente era suo fratello.

Era sbalorditivo come si ricordasse nitidamente di quell'episodio, nonostante non ci pensasse da cinque anni. Anzi, il nome gli era salito così spontaneamente a livello conscio che gli sembrava di conoscere il ragazzo moro da una vita. Invece avevano litigato per dieci minuti, mezzo decennio prima, e poi non si erano più nemmeno visti.

La determinazione negli occhi scuri di Sasuke provocò in Naruto un insano desiderio di girarsi ed andarsene, e la sensazione si fece ancora più forte quando il moro gli si avvicinò spedito. Ora camminavano l'uno verso l'altro, e proprio nell'istante in cui il biondo scartava a destra ostentando indifferenza, come se dovesse evitare uno sconosciuto che gli veniva contro, l'altro lo bloccò per il gomito.

-" Vieni con me."- gli intimò seccamente prima di cominciare a trascinarlo nella direzione opposta a quella delle ragazze.

-" Sasuke!"- strillò Cappotto Rosa, delusa. Naruto lo seguì senza ribellarsi, troppo perplesso per reagire. Poi si fermò di botto.

-" Cosa cavolo stai facendo?"- gli chiese scontroso.

-" Fuggo da quelle oche."- ripose impassibile l'altro.

-" Perchè?-

Il moro non si dette la pena di rispondergli, continuando a mantenerlo per un gomito e a passeggiare con passo spedito attraverso il parco. Lo portò in mezzo alle foglie, apparentemente a casaccio, poi Naruto notò che Sasuke lo stava trascinando verso la panchina che lui aveva decorato con i tronchi e ridacchiò internamente.

-" Togli quella espressione stupida dalla faccia. Io mi siedo sempre qui."-

 Lo fece piombare a sedere, seguendolo subito dopo. Il ragazzo sbuffò di sollievo, mentre Naruto lo osservava di sottecchi: era più alto di lui, non di certo italiano, e sembrava davvero un figlio di papà soprattutto per l'aria altezzosa che esprimeva nelle movenze.

Il silenzio creatosi tra loro, un silenzio stranamente non di disagio ma di calma serena, venne interrotto dal chiacchiericcio femminile delle ragazze che prima erano con Sasuke. Quest'ultimo girò il capo verso di lui con tanta velocità che i tendini del collo affiorarono visibilmente.

-" Dì qualcosa. Qualunque scemenza."-

-" Voglio conoscere la ragazza in rosa."-

Sasuke sollevò un sopracciglio e fece per rispondere, ma la sua voce fu coperta da quella di Cappotto Rosa che, nel frattempo, si era avvicinata a loro.

-" Sasuke,cosa è successo? Ti sei allontanato così di fretta..."-

La ragazza rivolse a Naruto una breve occhiata interrogativa, il quale rispose con un sorrisone a trentadue denti. Subito Cappotto Rosa strinse le labbra e si affrettò a distogliere lo sguardo.

-" Dovevo parlare con questo mio vecchio amico, Sa.*"- mormorò Sasuke, sottolineando la parola amico con tono sarcastico.

La ragazza annuì e si allontanò senza fare altre domande, probabilmente desiderosa di sottrarsi allo sguardo di Naruto. Insomma, voleva fargli capire a chiare lettere che lui non le interessava, e il ragazzo ci rimase un po' male. Non le aveva fatto nulla, solo guardata un poco...

-" E' la prima volta che la vedo allontanarsi dopo due frasi. La spaventi proprio.- il moro squadrò di sottecchi il biondo, poi ghignò -" E' comprensibile, con la brutta faccia che ti ritrovi."-

Naruto non si diede neppure la pena di rispondere, osservando mogio le ragazze, soprattutto Cappotto Rosa, che ridevano e scherzavano sedute a debita distanza da loro, sul terreno coperto da foglie gialle.

I due rimasero in silenzio per parecchi minuti, Naruto fissando le ragazze, Sasuke appoggiato alla panchina a scrutare il cielo. Il ragazzo biondo si sentiva del tutto fuori luogo, perchè ogni volta che Cappotto Rosa si girava verso di loro e lo riscopriva a guardarla si voltava in fretta, dandogli totalmente le spalle. Sicuramente, dipendeva dal fatto che fosse così diverso da Sasuke: non vestiva abiti firmati, aveva i capelli biondi e una espressione selvaggia negli occhi...almeno così gli aveva sempre detto la sua vicina di casa, anche se lei intendeva fargli un complimento con quelle parole.

All'ennesimo sospiro frustrato, il ragazzo di fianco a lui reagì stizzito -" Hai finito di autocommiserarti?"-

-" Ma tu cosa vuoi?- lo rimbeccò Naruto, scontroso.

-" Sono venti minuti che le guardi e sospiri come se ti avessero strappato l'anima."- Sasuke si girò a guardarlo, e i suoi occhi parvero fiammeggiare di rabbia. Mai visti degli occhi così, pensò Naruto.

-" Non le piaci, e allora?"-

-" Tu le hai tutte ai tuoi piedi, non capisci."- rispose Naruto piccato, con le parole che faticavano ad uscire. Fare una specie di complimento a quell'antipatico gli costava una fatica immensa...ma era la pura e semplice verità, e Naruto era un tipo schietto come sua madre.

-" Tsk."- sputò Sasuke -" Sei stupido se credi che me ne importi qualcosa. Puoi farle tutta la corte che vuoi."-

-" Stupido sarai tu, Sasuke!"- strillò il ragazzo in risposta.

Il moro scosse il capo -" Sei talmente stupido da non esserti presentato, mentre io l'ho fatto cinque anni fa. Se non è stupidità questa!"-

Naruto ci mise un poco ad assorbire quelle parole. Acide in superficie, in realtà nascondevano una tacita domanda nei suoi confronti: come ti chiami?

-" Se vuoi sapere come mi chiamo non hai che da dirlo."- ridacchiò allegramente, sollevato dal fatto che anche Sasuke si ricordasse bene di lui.

-" Non me ne può importare di meno, idiota."-

Il biondo si alzò scocciato -" Allora addio, cretino."-

Si alzò davvero, sotto lo sguardo impassibile di Sasuke che gli indirizzò un freddo ciao.

-" E comunque, mi chiamo Naruto."-borbottò il ragazzino, lanciando un'occhiata al di sopra della spalla per vedere come Sasuke avrebbe reagito. Lo riscoprì a fissarlo a sua volta, con la coda dell'occhio.

-" E allora?"- lo schernì l'altro ostentando indifferenza, ma i suoi occhi avevano perso il bagliore di rabbia. Erano semplicemente scuri e canzonatori.

Naruto sorrise apertamente, voltandosi nuovamente, assolutamente sicuro che anche Sasuke stesse sorridendo.

-" E allora ricordatelo, scemo!"- lo rimbeccò, correndo via.


 
Fine capitolo 1

 

 

Spiegazioni

 

* Bento: Cestino del pranzo tipicamente giapponese.

*con la macchina: Itachi ha 16 anni. In Italia si può guidare la macchina dai sedici anni, ma solo in città.

*Sas'kè: pronuncia corretta del nome Sasuke.

*Sa : il personaggio è Sakura, ma nella mia fiction Sasuke è in Italia. Metterci l'ennesimo nome giapponese sembrava davvero una forzatura, così ho optato per questa soluzione. E poi, noi italiani usiamo abbreviare i nomi.









Giudizio di DarkRose86:

IV° classificata

Fallen Leaves

di Erena-chan

Correttezza grammaticale: 5,5/10 - non ti ho dato la sufficienza per un motivo molto semplice: gli errori grammaticali nel complesso non sono molti ( anche se diverse volte hai sbagliato l'accento sulla parola perché, e spesso non hai lasciato lo spazio dopo la virgola o dopo il punto ), ma ci sono molte parole sbagliate. Data la lunghezza della fanfic non hanno pesato troppo ma si notano ed è un peccato, se vuoi posso mandarti una mail in cui ti segnalo i vari errori, cosicché tu possa correggerli prima di pubblicare.
Stile: 8,5/10 - ho trovato lo stile non troppo elaborato ma indubbiamente coinvolgente, l'ho apprezzato molto perché ha saputo incollarmi gli occhi allo schermo dalla prima fino all'ultima parola.
Caratterizzazione dei personaggi: 10/10 - forse l'aspetto che più ho amato della tua fanfic. Ho trovato i personaggi semplicemente perfetti, specie i due protagonisti.
Originalità: 10/10 - ti ho dato il voto massimo d'impulso, ma non penso me ne pentirò mai. Hai saputo ricreare il mondo di Naruto da un'altra parte, nella nostra Italia; e lo hai fatto egregiamente, costruendo una storia che brilla sotto quest'aspetto perché non è la solita fanfiction shonen ai in cui due ragazzini s'incontrano da piccoli ed inevitabilmente, nel periodo dell'adolescenza, finiscono insieme perché è così che deve andare. No. Questa è una storia dannatamente vera, di due bimbi che diventano uomini, invecchiano, e pian piano conoscono l'amore. Geniale e realistica. Brava.
Attinenza al tema: 10/10 - trovo tu abbia trattato splendidamente l'immagine scelta, mostrandoci anche come il paesaggio cambia col passare del tempo. Inoltre, ti sei addirittura soffermata su quella scritta... non posso far altro che dirti: complimenti.
Apprezzamento personale: 5/5

Totale: 49/55

Giudizio: "a te che io ti ho visto piangere nella mia mano, fragile che potevo ucciderti, stringendoti un po'; e poi ti ho visto con la forza di un aeroplano, prendere in mano la tua vita, e trascinarla in salvo. A te che sei la miglior cosa che mi sia successa, a te che cambi tutti i giorni e resti sempre la stessa." Questi sono i versi che stavo ascoltando mentre leggevo la tua storia. Un insieme di emozioni mi ha travolta, ed ho pianto. Non mi vergogno ad ammetterlo. La splendida canzone "A te" di Jovanotti, a mio parere, è la colonna sonora più adatta a questa fanfiction di una bellezza unica, speciale.
Devo bacchettarti, perché quegli errori stonano con tutto il resto. Perché questa storia è una delle più belle che io abbia mai ricevuto per un concorso, e mi spiace doverla penalizzare a causa di alcune disattenzioni sicuramente evitabili. Mi rendo conto che la storia è molto lunga e rileggerla è pesante, ma sono sicura che se tu l'avessi fatto sarebbe risultata ancora migliore.
Sarebbero molte le parole da spendere, ma al momento non escono. Posso solo dirti che mi ha emozionata come poche fic hanno fatto finora; ha il potere di rapirti, di trascinarti in quel mondo in cui una semplicissima panchina gioca un ruolo fondamentale. In un mondo in cui due persone si sono conosciute, forse a tratti anche odiate, e sicuramente amate. Finché non se ne sono andate assieme, speriamo in un luogo in cui potranno stare vicini ogni ora, ogni minuto, ogni secondo. Toccante, vera e splendida. Devi andarne fiera.




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Grazie per la lettura. A presto con il secondo capitolo!

  
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