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Autore: Rota    02/07/2010    2 recensioni
Fanfiction partecipante al 2010: a year together, indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight }
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Scatta la macchina fotografica, ad immortalare per sempre attimi fugaci di vita intensa – confinandola, irrimediabilmente, in un attimo.
Riprende momenti di gioia, di tristezza e di sofferenza, di sole e di pioggia, di nuvolo e di grandine. Riprende ogni cosa in maniera fedele, condensando l’essenza della realtà su un sottile strato di pellicola lucida.
Non si può ingannare ciò che non conosce la malizia – pura l’intenzione, cristallino l’atto stesso, non si distorce nulla con colori sfalsati da un’emozione soggettiva.
Ancora e ancora, il tasto viene premuto e tutto diventa eterno. Sterile e freddo.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU, What if?, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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adombrato





Nickname su Efp: Rota
Titolo della fanfiction: Adombrato – 2 Luglio
Titolo del contest: Iniziativa: 2010: a year together
Fandom: Axis Power Hetalia
Pairing: FranciaInghilterra
Personaggi: Francia (Francis Bonnefoy), Inghilterra (Arthur Kirkland)
Rating: Arancione
Generi: Introspettivo, Romantico, Triste
Warnings: Yaoi, One shot, What if…?, AU, Slice of Life
Credits: Né i personaggi né l'opera di Axis Power Hetalia mi appartengono, ma sono proprietà di chi ne detiene i diritti.
Note personali: Ahm… Prima FranciaInghilterra. Basta a non farmi ammazzare? X°D Ohi, godetevela cercando di non trovarci un IC assurdo, la mia intenzione è solo di far sorridere e farvi passare un buon quarto d’ora, non ho davvero altre pretese ^^





Adombrato – 2 Luglio





Click.
Scatta la macchina fotografica, ad immortalare per sempre attimi fugaci di vita intensa – confinandola, irrimediabilmente, in un attimo.
Riprende momenti di gioia, di tristezza e di sofferenza, di sole e di pioggia, di nuvolo e di grandine. Riprende ogni cosa in maniera fedele, condensando l’essenza della realtà su un sottile strato di pellicola lucida.
Non si può ingannare ciò che non conosce la malizia – pura l’intenzione, cristallino l’atto stesso, non si distorce nulla con colori sfalsati da un’emozione soggettiva.
Ancora e ancora, il tasto viene premuto e tutto diventa eterno. Sterile e freddo.

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Un pomeriggio al sole, adombrato appena da un grande albero dai rami protesi e le foglie verde brillante. Espressioni, espressioni gioiose che solo si potrebbero invidiare, addolcite dallo zucchero appena mescolato assieme al tè scuro con un cucchiaino e capitato quasi per caso sulle morbide labbra.
Attorno ad un tavolino, due sedie e un servizio di porcellana – due uomini biondi, una smorfia risentita e una bocca che non ha pudore a mostrarsi sì aperta.
Una bella giornata di un lontano Maggio inglese.

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Acqua che bagna il corpo, dove l’impatto tra un arto e la superficie piatta genera una cascata di spruzzi che si diramano in ogni singola direzione.
La spiaggia – dalla sabbia bollente per piedi sensibili e abituati al freddo – si dilungava in lontananza, una striscia di colore chiaro alle spalle di uno sciocco e fin troppo ilare francese.
La salsedine brillava sulla pelle accaldata mentre delle gocce pesanti appiccicavano al viso ciuffi di capelli.
Era Agosto, a quel tempo, dove il Sole baciava piacevolmente ogni cosa con la sua innata benevolenza.

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L’ago del riccio di una castagna matura nella punta di un dito – l’ultima falange, la più esposta.
Una faccia francese piegata a smorfia dolorante, la mano che tiene l’altr quasi stesse per diventare cadavere. Un leggero piagnisteo: l’assurdo desiderio di pretendere attenzioni anche quando non c’è n’è assolutamente bisogno.
Arthur che guarda, abbastanza combattuto, Francis e quel suo cavolo di arto molle. Qualche secondo più tardi gli avrebbe dato del rimbambito e l’avrebbe curato lui stesso.
In quel momento, semplicemente, decideva.
Ottobre, con le sue foglie morte che ballavano al vento, conduceva ad un più tranquillo e bianco riposo.

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Una grande tavolata dai posti vuoti, qualche avanzo di cibo ancora nei numerosi piatti disposti in maniera impeccabile. Perfezione e meticolosità inglese, senza alcun dubbio.
In una finestra in un angolo, qualche scoppiettante e colorato fuoco d’artificio.
Dentro la casa, un caminetto acceso e un fuoco rosso – un bacio dato non troppo per sbaglio su labbra che non trovarono davvero nulla da ridire.
Forse per la sorpresa, forse per l’imbarazzo, forse per la formulazione istantanea di un qualche piano omicida.
Francis, però, sorrideva felice.
Il candido Dicembre passò lieto.

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La panchina di un parco occupata da due persone – dalle loro bocche esce dell’evanescente vapore acqueo.
Alcuni piccioni mangiano le briciole al suolo, zampettando tra i loro piedi.
Un lungo braccio è stato posto – casualmente? – lungo lo schienale della panchina, dietro le spalle appena tremanti di un certo inglese testardo. Le sue mani stanno cercando di scaldare gli arti, strofinando la stoffa pesante.
Un leggero imbarazzo si legge sui volti, una novità che ha stupito entrambi seppur in maniera diversa.
Da quel punto in poi, ci sarà meno posto per l’innocenza.
Primo Febbraio, ancora inverno ghiacciato che relega i sentimenti in un angolo isolato.

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Un letto – non candido, non in ordine – e due corpi senza più alcun velo.
Francis sorrideva con gli occhi chiusi, Arthur guardava il soffitto della piccola stanza. Il primo era disteso tra le gambe dell’altro e aveva le spalle circondate da lunghe e pallide braccia.
Tranquillità, dove a terra stavano ammucchiati tanti vestiti scuri come se fossero stati stracci.
Qualche giorno dopo la prima Luna di Marzo.

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Un bacio non più tanto nascosto, un abbraccio stretto senza sorprese o imposizioni dettate dall’egoismo – occhi negli occhi, la voglia di incontrarsi in un punto che rendeva ogni altra maschera assolutamente inefficacie.
Il resto, attorno, pareva sorridere alla benevolenza delle intenzioni, con i boccioli degli alberi e dei timidi fiori che stiracchiavano i propri petali ancora verdastri e cercavano di mettersi in mostra.
Vanesi e innamorati della vita.
Due mani dalle dita intrecciate quasi per caso, lontano da occhi che non capirebbero.
Ma già qualcosa, in quelle sopracciglia arcuate appena sopra gli occhi chiari.
Maggio fiorente e pieno di promesse, pieno di passione e di trasporto. Pieno d’amore…

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Un orgoglio che non si piega a sorrisi dati per caso e chiunque, in un piccolo bar di periferia – gelosia che pur di non far traballare l’incertezza dell’amor proprio rifiuta quello altrui.
La bocca è spalancata, minaccia parole che non si dovrebbero mai dire. Nell’aria, a quel punto, ne erano volate fin troppe.
Carattere, lo avevano chiamato. O anche incompatibilità tra chi vuol vivere un amore che non vuole ancore e chi basa tutto su certezze razionali.
Giugno severo, che piega i muscoli in un’espressione che non conosce conforto. Altero, da parer assai intransigente.

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Incomprensione volteggia nell’aria, mentre – per l’ennesima, ostentata volta – si piegano le labbra ad un sorriso.
Va tutto bene, dicono. Si risolve ogni cosa. Basta passarci sopra – basta dimenticare facilmente.
Basta evitare di concentrarsi su ciò che divide e cercare di valorizzare ciò che unisce.
Ma pare sia sempre più difficile. Le mani tese a reggersi da solo, di quel ragazzo abbracciato teneramente, vogliono solo mettere una distanza netta a ogni cosa.

Click.
La mano sbagliata stretta tra dite sbagliate.
Una schiena coperta da un cappotto scuro – e il vento che fa ballare ciuffi biondi e leggiadri assieme a lacrime luccicanti.
Lontane, quasi irraggiungibili.

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Ombra in un luogo indefinito che sa di abbandonato e vecchio, una figura dai capelli scomposti che piange, rannicchiata in un angolo.
Sconfitta.
Una mano a coprire il viso e a trattenere vicino agli occhi socchiusi lacrime traditrici.
Luglio, secondo giorno.



La luce troppo intensa brucia gli scatti, rendendo poco visibile la stampa – rendendola quasi ostentata.
Un colore troppo forte – troppo appariscente – rende opaco tutto il resto che lo circonda. Snaturandolo e privandolo di ogni significante.
E’ la memoria, la memoria traditrice, che dipinge secondo voglia ciò che preferisce.
Per quanto puri e stupendi siano certi colori, bisogna che siano un poco meno prepotenti perché l’unione – soave intreccio atto alla meraviglia – non abbia come risultato un abominevole grigio osceno.

Allora agli uomini, a quelle fiammelle che durano un solo istante, non resta che piangere rabbia su una fotografia sbiadita.
Il ricordo inalterato di una mente fin troppo crudele.

... Click.
   
 
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