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Autore: Lovy91    03/07/2010    1 recensioni
Rebecca Walker ha sedici anni e mezzo. Vive a New York, nella East Side con suo padre Victor. La sua mamma è morta quando Rebecca aveva due anni di una terribile malattia. Quella tragedia ha segnato la ragazza e l'ha influenzata per il resto della sua vita. Frequenta una scuola privata alquanto snob grazie a una borsa di studio e una particolare dote nel pianoforte e nello studio. Ha due migliori amiche provenienti dalle più influenti famiglie newyorkesi che la trattano come una sorella. Ma la sua vita ha una svolta che la segnerà ancora di più: passerà la notte in un locale e lì, mentre cerca di fuggire da un'aggressore, il destino le piomba addosso.
“Cosa mi era successo? Semplice: ho scoperto che i vampiri esistono. Il peggiore incubo, il miglior sogno. Un incantato e crudele mondo che ti trascina in un vortice a cui non puoi dire addio. Voglio fuggire, voglio restare. Non lo so neanche io. Ma per Damien, resterò e tremerò. Anche se lui mi ucciderà ma almeno potrò dire di aver sognato e aver provato paura per davvero...”
Genere: Romantico, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                      Capitolo 6

                                                                      Note amare


Rebecca

Due mani di colore diverso si posarono sulle mie spalle e guardai a destra e a sinistra per vedere di chi mai potessero essere. Ero impegnata a mangiare i biscotti al cioccolato fatti il giorno prima e a leggere una rivista.
Stavo sgranocchiando un boccone quando le mie due migliori amiche mi interruppero.
<< Ebbene? >>, chiesero in coro, frementi di curiosità.
Io mi accigliai e compresi di cosa parlassero ed era un bel problema, questo. Non potevo dare troppe informazioni anche perché, in effetti, non era successo niente.
<< Abbiamo parlato >>, dissi, stringendomi nelle spalle e tornando ai miei buonissimi biscotti al cioccolato.
Le loro facce sconvolte mi irritarono non poco. Che cosa mai si aspettavano?
<< No, cioè... Tu avevi a disposizione un tipo come quello e non lo hai baciato? >>. Amanda mostrava tutta la sua incredulità.
Ingoiai il boccone e poi dissi: << Non dobbiamo per forza baciarci >>, presi la scatola di latta con i biscotti. Una vana speranza. << Biscotti? >>.
Elene mi diede una piccola botta sulla mano e la scatola tornò sul tavolo della mensa.
<< Sei incredibile! Ma almeno lui ci ha provato? >>.
<< No >>, risposi e purtroppo non ero del tutto indifferente a quella risposta negativa. Mi dispiaceva che non lo avesse fatto.
<< È gay? >>, mi chiese Amanda.
<< No! >>, esclamai. Anche se non c'era niente di male, ovviamente. Però ne ero sicura, dopo aver avuto un piacevole incontro con la bella Melinda Warren, sua ex storica.
Le mie amiche non potevano comprendere. Damien era un vampiro, io un'umana. Lui era eterno, io no. E c'era anche la questione del mio sangue, che per lui era qualcosa di attraente e sublime. Le lasciai questionare e mi concentrai sui biscotti, cadendo in una sorta di depressione cronica.
Chissà cosa faceva Damien durante il giorno. Lui mi aveva spiegato che con Celeste si nascondevano in uno scantinato quasi del tutto buio. Era abbastanza sicuro. Non dormiva quindi l'unica cosa che poteva fare era attendere il ritorno dell'oscurità. Che cosa deprimente. Fu un pensiero naturale dentro di me, che vivevo alla luce del sole e non c'era niente di più bello.
Un bisbiglio spezzò i miei pensieri.
<< Ultimamente è il periodo dei fighi! >>, cinguettò Elene e un altro commento di Amanda seguì il suo. Io cercai di capire il motivi di tali affermazioni e poi capii. Un ragazzo stava camminando per la mensa con l'aria di chi è nuovo. La sua faccia mi era nuova. Indossava la divisa della scuola, la versione maschile: giacca rossa, pantaloni dello stesso colore e una camicia bianca spiccava da sotto la giacca. Un metro e settantacinque minimo, capelli disordinati e biondi, occhi verde scuro, color muschio. Il viso era tondo, le labbra sottili, il naso possedeva una bella linea.
Sì, era bello. Ma non come Damien.
<< Forse ha bisogno di qualcuno che lo aiuti a orientarsi >>, rise Elene e Amanda si unì.
Scossi la testa e tornai alle mie frivole, ma piacevoli, occupazioni.

Andavo sempre in bagno prima delle altre due ore di lezione. Non mi andava di uscire durante lo svolgimento e perdermi degli appunti utili. Sì, ero una secchiona.
<< Scusa >>.
Mi voltai e vidi il nuovo arrivato impalato in mezzo al corridoio.
<< Dici a me? >>.
<< Ci sei solo tu >>, mi fece notare con un sorriso divertito.
Diedi una rapida occhiata attorno e mi resi conto che il biondo aveva ragione.
Arrossii leggermente. << Giusto. Sei nuovo? >>.
Mi porse la mano. << Mi chiamo Logan Edwards >>.
<< Rebecca Walker >>, mi presentai gentilmente, stringendogli la mano.
La lasciò. << Ho qualche problema a orientarmi. Dov'è la lezione di letteratura del terzo anno? >>.
Mi illuminai. Era del mio stesso anno? Sembrava molto più grande.
<< Devo andarci anch'io. Ti faccio strada >>, offrii e Logan accettò.
Per il corridoio deserto risuonavano solo i nostri passi. Il silenzio era imbarazzante.
<< Allora... da dove vieni? >>, gli domandai.
<< Colorado >>, rispose.
<< I tuoi ti hanno spedito proprio in questa gabbia? >>. Posi la domanda con un sorriso.
Rise. << A dire la verità, mi hanno espulso e i miei mi hanno mandato qui per punizione. Sto in convitto >>.
<< Ah >>, riuscii a dire, senza sapere cosa aggiungere.
<< E ho anche ripetuto l'anno >>.
Quindi era sul serio più grande. Aveva quasi diciotto anni.
Ormai eravamo davanti all'aula per la noiosa lezione. Le lezioni sono sempre noiose, chi più chi meno. Il ragazzo osservò l'aula di media grandezza, adatta a contenere circa venti alunni. Le pareti color nocciola chiaro, i banchi lucidi, le tendine bianche, il pavimento immacolato, la lavagna di ardesia appena pulita dal gesso di tutta una mattina. Una cosa buona delle scuole private è che sono sempre pulite. Il mio primo anno l'ho trascorso in una di quelle e devo dire che quelle private sono un paradiso in confronto.
Alcuni erano già seduti, altri erano fermi vicini all'entrata.
Logan mi sorrise. << Be', grazie >>.
<< Di niente. Hai bisogno di aiuto anche domani? >>.
Ci pensò su. << Non credo. Grazie per il pensiero >>.
Ricambiai il suo sorriso, cercando di farlo apparire solo amichevole. << Prego. Ora devo andare. Ci vediamo Logan >>.
Entrai nell'aula con i miei libri e li posai sul banco. Presi il quaderno degli appunti e lo aprì. Sospirai. Logan mi diede un'occhiata e mi lanciò un sorriso. Gliene feci uno piccolo anche io.
"Brava Rebecca" , pensai, "l'ultima cosa di cui hai bisogno è un ammiratore proprio adesso".

Tornata a casa, scoprii che mio padre aveva il turno notturno, e la mattina dopo sarebbe rientrato alle sei. Perfetto. Era venerdì, il che voleva dire un'intera notte con Damien.
Alla cinque, si preparò per uscire. Sulla soglia della porta, mi chiese: << Che fai tu oggi? >>.
Mi irrigidii. Non amavo dire bugie a mio padre. Ma quale figlia direbbe al proprio padre che va a trascorrere tutta la notte con un vampiro?
<< Studierò >>. Una risposta piena di maturità.
<< Brava! A domani, tesoro. Ti voglio bene >>.
<< Anche io, papà >>.
Se ne andò ed io mi morsi la lingua. Bugiarda, bugiarda, bugiarda.
Mancava ancora un'ora al tramonto. Una doccia per rilassarmi era la cosa migliore, seguita da un forte café. Non ero solita berlo, ma mi serviva quella sera e notte. Aprii l'armadio, e osservai tutti i miei vestiti e alla fine scelsi.
Infilai il mio vestitino color champagne, poi lasciai i capelli sciolti, sistemati in modo che sembrassero mossi, sperando che l'umidità non li rovinasse. Le mie scarpe con i lacci, più scure del vestito, le calze bianco sporco. Infilai la collanina con l'iniziale del mio nome e mi truccai. Sperai che non fossi troppo elegante.
La verità è che voleva cercare di fare bella figura con Damien. Ma non sarei mai stata bella come lui, Celeste o Melinda. Ero solo un'umana.
E per quanto facessi finta che non fosse un dettaglio importante, c'era e prima o poi avrei dovuto farci i conti, ma non ora.
Avevo appena finito di passarmi il lucidalabbra trasparente che suonarono alla porta. Corsi e poi mi ricordai che dovevo darmi un contegno, perciò l'ultimo mezzo metro camminai. Ma dopotutto era inutile, Damien aveva sicuramente sentito i miei passi veloci già dalla camera da letto.
I suoi stupendi occhi verdi mi guardarono e le sue labbra si aprirono in un sorriso. Era bellissimo, troppo bello.
Poi pensai al prezzo che aveva pagato per quella bellezza e mi intristii di colpo. No, dovevo essere felice.
<< Ciao >>, feci.
<< Ciao, Rebecca. Sei pronta? >>.
<< Prendo la borsa e arrivo! >>.
Agguantai la borsa nera sul divano, mi diedi un'ultima occhiata al trucco e ai capelli, le chiavi ed ero sul pianerottolo. Chiusi la porta con due scatti e scendemmo le scale. Presi la mia macchina e Damien si sistemò sul sedile del passeggiare. Mi sembrava ancora strano che guidassi io, una ragazza, e non lui che era il ragazzo.
<< Devi cenare? >>, mi domandò.
Non ci avevo pensato. << In effetti sì >>.
<< Non mangiate nei... fast-food? >>, disse incerto.
Mi scappò una risata. << E tu cosa faresti? >>.
Si strinse nelle spalle. << Non c'è problema. Posso fingere di essere umano per qualche tempo >>.
<< Allora McDonalds sia! >>.

Damien

Mi bastò mettere piede in quel posto per trovare una nota positiva nella vita dei vampiri. L'odore era nauseante. Ma forse il loro olfatto non coglieva tutto.
Inutile dire che tutte le ragazze mi lanciarono sguardi e altrettanti sguardi a Rebecca, rose di gelosia. Roteai gli occhi. Neanche le vampire erano molto diverse da questo punto di vista.
Rebecca scelse un menù pieno di roba che storsi la bocca solo a guardarla nell'immagine colorata. Ci sedemmo nell'ultimo tavolo e Rebecca guardava quella roba con un sorriso compiaciuto. C'era un grande hamburger, una porzione grande di patatine fritte, coca-cola non dietetica.
<< Non sapevo che voi ragazze mangiaste tutta questa roba. Mi ero fatto tutt'altra idea >>.
Inghiottì il boccone e disse: << Be', tanto non ingrasso. Sono estremamente fortunata su questo punto di vista >>. Mangiò una patatina, poi mi guardò con uno sguardo strano. << Cosa succerebbe se tu mangiassi cibo umano? >>.
Non seppi cosa risponderle. Non ci avevo mai provato. Sapevo solo che faceva schifo, tutto qua.
Mi allungò una patatina. << Prova >>.
Presi quella cosa gialla unta di olio. La guardai schifato e Rebecca rise di gusto. La misi in bocca e la masticai.
Puah! Se solo Rebecca avesse avuto i sensi un pò più fini, si sarebbe accorta della schifezza che stava mangiando! Sentivo tutto il sapore dell'olio, dei semi, quel sapore che in pratica non c'era. Sentivo ancora un retrogusto metallico della friggitrice, il cartone dov'erano state messe. Il sale, non  parliamone.
Presi un fazzoletto e la sputai dentro.
<< Se solo tu sapessi cosa ti stai mangiando! >>.
<< Roba buonissima! >>, mi rimbeccò lei, facendomi una linguaccia e tornando a mangiare. << Non sai che ti perdi >>.
<< Purtroppo lo so >>.
Ridemmo entrambi e la lasciai mangiare.
Non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso, era troppo bella. Semplice, carina, femminile. Se ne rendeva conto, certo, ma non le importava. Chissà se si era accorto che la fissavo di tanto in tanto. Probabilmente sì.
Finita la sua cena erano passate le sette e un quarto. Ma pagai io. Non avevo nessuna intenzione di lasciare pagare una ragazza. Va bene che venivo dal milleottocento ma seguivo l'andamento moderno.
<< Dove andiamo? >>, chiese una volta saliti nella sua auto. << Mi piacerebbe un bel posto >>.
E sapevo anche quale. << Segui le mie indicazioni allora >>.

<< È bellissimo Damien >>, sussurrò incantata Rebecca.
Davanti a noi, New York. In tutto il suo splendore. Le luci risplendevano fino al cielo, la città più bella del mondo.
Eravamo seduti su ciò che restava di un balcone di una vecchia villa a tre piani villa abbandonata. Il giardino era ormai incolto da anni. L'avevo portata lassù con un salto e lei si era spaventata moltissimo, ma poi aveva ammesso di essersi divertita comunque.
Seduti l'uno accanto all'altro, cercavo di tenermi comunque a debita distanza. Non volevo fare niente di avventato.
C'era il silenzio. Era troppo occupata a guardare New York dall'alto.
<< Come conosci questo posto? >>.
Temevo quella domanda. << Ci sono venuto per la prima volta molti anni fa, quando ero un vampiro appena creato >>.
<< Esattamente? >>.
Non volevo turbarla, ma aveva dimostrato di essere coraggiosa, molto più di tanti umani. << La prima volta che ho ucciso >>.
Si voltò di scatto a guardarmi. Seguitavano a guardare davanti a me.
<< Scusa >>, mormorò, mortificata.
<< Non lo sapevi. Scusa io semmai >>.
Come potevo dimenticare quella notte? Mi ero risvegliato ore dopo, dopo ore di incoscienza e dolore in una forma che non era la mia. Ero quasi impazzito e quando la sete mi aveva attaccato, avevo ucciso il primo uomo, un vecchio, che era passato. Mi ero sentito un mostro ed ero venuto là. Avevo passato la notte a pensare, pensare, pensare. Per poi rendermi conto di cos'ero diventato e non potevo fare altro che arrendermi al mio destino e alla mia eternità di assassino.
<< Sai Damien >>, spezzò il silenzio lei, << a volte penso a come deve essere la vita di un vampiro >>.
<< Non ti perdi niente >>, le assicurai.
<< Lo so. Non so come si può sopportare qualcosa che non avrà ma fine... Deve essere... >>.
<< Terribile >>, completai. << E lo è. Ma non possiamo farci niente. Il destino ha scelto questa vita per noi, qualcosa a cui non possiamo opporci. Neanche se volessimo. Ma va bene così >>.
<< Se potessi scegliere torneresti umano? >>.
Torneresti umano?
Quella domanda mi spiazzò. Avevo passato oltre cento anni in questa forma, e la domanda non mi aveva mia sfiorato. Se fossi stato umano... non avrei incontrato lei. Sarei morto prima della sua nascita... Perfino prima di quella dei suoi genitori.
L'aria andava alleggerita.
<< Be', ti saresti perso la mia affascinante compagnia >>.
Rebecca fece un'espressione esasperata e scosse la testa. << Modesto >>.
<< Ammettilo che è la verità >>.
Mi diede un buffetto sul braccio, lo avvertii appena. << Ma piantala >>.
Scoppiammo a ridere per alcuni minuti e poi ci guardammo. Quegli occhi azzurri luminosi come due stelle erano sempre più belli, come del resto lo era lei.
Tesi la mano a toccare la sua. La sfiorai appena e il mio tocco gelido la fece sussultare. Però sorrise, un leggero sorriso.
Qualcosa cambiò. L'atmosfera si fece talmente leggera da essere invisibile. La luna parve diventare più grande, le stelle più brillanti. Sotto di noi, New York sembrava guardarci.
Tolsi la mano dalla sua e la feci scorrere sul suo braccio fino ai capelli morbidi. Lei mi cinse le spalle con le braccia in un movimento veloce. Si avvicinammo entrambi e mi ritrovai a baciarla. Fu... stupendo. Inspiegabile. Scollegai il cervello, la coscienza, tutto.
C'ero solo io, lei, quel bacio. Fu un bacio lungo, tenero, passionale, poi di nuovo tenero.
Ma quel profumo, il suo... Era buonissimo.
Poi la ragione tornò, potente e quasi arrabbiata per quello che avevo combinato.
<< No! >>, esclamai, staccandomi da lei di colpo.
La turbai. << Damien? >>.
<< No, Rebecca. Non possiamo! >>.
<< Ma... che dici? >>, stava per piangere.
Mi alzai in piedi e mi misi le mani nei capelli. Io ero un vampiro, lei un'umana. Che futuro c'era tra noi?
Le sue lacrime bagnarono il cemento del balcone.
<< Scusami Rebecca >>, mormorai abbassandomi per guardarla. << Scusa >>.
Stava per aprire bocca, ma la bloccai.
Qualcosa era arrivato ai miei sensi. Passi veloci, troppo veloci. E l'odore era umano, non di un vampiro.
<< No... >>, mormorai. << Non può essere >>.
Non feci in tempo a finire la frase che una freccia con la punta infuocata mi evitò per un pelo. Alla vista del fuoco, indietreggiai come davanti al diavolo.
Rebecca balzò in piedi.
<< Ma che succede? >>.
<< Un'umana... >>.
Colsi le parole di qualcuno nascosto nell'erba.
<< Dobbiamo andarcene, non possiamo con lei presente! >>.
Erano due voci maschili ma i passi che si allontanavano erano il doppio. Un ringhio naturale mi nacque sulle labbra ma ottenni solo un grande spavento di Rebecca.
Dovevo parlare subito con Celeste, Melinda e Justin. Immediatamente.
<< Che succede?! >>.
<< Ti porto a casa subito. Devo parlare con gli altri vampiri >>.
<< Perché? Noi dobbiamo parlare! >>>, protestò con rabbia, stringendo i pugni tanto da far diventare bianche le nocche.
La guardai. Aveva ragione. Ma non stanotte.
<< Perdonami, Rebecca. Ti giuro che... facciamo così. Io torno verso le due e mezza, okay? >>.
Allentò la stretta ai pugni. Abbassò gli occhi. << Ci sto. Promettilo >>.
<< Promesso >>.
<< E mi dirai anche cosa è successo? >>.
<< Anche >>.
Non sorrise, ma ero certo che stesse meglio. Riacchiappò la borsetta e si sistemò il vestito.
<< Andiamo >>.



Angolino!

Sono imperdonabile! Chiedo veramente scusa per avervi fatto attendere altro, ma ci sono stati diversi problemi... Però ecco il capitolo! Vi prometto che non vi farò mai più attendere tanto e presto aggiornerò anche l'altra storia! Grazie a chi ancora mi segue e un bacione!




   
 
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