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Autore: Fede_Wanderer    04/07/2010    1 recensioni
Non appena la vide, egli pensò ch'era bella, bella quanto la stella del vespro, quasi fosse elfica e non mortale.
Ed avrebbe giurato di trovarsi di fronte ad un'immortale, se solo una tal creatura fosse esistita in luoghi creati dalla natura e non soltanto nelle pagine di cartacee dimore.
1910, J.R.R Tolkien, diciottenne, incontra per la prima volta la sua futura moglie, Edith Mary Bratt.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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As Beren and Lúthien

 

  Gennaio 1910

 

Vi era un parco, non lontano dalla King Edward's.
Esso era perlopiù un luogo di ritrovo per gli studenti inglesi, sebbene non mancassero coppie di innamorati o anziani in cerca di una fuga dalla solitudine. Era dunque perennemente affollato ed era perciò estremamente raro che esso fosse vuoto ed immerso nel silenzio: ciò accadeva, infatti, solo in determinati periodi, in cui i ragazzi impiegavano ogni istante libero dedicandosi, seppur di malavoglia, allo studio.
Fu in uno di quei momenti che vi andò un giovane sognatore, spinto dalla nostalgia per il college che un tempo aveva visitato, o forse, e ciò è più probabile, per l'infanzia, simile, nei suoi ricordi, ad una delle leggende che amava follemente.
Egli si soffermò a scrutare il profilo della scuola alla luce del tramonto, seduto su una delle panchine del parco.
Avvolto nel suo alone di malinconia, sobbalzò quando il suono del silenzio, che era intento ad ascoltare, venne dolcemente spezzato da una risata cristallina.
Si voltò, per curiosità o per istinto.
Ed allora la vide. Danzava, ridendo, alla luce cremisi del tramonto, inchinandosi davanti ad un pubblico immaginario. Ed ebbe l'impressione di scorgere nel suo sguardo un universo di fantasia, sconfinato almeno quanto le terre leggendarie in cui lui stesso, col pensiero, dimorava.
Rimase per pochi, eterni attimi a guardarla.
Non molte ore dopo avrebbe tracciato la sua descrizione su un quaderno, come per conservarne il ricordo, ed avrebbe scritto, in versi simili ad una poesia, che azzurro era il suo abito come il cielo senza nubi, ma grigi i suoi occhi come la sera stellata; ed i capelli erano scuri come le ombre del crepuscolo.
Non appena la vide, egli pensò ch'era bella, bella quanto la stella del vespro, quasi fosse elfica e non mortale. Ed avrebbe giurato di trovarsi di fronte ad un'immortale, se solo una tal creatura fosse esistita in luoghi creati dalla natura e non soltanto nelle pagine di cartacee dimore.
E pensò al linguaggio ch'egli stesso stava creando, cercando una parola adatta a lei. Ed infine la trovò e alla giovane diede il nome di Tinùviel, che significa usignolo.
In quell'istante lei lo scorse. E rise, avvicinandosi.
"Mi scusi" balbettò, una volta sedutasi al suo fianco. "Non ridevo di lei, glielo giuro".
Esitò per qualche istante, mordendosi il labbro inferiore e tradendo un certo nervosismo. Infine concluse l'affermazione. "Ridevo della sua espressione, ecco". Sorrise, impacciata.
Lui le sorrise di rimando, divertito, e le porse la mano. "John Ronald Reuel Tolkien. Può scegliere il nome che preferisce".
La fanciulla gli strinse la mano, annuendo.
"Credo che opterò per 'Mr. Tolkien', come l'educazione consente" replicò, con una velata ironia nella voce, per poi presentarsi a sua volta.
"Io mi chiamo Edith".
"Tinùviel" la corresse lui, mormorando.
La giovane inarcò un sopracciglio. "Scusi?"
"Nulla".
E in quell'istante il sole scomparve oltre le colline, illuminando con un ultimo raggio le figure sfuggenti di una fanciulla danzatrice ed uno scrittore che visse nei sogni e tracciando i primi versi d'un canto che avrebbe narrato un amore, un legame che forse non fu eterno né divenne leggenda tra gli Elfi immortali, ma che venne ricordato dalla memoria umana negli anni a venire.
Poiché Tinùviel non scordò il giovane che si era fermato a fissarla nel crepuscolo di quella sera invernale, né il sognatore dimenticò il grigio di quegli occhi.
E la loro storia rimane impressa nella carta, raccontata in breve nel capitolo d'un libro, sepolto tra molti altri tra le mura delle biblioteche.
Ma nessuno, ormai, nel leggerla, crede al mito che narra che Beren e Lúthien siano esistiti davvero.
Perché, in fondo, è solo un mito.  

____________
1910, J.R.R Tolkien, diciottenne, incontra per la prima volta la sua futura moglie, Edith Mary Bratt.
Alla sua morte desidera che vengano incisi sulla loro tomba i nomi “Beren” e “Lúthien”.
Partendo da questi presupposti, ho voluto immaginare il primo incontro di Tolkien con sua moglie, sullo stampo di quello di Beren e Lùthien.
Mi sono ispirata anche al film “Shakespeare in Love”, nel quale Shakespeare per scrivere Romeo & Juliet si ispira alla storia d’amore che sta vivendo.
Ciò che ne è uscito è una one-shot senza pretese, che è solo un omaggio al Professore ed è, perciò, dedicata a lui, in suo ricordo.
La frase in corsivo è presa, ovviamente, dal Silmarillion, dal capitolo di Beren e Lùthien.
Fede
Oh, dimenticavo: ovviamente non scrivo a scopo di lucro.

Storia spostata nella sezione "Originali" sotto richiesta dell'amministrazione.

   
 
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