Cap. 1 La Prescelta
“Quindi, Signora Rizzi, lei afferma di avere una relazione... come dire...
avversa nei confronti dei bambini?”
“Sono dei mostri,
dottore! Vanno eliminati tutti! Dal primo all’ ultimo! Ne va della sopravvivenza
dell’ umanità!”
“Sta cercando di dirmi che è
favorevole alla clonazione?”
“Sono una cristiana convinta, dottore, e
fino a due mesi fa avrei detto che i cloni sono il frutto del diavolo... ma sono i
bambini i veri diavoli!”
“Signora, temo che lei soffra di
pedofobia.”
“Mi dica qualcosa che non so, dottore! Mi pare chiaro che
ho aquistato la fobia dei bambini. Quel che voglio sapere è come è
successo.”
“Prego?”
“Ora le spiego. Lei è
uno psicologo da quanti anni, esattamente?”
“Beh... quindici... ma
non vedo cosa abbia a che fare con...”
“Mi risponda. Lei quanti anni
ha?”
“Quarantadue.”
“Quindi aveva 27 anni quando si
è sposato?”
“E lei come fa a sapere che...”
La
vecchina si alzò di scatto dal divano su cui era sdraiata, si scagliò sul
pover uomo, prendendolo per la gola.
“Giovanotto, se non avessi occhi
attenti e non sapessi come pensare, sarei morta da almeno due
mesi.”sibilò.
“...”
Camilla riprese il suo
posto.
“Ho notato quel foglio che esce dal cassetto della sua scrivania.
“Auguri per il tuo nuovo lavoro e per aver sposato la mamma”... quindi sua
moglie era una madre singola quando l’ avevate incontrata.”
“Già, ho conquistato il cuore di mia moglie Maria soprattutto con le
attenzioni che rivolgevo a suo figlio Marco, ormai ventunenne, dimostrandole che sarei
stato un buon padre.”
“L’ ha un po’ usato,
insomma.”
“Già, ma non è stato facile.”
“ Se avesse avuto l’ aiuto del programma televisivo in cui do consigli alle
povere famiglie che non sanno come comportarsi con i propri figli, l’ oggi famoso
Tate alla Riscossa ... beh, ci avrebbe impiegato molto meno ed io sarei venuta
molto volentieri, fino a due mesi fa, quando la mia vista sul mondo infantile
cambiò radicalmente.”
La sede delle Tate alla Riscossa due mesi prima della visita di Camilla Rizzi dallo psicologo.
In una piccola casetta accogliente, tre simpatiche donne giocano sorridendo con i
numerosi bambini che vengono da loro per imparare giocando. Cucinare i biscotti per la
mamma, organizzare spettacoli di marionette e leggere simpatiche storielle sono
attività all’ ordine del giorno nella sede delle più famose tate
italiane: la bella Franca, l’ astuta Arianna e la mitica Camilla Rizzi!
Mentre le tre amiche sorseggiano allegramente il the delle cinque, dopo il buon vecchio
pisolino pomeridiano, scatta un allarme che rimbomba per tutta la casa.
Col
sorriso stampato sulle labbra, le tate si avviano allegre verso la sala delle chiamate.
“Chissà quale mammina avrà bisogno del nostro aiuto per i
suoi angioletti?” trillò Tata Franca.
“Chissà quale di
noi andrà ad assistere quei bei agnellini per riportare l’ ordine e
l’ armonia nel gregge per la tosatura della vita?!” esclamò
felicemente Tata Arianna, sorridendo alle due amiche.
Sorridevano, anche se
dentro dentro pensavano solo ad una cosa: “Oh, chi capperi sarà mai quel
maleducato che si rivolge a noi durante l’ ora del the? Certa gente non sa
assolutamente che cosa sia l’ educazione!”
Finalmente, il telefono
squillò.
Con un’ espressione calma ed armoniosa dipinta sul volto,
Tata Franca alzò la cornetta.
“Pronto? Sono tata Franca, avete
digitato il numero per la pace, l’ armonia e la felicità nei vostri
cuori.”
“Eh?! Yo, bella zia, scusamè. Io stavo cercando
er postino der nostro vicolo.”
Sotto a questa scusa, sicuramente
pronunciata da una voce infantile, si potevano chiaramente distinguere delle risatine
trattenute.
“Ah, comunque, bella zì, te devo dì na’
cosa.”
“Cosa mi vuoi riferire, tesoruccio?”
“Apri
n’ attimo a finestra, sennò Titti sbatterà a’
testa.”
“C-come hai detto scusa?”
In quel momento, si
sentì un rumore sordo, come un battito di tamburo, venire dalla finestra. Le
tate si voltarono, per assistere ad uno spettacolo che assomigliava vagamente ad una
scena di Harry Potter. Un corvo, con una scatola legata ad una zampa sanguinante con
una catena arruginita, si schiantava con tutte le sue forze sulla finestra, ed ogni
volta che lo faceva, cadeva per un attimo, per poi rialzarsi in volo e riprovare.
“È-è quello T-titti, piccolo?”
“Yo, non sò
piccolo, hai capì!? Io sò un rapper quattordicenne, riddillo n’
atra volta e ti stacco e’ penne.”
Tata Franca riattaccò, con
movimento secco.
“Devono aver sbagliato numero.”
Si guardarono
per un po’, non sapendo cosa dire.
Toc...toc-toc-toc... toc... toc...
toc-toc...
“Oh, per l’ amor del Cielo! Camilla, vai ad aprire
tu, scaccia quell’ uccellaccio maledetto.” Arianna si coprì
immediatamente la bocca, chiedendo scusa con gli occhi per aver detto parole
così disdicevoli come “maledetto” e per aver nominato il Cielo.
Camilla aprì la finestra, l’ uccello svolazzò all’ interno
della stanza, inzozzando di terra le pareti, i mobili e le decorazioni dritte dritte
dall’ Inghilterra. All’ improvviso si fermò davanti a Camilla, che
nel frattempo si era riseduta sulla sua sedia per la paura. La Tata, titubante,
slegò la scatola dalla zampa del corvo, il quale si levò subito in volo
fuori dalla finestra. Le due si riunirono dietro alla tata più anziana, ad
osservare la scatola. Era fatto di latta di un rosa spento, incrostato agli angoli e ai
lati di ruggine e qualcosa che assomigliava vagamente al...
“Ma è
sangue, quello?!”
“Aprila, Camilla... Aprila!”
E
così fece.
La scatola conteneva una lettera, un’ altra scatolina
(questa era più piccola, rilegata in velluto rosso e verde spento), una
videocassetta e una specie di candelina rossa. Camilla aprì, per prima cosa, la
lettera.
Era scritta con un inchiostro blu chiaro, in un corsivo ordinato.
All’ angolo destro, in alto, della carta, c’ era disegnato una rosa
dai petali azzurri. L’ anziana Tata lesse ad alta voce:
Carissime Tate,
Mi chiamo Gabriele, e vivo con mia cugina Klara, la sua amica
Roberta,l’ ex compagno di cella di questultima, Nik, e suo fratello Bum. Viviamo
in questa villina di campagna da circa cinque anni, da soli. Non posso riferirvi il
perchè. Abbiamo bisogno di qualcuno che ci pulisca la casa dopo che Bummino
abbia giocato, che rammendi le bambole di Klara, che vari un po’ in cucina
(Roberta è brava nel settore, ma la carne non è mai abbastanza tenera o
troppo poco speziata) e che lucidi lo stereo di Nik. Io non ho bisogno di nulla, tanto
non riuscirete a rendermi la vita più bella. In molti hanno provato a farmi
vedere la luce che rischiarava la loro esistenza, tutti hanno fallito. Io mi rivolgo a
voi per chiedervi di aiutare la mia famiglia, che ammiro con tutto il cuore,
perchè, in questo suplizzio che è la vita, loro riescono ancora a
sorridere e ad andare avanti.
La Tata prescelta deve venire qui con
l’ occorrente non per una settimana, ma per un mese e mezzo. Capirete in
seguito.
Vi abbiamo fatto tutti un regalino, spero vi
piacciano,
Gabriele dei Mereh.
P.S. Se una di voi non viene entro tre giorni, il mio piccolo Titti tornerà ogni giorno, fino a quando non risponderete.
“Ragazze, se quell’ uccellaccio torna anche solo una volta, io mi
sparo!” Urlò istericamente tata Arianna.
“M-magari non sono
tanto male, vero Camilla? Ci mandano persino dei regalini...”
“Apriamoli!”
La scatolina di velluto era cosparsa da un leggero
strato di muffa. All’ interno, si celavano numerose teste di bambole, tra i quali
si agitavano diversi scarafaggi. Arianna lanciò un urlo. Un biglietto
leggeva:
“Da Klara e Gabriele”
La videocassetta fu vista nella sala mensa, dove le cuoche erano solite guardare
romantici telefilm strappalacrime. Iniziava con una stanza completamente rivestita di
mattonelle bianche, che le davano l’ aspetto di una vasta doccia pubblica. Una
ragazza sui quindici anni si fece avanti. Aveva lunghi capelli castani e attenti occhi
marroni. Indossava una larga maglietta nera, con sopra disegnato lo slogan dei
Metallica. Due logori pantaloni stracciati coprivano, larghi, le sue gambe.
“Che indecenza nel vestirsi!”
La ragazza si inchinò.
“Beh, almeno conosce la buona educazione.”
La ragazza, sorridendo, si
posizionò dietro al tavolo. Si presentò.
“Ehi, salve.
Il mio nome è Roberta. Per ringraziarvi del vostro aiuto, cucinerò
per voi un piatto davvero speciale, di mia invenzione: ‘Postino alla
Metallara’!”
Un ragazzino di un anno di meno si fece avanti.
Indossava anch’ esso pantaloni larghi, una larga felpa grigia, pesanti gioielli
d’ oro e un berretto da rapper.
“Yo! Ah Robè, a me piace con
un pezzeco de rap!”
Le tre sobbalzarono. Franca balbettò: “M-
ma quello n-non è il ragazzino al telefono?”
Arianna
svenì.
La candelina aveva un solo pezzo di carta attaccato sopra. C’
era scritto:
“Bum”
Pensarono bene di non accenderla. Camilla chiese alle amiche:”Allora, chi
andrà tra noi?”
Aveva fatto questa domanda per abitudine,la risposta
era chiara. Arianna era svenuta e Franca era pallida come uno straccio.
“Caspita, tocca sempre a me, eh?! Allora andrò io. Dopotuto, questi
ragazzi hanno bisogno di molto aiuto, e credo che la mia esperienza sia la cosa che
faccia proprio al caso loro. Quanto è vero che mi chiamo Camilla
Rizzi.”