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Autore: vannagio    10/07/2010    12 recensioni
Quel corso era la cosa più stupida che avesse mai fatto in vita sua, secondo solo all’essersi dipinta i capelli di verde per partecipare a una manifestazione contro la deforestazione dell’Amazzonia.
Il marito e la suocera l’avevano convinta - forse sarebbe più corretto dire
costretta - a iscriversi al corso preparto, ma Rebecca era sempre stata scettica a riguardo: stare semidistesa su un tappetino di spugna, per far entrare e uscire aria dai polmoni a intervalli regolari, non era il modo migliore per trascorrere il pomeriggio, secondo lei.
[Storia sospesa]
[Seconda classificata al "Storie Incompiute contest", indetto da (Solly) e giudicato da Kukiness]
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quileute, Rebecca Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
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Papà, ti presento tuo nipote!


3 - La Grande Capa





“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«Che c’è? Stai male? Ti serve qualcosa? Un bicchiere d’acqua? Te la porto io!».
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«Forse se la smettessi di sbavarle addosso, starebbe meglio, Seth!».
«È un ordine per caso, Jacob?».
«Potrebbe esserlo. Mi serve solo un pretesto, Seth».
La faccenda stava diventando davvero ridicola. Jacob e Seth battibeccavano da circa mezz’ora e Rebecca, seduta tra di loro sul divano, aveva fatto il possibile per tenerli a bada. Alla fine aveva abbandonato il suo intento. Sentiva che presto il panico avrebbe avuto la meglio, perciò si limitava a respirare profondamente per recuperare un po’ di calma.
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«E da quando ti piace il ruolo del fratello geloso, Jacob? Non mi pare che con Rachel e Paul ti sia fatto tanti problemi».
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Rebecca stava prendendo in seria considerazione l’idea di scappare e tornarsene alle Hawaii da Sol. Quanto tempo avrebbe impiegato una donna incinta al settimo mese di gravidanza come lei, per raggiungere a piedi la stazione dei pullman più vicina?
Probabilmente avrebbe partorito prima di arrivare.
Una vampata di calore la colse, facendola diventare paonazza.
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Se i due mocciosi non ponevano fine a quel teatrino, molto presto - ne era certa – avrebbe maledetto il giorno in cui aveva deciso di tornare a La Push. La riserva era sempre stata un luogo tranquillo - quasi noioso - in cui vivere, ma al momento le sembrava solo una mini-gabbia per matti.
Un’altra vampata di calore le fece girare la testa.
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Perché sentiva così caldo? Chi diavolo aveva acceso i termosifoni?
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«Che c’è? Stai male? Ti serve qualcosa? Un bicchiere d’acqua? Te la porto io!».
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«Per favore, Seth! Non starle così appiccicato, non vedi che le manca l’aria?».
«Sei tu che stai sempre in mezzo ai piedi. Perché non vai a farti un giro?».
Impegnata a intrattenere la piccola Nessie, Rachel lanciava occhiate preoccupate nella loro direzione. Paul, invece, ridacchiava senza posa. Si stava divertendo parecchio, a giudicare dalla sua espressione, e l’insofferenza di Jacob verso quelle risate mal celate non faceva altro che aumentare la sua ilarità.
Rebecca non riusciva a capire cosa stesse accadendo. A quanto pareva, il fratello di Leah Clearwater, Seth, si era invaghito di lei in meno di cinque secondi - cosa al quanto bizzarra - e Jacob non sembrava gradire.
Neanche Rebecca, a dire il vero.
Altre volte aveva visto ragazzi più giovani di lei mostrare interesse nei suoi confronti, ma non aveva mai conosciuto qualcuno di così… asfissiante! E poi, anche se si trattava di un adolescente in preda agli ormoni, quanto meno un po’ di contegno era d’obbligo, no?
“Sono una donna sposata e incinta, per Dio!”.
Caspita! Aveva davvero usato l’esclamazione ‘per Dio’? La situazione era più grave del previsto, allora.
L’ennesima vampata la costrinse ad afferrare una rivista di moda, abbandonata sul tavolinetto, e a usarla come ventaglio improvvisato.
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
«Che c’è? Stai male? Ti serve qualcosa? Un bicchiere d’acqua? Te la porto io!».
«SETH!».
Al grido disperato di Jacob, si era aggiunto quello esasperato di Rachel. Paul continuava a sghignazzare come una iena isterica. Aveva perfino smesso di provare a nascondere le risate. La bambina di nome Nessie, invece, osservava la scena con occhi avidi e assorbiva ogni parola come una spugna. Sarebbe rimasta traumatizzata a vita e Jake avrebbe perso il suo lavoro come babysitter!
L’idea di tornare era stata davvero pessima, ormai Rebecca ne era convinta. Solo lei riusciva a creare tanto scompiglio nel giro di poche ore. Il Grande Capo non ne sarebbe stato molto entusiasta. Fortuna che per il momento non era nei paraggi.
«Che ho fatto di male?», piagnucolò Seth, imbronciato.
Nel frattempo il suo braccio era finito, accidentalmente, intorno alle spalle di Rebecca. Ovviamente Jacob non ne fu molto contento.
«Giù le zampe!», ringhiò minaccioso, facendo sussultare Rebecca.
«Paul? Potresti fare qualcosa, per favore?», domandò Rachel con tono supplichevole, rivolgendo al fidanzato un’occhiata disperata.
Con una smorfia dispiaciuta e un borbottio contrariato - che assomigliava tanto a un «Devo proprio? È così divertente» -, il ragazzone afferrò il giovane Seth per il bavero della camicia, lo trascinò senza sforzo lontano dal divano e lo costrinse a sedersi su una sedia accanto al televisore. Infine si lasciò sprofondare di nuovo tra i cuscini della poltrona. In quel modo riusciva contemporaneamente a seguire il programma televisivo e a tenere d’occhio il ragazzo. Per la serie ‘unire l’utile al dilettevole’!
Nonostante le proteste di Seth per l’essere stato trattato come una specie di bambolotto di pezza, la tensione si allentò immediatamente.
Le vampate di calore scomparvero. La tipica aria fresca di La Push entrava dalla finestra del soggiorno e solleticava il viso della ragazza dandole sollievo. Rebecca si tranquillizzò quasi subito e rivolse un sorriso riconoscente alla sorella, la quale scrollò le spalle come se non avesse fatto nulla di speciale.
In realtà Rebecca avrebbe dovuto ringraziare Paul, ma non si sentiva pronta a trattarlo come una persona normale. Prima voleva essere sicura che fosse davvero normale - ne dubitava fortemente -, poi, forse, in un futuro molto lontano...



Il pomeriggio trascorse lento e noioso.
Rachel era impegnata a preparare la cena. Rebecca la seguiva come un’ombra, ufficialmente per darle una mano, ufficiosamente per mantenersi alla larga da Seth che non voleva sapere di andarsene.
«Non ce l’ha una casa?», chiedeva scocciata.
Jacob orbitava tra il soggiorno e la cucina. Sembrava indeciso tra il passare del tempo con la sorella che non vedeva da tre anni e il litigare con Seth per convincerlo a sloggiare.
Paul era la tranquillità fatta persona. Con lo sguardo sempre fisso sul televisore, ogni tanto sbiascicava qualche avvertimento a non esagerare con i battibecchi. Solo in quel caso i due ragazzini facevano fronte comune per aggredire verbalmente il fidanzato di Rachel.
«Non puoi dirmi cosa fare, questa è casa mia!», gli ricordava Jacob.
«Chi ti credi di essere? Non sei il mio capo, non puoi darmi ordini», esclamava Seth, digrignando i denti.
Fortunatamente la piccola Nessie era tornata a casa e quindi non poteva assistere agli schiamazzi di quei tre pazzi. Jacob aveva telefonato alla sua famiglia, spiegando il perché non potesse riaccompagnarla personalmente. Dieci minuti dopo, il padre più giovane e bello che Rebecca avesse mai visto era venuto a riprendersi la figlia.
Il ragazzo aveva rivolto un educato saluto a tutti i presenti. Quando, però, il suo sguardo si era posato su Seth, un’espressione stupita si era dipinta sul suo viso perfetto. Aveva scosso la testa con aria profondamente turbata e poi se n’era andato prendendo in braccio la piccola Nessie.
«Accidenti!».
«Già!», commentò Rachel, annuendo con convinzione.
A quanto pareva, Rebecca non era l’unica ad aver notato l’anomala bellezza del ragazzo-padre.
«Per favore, non cominciare anche tu», la rimproverò Jacob, stizzito.
L’argomento Edward Cullen venne subito accantonato.
Poco più tardi, quando la cena era quasi pronta e Rebecca stava apparecchiando la tavola, ignorando lo sguardo di Seth che la seguiva costantemente, il tipico rumore di frenata annunciò il ritorno di qualcuno. Il motore dell’auto si spense e le portiere vennero chiuse, mentre voci familiari conversavano allegramente. Infine, dei passi sul portico, e la porta si aprì.
Per un soffio Rebecca non fece cascare i piatti per terra.
I due uomini - uno in piedi, l’altro sulla sedia a rotelle - si bloccarono sulla soglia di casa, visibilmente stupiti di vedere il soggiorno così affollato.
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Rebecca era terrorizzata e non sapeva come comportarsi. Suo padre non si era ancora accorto di lei. Doveva attirare l’attenzione su di sé e salutarlo? In realtà avrebbe preferito fuggire e non tornare mai più. Purtroppo, però, quell’opzione non era più disponibile.
Quando aveva deciso di far visita alla sua famiglia doveva essere sotto l’effetto di qualche strana sostanza stupefacente, non poteva essere altrimenti. Perché, adesso che il grande momento era arrivato, non riusciva a ricordare nessuno dei dieci buoni motivi che l’avevano spinta a salire sul quel dannatissimo aereo.
Gli occhi dei due uomini vagarono per la stanza, fin quando non si posarono su di lei.
«Rebecca? Sei veramente tu?», aveva chiesto sbalordito Charlie Swan.
«Sa-salve, Capo Swan. È un piacere rivederla», farfugliò lei.
«Questa sì che è una bella sorpresa, non è vero, Billy?».
Ma Billy Black non sembrava dello stesso avviso.
«Ciao papà», mugugnò la ragazza.
Suo padre la fissava intensamente con un’espressione indecifrabile.
«Sei incinta», costatò.
«Sorpresa», sussurrò lei. Un sorriso forzato le increspava le labbra.
«Congratulazioni! Quanto manca?», domandò Charlie.
Rebecca non ricordava che l’Ispettore Capo fosse stato mai così estroverso. Forse il suo era solo un disperato tentativo di allentare la tensione.
«Ehm, meno di due mesi», rispose distrattamente. Stava cercando di indovinare i pensieri del padre.
«Lui non c’è».
Un’altra concisa costatazione da parte del Grande Capo.
Seth ringhiò appena. Billy Black inarcò un sopraciglio e gli rivolse un’occhiata perplessa.
«A cuccia, Seth», lo richiamò Paul, che miracolosamente aveva spento il televisore e stava assistendo a tutta la scena con grande interesse.
«Ti riferisci a Sol, papà? No, non c’è. Il suo lavoro lo tiene molto impegnato nel periodo estivo», spiegò Rebecca, con tono sprezzante.
Non aveva mai sopportato l’atteggiamento del padre nei confronti di suo marito e quando si trattava di difendere Sol, la ragazza tirava fuori le unghie.
«E ha lasciato che sua moglie incinta prendesse un aereo da sola?».
«So badare a me stessa, papà. Sono cresciuta.», replicò lei, furiosa.
«Lo spero. Per te e per la creatura che porti in grembo».
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Rebecca represse a stento l’istinto di urlare. Come osava mettere in discussione le sue capacità di madre?
“Inspira, espira. Inspira, espira”.
Intanto Billy era tornato a osservare Seth, che si agita nervosamente sulla sedia.
«Che gli è preso?», chiese, rivolgendosi a nessuno in particolare.
«Ehm, è rimasto, come dire, colpito da Rebecca», rispose Jacob, imbarazzato.
«Intendi…».
«Sì».
Rebecca era confusa. Che diavolo c’entrava Seth con la loro discussione?
«Grandioso!», esclamò Billy, esasperato. Charlie gli diede qualche pacca sulla spalla, come a volerlo consolare. «Se solo potessi, mi alzerei da questa maledetta sedia e scapperei a gambe levate*. Che cosa ho fatto di male per finire in questo branco di spostati?».
E continuò a borbottare in quel modo, fin quando non raggiunse la porta della sua stanza e non vi si chiuse dentro.
«Però!», esclamò improvvisamente Rebecca, tirando un sospiro di sollievo. «La vecchiaia lo ha addolcito parecchio!».
Un silenzio imbarazzato seguì la sua battuta.
Poi Paul scoppiò a ridere come un demente.



I giorni seguenti trascorsero lentamente o troppo velocemente, a seconda dei punti di vista.
Rebecca e suo padre non si rivolgevano la parola. Di solito quando provavano a discutere finivano sempre con il litigare, quindi quel silenzio forzato era un netto passo in avanti nel loro rapporto padre-figlia.
Nonostante ciò, Rebecca stava male per l’atmosfera tutt’altro che allegra che si era instaurata in casa Black. Era tornata a La Push per riallacciare i legami con la famiglia, e soprattutto con il padre. Non voleva che suo figlio crescesse lontano - fisicamente e sentimentalmente - dal nonno. Rebecca aveva sofferto molto per la mancanza dei suoi familiari ma, a quanto pareva, il Grande Capo stava meglio senza di lei.
L’ultima volta che si erano visti Rebecca stava riempiendo una valigia, urlando che avrebbe sposato Sol anche senza la benedizione del padre e del Consiglio degli Anziani. Billy l’aveva minacciata: se avesse osato rinunciare al college e al suo futuro per un piantagrane qualunque, allora non avrebbe dovuto disturbarsi a tornare a casa.
Per questo la ignorava? Perché era tornata anche se lui le aveva intimato di non farlo?
Incomprensioni a parte, Rebecca voleva molto bene a suo padre. Non potevano mettere da parte il passato e provare a ricominciare da capo?
«Concedigli un po’ di tempo», la incoraggiava Rachel.
«Ma io non ho tempo», replicava seccata Rebecca. «Volare dopo la trentesima settimana di gravidanza non è consigliabile. Rimarrò solo qualche altro giorno, Rachel. Sol è preoccupato per me: pensa che tutto questo stress non mi faccia bene. E ha ragione».
«Così presto? Jake ci rimarrà malissimo, per non parlare di Seth. Sei proprio sicura che…».
Ecco un argomento che Rebecca cercava di evitare in ogni modo possibile e che invece Rachel, Jacob e perfino Paul riprendevano in continuazione. Seth!
Quante altre volte avrebbe dovuto ripeterlo? Non provava nulla per quel ragazzino troppo cresciuto! Le faceva una gran tenerezza, certo, quando non diventava appiccicoso come una gomma da masticare. Lo trovava simpatico e divertente, d’accordo, quando non lo sorprendeva ad annusarle i capelli.
C’era qualcosa di davvero strano e inquietante nel suo comportamento, ma gli altri sembravano - o fingevano di - non notarlo.
«No, no e ancora no! Insomma, vi siete messi tutti d’accordo? Volete convincermi a commettere adulterio? Che diavolo è successo alla brava e onesta gente di questo posto?».
In quei casi, Rachel scrollava le spalle e riprendeva a svolgere le sue mansioni senza aggiungere altro.
“Qui gatta ci cova!”.



Dopo una settimana di permanenza a La Push, la situazione con il Grande Capo non era migliorata e Rebecca - nonostante il disappunto del fratello Jacob, che non era ancora disposto a vederla andare via - aveva deciso di ripartire per le Hawaii. Sarebbe salita su quell’aereo anche prima - sapeva riconoscere una causa persa quando la incontrava -, se non fosse stata invitata, insieme al resto dei Black, alla festa di fidanzamento di Emily Young e Sam Uley. Rebecca non poté fare altro che rimandare la partenza al giorno dopo la festa.
Quella sera il giardino di casa Uley era pieno zeppo di gente: una marmaglia di persone alte e massicce si accalcava sul buffet. Erano stati invitati anche i Cullen. La gente di La Push - in particolare Billy Black - aveva abbandonato gli stupidi pregiudizi nei loro confronti. Rebecca si accigliò nell’apprendere quella notizia: suo padre era riuscito a perdonare dei presunti vampiri, ma non la figlia scapestrata?
Jacob pretese di ballare con lei per buona parte della serata, nonostante la ragazza si lamentasse del mal di schiena e delle caviglie gonfie.
«Se avevi in mente di torturarmi, sappi che ci stai riuscendo alla grande», scherzò Rebecca.
«Me lo devi, Rebby. Sei stata via tre anni», replicò lui, ridendo. Ma durò poco, perché Jacob si fece improvvisamente serio. «È a causa del vecchio se scappi via un’altra volta?».
Rebecca non sopportava di vederlo così preoccupato. Gli accarezzò la guancia per consolarlo, come faceva quando era più piccolo e si sbucciava il ginocchio cadendo dalla bici.
«Jake».
Il ragazzo la strinse in un abbraccio caldo e stretto. «Mi mancherai».
«Anche tu, fratellino».
Rimasero così, abbracciati, dondolandosi impacciati a ritmo di musica, fin quando qualcuno non tossicchiò per attirare la loro attenzione.
«Non credi di averla monopolizzata abbastanza, Jacob?».
«Hai una fidanzata per ballare, no?».
Dopo tanti anni, Jacob era ancora geloso della sorella. Rebecca scosse la testa, divertita.
«Nessie ti cerca», gli comunicò Sam. «Credo che si senta un po’ trascurata».
La finta aria impensierita di Sam fece ridere Rebecca. Al contrario Jake prese molto sul serio la notizia. Sgranò gli occhi, preoccupato, e cominciò a guardarsi intorno cercando di individuare la bambina tra la folla. Quando la vide, sbiascicò delle scuse ingarbugliate e correndo via raggiunse Nessie in pochi secondi.
Sam e Rebecca cominciarono a ballare, tentando di non urtare le altre coppie. La ragazza non aveva mai visto tante persone stipate in uno spazio così piccolo.
«Sono arrabbiato con te», esordì Sam. «Sei qui da una settimana e ti vedo solo il giorno prima della tua partenza?».
Rebecca sorrise. Sam non parlava seriamente, era ovvio.
Il loro rapporto si era evoluto in modo particolare. Era nato come una semplice amicizia tra ragazzini. In seguito, era cresciuto, diventando qualcosa di più profondo, molto simile all’amore. Alla fine si era trasformato, definitivamente, in affetto fraterno.
Sam era una specie di fratello maggiore per Rebecca. Non c’era malizia o attrazione nei loro gesti, solo felicità di essersi rincontrati dopo tanto tempo.
«Il matrimonio ti fa bene. Sei sempre stato un ragazzo così cupo, adesso sembri più… sereno», commentò Rebecca. «Sono contenta per te».
Lui si limitò ad annuire con un sorriso aperto e sincero sulle labbra.
«Ho intravisto Leah tra la folla. Rachel mi ha detto che sarà la prima damigella di Emily».
Il volto di Sam si oscurò all’improvviso e Rebecca si diede mentalmente della stupida.
«Scusa, non avrei dovuto», cercò di rimediare, abbassando lo sguardo.
«Non preoccuparti. Leah è una ragazza forte. Ti hanno raccontato che a settembre comincerà il college? Ha affittato un appartamento a Seattle con due amiche. Ha ripreso in mano la sua vita», si fermò un attimo a fissare qualcuno o qualcosa alle spalle di Rebecca. La ragazza si voltò verso quella direzione.
Leah parlava con due ragazze, probabilmente le amiche di cui lui aveva appena accennato.
Sam sospiro. «A volte, però, ripensare a quello che le ho fatto… mi rattrista», spiegò, rabbuiandosi ancora di più.
«Ecco il Mister Musone che conosco. Mi stavo giusto chiedevo dove fosse finito», esclamò Rebecca, tentando di sdrammatizzare. Fortunatamente ci riuscì.
«Ti è sempre piaciuto inventare nomignoli, non è vero Grande Capa?».
«Dovevo pur trovare un modo per non annoiarmi a morte in questo buco di paese».
Scoppiarono a ridere e l’attimo di tristezza fu presto dimenticato.

«Mister Musone?».
«Non è colpa mia se tieni sempre il broncio».
Due ragazzini stavano passeggiando lungo la battigia della spiaggia di First Beach.
Sam, alto e allampanato, leggermente imbronciato per il soprannome che gli era stato affibbiato, camminava con passo calmo e controllato.
Rebecca, dalla corporatura minuta, più bassa di Sam di diverse spanne, saltellava al fianco del ragazzo con fare esuberante.
Sua madre diceva sempre che era una bambina iperattiva.
“Bambina!”.
Rebecca sbuffò a quel pensiero.
Lanciò un’occhiata in tralice a Sam, che fissava l’oceano con sguardo triste.
«Non ti sei offeso… vero?», domandò preoccupata.
Sam aveva un animo molto sensibile, con una spiccata tendenza alla solitudine e alla malinconia. L’idea di averlo ferito in qualche modo la faceva stare male.
«No, non è colpa tua», la rassicurò lui, senza smettere di scrutare le onde.
Finalmente Rebecca capì. Quando Sam guardava il mare, voleva dire che stava pesando all’uomo che aveva abbandonato sua madre. Il ragazzo non lo chiamava mai
‘mio padre’. Perché avrebbe dovuto, se non lo era mai stato?
«Sai quale soprannome ho dato a Billy?», chiese lei per distrarlo.
«No, quale?».
«
Grande Capo».
Sam inarcò un sopraciglio. «Perché è il Capo del Consiglio degli Anziani?».
«No, perché quando prende una decisione, non c’è modo di fargli cambiare idea».
Sam ridacchiò sotto i baffi.
«Un po’ come te, allora… anche tu sei una
Grande Capa!».

Anche in quel caso i cattivi pensieri erano stati scacciati da risate spensierate e teneri baci a fior di labbra.



La festa andava avanti già da diverse ore.
Rebecca era esausta. Per miracolo aveva trovato una sedia libera e così, messa in disparte, concedeva una piccola tregua a schiena e piedi e contemporaneamente studiava i volti delle persone che si aggiravano per il giardino.
Conosceva circa metà degli invitati ma lei si sentiva ugualmente un’intrusa… un’estranea. I suoi familiari e gli amici le volevano un gran bene - non aveva dubbi in merito -, ma Rebecca si sentiva fuori posto.
Forse era troppo tardi. Forse aveva aspettato troppo tempo per tornare.
Sembrava quasi che in quei tre anni si fosse creato un muro tra Rebecca e le persone cui voleva bene. Perfino gli schivi e misteriosi Cullen si erano inseriti meglio di lei.
Oppure… forse erano solo la paranoia e la frustrazione per non aver risolto i problemi con suo padre a darle quell’impressione.
Lontano da dove si trovava Rebecca, vicino al tavolo dei regali, Billy stava conversando con il Dottor Carlisle Cullen.
La piccola Nessie lasciò andare la mano della madre e corse ad abbracciare le gambe del dottore, che le arruffò affettuosamente i ricci rossicci. Non contenta, la bimba si rivolse a Billy: tendeva le braccia in alto nel tentativo di raggiungerlo. Il Grande Capo sfoderò un caldo sorriso. Senza pensarci due volte afferrò la bambina e la fece sedere sulle sue ginocchia. Nessie posò una manina sulla guancia dell’uomo e questi cominciò a parlarle come se lei gli avesse chiesto qualcosa.
Chissà perché, quella scenetta così dolce e stucchevole trasmise a Rebecca una grande tristezza…
«Perché non me lo hai detto?».
Rebecca sussultò, presa alla sprovvista.
«Seth! Mi hai spaven…». Lasciò la frase in sospeso. Il ragazzo sembrava sconvolto. «Che cosa… che cosa ti è successo?», chiese preoccupata.
«Volevi andartene senza avvertirmi. Perché?», domandò lui, disperato, come se la ragazza lo avesse pugnalato alle spalle.
Stava per scoppiare in lacrime. Rebecca si mise faticosamente in piedi e tentò di spiegarsi.
«Seth, mi spiace. Credevo fosse meglio così. Sono incinta, ho un marito, sono sicura che presto incontrerai la ragazza giusta per te».
«No», sussurrò Seth. Scuoteva la testa e teneva gli occhi chiusi. «Non puoi lasciarmi».
Serrava i pugni e la mascella, le lacrime rigavano le sue guance e le spalle sussultavano come se stesse singhiozzando.
Non era una reazione normale. Seth sembrava… innamorato!
Era assurdo. Si conoscevano soltanto da una settimana. Com’era possibile che Seth provasse per lei un sentimento tanto profondo e sincero?
Ben presto l’istinto materno verso quel ragazzino troppo cresciuto ma triste ebbe la meglio. Rebecca voleva consolarlo, desiderava scacciare il dolore e renderlo felice. Allungò una mano per accarezzarlo…
Ma lui fu più veloce.
Afferrò il polso della ragazza e la trascinò fuori dal giardino, in direzione del bosco.
«Seth! Che cosa stai facendo? Mi fai male!», protestava Rebecca, tentando di divincolarsi.
Seth non le dava ascolto. Continuava ad avanzare, tirandosela dietro senza che lei potesse opporsi. In un attimo di lucidità, Rebecca si rese conto che la pelle di Seth era bollente. Proprio come quella di Jacob, Paul e Sam.
La ragazza si guardò indietro. Purtroppo nessuno si era accorto di nulla. Adesso cominciava ad avere paura.
«Lasciami, lasciami!».
Dopo un tempo che le parve infinito, Seth mollò la presa sul suo braccio.
Si trovavano in mezzo al bosco, intorno a loro c’erano solo alberi. L’oscurità li avrebbe avvolti completamente, se non fosse stato per le luci fioche che provenivano da casa Uley e che rendevano appena visibile la sagoma del ragazzo.
«Che diavolo ti è saltato in mente, Seth?», urlò improvvisamente lei, più per terrore che per rabbia.
«Devi sapere. Tu devi sapere prima di decidere».
La voce di Seth era cambiata. Era… strana, bassa. Roca.
Rebecca tremava dalla testa ai piedi.
«Sapere cosa? Ho già deciso, Seth. Niente mi farà cambiare idea».
Parlare era l’unico modo per non cedere al panico, ma quando la ragazza captò dei movimenti e si rese conto che il ragazzo si stava togliendo i vestiti, le sue gambe cedettero e lei cadde in ginocchio.
«Ti prego», farfugliò.
Chiuse gli occhi.
Attese, ma non accadde nulla.
Attese ancora.
Niente.
Passarono diversi minuti, durante i quali Rebecca avvertì, lì dove immaginava trovarsi Seth, soltanto uno spostamento d’aria e un rumore molto simile a uno strappo secco e deciso.
Infine udì un guaito.
Poi un altro.
E un altro ancora.
A un ritmo regolare e preciso.
Rebecca aveva la bizzarra impressione che quei versi la stessero pregando di aprire gli occhi. E contro ogni logica lei lo fece: non aveva mai temuto gli animali, aveva pensato irrazionalmente in quel frangente.
Quando però gli occhi si abituarono al buio e Rebecca riuscì a scorgere la nuova sagoma che le si stagliava di fronte e che aveva sostituito quella di Seth, la ragazza si disse - avvolta da una momentanea calma irrazionale - che di quell’animale, sì, doveva avere molta paura.
Il terrore ebbe il sopravvento.
Provò a urlare, ma un nodo le occludeva la gola.
E mentre la spaventosa creatura continuava a fissarla intensamente senza muovere un muscolo, Rebecca pensò che niente potesse andare peggio di così.
Si sbagliava ovviamente.
Al peggio non c’è mai fine: lo capì nel preciso momento in cui qualcosa di liquido e caldo prese a scorrere lungo l’interno coscia.
Perdeva acqua - pensò, ormai preda dell’isterismo -, aveva bisogno di un idraulico.





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Note di fine capitolo:
*Se solo potessi, mi alzerei da questa sedia e scapperei a gambe levate: con questa frase cito quanto detto da Dackota nella sua recensione al precedente capitolo. Grazie cara, stai diventando la mia fonte di ispirazione!





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Nota autore:
Ah, questi giovani licantropi impulsivi, che agiscono senza pensare! Sono una vera e propria fonte di guai^^
Sono passate esattamente due settimane dall’ultimo aggiornamento. Non potete lamentarvi, perché ho rispettato i tempi previsti.
Il capitolo è un po’ più lungo rispetto agli altri due e ci sono parti poco allegre, spero che non vi dispiaccia.
Non c’è molto da aggiungere, quindi vi cedo la parola.
La prossima puntata tra due settimane.

Ringraziamenti.

Per edwardina4e: ciao! Anche a me piace molto Seth: è dolce e tenero. Pensando a lui, mi viene in mente un orsacchiotto morbidoso da strapazzare di coccole. Grazie per la recensione, vannagio.

Per neo_princi89: ciao anche a te! Non tutti possiamo amare Bella incondizionatamente. Sì, Rebecca è rimasta sconvolta da diverse cose. In questo capitolo, ad esempio, non le ho risparmiato niente, poverina! Sono contenta che la mia storia ti diverta. Grazie per la recensione, vannagio.

Per Dackota: ciao carissima! Ti ringrazio per la recensione stupenda che mi hai lasciato. Purtroppo questa volta non sono riuscita ad aggiornare altrettanto velocemente, ma come tu ben sai, sono molto impegnata. Sono felice che l’incontro/scontro di Rebecca con le realtà “La Pusciane” ti abbia fatto sorridere: la poveretta si è davvero pentita di essere tornata XD. Beh… Paul è Paul e non potrebbe agire diversamente. Gli piace un mondo far incavolare le altre persone, in particolare Jacob. Sono contento che il flash-back sul primo bacio di Sam e Rebecca ti sia piaciuto: questa coppia mi stuzzica parecchio ;). A me piace leggere - e di conseguenza scrivere - storie che esplorano l’infanzia dei personaggi e credo che La Push sia un luogo ricco di potenziale da questo punto di vista. Nel mio piccolo, ci provo! Davvero pensi che il mio Jacob sia IC? Grazie! *me gongola felice* Ero un po’ in ansia a dire il vero, perché so quanto ci tieni a lui. Per le tue domande sull’imprinting di Seth dovrai aspettare, purtroppo. A proposito, grazie per lo spunto su Lazzaro “alzati e cammina”, come hai potuto leggere, l’ho inserito anche se in versione rivisitata. Grazie ancora! Visto che la citazione dei Green Day ti è piaciuta, vedrò di inserirne delle altre. Grazie, grazie, grazie! Bacioni, vannagio. P.S.: riguardo all’eventuale “What if” a quattro mani, ci sto, perché l’idea mi solletica il cervello! Prima però dovrei liberarmi da alcuni impegni. Ho troppe ff da completare, non ultime quelle per i contest (XD) e poi gli esami, ovviamente!

Per lady_violet: ciao anche a te! Paul è uno dei miei personaggi preferiti e lo adoro proprio per il suo carattere davvero irritante. Per le risposte alle tue domande, dovrai attendere, purtroppo. Grazie per la recensione e fammi sapere come ti pare questo capitolo. Bacioni, vannagio.

Per loli89: ciao! Che piacere leggerti anche qui. Sono felice che anche questa ff ti piaccia e che abbia stuzzicato la tua curiosità. Fammi sapere cosa pensi di questo nuovo capitolo e non preoccuparti: il lavoro è lavoro, prima il dovere, poi il piacere. Grazie. Baci, vannagio.

Per Razorbladekisses: ciao anche a te! Felice di aver catturato la tua attenzione. Grazie per la recensione. Spero avrai il tempo di farmi sapere come ti è sembrato questo capitolo. Baci, vannagio.

Per crazyfv: Ciao carissima! Anche tu qui? Me felicissima! Quindi la mia nuova ff ti piace? Purtroppo non sarà molto lunga, ma spero comunque di fare un buon lavoro. La scena del letto del primo capitolo mi è venuta quasi di getto. Sarà che ormai ho acquisito dimestichezza con Paul XD. Cmq, per la tua domanda, dovrai aspettare. Grazie per la recensione e i complimenti. Bacioni, vannagio. P.S.: quando aggiorni le tue ff?

Grazie a tutti quelli che leggono, preferiscono, seguono e ricordano questa ff.

A presto, vannagio.

   
 
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