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Autore: dublino    13/07/2010    2 recensioni
Mi sono sempre chiesta cosa successe la notte in cui Remus Lupin venne trasformato in un lupo mannaro. La mia fantasia ha lavorato molto, alla ricerca di una risposta. Cosa è successo veramente quella notte?
Un antica leggenda, una notte di terrore, un padre disperato.
Buona lettura.
Genere: Azione, Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Remus Lupin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Primus lune

 

Piccoli fuochi accesi, come spiriti danzanti, volteggiavano sui monticelli di legna accatastati sull'erba umida.
La notte, manto di nebbia folta, era scesa da molte ore oramai, ricopriva fumosa il piccolo villaggio di Hambleden nel Buckinghamshire.
Un gruppo di uomini sedeva accanto al fuoco… Molti tenevano gli occhi stranamente aperti, come alla ricerca di qualcosa di terribile che sfuggiva alla loro vista;altri cercavano di riscaldare invano le mani gelate. Faceva un gran freddo, quell’estate a Hambleden e non c’era un modo conosciuto per arginarlo, se non sfuggirlo in favore di una stanza riscaldata da un grande caminetto in pietra cotta.
Un uomo dall'aria preoccupata, alto e magro, dal contegno severo, montava la guardia…  sembrava in attesa.
John Lupin, questo il suo nome, era in piedi, nella brughiera erbosa da molte ore, non sentiva stanchezza… quello no. Ammettere che era stanco non gli era passato per la testa neanche un momento. Era la preoccupazione, casomai, che gli rendeva difficile e doloroso restare in attesa, scrutare invano le macchie erbose che lo dividevano da casa.
L'aria quella notte non era solo fredda, però, si sentiva nel vento qualcosa di pericoloso e sconosciuto, quello che le vecchie del villaggio chiamavano: Il respiro del diavolo. John rabbrividì al pensiero, da bambino aveva avuto diversi incubi a causa delle superstizioni senili delle donne di quel paese.

Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Si aggira la notte fra i solchi del tempo, saltella spassoso fra i teschi di brughiera…
Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Accompagna il leithfold in discesa silente, aiuta i mostri fra i letti e brandelle…
Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Porta via l’anima di uomini e ninnoli, di bimbi e bestiole.

La canticchiavano le ragazzine quando John era troppo piccolo per rendersi conto che il tono che usavano era velato di ironia, che il sorriso dipinto sulle loro labbra si arricciava quando lui girava le spalle in un melodico ridacchiare. Era lui, il credulone, il pauroso, il bambino ingenuo? Si era chiesto spesso osservando i ragazzi, scherzare e fare scommesse, chiacchierare durante le notti di luna piena e raccontarsi antiche storie sull’argomento in questione rabbrividendo di terrore…
No!  Semplicemente, sin da quando era stato capace di camminare con le sue gambe, John Lupin si era reso conto che non c’era da scherzare su questa leggenda antica di secoli, che non c’era motivo di rendersi ridicoli scappando a gambe levate ma… Non per questo bisognava chinare il capo e annuire quando gli adulti rassicuravano sull’infondatezza della leggenda.
C’era sempre stato il sospetto a navigare nel suo animo facendo compagnia alla normalità e lottandoci contro, provocando spesso un dissidio interiore non indifferente.

Quando i passi di John Lupin, deciso a sgranchirsi le gambe dopo il lungo vegliare, lo condussero vicino al piccolo aggregato di uomini silenziosi solo una voce lo raggiunse…
Il vecchio Frank stava raccontando ancora quella vecchia storia, quella leggenda talmente antica che si perdeva quasi nella notte dei tempi e che, anche per questo forse, suscitava tanta fascinazione negli animi di tutti, nessuno escluso.

“Si narra che nell’anno del signore 1315, venne concesso tramite una carta reale di allestire un mercato nel villaggio di Hambleden. Si trattava di un cambiamento importante, quasi una svolta nella storia del nostro piccolo cuore pulsante. Il mercato avrebbe portato vita, mercanti, visitatori e il villaggio sarebbe cresciuto, si sarebbe arricchito in modo inesorabile e certo. Il giorno prestabilito era il 24 agosto, proprio il giorno di San Bartolomeo. Quel giorno, il vento del nord, vorace e furente soffiava in modo forte spazzando via i resti della calura estiva che gli abitanti, i nostri concittadini antichi, si potrebbe dire i nostri avi, avevano dovuto sopportare. Il vento soffiava come non aveva mai fatto rovistando nella brughiera, racconta la leggenda, come se fosse alla ricerca di qualcosa di perduto e antico, ma vivo e pulsante come una ferita infetta. Il vento terrificante rovinava i raccolti, faceva volare i panni delle massaie, disperdeva i valori più nascosti di ogni famiglia da bene, faceva persino tremare le vetrate della vecchia St. Mary, la nostra ancora forte chiesa. Il mercato, come era stato profetizzato aveva portato un grande traffico nel nostro villaggio, sembrava che non solo i mercanti, visitatori e i curiosi si fossero riuniti, ma anche i barboni e i rifiuti più scandalosi del immondezzaio umano, e non, si fosse riversato proprio qui ad Hambleden! Ebbene, miei cari ragazzi, pensate alla paura, allo choc che colse gli antichi cittadini. Essi erano abituati alla tranquillità di un luogo pacifico, al silenzio ininterrotto… e in quel preciso istante orrori di ogni genere si riversavano sulle spalle dello *storto. Durante la giornata migliaia di persone soggiornarono nelle vecchie locande allora presenti, riempirono della loro presenza nauseabonda le strade e i locali. Se ti guardavi intorno vedevi facce spaventose, simili ai mostri presenti nei sogni dei ragazzini.
La leggenda dice che, quel giorno, il 24 agosto, proprio la notte di più di 600 anni fa, qualcosa di oscuro arrivò ad Hambleden, qualcosa di oscuro portato dal vento.
Il respiro del diavolo!”

Il vecchio Frank, uomo di molte primavere, smise un attimo di raccontare e alzò gli occhi, osservando uno per uno tutti i suoi compagni di pattuglia. Il suo volto parve rilassarsi non appena le labbra smisero di piegarsi nell’atto di parlare. Le rughe attorno agli occhi si stesero e si rilassarono lasciando che le mille piccole pieghe si prosciugassero nella carne del viso. Gli occhi illuminati da quello che doveva essere puro delirio del raccontare cercavano ancora segni ben visibili su quei volti attenti.
Sembrava estremamente soddisfatto di se stesso e non solo della grandezza di ciò che narrava la sua voce profonda e roca, invecchiata dagli anni come può esserlo in modo perfetto un vecchio scotch.

“Allora, ragazzi miei! Ricordate vero? Il famoso ritornello che le vecchie intonavano quando un vento abbastanza forte si alzava…” disse con tono lugubre, abbassando la voce ad un sussurro roco ben udibile e particolarmente spaventoso.

Gli uomini si scambiarono delle occhiate. Alcuni ridacchiavano e i loro occhi rilucevano grazie al brillante calore del sidro caldo, appena corretto e prontamente tracannato.

“Scommetto che John lo ricorda ancora, vero Johnny?!” esclamò l’anziano uomo rivolgendo all’altro uno sguardo complice e divertito.

John Lupin scosse il capo, un sorriso gli colorò le labbra, mentre smentiva le allusioni ironiche del vecchio amico. Frank annuì e guardò le fiamme danzanti. Sembravano dei piccoli spettri docili, gli venne in mente, mentre portava alle labbra un bicchierino di sidro alle mele.

respiro del diavolo, respiro del diavolo” cominciò ad intonare con la sua voce densa e roca, colma di nostalgia.

John Lupin si strinse nella sua posizione compassata, si promise che non avrebbe interferito, poiché era da sciocchi superstiziosi e infantili, interrompere gli sproloqui di un uomo anziano e brillo solo perché non si desiderava udire una storiella appartenente all’infanzia.

Anche se…  Quella non era una semplice storiella! Era una leggenda intessuta sapientemente nelle trame di quel piccolo villaggio e racchiusa nei ricordi di ogni cittadino, piccolo o grande che fosse.

“Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Si aggira la notte fra i solchi del vento, saltella spassoso fra i teschi di brughiera
Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Accompagna il leithfold in discesa silente, aiuta i mostri fra i letti e brandelle…
Respiro del diavolo, respiro del diavolo
Porta via l’anima di uomini e ninnoli, di bimbi e bestiole
Non nasconderti anche tu, presto ti troverò…”

Finì Frank con tono cantilenante osservando le fiamme brillanti. Si portò una mano al viso rugoso, carezzando le piccole e morbide pieghe che pendevano sotto il collo avvolte nella barba bianco sporco. Gli occhi del vecchio erano luminosi, persi nella leggenda.

“E poi? Cosa successe?” chiese Frederick Turpin abbracciandosi le gambe in un modo che ricordò a John le notti passate insieme a rievocare vecchie storie. Notti risalenti a una ventina di anni prima.
Scosse il capo, annoiato, osservando Frank il racconta storie girarsi soddisfatto verso il compagno e sorridergli in modo strano.

“Via, lo sappiano fin troppo bene, compagni miei!” esordì John interrompendo sul nascere la continuazione della leggenda.

Frank alzò lo sguardo, gli occhi rilucevano di una luce stravagante, quasi maligna. Una scintilla si impadronì di essi quando John  gli fece cenno di finirla lì, così da potere adempiere al loro dovere, alla loro ronda.

In verità aveva sperato che il suo tono passasse del tutto inosservato, ma come al solito aveva finito per sottovalutare il fiuto di Frank. Anche in passato, quando era ragazzino lo scopriva sempre e gli rivolgeva un sorriso soddisfatto, quasi un ghigno inquietante.

“Bene, bene ragazzi! Ecco a voi l’unico fra noi che non vuole rievocare il passato! E ditemi! Noi gli daremo retta? NO!” esclamò lasciandosi andare ad una risata rauca e sconnessa

“No” fece eco qualche voce divertita

“Fa in fretta allora! Vi ricordo che dobbiamo ancora affrontare il lato est della brughiera questa notte e non avrò nessuna pietà di voi finché non avremmo portato a termine il compito. Siamo intesi?” chiese John con tono sicuro.

“Si, si scocciatore che non sei altro! Eppure da bambinetto, io mi ricordo, restavi immobile ad ascoltare per ore quando te la raccontavo. E non volevi scostarti, eh? Ah ah ah  Era proprio una goduria osservare questo ragazzino bersi tutte le mie parole senza obbiettare un attimo, come invece fa ora” disse il vecchio uomo battendosi una mano su una gamba nodosa e sdraiata per terra.

John sbuffò e incrociò le braccia al petto. Era ovvio che non c’era niente da fare, tutti volevano sentire quella storia che conoscevano meglio di ogni altra.
Certe volte si chiedeva quante volte ancora avrebbe dovuto sentirla, prima che venisse archiviata definitivamente. In seguito a questa riflessione rammentava che sarebbe stato impossibile e che presto anche suo figlio gli avrebbe chiesto di narragliela.
Lui l’avrebbe fatto?
Scosse le spalle ed esiliò quel pensiero in un cassetto privato, come faceva sempre quando aveva altro a cui pensare…  Altro che non poteva attendere troppo.
Rivolse ancora lo sguardo verso Frank il quale se ne stava seduto con la bottiglia di sidro fra le gambe e gli occhi fissi nelle fiamme saltellanti, rosse e sinistre.
Era solo suggestione – si auto ammonì -   

“Qualcosa di oscuro portato del vento: Il respiro del diavolo, appunto. Ebbene, prestate attenzione… Quando la notte calò su Hambleden le donne chiusero le porte con fretta. I mercanti avrebbero dormito all’aperto per partire l’indomani allo spuntare dell’alba rossa. I bambini sgambettavano felici, avevano ancora le chiazze rosse sulle gambette, testimonianza dei bagni nel succo di more rosse e liquore fatto di nascosto dalle madri urlanti. Il vento crebbe, crebbe fino ad estinguere la sua voce ululante contro le finestre di legno duro, fino a infilarsi nei caminetti stretti e neri, fino a fare piangere i marmocchi nei letti. Quando la mezzanotte era arrivata ormai da alcuni istanti, l’ora delle ombre era appena cominciata e si estendeva su tutta Hambleden, scrutava nelle chiazze erbose della brughiera…  Pochi uomini era rimasti fuori, come noi stanotte, a fare da guardia alle porte chiuse a chiave, a tenere d’occhio i mercanti dormienti sotto i loro carretti vecchi. Il 24 agosto di 600 e più anni fa si dice che il respiro del diavolo arrivato al mattino scovò e uccise, ruppe e prese. La mattina dopo coloro che avevano avuto il buon senso, oppure la buona fortuna di restare chiusi in casa, trovarono come resti dei mercanti solo alcuni occhi, poche dita e …
Litri di sangue sparso per terra. Per mesi i segugi e gli uomini cercarono i resti e ogni tanto tornavano con pezzi di uomo, di bimbo, di donna, dalla brughiera. Come abbiano fatto ad arrivare fino a lì, nel profondo del bosco non si sa mica, eh! Ma io credo, cioè la leggenda lo dice… Fu il respiro del diavolo a portarceli e a spargerli come sommo avvertimento per gli altri. Mercati non avrebbero dovuto più essercene a Hambleden. Si racconta che persino lo spirito di San Tommaso Cantilupe venne rivoltato da quel malefico vento.
Si tenne una assemblea, una riunione, ma il mercato era troppo importante per le questioni economiche e si decise che lo avrebbero rimandato all’anno prossimo, al prossimo 24 agosto. Almeno ci sarebbe stata una strage all’anno e non una al mese.”

Il vecchio diede in una risata di gola. Portò alle labbra un bicchiere di caldo sidro e lo bevve in un'unica sorsata. Quando lo ebbe ingollato si espresse in una smorfia di piacere e alzò gli occhi su John.

“Vuoi proseguire tu, ragazzo?” chiese gettando a terra il piccolo bicchiere

John scosse il capo e istintivamente strinse la mano sulla bacchetta. I piedi sembrarono volersi contorcere nelle scarpe.
Era solo suggestione, o c’era dell’altro?

“Come ti pare John! In fine ogni anno, e non scherzo ragazzini, la strage si ripeté finché dopo il 1325, solo 4 anni dopo la riconferma della carta, il mercato fu interrotto. Io credo di comprenderne il motivo. La fama del villaggio si stava diffondendo in tutto il Buckinghamshire  e il podestà temeva che gli revocassero la nomina direttamente dalla camera dei comuni e dalla camera dei Lords.”
Aggiunse con tono saputo.
Gli uomini tacevano e John seppe che nonostante la sua età avanzata e la sua fama di racconta storie, il vecchio Frank aveva colto ancora nel segno. Era riuscito a impressionarli come aveva fatto nei precedenti trenta anni. John osservò le facce mute dei suoi compagni… Frederick e Sam scrutavano l’oscurità e alcuni altri si guardavano fra loro come cercando quella speranza di luce che non trovavano in se stessi.
“In fine. Oggi è il 24 agosto e nonostante tutto, nonostante l’assenza del mercato delle morti rosse, come lo chiamavano, nell’aria, in questo vento io lo posso percepire….”
Disse mostrando la lunga lingua chiazzata. La tirò fuori completamente e la mosse ritmicamente come se stesse leccando un gelato.
“lo sento. E’ quì. Il respiro del diavolo” disse cantilenando le parole con cura
La tensione era tangibile e se non avesse fatto qualcosa John avrebbe perso la possibilità di setacciare il lato est della brughiera.

 

 

 

John Lupin era un uomo razionale, deciso se pur riservato nei suoi intimi pensieri. Ricordava in modo lucido, come un sogno ad occhi aperti, le voci furiose, le litanie colme di segreti oscuri e pericolosi che volteggiavano nell'aria. Si allontanò osservando il piccolo fuoco e gli uomini seduti attorno. Avrebbe dato loro altro tempo per riprendersi e poi, poi avrebbero cominciato il percorso.
Quando era bambino, John Lupin aveva fuggito le vecchie zingare del villaggio, aveva nascosto il viso nelle pieghe della gonna di sua madre. Aveva avuto paura.
Sbuffò.
Frank era riuscito a impressionarlo un’altra volta ancora.
Appoggiò la fronte ad un albero ispirando a pieni polmoni il profumo di erica, di erba fresca, di brughiera. Dopotutto quel posto gli piaceva, era casa sua. Lo conosceva bene ma, non appieno. Non si poteva conoscere tutti i segreti della brughiera… nemmeno la Luna li conosceva – dicevano ancora le vecchie del villaggio – nonostante si portasse sopra di essa come circumnavigandola ogni notte di plenilunio.
Ad ogni respiro John sentiva questa verità penetrargli nei polmoni ed esaurire quel profumo di casa e di ricordo fino a disporlo al sospetto, alla paura e al… Presentimento.
Continuò a scrutare le tenebre a lungo, fornendo il suo lavoro come sentinella, così che gli altri potessero riprendersi dai racconti di Frank.

 

 

'Ehi, John!'
Frank lo chiamava a poca distanza dal luogo in cui stava montando la guardia.
Respirò profondamente per evitare di rispondere con irritazione a quel richiamo…  Sapeva che se ne sarebbe pentito molto dopo averci riflettuto.
Quell’uomo riusciva a indisporlo più del solito quella sera del 24 agosto.
'John, figliolo, và a riscaldarti. Guardati,  per tutti gli stivali puzzolenti di Merlino! sei gelido come il vento.' disse l'uomo avvicinandosi a John Lupin.
Gli tastò le guance come se stesse mungendo una delle sue grasse vacche, con sguardo critico per quanto si potesse notare nella semi-oscurità della profumata brughiera.
John annuì. Infilò frettoloso le mani nelle tasche dei pantaloni. Il vento pungente entrava dappertutto, gelando la pelle, e rendendola sfrigolante quasi come se cuocesse su una graticola.
Il respiro caldo del vecchio Frank gli fece capire che ancora non gli aveva dato una risposta convincente oltre a qualche piccolo grugnito di assenso. Si voltò cercando lo sguardo dell'amico e annuì.
'Arrivo. Va avanti tu, ti raggiungo' disse cercando di conferire al suo viso un espressione convincente. Il viso di Frank, vermiglio e sorridente, nonostante il freddo, nonostante l'ostile incombenza del pericolo si accese di un sorriso divertito, di chi la sa lunga.
'Sono io che ti do' il cambio Johnny, va ora' disse paziente.
John annuì ancora. Quando Frank parlava con quel tono non c'era verso di fargli cambiare idea. Si girò velocemente, il vento gli gelò il viso pallido, frustandolo, la sciarpa gli si attorcigliò attorno al collo.
L'odore di erba bagnata penetrava nelle sue narici, impedendogli di percepire altri odori, quasi come se la sua mente concentrata volesse prenderlo in giro per mezzo del suo naso. John Lupin rise di se stesso mentre sedeva sull'erba accanto agli altri. Una piccola fitta di dolore attraversò la colonna vertebrale mentre le gambe toccavano terra. Erano anni che soffriva di mal di schiena.
Cominciò a fissare il fuoco, le fiammelle volteggiavano vivide, colorando il suo viso pallido.
Il vento soffiava molto forte ora… Era sempre così a Hambleden mano mano che le ore della notte si avvicinavano il vento cresceva nella sua intensità fredda.
Il respiro del diavolo.
John Lupin rabbrividì impercettibilmente. Quel vecchio pazzo che gli aveva appena dato il cambio lo aveva impressionato ed ora si sentiva stranamente spaventato, quasi tremante. Maledetto vecchio! Non gli restava altro che il passatempo di spaventare le persone come divertimento e lo sfruttava al meglio.
Più tempo passava, più diventava bravo se possibile.
Afferrò una pezzetto smozzicato di legno e lo infilzò nel terreno cercando di farlo stare ritto fra due piccoli sassi sporchi di terriccio e appiccicati di foglie di molti colori.
Alcuni dei suoi compagni era già in piedi, decisi a continuare la ronda dopo una pausa che per John Lupin si era protratta molto più del previsto. Come al solito.
Quando il bastoncino cadde per l’ennesima volta sul viso di John si disegnò una smorfia di noia presto abbandonata in favore di una scherzosa, di comprensione verso se stesso. Si sentiva stanco, dopotutto. Aveva bisogno di tornare da sua moglie e suo figlio, di guardarli dormire sereni.
Sorrise immaginando nell’aria il profumo di mandorle della sua bella moglie, quello di bimbo e di purezza che respirava nella pelle di suo figlio.
Un forte urlo di terrore squarciò la tranquillità apparente della notte. John Lupin si alzò velocemente impugnando la bacchetta. I pensieri sereni era scivolati via in un lampo disperdendosi nel bagliore di luce appena visibile nella brughiera.
'cosa è stato?' chiese Michael Fox, il libraio.
John Lupin non rispose, piano, con passo felpato, cominciò ad avvicinarsi verso il luogo da cui proveniva l'urlo. ll cuore gli batteva nel petto come un tamburo.
Non sapeva cosa era successo, eppure, dentro di se il terrore che prima aveva annusato nell'aria cresceva forte.
Era suggestione o qualcosa di più?
Scacciò il pensiero come fosse stato un moscone gigantesco e lo sentì ronzare via, sbattere contro gli alti alberi dai tronchi robusti.
I passi di Lupin, leggeri e attenti scricchiolavano sull'erba mista a foglie secche della brughiera.
'aspetta John... Arriviamo anche noi' gli urlò dietro Sam Murrey.
Lupin annuì alla notte, rallentò il passo...
Il viso venne piano illuminato dalle piccole luci delle bacchette degli uomini.
Non bisognava lasciare indietro i compagni in un momento di pericolo, era fondamentale.
Bisognava guardarsi le spalle a vicenda, sempre.
'Cosa è stato?' chiese ancora Fox, le mani a stringere convulsamente la bacchetta. John non rispose. Un piccolo rumore lo fece sobbalzare, rise di se stesso quando si accorse che si trattava di un coniglietto selvatico in gita durante la notte, nella brughiera.
'Sam?' chiamo John Lupin, accostandosi contro il tronco ruvido di un albero.
'sono quì, John' rispose quello, la voce calma e guardinga si confondeva con gli ululati del vento, con il rumore delle foglie.
'Frank non è più al suo posto' disse, con forzata calma.
Il cuore di John cominciò a battere più forte, mentre immaginava le varie possibilità che non riusciva, non poteva scartare.
Lo sento. E’ qui. Il respiro del diavolo
Le parole del vecchio Frank gli ronzavano nella testa incoraggiando il suo crescente terrore misto a presentimento cocente.
'mando qualcuno in ricognizione sul lato est della brughiera, che te ne pare?' chiese Sam con tono spiccio, deciso, fresco.
Questo suo lato caratteriale lo aveva sempre portato in cima nella lista riguardanti le amicizie di John.
Lupin annuì, la tempra, il coraggio che lo distinguevano tornavano ora a splendere nei suoi occhi.
'Certo, Sam. Credo sia giusto mandare qualcuno anche sul lato nord e ovest, visto che ci troviamo a sud...' disse veloce, tenendo la bacchetta alta.
'okay. Io e Michael veniamo con te’ disse poi, rinnovando l'incantesimo lumos sopra le loro teste.
Un altro urlo di terrore si infranse nell'aria gelida di quella notte.
John cominciò a correre...
Il vento frustava il suo viso, il cuore batteva all'impazzata, la paura di non arrivare in tempo lo dominava, le gambe lunghe gli dolevano per la forza che stava mettendo nella corsa.
'Michael corri, Michael accelera il passo, maledizione!' il tono alterato di Sam lo raggiunse lontano. Aveva lasciato un po' i compagni indietro, non poteva fermarsi. Qualcuno urlava di terrore, doveva correre in suo aiuto. Il sospetto che si trattasse di Frank era troppo forte per essere ignorato, rimbombava nella sua mente ustionandolo, ferendo i suoi pensieri. Poteva essere già tardi.
Un odore aspro e forte, quasi ferroso colmava l'aria mentre John compiva gli ultimi strascicati passi verso il luogo da dove aveva sentito provenire l'urlo.
Si era mosso seguendo una traccia del tutto priva di indicazioni precise. Aveva seguito il suo istinto addentrandosi nella brughiera non appena quelle urla avevano cominciato.
Respirò l'aria, cercava di dare un nome a quell'odore pesante, acre, che si mischiava al vento, all'odore di erba bagnata e di fango morbido.
Le scarpe di John calpestarono qualcosa di morbido, non vi fece caso.
Nella sua mente rimbombava solo una parola: sangue.
Il luogo dove John era giunto non era altro che il punto più profondo e solitario della brughiera.
Il villaggio di Hambleden era piccolo, ben sistemato, felice e protetto. Gli abitanti erano convinti di vivere in un luogo sicuro, calmo. Il paese contava 3.050 abitanti che vivevano in piccole graziosissime case poste al di fuori della brughiera verde.
Il villaggio, o paese – come si preferiva -  era ammonticchiato placidamente su una collina…
Le abitazioni più grandi e belle si trovavano a valle, vicine e ombreggiate dalla brughiera, quelle più piccole e folkloristiche erano sistemate sulla collina, illuminate come quella notte dalla luna piena.
Molto spesso gli uomini compivano una sorta di guardia, per controllare che tutto fosse a posto. Si aggiravano nella brughiera, con la bacchetta pronta e lo sguardo coraggioso.
Il villaggio aveva bisogno di loro, non si erano mai rifiutati.
Lo spiazzo dove John Lupin in quel momento era fermo, era privo di alberi.                                         Come un cerchio solitario e mortalmente misterioso accoglieva il corpo senza vita di Frank.
John Lupin alzò la bacchetta, spaventato e sul chi va là si portò oltre un piccolo masso grigio. Aveva bisogno di rendersi conto di quello che era successo.
'Salvio Hexia' mormorò avvicinandosi cauto al corpo del vecchio amico.
I passi risuonavano come lenti e profondi colpi di cannone nel cuore di John Lupin che si faceva avanti deciso e preoccupato.
Presto arrivò di fronte al corpo e un gemito lasciò le sue labbra.
Frank Grey era disteso per terra, il ventre completamente squarciato. John si mise una mano davanti la bocca e si abbassò sul corpo tastando il collo dell'uomo. Era impossibile che fosse vivo ma il desiderio di credere, quasi fanciullesco, che quell'orribile avvenimento fosse falso era forte in John Lupin. Alzò lo sguardo dal collo arrossato di sangue e sentì un dolore al petto. Il suo amico Frank era morto di una morte dolorosa e terribile. Era stato oggetto di un attacco da parte di una bestia, di sicuro un lupo mannaro.
'Protego totalum' disse ancora fissando come stordito l'amico, il suo corpo orribilmente dilaniato sul terreno scuro, di sangue. John fece un passo indietro e si rese conto che il viso di Frank era completamente rovinato, artigli di belva avevano scavato profondi tagli sulla carne rosea del vecchio uomo.
John si chinò ancora, il respiro ansante, il cuore colmo di un doloroso subbuglio.
Un gemito di dolore lasciò le sue labbra comprendendo appieno che il suo amico, quello che poco prima lo aveva indispettito con la storia tanto odiata e poi messo al riparo da un crudele destino, era morto.
Sentiva le lacrime agli occhi. Le ricacciò con forza comprendendo che ancora non era finita, che il presentimento che sentiva in gola a bloccargli il respiro non si era estinto.
Qualcosa di orribile era accaduto, qualcosa di orribile doveva ancora accadere.
Si tirò su ascoltando dei passi d'uomo avvicinarsi concitati.
'John!oh per l'amore del cielo...' esclamò Sam Murrey avvicinandosi al cadavere di Frank Grey.
'non può essere, madre divina!!' esclamò chinandosi sul corpo e cercando di stringerlo. Si rialzò non appena si fu reso conto di come era combinato. Girò il capo osservando terrorizzato Michael raccogliere un braccio dal terreno.
'cosa è stato? non potrebbe essere… un mannaro?' chiese senza distogliere lo sguardo dalla terribile visione del vecchio Frank
'si è ovvio' rispose John, camminando avanti e indietro.
L’odore che li circondava era terribile, pesante: un puzzo di sangue misto a foglie, vento, parti interne di corpi umani venute alla luce in modo brutale.
John fece pressione sul naso affinché quel terrificante olezzo non lo infettasse più. Odiava pensare che il ricordo di Frank sarebbe stato legato per sempre a quell’odore di morte, di bestia e di…
Un ululato terrificante risuonò lungo la brughiera. I tre uomini si strinsero l'uno contro l'altro, trascinando i piedi sull'erba gravida di sangue.
'Merlino...'sussurrò John Lupin brandendo la bacchetta
Michael stava in silenzio, John lo sentiva tremare contro la sua schiena.
'dobbiamo andare avanti...'sentenziò dopo dieci lunghi secondi di silenzio.
Gli altri due uomini sussultarono a quelle parole. Sam girò il viso nella direzione di John, il volto massiccio era stranamente fermo e serio, più del solito. Una mano si strinse sulla spalla di John. Lupin fissò lo sguardo sull'amico  e annuì.
' non vorrete andare avanti sul serio? una bestia è libera, gira nella brughiera!' esclamò impaurito Michael Fox. John gli lanciò uno sguardo piatto. Le mani stringevano con forza la bacchetta di ciliegio.
Non c’era tempo per meditare.
'lo so, Michael. Proprio per questo motivo dobbiamo trovarlo. Potrebbe raggiungere le case' disse John lanciandogli un occhiata colma di significato.
La sua casa... Quella dove riposavano sua moglie e il suo bambino, Remus. Era una della più vicine alla brughiera.
'non possiamo, non possiamo. E' una cosa da pazzi!guardate quello che ha fatto al povero Frank' cercò di convincerli Michael, i denti che sbattevano letteralmente l'un l'atro per il freddo e il terrore.
“Frank aveva ragione! E’ stato il respiro del diavolo ad ucciderlo. Noi non lo abbiamo ascoltato ed ora guardatelo. Maledizione!” gemette Michael stringendo i pugni.
Il vento continuava a soffiare forte, rendeva difficile muoversi velocemente e distinguere i movimenti fra le betulle e la rada terra colma di erica.
I piedi veloci di John si facevano strada sul terreno argilloso, a tratti sabbioso della landa semi deserta. Correva, cercando di evitare che i continui inciampi gli evitassero di arrivare in tempo.
La luna, alta e piena, sembrava sovrastare il cielo nero. Quella notte sembrava talmente grande e desolata, mai John Lupin aveva avuto tanta paura di qualcosa di così lontano eppure potente.
Le voci dei suoi amici, gli giungevano lontane, ovattate, quasi coperte dalla nebbia spessa e avvolgente che era scesa sulla desolata brughiera. Non diede loro retta, non si fermò ad aspettare i loro passi distanti.
Era molto strano, quella notte, il senso di paura che aveva covato sin dall'inizio, si era esteso piano in tutto il corpo. John Lupin aveva capito che la morte di Frank poteva disgraziatamente essere solo l'inizio di una serie di gravi sciagure, se non avesse corso veloce.
Mentre correva, cadendo e rialzandosi, tendendo le mani verso i longilinei arbusti, così rari in quella landa, cercava sostegno appigliandosi ai piccoli brughi, strappando nel tentativo mazzi di erica dal leggero profumo.
Gli ululati si susseguiva, echeggiavano agghiaccianti nella brughiera. Ad ogni sempre più vicino lamento della bestia, John Lupin guardava verso il cielo. La luna sembrava ingrandirsi di momento in momento, scavando nel cielo con una luce tanto bella quanto maledetta.
La corsa di John si fermò ad un tratto....
L’ingorgo fatto di lacrime, di paura, di presentimento era al massimo nella sua gola, sembrava che sarebbe esploso da un momento all’altro, soffocandolo. Era quello il momento che stava aspettando dal tramonto del sole, era quello che anche Frank aveva sentito nascere e covato dentro di se.
Prese la bacchetta, illuminò il sentiero che portava verso le prime case del villaggio.
La vallata brulla accolse il suo passo stanco, incerto, bisognoso di conferme.
Una figura bestiale era ferma su qualcosa che John non riusciva a vedere… Qualcosa di talmente piccolo e leggero, quasi invisibile.
Il lupo mannaro gli dava le spalle.
John riconobbe l’odore pestilenziale e indimenticabile che aveva potuto sentire nella conca erbosa dove Frank giaceva morto: lo stesso insieme di carne umana, di sangue e di morte, di bestia.
Bramoso e sanguinario il mostro era accucciato in una posa guardinga accanto alla sua piccola vittima. John alzò la bacchetta.
Se avesse dovuto morire sarebbe morto, ma con onore! Avrebbe tentato di uccidere quel mostro per vendicare la morte di Frank, per evitare che avvenimenti del genere potessero verificarsi ancora ad Hambleden.
Il suo cuore non aveva mai pompato così forte, il suo corpo non aveva mai tremato così intensamente, eppure alzò la bacchetta e gridò:
'Stupeficium!' urlò, forzando la voce. Era quasi senza fiato.
La bestia si alzò, il muso sporco di sangue riluceva malvagio, illuminato dalla luce della sua bianca signora. Gli occhi del mannaro erano rossi, sembravano iniettati di sangue e liquido rosso macchiava il pelo grigiastro e rado del mostro. John Lupin indietreggiò impercettibilmente, il sangue tremava nelle vene. Il capo del mannaro era tondo allungato grazie al muso appuntito e aperto in un rilucere di affilate zanne scintillanti sangue.
Gli occhi, brillavano di odio.. quegli occhi demoniaci, pervasi di fame, gravidi di rabbia e di vendetta.
Gli occhi di un reietto, di un folle, di un uomo e di una bestia.
Lo stava guardando, lo stava riconoscendo e sfidando.
John sentì il terribile e caldo fiato bruciargli il volto nonostante il lupo mannaro si trovasse a due metri di distanza da lui, ancora fermo.
Era un aroma di morte, di dissoluto e spaventoso.
L’inferno bruciava sulla lingua dell’essere oscuro che gli stava di fronte.
Il lupo mannaro si alzò sugli arti posteriori, le lunghe e magre braccia ricurve in avanti erano ricoperte di peli, bramose di uccidere. Lo sguardo di John si fisso sulle unghie…
lunghissime lame roventi che avevano il potere di strappare e artigliare, di sfilacciare pelle come se si trattasse di leggera gomma da masticare.
In un attimo…
Come una matita che viene spezzata, come un raggio di Luna che illumina un volto, il  lupo spiccò un salto terribile e come era apparso scomparve di nuovo nella brughiera.
John Lupin respirò a fondo. Non poteva credere che la bestia l'avesse risparmiato.
Non aveva con se nessuna arma adatta e la bacchetta non sarebbe stata abbastanza per finirlo, nemmeno per ferirlo superficialmente.
I suoi occhi come attratti da qualcosa di più grande e importante si volsero verso il corpicino raggomitolato sul terreno. Un lago di sangue lo ricopriva, scendeva in una pozza rosso carminio sulle piccole gambe, sulle braccia esili.
Un urlo disperato di padre, di uomo si infranse nella notte:
Era Remus, suo figlio.
Accanto un piccolo barattolo di vetro, era rotto, le lucciole che il piccolo amava catturare…  Volate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Piccolo spazio per me:

Buonasera ^ ^

Vi ringrazio tanto per avere letto la mia nuova one-shot!

Giuro che è la prima volta che mi cimento nella scrittura di un genere un po'... spaventoso?

Mi è piaciuto molto scrivere questa storia, devo ammettere di averci perso molto tempo a elaborare quella leggenda!

Alcune notizie però sono vere, eh! Per esempio il mercato nella cittadina di Hambleden c'è stato sul serio, come la sua revocazione pochi anni dopo. Io ci ho ricamato sopra con immenso piacere perchè è stato divertente.

*Lo storto si riferisce al villaggio, che ho trovato su Wikipedia viene chiamato anche così.

San Tommaso Cantilupe e la chiesa St. Mary non sono frutto della mia immaginazione.

Primus Lune - il titolo della storia - è l'anagramma di Remus Lupin. Notizia dovuta anche a Wikipedia. Si riferisce seconda la mia mente alla prima Luna di Remus, la luna che gli cambiò al vita e non solo la sua...

Questa one-shot era stata iniziata da diverso tempo e poi lasciata a languire nel mio pc... L'ho ripresa così tante volte che nemmeno le ricordo e alla fine ho deciso di pubblicare. Avevo cercato la risposta alle mie domande sulla trasformazione di Remus, avevo pensato a quella notte in cui la sua vita è cambiata tante e tante volte... Ne è uscito questo.

Spero di non avervi disgustato troppo! XD!

Fatemi sapere, mi raccomando.

Baci,

Dublino

 

   
 
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