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Autore: Ulvinne    14/07/2010    3 recensioni
Nel Togenkyo i demoni stanno impazzendo a seguito degli esperimenti per la resurrezione di Gyumao portati avanti dalla sua ambiziosa moglie Gyokumen Konshu e il Gruppo di Sanzo è chiamato ad intervenire. Tuttavia i nostri eroi non sono soli, a fare loro da alleati quattro ragazze, ognuna con un proprio passato, con le proprie paure e segreti, con i loro desideri. Un filo che sembrava essersi spezzato cinquecento anni prima sembra essere stato ricucito e la storia pare destinata a ripetersi, ma niente è da dare per scontato e le giovani ne sono la chiara prova.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Saiyuki:Reise
Commento dell'autrice/Ringraziamenti:


allooooooooora. Questa fiction è partita da un sepmlice abbozzo, ma ha cominciato ad essere un vero e proprio progetto grazie a Nicole Prince, che leggendola mi ha stimolata,cn minacce e complimenti, a continuarla, ma soprattutto voglio ringraziarla per le idee che mi ha dato (non avete idea quanto ci sstiamo lavorando XD)
Spero che appassioni voi come ha appassionato anche noi, so...Let's start!!
E lasciate un commentino please =3









Saiyuki:Reise.





Capitolo I: l’Esploratrice, la Vedova Nera, la Fuggitiva e la Veggente


Misi anche la borraccia nello zaino ed ero pronta.
-Tsuki, non partire.- ad implorarmi era stata mia nonna, una vecchietta arzilla di ormai ottant’anni che si era presa cura di me dalla morte dei miei. In verità non era mia nonna, ma ormai era come se lo fosse davvero ed io non la chiamavo mai con il suo vero nome.
Mi alzai e mi girai a guardarla.
-Devo andare, lo sai.- ribattei e quella sospirò.
-Si, ma vorrei che ci ripensassi.- mi chinai di nuovo per stringere le cinghia dello zaino e le afferrai con entrambe le mani cercando di nascondere il tremore.
-Anche se volessi probabilmente non potrei.- replicai con un sorriso amaro sulle labbra-Il mio viaggio verso est non è stato certo di piacere, nonna.
-Riguarda per caso la malattia che sta contagiando i demoni, figliola?- mi domandò rimanendo sull’uscio della stanza che fungeva da camera fin da quando avevo sei anni.
-Esattamente. Non so perché hanno scelto me, ma sostengono che io posso fare qualcosa.- risposi senza dare dettagli.
La situazione era molto più pericolosa di quanto la nonna credeva: ultimamente i demoni, che da secoli ormai convivevano nel mondo con gli umani, avevano iniziato a perdere il controllo e il loro vero io, noi stesse eravamo state vittima di numerosi attacchi che avevo sempre sventato da sola abitando isolate dal resto del villaggio, eppure la nonna non voleva trasferirsi, né mettere ulteriori protezioni alla casa. C’ero solo io a difenderla ed è per questo che non volevo partire per il viaggio, ma i tre saggi erano stati chiari: un ordine chiaro e netto, aggiungerei…

-Io sono onorata della considerazione che avete di me, ma non posso accettare il compito.
-Che cosa? Credo di non aver capito bene.- replicò il saggio centrale, accigliato.
-Avete capito benissimo.- replicai con tutta la sfrontatezza di cui ero capace-Mia vive sola in montagna ed io sono la sua unica protezione. Non posso lasciar…
-RIN TSUKI!- urlarono allora le tre voci quasi fossero una ed una grande aura di energia mi fece mancare il fiato e cadere a terra, quasi mi stessero soffocando con una catena invisibile-Non osare mai più rifiutare gli ordini che ti vengono assegnati! Chi ha dato agli uomini volontà, li ha resi veggenti, cechi, muti o sordi? Non sono forse gli Dei?! E ora va!- con quell’ultimo urlo venni sbalzata contro la parete, cosa che mi fece sputare sangue e tossire mentre mi sollevavo rimanendo però a carponi.
-C-chiedo…p-perdono, venerabili.- borbottai con voce rotta dal tossire e dalla rabbia repressa per quella prepotenza-Partirò.
-Bene!- tuonò quello centrale, poi una delle due donne prese parola, con tono più dolce e quasi materno.
-Sei più importante di quello che credi, Tsuki…il tuo destino è intrecciato con personaggi ed eventi altrettanto importanti.- cercava di rassicurarmi ed ammorbidirmi, quasi mi avesse letto nel pensiero.
-Che volete dire?- domandai allora, più turbata che arrabbiata, ma fu l’altra donna a rispondere.
-Ogni cosa a suo tempo, Tsuki…nel frattempo trova queste persone…- mi disse tre nomi-E poi con loro ti dirigerai ad ovest, per cercare  il gruppo di Sanzo.- strabuzzai gli occhi
-Il…gruppo di Sanzo?- domandai.
-Si, con loro saprete cosa fare. E ora vai.

Ed ero tornata a casa, ma solo per ripartire a giorni…il momento era arrivato.
-Nonna…- iniziai-Io devo andare, ma ho una richiesta.- la sentii ridere.
-So già cosa vuoi, Tsuki, e sai già la risposta.- mi rispose placidamente e sorridendo.
-Nonna, per favore!- esclamai girandomi e prendendola per le spalle-Ti prego vai al villaggio! Senza di me sarai facile bersaglio dei demoni! Al villaggio…
-Non cambierebbe nulla.- mi interruppe la nonna-Se i demoni vorranno uccidermi non sarà di certo il villaggio a fermarli.
Era vero.
Per quanto erano vere quelle parole mi fecero male. Sarebbe morta comunque anche al villaggio se i demoni avessero deciso di attaccare e io non potevo fare niente.
-Nonna.- sussurrai, poi mi inginocchiai abbracciandole la gonna-I-io…giuro che tornerò appena possibile, anche a costo di non mangiare e dormire…non ti accadrà niente.
-Lo so, Tsuki-chan…lo so.- mi disse quella mettendomi una mano sulla testa-Ora, ho qualcosa per te. Aspettami qui.- si sciolse dal mio abbraccio e andò nella stanza dove dormiva ed attesi.
Approfittando di quel momento di solitudine mi guardai nello specchio che dominava il salotto della casa: io, Tsuki Rin, orfana dall’età di sei anni, ero cresciuta nella spensieratezza fino ai venti che mi ritrovavo sulle spalle, così come molte cicatrici lasciate dai demoni contro i quali avevo combattuto. Avevo i capelli castani che arrivavano fino alla fine della schiena ed erano lisci ma costantemente spettinati , mentre gli occhi erano molto strani, ed erano quelli che ogni tanto mi portavano a pensare di essere un Kappa: erano color indaco, molto particolari, ma uno strano viola, più lilla che fucsia a dire la verità, screziava l’occhio intorno all’iride. Certo, sapevo che quelli dei Kappa erano proprio rossi ma di sicuro i miei non erano occhi umani…Poi ero di media altezza e corporatura. Tutto qui.
Per quel viaggio mi ero preparata con un completo stile esploratore: camicia sul color marroncino a maniche lunghe e a zampa di elefante ma aperta da sopra l’ombelico in giù, in modo che lasciasse la pancia scoperta, pantaloncini sul marrone che arrivavano sopra il ginocchio e scarpe piane e comode, naturalmente il tutto condito con un capello dello stesso tessuto.
Ridacchiai divertita a quell’immagine e solo in quel momento mi accorsi che mia nonna era tornata con una scatola tra le mani.
-Aprila.- mi disse una volta che mi girai verso di lei-Coraggio.- mi incitò vedendo la mia esitazione e allora ubbidii.
C’erano due pistole dentro, identiche, piccolissime e ricaricabili con proiettili strani…e furono proprio quei proiettili che mi fecero capire la vera natura di quelle armi.
Erano due Shoreijyu.
Le presi tra le mani e guardai la vecchietta che mi sorrideva.
-Queste erano mie ed ora sono tue…fanne buon uso!

ΩΩΩ

La lucertola correva placidamente sul muretto, ma si accorse presto dello sguardo di ghiaccio che la seguiva famelico, quasi volesse mangiarsela.
Il battito cardiaco della preda aumentò, mentre quello del cacciatore sembrava non esistere, come se uno avesse tolto il battito cardiaco all’altro, dato che sembrava non gli servisse.
Correre, correre, correre…
Fermarsi, svoltare…
Una fessura, una via verso la libertà e la vita, ancora pochi passi, ancora uno sforzo!
Uno stiletto trapassò il corpo della creatura, che per un attimo tentò di dimenarsi, poi si abbandonò al trapasso dopo una breve ma intensa agonia.
-Interessante.- sussurrò la ragazza prendendo nota degli spasmi del piccolo rettile-Davvero interessante.- gli staccò la coda con le pinze e la mise in un contenitore isolato di plastica, promettendosi di esaminarlo più tardi.
-Lui sarebbe fiero di me…se solo non lavorasse per quella donnaccia.- sospirò, poi una folata di vento freddo la fece rabbrividire in quella sera.
-Siamo ad agosto e c’è questo freddo?- pensò, ma notò che le condizioni climatiche erano tornate normali-Qualcosa cambierà, me lo sento.
In quel momento due demoni giunsero vicino a lei, circondandola. Ovviamente avevano avuto la furtività di due bisonti, ma la giovane non se n’era preoccupata minimamente.
-Ma guarda che bella pollastrella…ehilà, bambola, non ti va di divertirti?- le disse uno cingendole la vita, ma lei non si spaventò, anzi sorrise.
-Dimmi, bambolo…- prese un coltello e glielo piantò nel ventre,e lo stesso fece con il suo compagno-Lo sai perché mi chiamano the Black Widow?
I due erano rimasti scioccati dalla rapidità di quella che doveva essere la loro preda e che in quel momento si era rivelata cacciatore.
-N-no…- balbettò quello che aveva parlato per primo con un rivolo di sangue alla bocca-Tu…tu non puoi essere la…
-Beh, lascia che te lo dimostri.- replicò quella, impugnando di nuovo lo stiletto.
Dopo averli uccisi prelevò i tanto amati campioni di sangue e peluria, poi li ripose nella sua fedele cintura, ritenendosi soddisfatta per almeno quella giornata.
Non era un caso se aveva quel soprannome…non c’era predatore più adatto a lei dato che, forse per gusto e malizia o forse per caso, uccideva solo maschi.
Nessuno avrebbe mai riconosciuto in quella giovane scienziata la “Vedova Nera”.

ΩΩΩ

Correva.
Correva senza guardarsi intorno.
Il cuore in gola, il fiato corto e il vestito strappato e sanguinante in più punti la affaticavano più del dovuto, ma doveva correre…
Ne valeva della sua libertà, anzi molto di più, della sua stessa esistenza!
Non voleva tornare indietro, non voleva!
Ignorò la voce di lui che la chiamava sensualmente.
Non puoi fuggire da me,Roxanne…
-Lo so, dannazione, lo so!- pensò la ragazza stringendo i denti.
Ma doveva resistere.
Lui non l’amava,ma era stata il suo passatempo per cercare di andare avanti e non essendoci riuscito voleva tornare indietro…e lei non poteva permetterlo.
Bastardo schifoso!
E brutta sgualdrina lei che l’aveva ridotta in quello stato!
Tutta colpa sua!
Lei non era una bambola che prendeva il posto di un’altra bambola, era solo Roxanne, una donna con vita, desideri e sentimenti…
E tra i sentimenti c’era lui.
Lo stesso uomo da cui fuggiva.
Dove vai Roxanne, ti troverò…
-No, no…
Io ti ho trovato.
Si fermò sulla cima di un burrone e si guardò indietro.
E lo vide.
Bello come la notte, perché il giorno era troppo puro e chiaro per lui, gli occhi penetranti e il sorriso sensualmente perfido e opportunista!
Ed era per quello che l’amava…
-Non sei stata cortese a scappare.- dichiarò.
-Lo faccio per vivere.- replicò lei cercando di non far tremare la voce di fronte a lui.
-Roxanne, mia cara…tu non vivrai senza di me.- la dura verità, eccola lì.
Su un piatto d’argento, come la testa di Giovanni Battista davanti a Salomè.
-Tu vivi di me.- si avvicinò, ma a sorpresa la ragazza gli sfuggì dalla mani buttandosi all’indietro nel burrone…e lui, nella sua sorpresa, poté riflettere negli occhi lucenti il sorriso di lei che cadeva nel fiume.

ΩΩΩ

Hinata era seduta sotto un albero, e carezzava il suo gatto, che stava beatamente accoccolato sulle ginocchia della ragazza e faceva le fusa godendo dell’ombra che il faggio forniva per quella bonaccia d’agosto.
Ma qualcosa turbò quella quiete, quell’immagine di pace che si era creata: la giovane balzò in piedi, fissando con i suoi occhi grigi la luna e sorridendo, come se avesse atteso per anni quel momento, eppure una punta di preoccupazione velava quel sorriso pacato che avrebbe ammansito anche la più cattiva delle creature.
-E’ giunto il momento.- sussurrò con le mani giunte al petto e chiudendo gli occhi.
Era da un po’ che non succedeva.
Le visioni l’avevano lasciata in pace abbastanza tempo per farle credere che non sarebbero più tornate, ma si sbagliava.
-Che illusa.- pensò con una vena di tristezza. La notizia l’aveva rincuorata, ma questo significava aver visto qualcosa, qualcosa che gli esseri umani non potevano vedere se non quando sarebbe accaduto.
Perché lei, semplice sacerdotessa Fudoo, era in grado di prevedere il futuro portando con se fortuna e disgrazia, sollievo e sventura, perché le sue visioni si presentavano a loro piacimento inoltre non erano mai nitide, mai e solo in quella circostanza era riuscita a leggere il volto di una persona che presto avrebbe incrociato la sua strada.
Quello di una giovane donna con gli occhi indaco e viola.
- C’è altro, c’è altro.- tentò di concentrarsi, ma le porte del futuro restarono chiuse per lei, eppure era sicura che non era sufficiente, le era parso di intravedere altri due volti, o forse tre…
-Oh, accidenti!- si scansò una ciocca dei suoi lunghissimi capelli mossi color nocciola e sobbalzò, sentendo qualcosa sulle caviglie. Abbassò lo sguardo e vide solo il suo gatto che, turbato dallo scatto della ragazza e poi ignorato reclamava attenzioni strofinandosi contro le gambe della padrona.
-Hai ragione, piccolo mio, non dovevo ignorarti.- dichiarò prendendolo in braccio e continuando ad accarezzarlo, poi tornò a fissare la sera, un punto indefinito nel cielo.
-Molte cose stanno cambiando…è giunto il momento.- ripeté.
Anche se non aveva la minima idea di cosa potesse significare.


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