Serie TV > Numb3rs
Ricorda la storia  |       
Autore: y3llowsoul    16/07/2010    5 recensioni
Aprì gli occhi. Si accorse immediatamente che qualcosa non andava. Era confuso. Nonostante tutto stesse girando, lui poteva distinguere che la prospettiva che se gli presentava davanti era molto inconsueta. Chiuse di nuovo gli occhi, un po’ per le vertigini, un po’ perché non dovesse più sopportare quell'angolatura.
Un Eppes ha una malattia grave e non sa come dire agli altri. Come reagiranno loro?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Charlie Eppes, Don Eppes
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Leucemia 1

Disclaimer: Numb3rs non appartiene a me. Peccato. E non mi appartengono neanche le piccole sezioni delle canzoni che iniziano ciascun capitolo.
Timeline: Seconda o forse anche terza stagione. Non tanto importante.
E mille grazie di nuovo a Alchimista che ha fatto e sta facendo un buonissimo lavoro correggendo questa storia! …E no, non cambierò l’aggettivo “geniale” in un altro per descriverla :)

 

 
Capitolo 1


We stood side by side,

each one fightin' for the other.

And we said until we died

we'd always be blood brothers.

(Bruce Springsteen, Blood Brothers)

 

Il telefono suonò. «Eppes».

«Hey, Charlie, come stai?»

Era suo fratello Don.

«Benissimo, se non ci fosse tutto questo stress per le tante cose da fare. Allora sii breve. Perché mi hai chiamato?»

«Avremmo bisogno del tuo aiuto, Charlie».

Charlie sogghigno. Chissà per quale ragione aveva immaginato una cosa simile.

«Questo già lo so. Altro?».

Da quando Don si era accorto di come le capacità matematiche di suo – in questo aspetto così talentuoso – fratello potevano aiutare lui e il suo team, erano passati pochi casi nei quali non le avevano impiegate. E Charlie amava aiutarli, per varie ragioni. Certo, era felice di contribuire con la sua matematica alla soluzione di vari crimini, ma trovava anche molto avvincente essere sempre lì da vicino. E infine – anche se poco tempo prima avrebbe riso se qualcuno gliel'avesse detto – gli piaceva lavorare insieme a suo fratello e soprattutto poter ottenere l'attenzione di quello, qualche volta.

Anche dalla voce di Don si poteva sentire che stava sogghignando per la sua risposta. «Stai forse dicendo che noi saremmo completamente imbranati senza di te?».

In effetti questo succedeva spaventosamente spesso, soprattutto quando avevano bisogno di risultati velocemente – e in ogni caso, quando avevano a disposizione abbastanza tempo?

Don diventò serio di nuovo. «Si tratta di due casi di morte abbastanza strani in una struttura che un tempo ospitava missionari cristiani a Santa Barbara. Adesso lì si trova un ospedale privato e nella settimana scorsa due pazienti sono morti d’influenza anche se erano ricoverati lì per altre ragioni; e anche altri pazienti sono stati infettati dal virus. Abbiamo avuto una segnalazione anonima e volevamo verificare quanto fosse corretta. Può darsi che sia l'opera di qualsiasi serial killer pazzo. Però non escludiamo per ora che possa essere bioterrorismo».

«E cosa devo fare io in questa faccenda?»

«Abbiamo pensato che forse potresti capire come queste persone hanno potuto infettarsi».

«Certo, non dovrebbe essere un problema. Però, per questo avrei bisogno di più di informazioni. Devo parlare con le persone ammalate».

«Okay» rispose Don, sorridendo tra sé. Appena qualche istante prima Charlie si era lamentato dello stress e adesso ne aveva accettato ancora di più. No, questi professori – soprattutto suo fratello – probabilmente non li avrebbe mai capiti.

«Megan ed io vogliamo andarci comunque. Verremo a prenderti, dato che la CalSci è di strada». E inoltre, in quel modo è più sicuro per tutti gli utenti del traffico, pensò Don e ridacchiò.

 

Pochi minuti più tardi Charlie salì nella macchina dei due agenti dell’FBI. Durante il percorso per l’ospedale privato i due gli diedero informazioni circa i differenti quadri clinici dei pazienti. Una delle vittime, una donna sulla tarda cinquantina, era stata ricoverata a causa di una spalla fratturata. L'altra vittima, un uomo anziano, aveva sofferto del morbo di Alzheimer ed era stato in ospedale solamente per un controllo pratico. Gli altri malati avevano malattie di ogni sorte: fratture, danni ad organi, malattie della pelle. C’erano a mala pene due persone che soffrissero dello stesso male.

Arrivati nel piccolo ospedale, fecero visita per prima a Jessica Hayles, una donna di circa 35 anni, che era stata ricoverata per delle bruciature non molto gravi e che, adesso, soffriva d'influenza già da più di una settimana. I tre si presentarono con i loro nomi e Don e Megan mostrarono alla donna i loro distintivi. Poi, chiesero le domande.

Charlie notò velocemente ogni dettaglio: da quando Mrs Hayles soffriva d’influenza, che farmaci aveva preso, perché era stata portata proprio in quell'ospedale e tanto altro. Per i suoi calcoli, ogni dettaglio poteva essere importante. Infine, quando Don e Megan sembravano aver finito e stavano per alzarsi continuò lui a fare domande.

«E come, esattamente, si è fatta queste bruciature?»

Mrs Hayles, che ovviamente aveva dimenticato la sua presenza, si voltò verso lui in una confusione blanda. «E' importante?»

Dicendo questo guardò di nuovo Don e allora quello dette la risposta. «Tutto può essere importante».

«Va bene. E' successo quando stavo cucinando. Volevo fare degli spaghetti, quando la pentola mi è scivolata dalle mani. Potete immaginare dove è finita l'acqua bollente, alla fine».

Charlie annuì scrivendo. «Lei ha una famiglia?»

La donna lo stava fissando. «Mi dica un po', chi è lei?»

Charlie, che era stato a grattarsi il naso, guardò in alto staccando gli occhi dalle sue informazioni. Non l'aveva detto all'inizio? Arrossì leggermente. Questa donna aveva dovuto considerarlo un imbecille, forse un novellino dell'FBI.

«Io sono un matematico e occasionalmente aiuto l'FBI in qualche caso» rispose nel modo più dignitoso e allo stesso tempo più modesto possibile, una prestazione che non era di certo facile.

Jessica Hayles annuì come se avesse capito, ma la sua bocca rimaneva aperta e Charlie credette di poter di intuire dietro la sua espressione che la donna si stava chiedendo come, per tutto il mondo, un matematico potesse scoprire da dove veniva il virus.

 

Gli interrogatori dei pazienti e del personale dell'ospedale occupò quasi tutto il pomeriggio e non solamente loro, ma anche i due agenti dovevano spesso esser pazienti quando Charlie voleva sapere di nuovo tutti i dettagli. Più tardi diventava, più irritati diventavano loro finché Don non riuscì più a tenere per sé i suoi pensieri.

«Charlie, stai esagerando!» l'ammonì quando lasciarono la penultima stanza «Devi davvero dare talmente fastidio alla gente con le tue domande?»

«Vuoi avere una formula alla fine, sì o no? E già i Greci antichi lo sapevano: per aspera ad aspra, se si vuole aver successo, si devono superare gli ostacoli».

Con questo, Don dovette ammettere la sua sconfitta. Ma in fondo sapeva anche lui che Charlie aveva ragione.

 

Finalmente e senza poterci ancora veramente credere avevano finito e tutti e tre si avvitarono alla loro macchina. Appena usciti dall’edificio sotto il sole di primavera, Charlie inciampò e sarebbe caduto se Don non l'avesse preso.

«Ehi, piano» lo canzonò sorridendo – il sole aveva cacciato il suo malumore in un attimo – e aggiunse: «Credo che ti abbiano insegnato a camminare, no?»

Però, il sorriso di Charlie gli sembrava un po’ troppo insicuro.

«Eh, stai bene?» si assicurò con un alito di preoccupazione, ma il ghigno di suo fratello stava già aumentando di sicurezza.

«Certo, perché no? O ti aspetti sul serio che io rida alle tue battute banali?»

Con questo lasciarono perdere il discorso e i tre ripartirono.


Megan e Don lasciarono scendere Charlie a casa sua; poi andarono nel loro ufficio, mentre Charlie si appartò nel garage per inserire tutte le informazioni nel suo computer. A turno sedeva davanti al computer oppure si spostava davanti alle lavagne senza fare attenzione ai dolori nelle membra e nella testa che si erano appropriati di lui. E poi successe.

Partendo dai bordi del suo campo visivo, una foschia nera e impenetrabile si diffuse davanti agli occhi di Charlie. Sentiva come se tremasse un po' e si tenne alla lavagna. Il tremolio finalmente finì e lui lasciò la presa dal suo appoggio. Aveva appena fatto così che la foschia nera calò su di lui con tutta la sua forza e senza che se ne rendesse conto cadde sul terreno di pietra freddo.

 

Charlie aprì gli occhi. Si accorse immediatamente che qualcosa non andava. Era confuso. Nonostante tutto stesse girando, Charlie poteva distinguere che la prospettiva che se gli presentava davanti era molto inconsueta. Chiuse di nuovo gli occhi, un po’ per le vertigini, un po’ perché non dovesse più sopportare quell'angolatura.

Cosa era successo? Si era messo in qualche modo in una contrazione spazio-temporale, forse? Se solo Larry fosse stato lì; lui sarebbe stato sicuramente in grado di spiegargli tutto, era sempre stato in grado di spiegargli tutto talmente bene. Va be', a volte si esprimeva in modo alquanto criptico, ma nonostante questo era sempre stato di grande aiuto per lui.

Però non adesso. Adesso Charlie doveva trovare da sé una soluzione. Doveva trovare da solo l'errore. Perché qualsiasi cosa fosse non era giusta. E inoltre aveva dolori ovunque. Ma perché?

Forse è a causa della superficie dura su cui mi trovo, pensò Charlie tra sé.

Superficie dura? Ma il suo letto era morbido! Era sempre stato morbido finora! Forse qualcuno aveva rubato il materasso? (Se era così, era stato sicuramente Don!)

Cautamente Charlie guardò attorno a sé. Ovvio che fosse talmente duro. Lì, sotto di lui, non c'era un letto. C'era la terra.

Charlie si raddrizzò e represse le vertigini. Era vero. Era sdraiato sul terreno, nel suo garage, non sul suo letto. Come era possibile che gli fosse successo una cosa così?

A scanso di equivoci rimase seduto ancora per qualche minuto. Quando finalmente le vertigini se ne furono completamente andate si mise in piedi, raccogliendo da terra i fogli che, a quanto pareva, aveva preso con sé quando era crollato.

Tutto ciò di cui aveva bisogna adesso era dormire. Ma nonostante si sentisse completamente stanco, Charlie non credeva di essere in grado di addormentarsi in quel momento. Nella sua mente c’era troppo chiasso, la domanda “cosa diavolo mi stava succedendo?” continuava a ronzare opprimente. Si sentiva malato e barcollava sui suoi piedi già da un po’ di tempo. Aveva creduto che il suo corpo potesse andare in tilt per una qualsiasi ragione, ma non si aspettava di certo qualcosa di simile.

E anche un'altra attesa non era diventata realtà: quando Charlie ce l'aveva finalmente fatta ad arrancare al piano superiore, nel suo letto – per fortuna suo padre stava già dormendo da tempo! – l'effetto dell'adrenalina era scomparso del tutto perché il suo corpo sconfisse la sua mente e Charlie si addormentò profondamente.

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Numb3rs / Vai alla pagina dell'autore: y3llowsoul