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Autore: Fiamma Drakon    17/07/2010    1 recensioni
- E questo... - concluse, prendendole le mani dolcemente e posandole con fare esperto sul tubo che correva tutt’attorno alla vela - ... serve a manovrare -.
Gina si addossò contro il suo petto nudo, felice di quel contatto tiepido e familiare, alzando al contempo il viso verso di lui con un sorriso malizioso sulle labbra, incrociando i suoi occhi azzurri e limpidi.
- Sei davvero un bravo insegnante... teorico. Ma se facessimo anche un po’ di pratica...? -.

[Personaggi: Brian Basco, Gina Timmins - Brian/Gina]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lezioni di windsurf Non ricordava nemmeno quand’era stata l’ultima volta che, svegliandosi, aveva trovato il posto accanto a sé vuoto, invece che occupato dal caldo e desiderabile corpo di Brian, ancora beatamente addormentato. Non era un tipo particolarmente mattiniero, al contrario di quanto aveva creduto quando si erano conosciuti.
“Be’, adesso è leggermente diverso da quando ci siamo conosciuti...” osservò sarcasticamente Gina tra sé, seguendo il sentiero che costeggiava la spiaggia.
Le palme si ergevano sul praticello attorno al selciato come sottili colossi, gettando lunghe ombre su di esso.
Il sole era ormai alto nel cielo, chiaro e senza nuvole. Si preannunciava essere una giornata afosa: faceva caldo già a quell’ora del mattino, figurarsi a mezzogiorno. Per il momento, però, era più che sopportabile, anche perché Gina non era esattamente vestita: indossava solo un bikini azzurro e i suoi occhialoni da sole preferiti. Avvertiva quello che per chi avesse avuto addosso dei vestiti veri e propri sarebbe stato un bel caldo come un piacevole tepore sulla pelle scoperta, reso ancor più piacevole dalla brezzolina di mare che le soffiava intorno, agitando i suoi lunghi capelli castani come fossero dita invisibili che s’insinuavano tra di essi.
Si guardava intorno di continuo, un po’ arrabbiata, cercando segni della presenza di Brian, ragionando intanto su dove potesse essere andato a cacciarsi di primo mattino.
“Non riesco a credere che sia riuscito ad alzarsi presto, ma non capisco neppure dove sia andato a finire! Insomma, cosa potrebbe mai essere andato a fare che non potesse fare pure più tardi? Aaaah, i maschi...” pensò, esasperata, mentre andava a controllare la capanna dove venivano riposte le canoe: un paio di volte erano usciti in piroga e avevano sempre preso la stessa fin dalla prima volta.
Niente, non era andato con quella: la “loro” era appoggiata, asciutta, nello stesso punto dove l’avevano lasciata dopo il loro ultimo giro. Mentre usciva e riprendeva il sentiero, ricordò con un sorriso che quella volta, nel riporre i remi, Brian se ne era lasciato cadere accidentalmente uno su un piede.
Anche se era cambiato tanto dal loro primissimo incontro, il suo essere imbranato persisteva, anzi, lo perseguitava. Era come una maledizione, la sua personalissima dannazione.
Eppure proprio il suo essere così lo faceva sembrare, ai suoi occhi, ancora più carino.
Si fermò di botto in fondo al sentiero quando scorse, in mare, una figura estremamente familiare, proprio quella che stava cercando.
Notò che era vicino alla riva, per cui, se si fosse fatta sentire o vedere almeno, era certa che se ne sarebbe accorto.
Così si decise ad abbandonare a passi decisi il selciato e attraversare la sabbia, che sentiva decisamente calda sotto i suoi piedi nudi. A giudicare dagli sguardi perplessi che notava rivolti a lei dalle persone ai margini del suo campo visivo, doveva apparire decisamente alterata anche con gli occhi coperti. Forse era per il passo eccessivamente sicuro, o le falcate calcate in modo troppo pesante, o le spalle rigide... be’, non era un problema suo: lei era davvero arrabbiata con Brian.
Raggiunto il punto in cui l’acqua e la sabbia s’incontravano, si fermò e si portò due dita alla bocca, lanciando un lungo e assordante fischio che riuscì ad attirare l’attenzione dell’interessato verso di lei.
Lo vide puntare la tavola da windsurf verso riva e lasciare che il vento lo trasportasse.
Le fu davanti in pochissimo. Forse sul mare il vento non era esattamente “una brezzolina”, ma qualcosa di più.
Saltò giù dall’attrezzo, tirandolo a riva.
Mentre faceva ciò, Gina non poté trattenersi dall’esaminare il suo ragazzo, come se non avesse mai avuto occasione di posare gli occhi su di lui: i capelli biondi e spettinati frusciavano, smossi dal venticello che tirava sulla spiaggia; i pettorali erano scolpiti e imperlati di goccioline d’acqua, segno che non aveva solo fatto windsurf, ma si era anche fatto un bagno. Indosso portava i pantaloncini beige con le strisce rosse laterali che Gina aveva imparato a definire “familiari”, dato che otto volte su dieci che andavano in spiaggia si metteva quelli.
- Gina...? - domandò, fissandola perplesso.
- Perché te ne sei andato senza dirmi niente?! - sbottò lei, in tono decisamente irritato.
- Non credevo di dovertelo dire... - confessò lui stringendosi nelle spalle, sempre più confuso - E poi stavi dormendo. Te la sei presa? -
- Almeno potevi lasciarmi un biglietto per dirmi dove saresti andato! - si lamentò lei, incrociando le braccia sul petto e distogliendo lo sguardo, portandolo sulla tavola da windsurf.
Poi, all’improvviso, fu folgorata da quella visione. Si volse nuovamente verso Brian, che aveva ancora un’espressione confusa, e chiese: - Da quando fai windsurf? -.
Lui si strinse nuovamente nelle spalle, guardandola con aria vagamente colpevole: - Da un po’... -.
- Be’, spiegherebbe perché te ne sei andato senza dirmi niente... - confessò lei dopo un po’, avvicinandosi alla vela e sfiorandola con tocco lento e delicato.
Un’idea le attraversò la mente, un piccolo piano di vendetta, decisamente troppo allettante perché potesse ignorarlo.
Si volse verso Brian e si sfilò gli occhiali, scuotendo la chioma.
- Perché non mi insegni? - domandò nel tono più innocente che riuscì a trovare.
Lui sbatté più e più volte le palpebre, accigliato.
- C-che cosa? - chiese, evidentemente colto alla sprovvista dalla richiesta.
- Sì, dai che hai capito! Mi insegni a fare windsurf? -
- Veramente io... -
- Daaaaai, non farti pregare! -.
Alla fine, Brian cedette.
- Va bene - acconsentì, avvicinandosi alla tavola.
Sollevò senza alcun preavviso la donna da terra e la posò su di essa, poi la imprigionò con le braccia tra la vela e il suo corpo.
Non fu certo una sorpresa che Brian fosse pratico di spiegazioni, ma quella le si impresse bene nella mente, forse perché coadiuvata da un aiuto... fisico.
- E questo... - concluse, prendendole le mani dolcemente e posandole con fare esperto sul tubo che correva tutt’attorno alla vela - ... serve a manovrare -.
Gina si addossò contro il suo petto nudo, felice di quel contatto tiepido e familiare, alzando al contempo il viso verso di lui con un sorriso malizioso sulle labbra, incrociando i suoi occhi azzurri e limpidi.
- Sei davvero un bravo insegnante... teorico. Ma se facessimo anche un po’ di pratica...? -.
A quel punto, notò un debole rossore colorargli le guance, mentre rispondeva con un incerto: - Okay... -.
“Evidentemente non è ancora sicuro delle sue capacità, altrimenti non sarebbe così incerto” commentò tra sé Gina, ricordando delle altre innumerevoli volte in cui si era dovuta confrontare con le indubbie abilità che il suo partner aveva affinato nel tempo: mai un’esitazione o un ripensamento.
“Comunque, non si è rifiutato” concluse la donna, mentre Brian riportava in acqua la tavola.
Saltò poi su, posizionandosi accanto a lei.
La sua precedente ipotesi circa le differenze del vento tra riva e mare era fondata: là la brezza era più forte e riusciva a gonfiare la vela, portandoli in breve a largo.
- Prova te - le disse ad un certo punto Brian, lasciandole il “comando” della vela.
Tirò a sé il tubo, facendo pendere la tavola dalla sua parte e contemporaneamente facendola curvare.
Fu facile guidare fino a che non raggiunsero una considerevole distanza dalla riva.
- Forse è meglio se torniamo indietro... - le suggerì il suo ragazzo, facendo per riprendere il controllo del mezzo, ma lei doveva ancora ottenere la sua piccola vendetta per essere stata abbandonata.
Così, mentre Brian cercava di far girare la tavola per tornare indietro, lei spostò il peso del corpo sulla gamba più vicina a lui e gli assestò un piccolo colpo col fianco, tirando perché la tavola si piegasse verso di lei.
Inutile dire che bastò quello a farlo cadere in acqua.
Gina scoppiò a ridere vedendolo riemergere e scuotere vigorosamente la testa, schizzando gocce d’acqua tutt’attorno.
- Ehi! - si lamentò, guardandola indignato.
Lei si chinò su di lui, aggrappandosi al tubo, e gli sorrise in modo malizioso.
- Dovevo vendicarmi per stamani, ti pare? - esclamò, senza abbandonare il sorriso.
- Ah, sì? - ribatté Brian, sorridendo con scaltrezza.
Allungò un braccio fuori dall’acqua e afferrò quello di Gina, trascinandola giù.
Quando lei tornò in superficie, fu il turno del biondo di ridere.
- Spiritoso! - esclamò la donna, schizzandolo.
Lui si coprì il viso con una mano, prima di schizzarla a sua volta.
Continuarono così per un po’, ridendo e spruzzandosi a vicenda. Sembravano bambini, ma forse la loro intesa era forte proprio per quello, perché in fondo ambedue avevano conservato qualcosa del loro lato infantile.
All’improvviso, nell’impeto di quell’assurdo scontro, le loro mani si incontrarono e, d’istinto, l’uno attirò l’altra, finché non si ritrovarono abbracciati.
Brian allungò una mano per afferrare la tavola e impedirle, ancora una volta, di allontanarsi trasportata dalla marea. Sembrò esitare, perso negli occhi di lei.
Al contrario, Gina fu sicura e rapida, e gli posò un bacio sulle labbra, strappandogli l’ennesimo sorriso, ma stavolta sereno, quasi compiaciuto.
- Propongo una tregua - aggiunse, divertita.
Lui ridacchiò e la strinse a sé, poi la spinse a sedere sulla tavola.
- D’accordo - rispose, mentre nuotava verso riva, trasportando l’attrezzo e la sua amata.
   
 
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