I sogni son
desideri
Sperare fa parte della natura umana così
come il dolore che la precede e la gioia che può seguirla. Sperare tuttavia non
è sempre la cosa migliore, quella giusta e ragionevole da fare e si finisce per
essere immischiati in un sogno ad occhi aperti che un giorno non si è più
capaci di mantenere in piedi. Il desiderio da far avverare diventa troppo
grande e la malinconia agrodolce che lo accompagna fedele, straziante da far
scoppiare il cuore.
La speranza è una bomba ad orologeria,
complicata e pericolosa, ma gettare lontano da sé quella miccia esplosiva
diventa difficile quanto doloroso. Il giorno in cui si rinuncia a quella mina
piantata nel petto, la vita perde l’arcobaleno che l’aveva colorata fino ad
attimo prima e tutto diventa privo di significato.
Tutto tranne il sorriso dei bambini e il
lampo che saetta nei loro occhi ogni sera, quando osservano il cielo stellato e
pregano che qualcuno scenda di lì e faccia ritorno a casa, da loro.
Ma Apollo non tornerà e anche a furia di
piangere e invocare il suo nome, dovranno passare altri mille e mille anni
prima che possa posare nuovamente il proprio sguardo nel suo, la bocca sulla sua,
prima che lui la abbracci stretta e i loro cuori battano forte all’unisono, che
i loro profumi si mescolino e le loro ombre rimangano avvinghiate l’una
all’altra sul selciato al loro fianco, prima che lei possa immergere il viso
nel suo collo e lo senta sospirare all’orecchio. Il languore provocato dal
sentirlo pronunciare il proprio nome e il cedere alle gambe che lui sarebbe
lesto a sorreggere o forse no. Forse
la farebbe cadere a terra come un sacco di patate senza la minima delicatezza e
poi scoppierebbe a ridere, prendendola in giro con quel principessa fessa a
lungo dimenticato insieme a tante altre cose. Ma invece di sorridere a propria
volta immaginandosi quella scena, Silvia non può che sentire le labbra piegarsi
per conto loro in una smorfia amara e sofferente.
Non può fare a meno di pensare che
Apollo dovrebbe essere lì, che il suo posto dovrebbe essere accanto a lei
mentre infila le candeline nella torta e che insieme, lui con due sbaffi di
panna sulla guancia per aver tentato di assaggiarla magari, dovrebbero augurare
buon compleanno a Chibiko che non è più la piccola della famiglia, vederla
crescere pian piano mentre muove i primi e timidi passi nel mondo degli adulti
e affronta di petto la vita e le scelte difficili.
Dovrebbero darle insieme il regalo e
Apollo la sgriderebbe per il tremore alle mani mentre glielo consegna e le
cingerebbe le spalle chiedendole silente di calmarsi e di fare meno la
sentimentale mamma chioccia. E Chibiko sorriderebbe felice e sarebbe un giorno
pieno di letizia, le risate risuonerebbero alte nella stanza e sarebbe davvero
una festa.
Quando Silvia mette piede nella stanza
buia però, sente subito la differenza. La realtà è differente da quella
fantasticata in modo irrimediabile ed insopportabile. Alla luce delle candele Chibiko
non sorride e può vedere danzarle negli occhi lucidi mille pensieri e ricordi
come nei suoi è riflessa l’ombra di Apollo. E quando li socchiude per chinarsi
sul pandispagna farcito di crema e sui fiori freschi che lo guarniscono,
entrambe esprimono il medesimo desiderio e nel farlo si stringono la mano.
Vorrei
che Apollo fosse qui.
Ma Apollo non è lì e sollevando lo
sguardo non c’è più niente ad adombrarlo. Sono occhi limpidi, ma stranamente
opachi, come possono esserlo solo quelli vuoti che hanno osservato il mondo
sgretolarsi in pezzi di fronte a loro. Vuoti come lo è la sedia a capotavola e
il silenzio che ha seguito il brindisi –Gloria eterna ai caduti…- e colpa ai reduci sopravvissuti alla furia
del Dio inclemente vorrebbe aggiungere lei; vuoti come le risate che ora
riempiono la sala e sembrano lacrime singhiozzate.
Tutti gli ospiti sono lì per
festeggiare, ma manca il più importante, quello d’onore e nell’intonare la
canzone di rito che conclude degnamente la serata, Silvia percepisce
distintamente una di quelle schegge partirle dal petto e posarsi con prepotenza
ai suoi piedi.
No, che sia un bravo ragazzo nessuno può
davvero negarlo, altrimenti sarebbe lì con lei a divertirsi dell’ennesimo
ceffone che Cloe ha rifilato a Pierre per una mano troppo lunga.
Se ha intenzione di tornare e lei ancora spera che un miracolo
avvenga, Apollo deve sbrigarsi o non troverà che cenere e una sala buia e tante
risate spezzate che nessuno tranne lui potrebbe ricucire. E un cuore trafitto
che in quel caso nemmeno lui sarà capace di aggiustare. I frammenti della bomba
scoppiata e dei sogni infranti, i resti di chi ha smesso di sperare e di
credere in qualcosa.
Dovunque tu sia, buon compleanno Apollo.
E’
la prima volta che scrivo qualcosa su questa coppia e devo dire che non so come
regolarmi col risultato ottenuto. L’idea è nata mentre preparavo la torta per
festeggiare la laurea di mio cugino –ognuno doveva portare qualcosa di
commestibile, inutile aggiungere che molti si sono sprecati in alcolici (ci
tengo a precisare fossimo tutti maggiorenni che non si sa mai XD-.
Che
Chibiko e Apollo festeggino lo stesso giorno è stata una licenza poetica che mi
son presa. Mi sembrava plausibile che non ricordandosi il giorno del proprio
compleanno decidessero di festeggiarlo tutti insieme in uno particolare o se da
qualche parte in cui io nelle mie ricerche infruttuose non sono riuscita a
scovare, viene riportata una data precisa, supponiamo per caso allora che il
compleanno di Chibiko cada lo stesso giorno. Spero la lettura sia stata
piacevole come lo è stato per me scriverla. Un saluto a tutti! <3
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