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Autore: valecullen_thedevil93    19/07/2010    7 recensioni
questa è la mia prima storia su Raf e Sulfus e parte dal momento in cui termina il processo disciplinare per il sacrilegio, perciò non terrà conto di quello che è successo dopo nel cartone... "lo stage è ormai finito e Raf e Sulfus sono consapevoli che non si rivedranno mai più una volta tornati nelle loro rispettive città. Questo li spingerà a dichiararsi e a stare insieme gli ultimi giorni, anche con l'aiuto dei loro amici che li coprono, e si promettono che, nonostante le distanze, troveranno comunque il modo per vedersi. Ma qualcosa va storto; un'attacco a sorpresa di Reina scatenerà una violenta battaglia nella quale verrà sconfitta, ma prima di scomparire dirà qualcosa che spingerà Raf a prendere una decisione che cambierà per sempre il corso degli eventi. Ma prima di metterla in pratica succederà qualcosa fra lei e Sulfus, qualcosa di assolutamente magico e incredibile che porterà alla nascita di un piccolo, grande miracolo nella storia dei sempiterni." E' sia romantica che malinconica ma vi assicuro che se è una RafxSulfus quella che cercate, allora questa è la storia giusta.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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AMORE E MALEDIZIONI

1° CAPITOLO: “ULTIMO GIORNO”

POV RAF

Erano tutti in fibrillazione, l’atmosfera che si respirava nella scuola era di eccitazione mista a paura. E questo perché il momento che tutti stavamo aspettando era giunto: lo stage era finito e presto avremmo saputo chi avrebbe conquistato la sua aureola radiante e sarebbe diventato un guardian Angel a tutti gli effetti. Per i Devil valeva la stessa cosa, anche per loro era arrivato il momento di sapere chi sarebbe diventato un guardian Devil a tutti gli effetti, conquistando le tanto sospirate corna brucianti.

In occasione della vicina festa di diploma, durante la quale a tutti gli stagisti diplomati sarebbe stato conferito ufficialmente il ruolo di guardian, tutti i nostri doveri erano stati temporaneamente sospesi, inclusi i nostri obblighi verso i terreni. Il professor Arkhan ci aveva detto di prenderla come una vacanza, visto che avevamo lavorato sui nostri terreni senza mai fermarci dall’inizio dello stage.

Quindi quel giorno eravamo libere. Ma, nonostante questo, non avevo voglia di stare in compagnia, tutto il contrario. Subito dopo il discorso del prof ero tornata immediatamente in sognatorio, presa da una strana mescolanza di inquietudine e dolore. Ero alla fine dello stage e i miei voti erano ottimi, perciò con tutta probabilità sarei stata promossa, e anche le mie amiche avevano voti eccellenti, quindi sarebbero state promosse anche loro; eppure, nonostante stessi per coronare il mio sogno di diventare guardian Angel e avessi tutte le motivazioni per essere felice, il mio cuore era stretto in una morsa di agonia che, per quanto mi sforzassi, non riuscivo a rimuovere. Stesa sul mio letto a pensare, cercavo di capire il motivo che scatenasse la mia agonia, anche se in realtà lo conoscevo e mi sforzavo con tutte le mie forze di non ammettere che fosse proprio quello che mi faceva star male.

Quando però, dopo l’ennesimo tentativo di rilassamento, il suo volto apparve di nuovo nella mia testa, mi arresi e lo fissai; il volto della persona che più amavo al mondo e che mi faceva vivere contemporaneamente il più bello dei sogni e il peggiore degli incubi per le emozioni che mi scatenava dentro: Sulfus.

Era inutile girarci intorno, era arrivato il momento che lo ammettessi, almeno a me stessa; ero così triste perché ora che lo stage era finito, io e Sulfus saremmo stati divisi per sempre. Io sarei tornata ad Angie town e lui a Zolfanello city. Due mondi diversi, due razze diverse, due popoli diversi, così lontani l’uno dall’altro. Eppure, nonostante tutto, nonostante tutte le diversità, le divergenze e i problemi, io e Sulfus non avevamo potuto impedire che in noi nascesse un sentimento completamente diverso da quello che ci si aspetterebbe ci fosse fra Angel e Devil. Un sentimento che, per la sua potenza, ci aveva portati una volta sull’orlo del baratro e che, da allora, avevo cercato con tutte le mie forze di reprimere: l’amore.

Fissai il suo volto nella mia mente, cercando di memorizzarne ogni particolare: il colorito pallido, i lineamenti così definiti che lo rendevamo terribilmente affascinante, i capelli corvini dai riflessi bluastri che tanto amavo sentire fra le dita, le labbra carnose e rosso sangue che mi attiravano sempre con la forza di una calamita e gli occhi, i suoi occhi grandi color ambra, così intensi che sembravano d’oro fuso; tutte le volte che li guardavo finivo col perdere il filo del discorso perché mi ci perdevo. Volevo fissarmi il suo volto nella mente, scolpirmelo nella memoria per quando non l’avrei più rivisto.

Poi mi ritornò in mente il ricordo di quel bacio, quell’unico bacio proibito che ci aveva portato sull’orlo della catastrofe ma che mi aveva regalato emozioni indescrivibili. Mi sembrava ancora adesso di risentire le sue labbra sulle mie, un tocco bollente che le infuocava, che mi faceva venire voglia di averne ancora. Dopo il sacrilegio però, mi ero sforzata con tutta me stessa di dimenticare Sulfus, di togliermelo dalla mente. L’avevo evitato in tutti i modi possibili, gli avevo a malapena parlato, ma spesso, senza farmi notare, lo fissavo da lontano, inebriandomi di quella figura che era la mia vita. E adesso saremmo stati separati per sempre, senza possibilità di rivederci e, quel che è peggio, senza aver chiarito i nostri sentimenti. Sarei rimasta sempre nel dubbio di ciò che lui provava per me dopo quello che era successo, non avrei mai saputo se mi amava ancora oppure se mi odiava per quello che gli avevo fatto.

Il pensiero scatenò dentro di me un’ondata di dolore insopportabile; se immaginavo la mia vita senza Sulfus vedevo solo un tunnel nero, lungo e vuoto, impossibile da eliminare, impossibile da ignorare.

Mi rannicchiai su un fianco, il viso rivolto verso la finestra, e cominciai a piangere, ripensando a tutto quello che avevamo vissuto e a tutto quello che non avremmo mai avuto.

Non so per quanto tempo rimasi li  a singhiozzare, ma ad un certo punto, sentii la porta della camera aprirsi. Mi sforzai di regolarizzare il respiro e di fermare le lacrime; mi rannicchiai in modo che sembrava che stessi riposando.

«Raf», mi chiamò qualcuno. Riconobbi la voce di Uriè. «ecco dove eri finita. Comunque visto che vogliamo rilassarci pensavamo di andare al centro commerciale a fare un po’ di shopping. Dolce e Miki ci stanno aspettando giù e anche le devil si sono unite a noi». Non mi stupì che ci fossero anche loro, durante la lotta contro Reina, Angel e Devil erano diventati molto uniti. «ti va di venire con noi?», mi chiese poi.

No che non ne avevo voglia. Se c’erano anche i devil allora ci sarebbe stato anche Sulfus con loro e non mi andava certo di vederlo ora. Stavo già male al pensiero che presto ci saremmo separati per sempre e, se lo avessi rivisto adesso, con tutta probabilità non avrei resistito alla tentazione di parlargli. Inoltre sarei stata anche peggio a causa dell’imminente separazione.

Cercai di tenere un tono indifferente mentre rispondevo ad Uriè, «grazie Uriè, ma oggi sono un po’ stanca, credo che rimarrò qui a riposare. scusa». La voce roca rendeva più credibile la recita.

«d’accordo Raf», mi disse con voce dubbiosa Uriè. Non osavo voltarmi per guardarla, avevo ancora la faccia lucida di pianto. Se mi avesse visto in quello stato mi avrebbe fatto delle domande e non doveva venire a scoprire che il mio sentimento per Sulfus non era affatto diminuito come tutti credevano. «allora io vado cerca di riposarti» e uscì dalla stanza. Per fortuna non aveva indagato.

Mi rigirai nel letto e fissai il soffitto. Domani ci sarebbe stata la consegna dei diplomi e la festa, e il giorno dopo ognuno sarebbe tornato a casa. Non volevo rivedere Sulfus, il distacco sarebbe stato ancora più doloroso, ma mi resi conto che avevo bisogno di stare in un luogo che mi ricordasse lui e allo stesso tempo mi permettesse di stare da sola. C’era un solo luogo che corrispondeva a quel requisito.

Mi alzai di scatto dal letto e andai alla finestra. Mi stupii che, a furia di pensare, ormai si era fatto pomeriggio inoltrato. Guardai il sole infuocato, che cominciava la sua lenta discesa verso l’orizzonte, e, con un salto deciso, volai fuori dalla finestra.

 

POV SULFUS

«allora vieni o no?» mi urlò per l’ennesima volta Kabalè nelle orecchie. Le volevo bene ma a volte era talmente impicciona e egoista che avrei voluto ucciderla. E la voce acuta con cui parlava di solito non la aiutava di certo.

Sbuffai sonoramente e mi rigirai nel letto, guardandola in cagnesco. «me l’hai chiesto prima e io ti ho risposto, ma visto che sei terribilmente dura di comprendonio te lo ripeterò molto lentamente, per fare in modo che anche una ritardata come te lo capisca. “non-ne-ho-mezza-voglia-chiaro?!” e ora lasciami in pace». Detto questo mi girai bruscamente dall’altra parte. Ero proprio di umore nero, e sfogare la mia rabbia e la mia frustrazione sugli amici era un ottimo modo per scaricarmi i nervi.

«oh insomma, ma che hai?», mi chiese Kabalè con voce scocciata, «sei talmente intrattabile che sembri strano perfino per un devil! Non esci mai, non sorridi più e non fai più scherzi a nessuno. Ma che diavolo ti succede si può sapere?», mi domando con una voce a metà fra il preoccupato e l’irritato.

«sono semplicemente di umore irritato e, senza offesa, una giornata di shopping non farebbe che peggiorarmi l’umore. E poi di che ti preoccupi scusa? C’è già che Gas che vi fa da facchino, a cosa vi servo io?», le dissi, girandomi per scoccarle un’occhiata sprezzante.

Mi lanciò un’occhiata furente e, di scatto, si voltò  e uscì dalla porta. Era talmente arrabbiata che potevo quasi vedere il fumo uscirle dalle orecchie.

Per un attimo mi sentii un po’ in colpa. Non avevo il diritto di trattarla così, in fondo aveva cercato di starmi vicina il più possibile in questi mesi. Poi però mi ricordai come lei e gli altri avevano fatto di tutto per separare me e Raf e il mio senso di colpa morì rapido com’era nato. Avevo tutto il diritto di trattarla così, eccome se ce l’avevo! Dopo tutto quello che non solo lei ma tutti ci avevano fatto passare, trattarla così mi sembrava il minimo.

Ecco c’eravamo di nuovo maledizione! Benchè mi imponessi con tutte le forze di non pensare mai a Raf, alla fine i pensieri che facevo in un modo o nell’altro, mi riconducevano sempre a lei. Era una cosa incredibile. Sembrava che qualunque cosa facessi o pensassi fosse sempre per lei.

Basta, basta. Dovevo togliermela dalla testa, presto saremmo partiti e non l’avrei mai più incontrata e non dovevo assolutamente permettere che una parte di me restasse con lei. Ma non ci riuscii. Il pensiero che presto ci saremmo separati aveva reso ancora più profondo il dolore che ormai da tempo mi attanagliava il cuore.

Era inutile. Per quanto mi sforzassi, non sarei mai riuscito a dimenticarla. Dopo tutto quello che avevamo passato, era impossibile per me farla andare via dal mio cuore in quattro e quattr’otto, la volevo troppo per farla andare via da me.

Mi presi il viso fra le mani. Forse per la prima volta mi resi davvero conto che presto l’avrei persa per sempre. O meglio l’avrei persa più di quanto non fosse già successo; dopo il nostro sacrilegio, Raf mi aveva evitato come la peste. All’inizio c’ero stato veramente male, ma poi avevo cercato di ignorarla, ne più ne meno di quello che faceva lei con me.

Ma mi sembrava assurdo che, dopo tutto quello che avevamo passato insieme, dopo tutto quello che avevamo condiviso, Raf mi avesse dimenticato così, come se non fossi mai esistito. Eppure ogni tanto mi sentivo i suoi occhi addosso, che seguivano ogni mio movimento, quasi non riuscissero a separarsi da me. Ma perché faceva così, era davvero così indifferente come sembrava? Oppure era stata tutta una montatura e mi aveva allontanato solo perché si sentiva in colpa per il nostro sacrilegio e non voleva causare altri problemi?

Il nostro sacrilegio… il nostro bacio… il ricordo mi ritornò vivido in mente, come se lo stessi rivivendo in quel preciso istante; le nostre labbra unite in un magico intreccio, le sue mani fra i miei capelli e le miei sui suoi fianchi, i nostri respiri spezzati e agitati che si mescolavano in un’unica, bellissima melodia. Il ricordo mi infuocò a tal punto che dovetti trattenermi dal correre al sognatorio per cercarla. Infatti, nonostante tutto, continuavo a credere che ci fosse un futuro per noi, che avremmo potuto, certo non senza delle difficoltà, vivere insieme e felici.

Sospirai. Nessuna quantità di speranza avrebbe aiutato. Perciò mi sedetti e mi allungai verso il comodino di fianco al letto. Aprii il cassetto, tirai fuori tutto quello che c’era dentro, sparpagliandolo sul letto, e alzai il doppio fondo, uno scomparto segreto che avevo creato per custodire una cosa molto importante.

Tirai fuori una scatola nera e l’aprii: protetto dal satin nero, un pendente d’oro a forma di cuore lanciava pallidi bagliori nella luce soffusa della stanza. Aprii il ciondolo, era una di quelle collane portafoto che aiutavano una persona a ricordarsi di un’altra persona, a portarla sempre con se nel suo cuore. Nello scomparto di destra avevo inserito una foto mia e di Raf, nella parte sinistra invece campeggiava la scritta “yours ever” che significava “tuo per sempre”. L’avevo preso per Raf, glielo volevo dare come simbolo del sentimento che ci legava, ma dopo quello che era successo, soprattutto per come Raf mi aveva trattato negli ultimi mesi, non avevo mai avuto il coraggio di darglielo.

Sospirai e mi misi il ciondolo in tasca. Quanto avrei voluto che, ora che stavamo per separarci, qualcosa di me le restasse vicino. Quanto avrei voluto passare con lei la mia ultima giornata sulla terra. Un’idea mi balenò improvvisa in testa. Forse non sarei potuto stare con lei ma sarei potuto andare in un luogo che me la ricordasse.

Mi alzai di scatto e mi diressi alla finestra. Con un balzo deciso uscii e volai rapido verso i raggi dorati e rossi del tramonto. Sapevo con esattezza dove andare.

 

RAF POV

Stavo volando verso il limite della città, verso i raggi del sole. C’era solo un posto impregnato davvero della sua essenza. Era diventato il nostro posto dopo che lì ci eravamo quasi dati il nostro primo bacio.

Era accaduto molti mesi fa, all’inizio dello stage. I nostri professori ci avevano sottoposto alla prova “vita da terreni”. Durante quella prova ce ne erano accadute di tutti i colori, da hot dog avariati a go kart fuori controllo. Ed era stato proprio per colpa di quei go kart che io e Sulfus ci eravamo ritrovati da soli su una spiaggia al tramonto, incapaci di fermare i nostri sentimenti. E proprio quando eravamo ad un passo dalla strapiombo erano arrivati cox e basilisco a fermarci. Una parte di me ne era contenta, anche se poi il sacrilegio si era compiuto comunque, mentre l’altra parte, più grande e rumorosa della precedente, protestava a gran voce per quell’intrusione indesiderata.

Sospirai e scossi la testa, nel tentativo di schiarirmi le idee, tanto il passato non si poteva cambiare.

Guardai il cielo. Il sole ormai non era tanto lontano dall’orizzonte e i suoi raggi dorati cominciavano a colorare le nuvole. Era più tardi di quel che pensassi, dovevo sbrigarmi se volevo tornare a scuola prima del coprifuoco.

«speed fly» urlai e mi lanciai in volo ancora più velocemente.

Ci misi poco più di due minuti a quella velocità per arrivare. La spiaggia si stagliò davanti a me, bella esattamente come la ricordavo. Posai i piedi sulla sabbia e mi avvicinai al bagnasciuga. L’aria era calma e tranquilla e il sole aveva cominciato a immergersi nelle onde del mare, colorando di rosso e arancio le nuvole che solcavano il cielo. Era uno spettacolo che mozzava il fiato. Per un momento, sentendo la serenità che spirava da quel luogo, mi sentii in pace con me stessa. Ma fu solo un attimo.

Sospirai mentre i ricordi tornavano ad avvolgermi, tutti i ricordi incentrati su me e Sulfus, dalla nostra prima sfida, quando avevamo violato il VETO per la prima volta, al nostro bacio e a tutti gli scontri contro Reina, che ci avevano unito ancora di più. Sentii le lacrime scivolare sul mio viso e me lo presi fra le mani. Non riuscivo a sopportare di separarmi da lui.

All’improvviso due braccia forti mi avvolsero e mi strinsero contro qualcuno. Il suo profumo invase le mie narici, facendomi andare il cuore a mille e mandandomi in iperventilazione. Ma non osavo voltarmi. Sentivo il suo respiro caldo sul mio collo.

«non piangere Raf», mi disse lui con voce bassa e dolce.

Mi voltai e lo abbracciai a mia volta, seppellendo il viso nel suo petto. Lui invece, premette il suo viso sui miei capelli. «Sulfus», sussurrai, e lui strinse ancora di più la presa.

Alzai il viso e lo guardai negli occhi. Per la prima volta da mesi, mi sentii di nuovo completa, integra, come se le settimane di dolore appena passate fossero state solo un brutto sogno. Sentii il miracolo delle sue braccia calde e dei suoi occhi fissi nei miei e, finalmente, mi sentii a casa.

«come mai sei qui?», gli chiesi con voce che tremava dall’emozione.

Lui mi sorrise dolce e mi accarezzò piano una guancia. «direi lo stesso motivo per cui sei qui anche tu no?». Ah la sua voce, i suoi occhi, il suo profumo… mi sembrava di vivere un sogno, era così tanto tempo che non mi concedevo il lusso di stare un po’ con lui che adesso mi sembrava di galleggiare su una nuvoletta rosa. No, ritorna con i piedi per terra Raf, urlò il mio lato pratico e razionale; ricordati che da domani sarete separati per sempre, e poi non credo che ti voglia parlare dopo come l’hai trattato. Questo pensiero mi provocò una fitta di dolore al cuore. Era vero, il modo in cui l’avevo trattato era orribile, anche se l’avevo fatto solo per  proteggere me stessa, nonché tutti noi.

Ma ora era li con me. Gliela dovevo una spiegazione, soprattutto volevo sapere se qualcosa era cambiato. Sicuramente sì, mi disse il mio lato realista, ora deve per forza odiarti. Il dolore si fece ancora più acuto.

Mi staccai bruscamente da lui e mi voltai verso il mare, dandogli le spalle, mentre le lacrime mi scendevano di nuovo sul viso. Non potevo sopportare di vedere nel suo sguardo il disprezzo che sicuramente vi avrei letto.

«Sulfus», gli chiesi con voce tremante; anche se mi faceva paura sapere, dovevo andare avanti, «tu mi odi per quello che ti ho fatto? Capirò se mi risponderai di sì».

Il suo respiro inchiodò e poi riprese più veloce di prima. Esitò prima di rispondere e io sentii il mio cuore sprofondare. Era chiaro, ormai l’avevo perso, per colpa delle mie stupide paure  e della mia arroganza l’avevo perso.

Lui fece per dire qualcosa ma io lo bloccai. «il tuo silenzio vale più di mille parole». Detto questo stavo già per prendere il volo, ma la sua mano si chiuse sul mio polso, costringendomi a voltarmi verso di lui. In un lampo mi ritrovai fra le sue braccia, i suoi occhi erano ardenti come fuoco, a pochi centimetri dai miei; erano talmente intensi da darmi le vertigini.

«odiarti?», mi chiese lui con un sussurro roco, in un misto di sorpresa, rabbia ma soprattutto desiderio, «Raf io non potrei odiarti neanche se volessi. So perché mi hai tenuto lontano da te, so perché non mi hai più permesso di starti vicino e capisco perché l’hai fatto. Anch’io ho paura di quello che potrebbe succedere, ma non ho intenzione di fermarmi solo perché qualcuno dice che è sbagliato».

Lo guardai stupefatta, non l’avevo mai sentito parlare così, con così tanta determinazione e dolcezza. Mi persi nei suoi occhi e lui nei miei e poi pronunciò le ultime parole che mi sarei mai aspettata di sentire da lui. «Raf io ti amo, e ti amerò per sempre, succeda quel che succeda».

Mi lasciò senza fiato, più che per le parole, già di per se stupefacenti, per il tono di voce con cui le aveva pronunciate; una voce carica di affetto, tenerezza ma soprattutto amore.

Non avevo bisogno di altre prove del suo amore verso di me, le avevo avute già tutte dal suo sguardo. Gli saltai praticamente addosso, seppellendo il viso nel suo petto, e scoppiando in lacrime di felicità.

Lui sotto di me scoppio a ridere e, felici come non mai, cominciammo a rotolarci nella sabbia. Poi lui mi porse la mano e ci rialzammo. Posai lo sguardo su di lui e ricordai cosa la mia mente, per la felicità del momento aveva rimosso; il momento, ormai vicino, della nostra separazione. Lo guardai straziata. Anche se ora eravamo insieme, domani non lo saremmo stati più, non serviva a niente parlarne ora, ci avrebbe solo fatto stare peggio dopo.

«che succede Raf?», mi domando Sulfus abbracciandomi, notando la mia espressione di dolore.

Nascosi il viso nel suo petto. «Sulfus forse ora siamo insieme ma domani saremo divisi per sempre. Cosa faremo quando arriverà il momento di separarci? Non possiamo impedirlo e fare così adesso ci farà solo stare peggio dopo».

Lui mi strinse di più a se. «anche se verremo separati, troveremo il modo per stare insieme, per vederci. Ci riusciremo in un modo o nell’altro». Quanto vorrei poterci credere; ma so che non sarà possibile, non voglio farmi illusioni.

Lo guardai negli occhi e annuii. Non volevo rovinare i nostri ultimi attimi insieme, volevo passarli con lui in serenità.

Mi asciugò dolcemente le lacrime dalle guance e mi sorrise dolce. Poi all’improvviso si staccò. Lo guardai male. Non volevo che si allontanasse.

Lui ridacchiò alla mia occhiataccia. «ho una cosa per te. Te lo volevo dare prima ma…». Non finii la frase sembrava imbarazzato, le sue guance erano rosse. Rosse?! Un devil che arrossiva? Per giunta Sulfus?! Il mondo doveva essere vicino all’apocalisse.

Mi si avvicinò e si chinò vicino al mio orecchio. «chiudi gli occhi», mormorò emozionato. Il suo respiro mi provocò dei brividi lungo la schiena ma obbedii.

Lo sentii tirare fuori qualcosa dalla tasca. Andai in iperventilazione. Non sapevo perché ma ero talmente emozionata che mi sembrava di svenire. Sentii le sue bracciai intorno al mio collo e qualcosa di freddo posarsi sulla mia pelle. trasalii sorpresa e lo sentii ridere silenziosamente. Poi ritirò le mani. «aprili».

Schiusi lentamente gli occhi e li abbassai. Mi portai una mano alla gola. Incontrai qualcosa di freddo, che sollevai per osservare meglio. Quando mi resi conto di che cos’era mi vennero le lacrime agli occhi per la felicità. Fra le mie mani si trovava un pendente d’oro a forma di cuore, che brillava alla luce del sole. Lo aprii e dentro vi trovai una foto di me e Sulfus abbracciati, che ci guardavamo come ipnotizzati. Ricordavo quella foto. Ce l’aveva scattata Uriè poco dopo il nostro sacrilegio. Ero da sola, lo avevo incontrato in corridoio, ma non volevo parlargli, perciò avevo abbassato la testa e avevo aumentato il passo. Ma mi ero tradita da sola; ero inciampata e, ironia della sorte, ero finita proprio addosso a Sulfus, che mi aveva sorretta senza pensarci due volte. I nostri sguardi si erano incrociati e ci eravamo persi l’uno nella sguardo dell’altro. Poi un flash. Uriè ci aveva sorpreso e ci aveva fotografato con la sua digidream. Inutile dire che l’avevamo rincorsa per mezza scuola per farcela dare.

Guardai Sulfus commossa. Era un regalo talmente bello che mi aveva lasciata senza parole. «Sulfus io… non so cosa dire…» balbettai con la voce che mi tremava.

«allora non dire niente», mi sussurrò lui avvicinandosi e abbracciandomi la vita. Io gli circondai il collo con le braccia, in quel momento non mi importava che quel momento fosse sbagliato, che io fossi un angel e lui un devil. 

I nostri volti si avvicinarono e, senza riuscire a trattenerci oltre, ci baciammo; un bacio prima leggero, delicato e poi all’improvviso forte e passionale. Infilai le mani fra i suoi capelli e lo strinsi a me, mentre lui affondava le mani nella pelle dei miei fianchi, facendomi rabbrividire di piacere.

Non so per quanto tempo continuammo. Quando ci staccammo, ci guardammo negli occhi. Non ci restava più nulla da dire. Poi ci voltammo, rimanendo abbracciati, verso il tramonto, facendoci cullare da quel dolce suono che era il nostro amore.

   
 
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