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Autore: valehina    20/07/2010    5 recensioni
Notando però che la giovane non sembrava essere intenzionata ad andarsene, le disse: “Senta, mi faccia un favore: potrebbe chiamare il proprietario della pasticceria? Gli dica che è arrivato Neji Hyuga della HBC. Grazie.”
La ragazza ridacchiò, poi disse: “Beh, se è il proprietario che vuole…ce l’ha davanti!”
“Come?!”, esclamò Neji, stranito.
“Mi presento: sono TenTen, e sono a capo della Patisserie Parfait. Buongiorno!”, sorrise la giovane, tendendo una mano verso Neji, troppo sbalordito per poterla stringere.
[NejiTen][Da&Quotes][Ad Aury :3]
Questa storia partecipa alla 'Love Challenge-Do you love me?' di Mayumi_san.
Genere: Romantico, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Neji Hyuuga, Tenten
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'I love you. Randomly, but I love you.'
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Parfait- Profumo di biscotti

Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

 
Autore (su EFP e sul forum, se differenti):
ValeHina
Titolo della fanfiction: Parfait-Profumo di biscotti
Pairing: NejiTen
Rating: Verde
Genere: Romantico, Slice of life, Triste
Avvertimenti: AU, One-Shot
Introduzione (obbligatoria):
Notando però che la giovane non sembrava essere intenzionata ad andarsene, le disse: “Senta, mi faccia un favore: potrebbe chiamare il proprietario della pasticceria? Gli dica che è arrivato Neji Hyuga della HBC. Grazie.”
La ragazza ridacchiò, poi disse: “Beh, se è il proprietario che vuole…ce l’ha davanti!”
“Come?!”, esclamò Neji, stranito.
“Mi presento: sono TenTen, e sono a capo della Patisserie Parfait. Buongiorno!”, sorrise la giovane, tendendo una mano verso Neji, troppo sbalordito per poterla stringere.

Note dell’autore (obbligatorie): in fondo :3

 

 

 

 

 

 

 

Parfait- Profumo di biscotti

 

 

 

Love much. Earth has enough of bitter in it.
Ella Wheeler Wilcox

 

 

“Mi scusi…”
“Oddio!”
Si levò nell’aria una sottile coltre biancastra, che ricoprì i due giovani da capo a piedi.
“Oh, santo cielo…mi sono presa un colpo! Mi perdoni, io non…”
“Lasci stare.”, tagliò secco il giovane. Tirò fuori una penna – bianca, ovviamente- e scribacchiò qualcosa su un foglio.
La ragazza davanti a lui, infastidita da quel modo di fare altezzoso, cercò di recuperare la farina che era finita fuori dal sacco. Di provare a ripulire quello sconosciuto spocchioso, non ci pensava proprio.
Mentre costui finiva di scrivere chissà che cosa, lei si avvicinò al forno. I biscotti al suo interno erano pronti, come fece notare anche il timer.
Infilò un paio di guanti da cucina, aprì lo sportello e tirò fuori i dolcetti, tossendo per il vapore uscito insieme a questi.
Trovata una ciotola, li mise dentro. Con un sorriso cordiale, disse al ragazzo: “Ne vuole uno?”
Questi fissò i biscotti, poi la giovane. Infine, sprezzante, uscì dalla cucina.
“Per oggi ne ho avuto abbastanza, di dolci.”

 

 
Neji sapeva che non avrebbe dovuto alzarsi dal letto, quel giorno. Lui, che a cretinate come le superstizioni, i presagi e compagnia bella non credeva nemmeno un po’, già mentre si lavava i denti sentiva che qualcosa sarebbe andato storto.
Già il fatto che suo zio l’avesse fatto convocare nel suo ufficio dopo solo cinque minuti dal suo arrivo nel grande edificio della Hyuga Building Coop. confermava i suoi dubbi.
Certo, l’incarico che Hiashi gli aveva dato era fin troppo standard per i suoi gusti. Ormai ogni santo giorno Neji si recava nelle proprietà della HBC per verificare il livello professionale delle varie attività.
Le cose che lo stupivano, stavolta, erano l’espressione stentorea sul volto di suo zio e la durezza nella sua voce.
“Neji, non farti scrupoli stavolta. Se trovi anche un singolo difetto in quell’attività, quel posto salta in aria. Chiaro?”
Il giovane annuì, leggermente sorpreso da quei modi bruschi.
Sarà una giornata storta anche per lui, pensò. Senza parlare afferrò il plico di fogli informativi e uscì dall’ufficio.

 
Dopo una decina di minuti si trovò davanti ad un edificio che lo lasciò di sasso.
Il primo aggettivo che gli venne in mente fu ‘imbarazzante’, seguito poi da ‘mieloso’ e ‘stucchevole’.
Davanti a lui troneggiava una scritta a caratteri cubitali, a tinte rosa e viola.
Patisserie Parfait, diceva. Non ci voleva certo un genio per capire cosa significava.
Beh, il nome sarà anche fine, ma su una costruzione a forma di torta non fa di certo il suo effetto, pensò Neji.
La casa-dolce che si stagliava davanti ai suoi occhi era arancione dorata, e su ognuno dei cinque piani era stata applicata una specie di glassa rosa, che lo Hyuga ipotizzò fosse di plastica o di cartongesso.
Dulcis in fundo, sulla cima della costruzione c’era un’adorabile ciliegina che coronava il tutto.
Neji ringraziò di non abitare in quella città, trovando per la prima volta tollerabili le due ore di macchina che si faceva ogni giorno per arrivare al lavoro.
Piuttosto che vivere nello stesso posto di questo obbrobrio, meglio le code interminabili in autostrada.
Prese aria e si diresse verso l’entrata del negozio, inconsapevole di ciò a cui stava andando incontro.

 

 
“Dannazione, sono sporco di farina persino nei calzini! Sapevo che non sarei dovuto venire qui, lo sapevo…”
“Ehm…mi scusi?”
Stavolta toccò a Neji sobbalzare: la ragazza che l’aveva ricoperto di farina e poi gli aveva offerto degli stupidi biscotti come scusante era accanto a lui, incuriosita.
“Oh! Sì, mi perdoni…sono stato scortese prima. Le chiedo scusa.”, accennò un piccolo inchino, poi riprese a fissare con attenzione gli scaffali e i dolci sopra ad essi.
Notando però che la giovane non sembrava essere intenzionata ad andarsene, le disse: “Senta, mi faccia un favore: potrebbe chiamare il proprietario della pasticceria? Gli dica che è arrivato Neji Hyuga della HBC. Grazie.”
La ragazza ridacchiò, poi disse: “Beh, se è il proprietario che vuole…ce l’ha davanti!”
“Come?!”, esclamò Neji, stranito.
“Mi presento: sono TenTen, e sono a capo della Patisserie Parfait. Buongiorno!”, sorrise la giovane, tendendo una mano verso Neji, troppo sbalordito per poterla stringere.
“La lascia così sorpreso, questa cosa?”, chiese TenTen, ridendosela sotto i baffi.
“Beh, insomma…scusi la franchezza, ma lei quanti anni ha?”
La ragazza in risposta mise il broncio. “Non lo sa che chiedere alle donne l’età è segno di maleducazione? In ogni caso, ho gli anni sufficienti per poter gestire una pasticceria –non per essere modesta- di grande successo!”, sorrise, girando sul posto e sollevando il grembiule che portava legato in vita.
A quell’esplosione di vitalità Neji seppe reagire solo con un “…eh?”, che TenTen trovò molto spiritoso.
“Piuttosto, posso sapere quanti anni ha lei, signor…Neji, giusto?”
Lo Hyuga si riprese a quella domanda. Si schiarì la voce e, quasi facendole il verso, rispose: “Ho l’età sufficiente per poter essere un supervisore della HBC, signorina TenTen.”
Era convinto che, non appena quella matta avesse sentito la parola supervisore, questa avrebbe smesso di fare la stupida e avrebbe chiamato il vero proprietario – una come quella tipa gestiva un negozio? Oh, andiamo! Allora lui avrebbe dovuto essere un fisico nucleare!
La reazione di TenTen ancora una volta spiazzò il ragazzo.
“Oh, davvero? Ciò significa che dev’essere parecchio vecchio, Neji. In ogni caso, se lei fosse davvero un supervisore avrebbe assaggiato i miei biscotti, poco fa in cucina. Che razza di uomo è, uno che rifiuta degli ottimi pasticcini, per di più gratis?! Non mi dica che è a dieta, perché è un vero e proprio figurino, con quel completo gessato…o meglio, infarinato.”
Detto ciò, scoppiò a ridere di gusto. Neji la fissò incredulo.
Quella ragazza era totalmente fuori di testa. Effettivamente la forma dell’edificio si accordava perfettamente al carattere di quella pazza furiosa.
Lo aveva preso in giro per la farina che lo ricopriva ancora da capo a piedi, e per di più gli aveva dato del vecchio. Ok, la cosa stava iniziando a farsi poco tollerabile.
Recuperando gli ultimi grammi di self-control del suo corpo, cercò di cambiare discorso.
“Dunque, signorina…mi spiace dover insistere, ma vorrei avere i documenti che dimostrano la sua effettiva proprietà del locale. Sa com’è, questione di routine…”
Ma anche no.
TenTen sembrava essere d’accordo, perché disse: “Certo, non c’è nessun problema. Però lei deve fare lo stesso, caro signor Neji!”
“Come, prego?”
“Sì, deve dimostrarmi di essere davvero un supervisore della HBC. Io mica mi fido di chiunque, non sono un’allocca! Sa com’è, pura noiosa routine…”
Sorridendo maliziosa, TenTen lasciò la sala, mentre il giovane Hyuga era rimasto a bocca aperta.
Ok, devo sedermi. Altrimenti penso che sverrò dallo sconforto.
Tanto, penso che nell’arco di ventiquattro ore sverrò in ogni caso.

 

 

 
Non cedere, Neji. Non cedere. Non farti vincere della tentazione.
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata verso quello che nel giro di dieci minuti era diventato l’oggetto dei suoi desideri. Deglutì.
Andiamo, solo una volta. Chi vuoi che se ne accorga?
Si decise: allungò una mano e lo afferrò. Con fare sospettoso si guardò in giro, poi se lo portò alle labbra.
Diede un morsichino, poi non soddisfatto lo ingerì completamente.
Rimase qualche secondo a degustare il sapore sul suo palato, mentre nella sua mente si rimangiava qualsiasi insulto riferito a quella sciocca pasticceria da lui affettuosamente denominata ‘Carie & Diabete.
Dio, era il biscotto più buono che io avessi mai mangiato!
Riportò lo sguardo sulla ciotola piena di dolcetti. Ne voleva un altro. Anzi, altri due.
Con meno cautela, posò la mano sulla ciotola.
“Ecco. Lo sapevo!”
Per poco Neji non fece cadere la scodella a terra. Si alzò di scatto dalla sedia che aveva trovato in un angolo, sollevando senza accorgersene un biscotto.
TenTen, le braccia sui fianchi, lo fissava divertita. “Senti, so che ormai sei dipendente dai miei biscotti, ma se continui così io perderò la mia clientela.”
“Se tu non li avessi lasciati lì in bella vista, tutto ciò non sarebbe successo.”, replicò il ragazzo, incrociando le braccia.
“Pft, adesso è colpa mia?! Tutti uguali, voi uomini…” TenTen scosse la testa, con un’espressione di rassegnazione. “In ogni caso, cosa succede?”
“Ah, sì.” Neji tirò fuori dalla valigetta che aveva poggiato sul tavolo un plico di fogli. “Mio zio vuole che tu firmi questi documenti. Sono urgenti. Ah, chiede se per cortesia puoi evitare di sporcarli ancora di glassa, almeno stavolta.”
“Ci proverò, Neji. Ma non ti assicuro niente!”, ridacchiò TenTen, cercando una penna nel suo grembiule. “Cavolo, mi sa che l’ho lasciata sul bancone…Arrivo subito, ok? Ah, se vuoi mangia qualche biscotto. I clienti dicono che sono ottimi!”, concluse facendo l’occhiolino e uscendo dalla stanza.
Neji si risedette e morsicò il biscotto che teneva ancora in mano: il suo sguardo era fisso sulla ragazza che si stava dirigendo verso il bancone.
Da quando aveva scoperto che era seriamente la proprietaria della pasticceria, il ragazzo aveva rivalutato il bizzarro comportamento di TenTen, la quale, dopo aver scoperto di avere la stessa età dello Hyuga, aveva imposto l’uso del ‘tu’.
“Sembriamo due vecchi, a darci del ‘lei’. O meglio: tu sembravi vecchio, io apparivo educata.”, era stato il suo commento.
La nascita dello strano rapporto tra due caratteri tanto diversi era stata senz’altro la sorprendente bravura di lei nella cucina e nell’arte pasticcera. Grazie ai dolci di lei e alle continue richieste –implicite, ovviamente-di lui, si era creata inizialmente un’amicizia piuttosto bizzarra, ma sorprendentemente dolce.
Ma, dopo una conversazione, Neji aveva capito che la loro non avrebbe potuto essere solo amicizia.

 
 

“Oh, Neji! Lascia stare quell’impasto, per favore! Se poi la torta viene schiacciata, giuro che ti picchio!”
“Scusami, la pianto.”, replicò Neji, dirigendosi verso delle meringhe dall’aspetto squisito. TenTen, che l’aveva seguito con lo sguardo, sospirò rassegnata.
“Adesso capisco perché mi vieni sempre a trovare…Dai, ti concedo di mangiarne una. Contento? Ehi, se poi metti su peso io non c’entro niente, ok?”
Il ragazzo non rispose: stava assaggiando uno dei dolci. Sorridendo disse: “Diavolo, TenTen. Si può sapere come fai a preparare dei dolci così perfetti?”
La giovane smise di mescolare l’impasto, lo versò in una terrina che poi infilò nel forno. Una volta partito questo, si lavò le mani e si sedette sul tavolo, davanti a Neji.
“Non ti ho mai raccontato la storia di questo locale, vero?”
“Cosa? Uhm…non mi sembra. E’ interessante?”
“Oh, lo è eccome.”, sorrise TenTen. “Anche perché riguarda me e la mia famiglia in particolare.”
“Davvero?” Neji, la bocca piena di meringa, si poggiò al tavolo, in ascolto.
La ragazza annuì. “In origine, la pasticceria non aveva questa forma. Sì, ammetto di trovarla un po’ ridicola. Imbarazzante, soprattutto.”
Lo Hyuga per poco non si strozzò con un pezzo di dolce, ma TenTen non sembrò badarci.
“Era un normale edificio color terra a cinque piani, molto bello. Il negozio di dolci nacque inizialmente come piccola bottega al primo piano, specializzata in torte di compleanno e caramelle. Quando poi la voce iniziò a spargersi e la clientela ad aumentare, il proprietario del negozio decise di comprare tutto l’edificio e di assegnare ad ogni piano un particolare tipo di alimento. L’assegnazione è rimasta ancora invariata: al primo piano, dolci e biscotti; al secondo, caramelle; al terzo, salatini; al quarto, confetture e marmellate;al quinto, le prenotazioni.”
Neji finì il dolce. Lanciò un’occhiata alla ragazza che, con fare rassegnato, annuì. Con un sorrisino di vittoria, afferrò un’altra meringa.
“Il primo proprietario, il signor Okitsugu, non si sarebbe mai aspettato un successo simile, anzi. La cosa lo stupì e lo rese felice a tal punto da vincere ogni sua paura e dubbio; fu per questo motivo che chiese alla donna di cui era innamorato di sposarlo, così su due piedi. E lei accettò.”
“Si può sapere come fai a sapere queste cose, TenTen? Queste non sono considerabili come ‘informazioni riservate’?”
“Certo, lo sono.”, ridacchiò TenTen. “Ma, se fai parte della famiglia, lo sono fino a un certo punto.”
“Mi stai dicendo che…?”, fece Neji stupito.
“Il signor Okitsugu e la signora Hisako si sposarono e dalla loro relazione nacque Hitomo, mia madre.”
TenTen fece una pausa. Prese anche lei una meringa e la mordicchiò. Neji la osservava incuriosito: sembrava nervosa.
“Quindi”, fece lui dopo dieci minuti di silenzio, “si potrebbe dire che questa è l’eredità dei tuoi nonni, no?”
La ragazza annuì semplicemente, e Neji temette che il silenzio si propagasse ulteriormente.
Ma TenTen diede un altro morso al dolce e disse: “Fu mia madre, dopo la morte del nonno, a trasformare il bel edificio color terra in una torta multistrato con tanto di ciliegina. Ricordo che da piccola mi piaceva tantissimo, ma se ci penso ora…Scommetto che mio nonno si starà rivoltando nella tomba.” La ragazza accennò un sorriso.
“Mia nonna, Hisako, era ancora in vita quando mia madre volle questo cambiamento. Ero ancora una bambina, avrò avuto sì e no quattro anni…eppure ho impresso in mente il dialogo che ci fu tra loro due.
La nonna non era convinta, diceva: ‘Ho paura, Hitomo. La gente parla, giudica, critica. Cosa penserà di un negozio-torta? Perderemo tutti i nostri clienti: ripensaci, figlia mia.’
E mia mamma”, TenTen sorrideva, anche se –come notò Neji- gli occhi le si stavano inumidendo, “disse semplicemente: ‘Le gente è amara, esattamente come tutta la Terra. Per questo la nostra pasticceria avrà molto più successo di quanto ne ha ora, se la trasformiamo in un dolce. Fidati di me, mamma. Ne sono sicura.’
Mia nonna a quel punto cedette, e i lavori di manutenzione cominciarono. Alla riapertura, l’edificio era coperto interamente da un telo.
Oh, adesso arriva la parte imbarazzante…”, aggiunse TenTen, lanciando uno sguardo fugace a Neji e arrossendo. “Prometti di non ridere, ok?”
Il ragazzo annuì masticando, così lei riprese: “Mia nonna e mia mamma si erano preparate un bellissimo discorso d’apertura, in cui spiegavano le motivazioni per cui avevano preso la decisione di trasformare la Patisserie Parfait in un’enorme torta. Una volta finito questo, io avrei dovuto tirare una cordicella e il telo sarebbe caduto, mostrando l’edificio.
La mamma mi disse: ‘TenTen, ricorda: solo quando io e la nonna avremo finito di parlare, tu tirerai la corda. Non prima, ok?’
Io avevo capito, sapevo cosa dovevo fare. Mi sentivo carica, felice di un compito così importante!
E invece, non appena mia nonna e mia madre salirono sul palco, io le seguii a ruota. Mancai uno scalino, caddi in avanti e mi aggrappai alla cordicella. Il telo cadde circa mezz’ora prima, così non ci fu nessun discorso, ma solo commenti stupiti e tanti ‘Ooh’. Tutta colpa mia.”
TenTen lanciò un’occhiata a Neji, imbarazzata. Il ragazzo la fissava con aria impenetrabile.
Lei lo fulminò con lo sguardo. “Il tuo labbro trema.”
“Niente affatto.”, replicò lui, mentre un sorrisino gli si apriva sul volto. “Ora, vuoi continuare?”, aggiunse, affondando i denti nella meringa e pensando mentalmente Non ridere, non ridere, non ridere.
TenTen sospirò. “Tutti sembrarono apprezzare l’idea, tanto che il nostro negozio ricevette un mucchio di pubblicità. Rimanemmo quasi sopraffatte dall’enorme afflusso di gente, in particolare di bambini. Adoravano la ‘casa-torta’, e l’adorano anche adesso.”, accennò con il capo ad alcuni bimbi che giravano per gli scaffali, allungando le manine verso i biscotti, troppo in alto per loro.
“Posso farti una domanda, TenTen?”
“Certo.”
“Immagino che tua nonna ormai sia…”
“…morta, esatto. E mia madre con lei.”
Neji impallidì. Rimase con la mano ferma a mezz’aria, nel tentativo di prendere l’ennesima meringa. Riuscì a balbettare solo un: “Scusa, io non…”
“Non preoccuparti, Neji.”, lo interruppe subito la ragazza, con un sorriso forzato. “Dopotutto, anche questo fa parte della storia.”
Prese un altro morso, poi poggiò il dolce sul tavolo. “Successe circa tre anni fa: mia nonna e mia madre andarono via per qualche giorno. Alle terme, per riposarsi un po’ dopo tutto il lavoro che facevano qui in pasticceria. Lasciarono tutto a me, una diciassettenne inesperta ma con tanta voglia di imparare. Però avevo paura, sai? Una responsabilità così grande, tutta su di me. Mi chiedevo se avrei potuto farcela.
Beh, pensavo, almeno durerà solo una settimana. E invece mi sbagliavo.”
TenTen fece una pausa, durante la quale si stropicciò gli occhi come una bambina. Neji la fissava senza dire una parola.
“Durante il viaggio di ritorno, l’auto di mia madre fece un frontale con un’altra macchina. Il guidatore di questa era ubriaco, ed è morto sul colpo. Come la mia nonnina. Mia mamma mi raccontò che stava cantando una canzone alla radio proprio nel momento dell’incidente.”
“Un attimo. Tua madre, hai detto? Ma…”
“Non ho finito, Neji.”, lo interruppe la ragazza, secca. Lui rimase spiazzato. “La mamma è sopravvissuta al frontale, ma era molto grave. L’hanno portata con urgenza all’ospedale, dove poi io l’ho raggiunta. Sono stata in quel maledetto posto una settimana.”
TenTen strinse i pugni, la voce le si affievolì. “I dottori mi illudevano, dicevano che stava migliorando a vista d’occhio, che presto sarebbe potuta tornare a casa. Io ci credevo, ma mia mamma…lei ha avuto sempre la certezza che non avrebbe più rivisto la pasticceria.
Un giorno, mi disse di avvicinarmi al letto. Mi sciolse i capelli, cosa che mi stupì profondamente: portavamo sempre code o crocchie, per evitare che i dolci si rovinassero. Erano lunghi e lisci, ricordo che ne restai stupita. Mia madre passò ore a carezzarmeli, in silenzio.
Poi disse: “Ama, TenTen. Ama molto, perché la Terra ha già abbastanza amarezza dentro di sé. Ama e sii dolce, mi raccomando.”
Mi domandai perché mi parlasse in quel modo, sentendo dentro di me la paura crescere.
Quella stessa sera, le ferite che aveva riportato durante l’impatto si infettarono. I chirurghi non fecero in tempo. E’…E’ morta sotto i ferri, senza che io potessi salutarla.”
Cadde il silenzio nella cucina. Quei silenzi che non andrebbero rotti per niente al mondo, che contengono molte più parole di quanto si immagini. Silenzi sacri e quasi eterni.
Neji non aveva ancora staccato gli occhi dal viso di TenTen, in quel momento addolorato eppure impassibile. Una fitta allo stomaco lo avvertì che non gli piaceva vederla così, lei che aveva sempre visto ridere, scherzare, prendere in giro.
Non voleva che soffrisse così tanto. Non avrebbe voluto che le capitassero tante sofferenze. Non era giusto.
Non era giusto che fossero capitate proprio a lei, a TenTen.
Non riusciva a sopportarlo.

 
In quel momento il timer del forno iniziò a trillare, un suono insopportabile alle orecchie e –in quel momento- al cuore.
“Uh, è già pronta?” TenTen si alzò dal tavolo, infilando i guanti da cucina. Neji la seguì con lo sguardo.
“Ma tu guarda! Ho parlato davvero per così tanto tempo? La cottura di un dolce, pensa un po’!”, ridacchiò lei, tossendo per il vapore e parlando più a se stessa che allo Hyuga.
Posò la torta sul tavolo e sorrise. “Allora, Neji…vuoi avere l’onore di assaggiare anche questa prelibatezza della Patisserie Parfait?”
Il ragazzo sorrise.
Allora sei fatta così, TenTen.
“Senz’altro.”

 
Il tintinnio dei campanelli della porta lo riscosse da quel lungo momento di flashback.
Fece mente locale e si ricordò di dov’era.
Sì, ma lei…? Ah, già. La penna.
La cercò con gli occhi, ma non era più al bancone. Incuriosito e preoccupato, si alzò dalla sedia e si sporse dalla cucina.
La trovò davanti ad uno scaffale, in compagnia di un bimbo che doveva avere tre o quattro anni.
TenTen sorrideva. “Allora, Oky-chan. Sono questi i dolcetti che volevi?”
Il bambino sorrise entusiasta. “Sì, Ten-chan! Sono proprio questi!”
La ragazza prese una confezione e gliela porse. “E sentiamo, Oky-chan: te li mangerai tutti da solo?”
Oky-chan scoppiò a ridere. “Ma no! Questi sono per la mia mamma, compie gli anni oggi!”
Neji, vedendo gli occhi di TenTen annebbiarsi, fece un passo in avanti. E invece, anche lei rise.
“Se è così, questi te li regalo. Dì alla tua mamma che sono da parte mia, ok? E falle tanti auguri, mi raccomando!”
“Grazie mille, Ten-chan! Ciao!” Oky-chan corse verso una donna che stava osservando delle torte. Non appena il bimbo le si avvicinò, lei sorrise e, dopo che le ebbe raccontato perché avesse in mano quei biscotti, si voltò verso TenTen e fece un inchino.
La ragazza rispose con un gesto del capo e si girò.
Davanti a lei, c’era Neji. Sorrise.
Rimase sorpresa quando lui le si avvicinò e l’abbracciò.
Sorpresa, certo. Neanche più di tanto.

 
“Sai, Neji? Profumi di biscotti.”

 
Fine

 

 

 
NdA:
Diavolo di una NejiTen. Mi ha fatto venire il magone (ossia, stavo quasi per piangere. Quasi, eh).
Dunque, l’idea è estremamente patetica. Me ne rendo conto.
A me piaceva però. Quindi gh. :3
Vediamo, devo ringraziare Laly e la Nee per il nome della pasticceria. E anche per il soprannome che Neji le affibbia: idea della mia maligna sensei arancione. <3
Se vi state chiedendo: “Ma scusa, e il papà di TenTen?’, vi capisco: me lo sto chiedendo anch’io. ._.
Probabilmente scriverò una spin-off. *annuisce*
Ovviamente i nonni, la mamma di TenTen e Oky-chan sono OC. I nomi sono stati presi da nomix.it.
Anche questa storia fa parte delle DA&Quotes (nome alquanto penoso, ma per adesso tengo questo ù_u). La citazione è quella all’inizio della storia, viene poi pronunciata da Hitomo.
L’immagine è ‘amciu’ di moohra.
 

 Amciu
 

Gnam. :Q_______________
Tra l’altro, la corrispondenza tra citazione e immagine mi ha quasi spaventato. O_o’

 
E concludiamo con la dedica (sì, di solito si fa in alto. Ma io la faccio qui >:D).
Dedico questa storia ad Aury, persona meravigliosa che adoro.
Perché? C’è anche da chiedere il perché?
Perché è Aury, che cavolo! Splendidamente BiancaH, un po’ meno splendidamente KibaHina (che ci vuoi fare? Mi puoi rendere BiancaH, ma non puoi chiedermi di tradire l’amore della mia infanzia ç///c).
Perché è una Mamma-patata, come io sono una Figlia-carota.
Perché mi ha appena indotto a scrivere una KibaHina, e io ho accettato. D:
Perché lei mi ha scritto una splendida NaruHina, e perché mi dedicherà un’altrettanto splendida (non l’ho ancora letta, ma sarà così <3) KonoHana.
Perché questo è un poco di quello che vorrei dirti, ma so che è poco: ti voglio bene.
Senza storpiature, bimbominkiate o cavolate varie. Ti voglio bene, e basta.

 
(non sono brava con le dediche D: *si rende conto che dovrà scriverne un’altra per il suo compleanno; si dispera D:*)

 
Ok, posso ritenere conclusa la cosa?
Quindi posso salutarvi dicendo che la storia partecipa alla ‘Love Challenge-Do you love me?’ di Mayumi_san (bannerino sotto) e ringraziando tutti quanti coloro che leggeranno, commenteranno, passeranno per un salutino veloce.

 
Un bacio :3
Vale

 

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