Disclaimer: Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Masashi Kishimoto; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Autore (su EFP e sul forum, se
differenti): ValeHina
Titolo della
fanfiction: Parfait-Profumo
di biscotti
Pairing: NejiTen
Rating:
Verde
Genere:
Romantico,
Slice of life, Triste
Avvertimenti:
AU,
One-Shot
Introduzione
(obbligatoria):
Notando però che la
giovane non sembrava essere intenzionata ad andarsene, le disse:
“Senta, mi
faccia un favore: potrebbe chiamare il proprietario della pasticceria?
Gli dica
che è arrivato Neji Hyuga della HBC. Grazie.”
La ragazza ridacchiò,
poi disse: “Beh, se è il proprietario che
vuole…ce l’ha davanti!”
“Come?!”, esclamò
Neji, stranito.
“Mi presento: sono
TenTen, e sono a capo della Patisserie Parfait. Buongiorno!”,
sorrise la
giovane, tendendo una mano verso Neji, troppo sbalordito per poterla
stringere.
Note
dell’autore (obbligatorie):
in fondo :3
Parfait-
Profumo di
biscotti
Love much. Earth
has enough of bitter in it.
Ella Wheeler Wilcox
“Mi
scusi…”
“Oddio!”
Si levò nell’aria una sottile coltre biancastra,
che ricoprì
i due giovani da capo a piedi.
“Oh, santo cielo…mi sono presa un colpo! Mi
perdoni, io
non…”
“Lasci stare.”, tagliò secco il giovane.
Tirò fuori una
penna – bianca, ovviamente- e scribacchiò qualcosa
su un foglio.
La ragazza davanti a lui, infastidita da quel modo di fare
altezzoso, cercò di recuperare la farina che era finita
fuori dal sacco. Di
provare a ripulire quello sconosciuto spocchioso, non ci pensava
proprio.
Mentre costui finiva di scrivere chissà che cosa, lei si
avvicinò al forno. I biscotti al suo interno erano pronti,
come fece notare
anche il timer.
Infilò un paio di guanti da cucina, aprì lo
sportello e tirò
fuori i dolcetti, tossendo per il vapore uscito insieme a questi.
Trovata una ciotola, li mise dentro. Con un sorriso
cordiale, disse al ragazzo: “Ne vuole uno?”
Questi fissò i biscotti, poi la giovane. Infine, sprezzante,
uscì dalla cucina.
“Per oggi ne ho avuto abbastanza, di dolci.”
Neji sapeva che non avrebbe dovuto alzarsi dal letto, quel
giorno. Lui, che a cretinate come le superstizioni, i presagi e
compagnia bella
non credeva nemmeno un po’, già mentre si lavava i
denti sentiva che qualcosa
sarebbe andato storto.
Già il fatto che suo zio l’avesse fatto convocare
nel suo
ufficio dopo solo cinque minuti dal suo arrivo nel grande edificio
della Hyuga
Building Coop. confermava i suoi dubbi.
Certo, l’incarico che Hiashi gli aveva dato era fin troppo
standard per i suoi gusti. Ormai ogni santo giorno Neji si recava nelle
proprietà della HBC per verificare il livello professionale
delle varie
attività.
Le cose che lo stupivano, stavolta, erano l’espressione
stentorea sul volto di suo zio e la durezza nella sua voce.
“Neji, non farti scrupoli stavolta. Se trovi anche un
singolo difetto in quell’attività, quel posto
salta in aria. Chiaro?”
Il giovane annuì, leggermente sorpreso da quei modi bruschi.
Sarà una giornata
storta anche per lui, pensò. Senza parlare
afferrò il plico di fogli
informativi e uscì dall’ufficio.
Dopo una decina di minuti si trovò davanti ad un edificio
che lo lasciò di sasso.
Il primo aggettivo che gli venne in mente fu
‘imbarazzante’,
seguito poi da ‘mieloso’ e
‘stucchevole’.
Davanti a lui troneggiava una scritta a caratteri cubitali,
a tinte rosa e viola.
Patisserie Parfait,
diceva. Non ci voleva certo un genio per capire cosa significava.
Beh, il nome sarà
anche fine, ma su una costruzione a forma di torta non fa di certo il
suo
effetto, pensò Neji.
La casa-dolce che si stagliava davanti ai suoi occhi era arancione
dorata, e su ognuno dei cinque piani era stata applicata una specie di
glassa
rosa, che lo Hyuga ipotizzò fosse di plastica o di
cartongesso.
Dulcis in fundo,
sulla cima della costruzione c’era un’adorabile
ciliegina che coronava il
tutto.
Neji ringraziò di non abitare in quella città,
trovando per
la prima volta tollerabili le due ore di macchina che si faceva ogni
giorno per
arrivare al lavoro.
Piuttosto che vivere
nello stesso posto di questo obbrobrio, meglio le code interminabili in
autostrada.
Prese aria e si diresse verso l’entrata del negozio,
inconsapevole
di ciò a cui stava andando incontro.
“Dannazione, sono sporco di farina persino nei calzini!
Sapevo che non sarei dovuto venire qui, lo sapevo…”
“Ehm…mi scusi?”
Stavolta toccò a Neji sobbalzare: la ragazza che
l’aveva
ricoperto di farina e poi gli aveva offerto degli stupidi biscotti come
scusante era accanto a lui, incuriosita.
“Oh! Sì, mi perdoni…sono stato scortese
prima. Le chiedo scusa.”,
accennò un piccolo inchino, poi riprese a fissare con
attenzione gli scaffali e
i dolci sopra ad essi.
Notando però che la giovane non sembrava essere intenzionata
ad andarsene, le disse: “Senta, mi faccia un favore: potrebbe
chiamare il
proprietario della pasticceria? Gli dica che è arrivato Neji
Hyuga della HBC.
Grazie.”
La ragazza ridacchiò, poi disse: “Beh, se
è il proprietario
che vuole…ce l’ha davanti!”
“Come?!”, esclamò Neji, stranito.
“Mi presento: sono TenTen, e sono a capo della Patisserie
Parfait. Buongiorno!”,
sorrise la giovane, tendendo una mano verso Neji, troppo sbalordito per
poterla
stringere.
“La lascia così sorpreso, questa cosa?”,
chiese TenTen,
ridendosela sotto i baffi.
“Beh, insomma…scusi la franchezza, ma lei quanti
anni ha?”
La ragazza in risposta mise il broncio. “Non lo sa che
chiedere alle donne l’età è segno di
maleducazione? In ogni caso, ho gli anni
sufficienti per poter gestire una pasticceria –non per essere
modesta- di
grande successo!”, sorrise, girando sul posto e sollevando il
grembiule che
portava legato in vita.
A quell’esplosione di vitalità Neji seppe reagire
solo con
un “…eh?”,
che TenTen trovò molto
spiritoso.
“Piuttosto, posso sapere quanti anni ha lei,
signor…Neji,
giusto?”
Lo Hyuga si riprese a quella domanda. Si schiarì la voce e,
quasi facendole il verso, rispose: “Ho
l’età sufficiente per poter essere un
supervisore della HBC, signorina TenTen.”
Era convinto che, non appena quella matta avesse sentito la
parola supervisore, questa avrebbe
smesso di fare la stupida e avrebbe chiamato il vero proprietario
– una come quella tipa
gestiva un negozio? Oh,
andiamo! Allora lui avrebbe dovuto essere un fisico nucleare!
La reazione di TenTen ancora una volta spiazzò il ragazzo.
“Oh, davvero? Ciò significa che
dev’essere parecchio
vecchio, Neji. In ogni caso, se lei fosse davvero un supervisore
avrebbe
assaggiato i miei biscotti, poco fa in cucina. Che razza di uomo
è, uno che
rifiuta degli ottimi pasticcini, per di più gratis?! Non mi
dica che è a dieta,
perché è un vero e proprio figurino, con quel
completo gessato…o meglio, infarinato.”
Detto ciò, scoppiò a ridere di gusto. Neji la
fissò
incredulo.
Quella ragazza era totalmente fuori di testa. Effettivamente
la forma dell’edificio si accordava perfettamente al
carattere di quella pazza
furiosa.
Lo aveva preso in giro per la farina che lo ricopriva ancora
da capo a piedi, e per di più gli aveva dato del vecchio.
Ok, la cosa stava
iniziando a farsi poco tollerabile.
Recuperando gli ultimi grammi di self-control del suo corpo,
cercò di cambiare discorso.
“Dunque, signorina…mi spiace dover insistere, ma
vorrei
avere i documenti che dimostrano la sua effettiva proprietà
del locale. Sa
com’è, questione di routine…”
Ma anche no.
TenTen sembrava essere d’accordo, perché disse:
“Certo, non
c’è nessun problema. Però lei deve fare
lo stesso, caro signor Neji!”
“Come, prego?”
“Sì, deve dimostrarmi di essere davvero un
supervisore della
HBC. Io mica mi fido di chiunque, non sono un’allocca! Sa
com’è, pura noiosa
routine…”
Sorridendo maliziosa, TenTen lasciò la sala, mentre il
giovane Hyuga era rimasto a bocca aperta.
Ok, devo sedermi.
Altrimenti penso che sverrò dallo sconforto.
Tanto, penso che
nell’arco di ventiquattro ore sverrò in ogni caso.
Non cedere, Neji. Non
cedere. Non farti vincere della tentazione.
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata verso quello che nel
giro di dieci minuti era diventato l’oggetto dei suoi
desideri. Deglutì.
Andiamo, solo una
volta. Chi vuoi che se ne accorga?
Si decise: allungò una mano e lo afferrò. Con
fare
sospettoso si guardò in giro, poi se lo portò
alle labbra.
Diede un morsichino, poi non soddisfatto lo ingerì
completamente.
Rimase qualche secondo a degustare il sapore sul suo palato,
mentre nella sua mente si rimangiava qualsiasi insulto riferito a
quella
sciocca pasticceria da lui affettuosamente denominata ‘Carie
& Diabete.
Dio, era il biscotto
più buono che io avessi mai mangiato!
Riportò lo sguardo sulla ciotola piena di dolcetti. Ne
voleva un altro. Anzi, altri due.
Con meno cautela, posò la mano sulla ciotola.
“Ecco. Lo sapevo!”
Per poco Neji non fece cadere la scodella a terra. Si alzò
di scatto dalla sedia che aveva trovato in un angolo, sollevando senza
accorgersene un biscotto.
TenTen, le braccia sui fianchi, lo fissava divertita. “Senti,
so che ormai sei dipendente dai miei biscotti, ma se continui
così io perderò
la mia clientela.”
“Se tu non li avessi lasciati lì in bella vista,
tutto ciò
non sarebbe successo.”, replicò il ragazzo,
incrociando le braccia.
“Pft, adesso è colpa mia?! Tutti uguali, voi
uomini…” TenTen
scosse la testa, con un’espressione di rassegnazione.
“In ogni caso, cosa
succede?”
“Ah, sì.” Neji tirò fuori
dalla valigetta che aveva poggiato
sul tavolo un plico di fogli. “Mio zio vuole che tu firmi
questi documenti. Sono
urgenti. Ah, chiede se per cortesia puoi evitare di sporcarli ancora di
glassa,
almeno stavolta.”
“Ci proverò, Neji. Ma non ti assicuro
niente!”, ridacchiò
TenTen, cercando una penna nel suo grembiule. “Cavolo, mi sa
che l’ho lasciata
sul bancone…Arrivo subito, ok? Ah, se vuoi mangia qualche
biscotto. I clienti
dicono che sono ottimi!”, concluse facendo
l’occhiolino e uscendo dalla stanza.
Neji si risedette e morsicò il biscotto che teneva ancora in
mano: il suo sguardo era fisso sulla ragazza che si stava dirigendo
verso il
bancone.
Da quando aveva scoperto che era seriamente
la proprietaria della pasticceria, il ragazzo aveva
rivalutato il bizzarro comportamento di TenTen, la quale, dopo aver
scoperto di
avere la stessa età dello Hyuga, aveva imposto
l’uso del ‘tu’.
“Sembriamo due vecchi, a darci del ‘lei’.
O meglio: tu
sembravi vecchio, io apparivo educata.”, era stato il suo
commento.
La nascita dello strano rapporto tra due caratteri tanto
diversi era stata senz’altro la sorprendente bravura di lei
nella cucina e
nell’arte pasticcera. Grazie ai dolci di lei e alle continue
richieste
–implicite, ovviamente-di lui, si era creata inizialmente
un’amicizia piuttosto
bizzarra, ma sorprendentemente dolce.
Ma, dopo una conversazione, Neji aveva capito che la loro
non avrebbe potuto essere solo amicizia.
“Oh, Neji! Lascia stare
quell’impasto, per favore! Se poi la torta viene schiacciata,
giuro che ti picchio!”
“Scusami, la pianto.”,
replicò Neji, dirigendosi verso delle meringhe
dall’aspetto squisito. TenTen,
che l’aveva seguito con lo sguardo, sospirò
rassegnata.
“Adesso capisco perché
mi vieni sempre a trovare…Dai, ti concedo di mangiarne una.
Contento? Ehi, se
poi metti su peso io non c’entro niente, ok?”
Il ragazzo non rispose:
stava assaggiando uno dei dolci. Sorridendo disse: “Diavolo,
TenTen. Si può
sapere come fai a preparare dei dolci così
perfetti?”
La giovane smise di
mescolare l’impasto, lo versò in una terrina che
poi infilò nel forno. Una
volta partito questo, si lavò le mani e si sedette sul
tavolo, davanti a Neji.
“Non ti ho mai
raccontato la storia di questo locale, vero?”
“Cosa? Uhm…non mi
sembra. E’ interessante?”
“Oh, lo è eccome.”,
sorrise TenTen. “Anche perché riguarda me e la mia
famiglia in particolare.”
“Davvero?” Neji, la
bocca piena di meringa, si poggiò al tavolo, in ascolto.
La ragazza annuì. “In
origine, la pasticceria non aveva questa forma. Sì, ammetto
di trovarla un po’
ridicola. Imbarazzante,
soprattutto.”
Lo Hyuga per poco non
si strozzò con un pezzo di dolce, ma TenTen non
sembrò badarci.
“Era un normale
edificio color terra a cinque piani, molto bello. Il negozio di dolci
nacque
inizialmente come piccola bottega al primo piano, specializzata in
torte di
compleanno e caramelle. Quando poi la voce iniziò a
spargersi e la clientela ad
aumentare, il proprietario del negozio decise di comprare tutto
l’edificio e di
assegnare ad ogni piano un particolare tipo di alimento.
L’assegnazione è
rimasta ancora invariata: al primo piano, dolci e biscotti; al secondo,
caramelle; al terzo, salatini; al quarto, confetture e marmellate;al
quinto, le
prenotazioni.”
Neji finì il dolce.
Lanciò un’occhiata alla ragazza che, con fare
rassegnato, annuì. Con un
sorrisino di vittoria, afferrò un’altra meringa.
“Il primo proprietario,
il signor Okitsugu, non si sarebbe mai aspettato un successo simile,
anzi. La
cosa lo stupì e lo rese felice a tal punto da vincere ogni
sua paura e dubbio;
fu per questo motivo che chiese alla donna di cui era innamorato di
sposarlo,
così su due piedi. E lei accettò.”
“Si può sapere come fai
a sapere queste cose, TenTen? Queste non sono considerabili come
‘informazioni
riservate’?”
“Certo, lo sono.”,
ridacchiò TenTen. “Ma, se fai parte della
famiglia, lo sono fino a un certo
punto.”
“Mi stai dicendo
che…?”, fece Neji stupito.
“Il signor Okitsugu e
la signora Hisako si sposarono e dalla loro relazione nacque Hitomo,
mia
madre.”
TenTen fece una pausa.
Prese anche lei una meringa e la mordicchiò. Neji la
osservava incuriosito:
sembrava nervosa.
“Quindi”, fece lui dopo
dieci minuti di silenzio, “si potrebbe dire che questa
è l’eredità dei tuoi
nonni, no?”
La ragazza annuì
semplicemente, e Neji temette che il silenzio si propagasse
ulteriormente.
Ma TenTen diede un
altro morso al dolce e disse: “Fu mia madre, dopo la morte
del nonno, a
trasformare il bel edificio color terra in una torta multistrato con
tanto di
ciliegina. Ricordo che da piccola mi piaceva tantissimo, ma se ci penso
ora…Scommetto che mio nonno si starà rivoltando
nella tomba.” La ragazza
accennò un sorriso.
“Mia nonna, Hisako, era
ancora in vita quando mia madre volle questo cambiamento. Ero ancora
una
bambina, avrò avuto sì e no quattro
anni…eppure ho impresso in mente il dialogo
che ci fu tra loro due.
La nonna non era
convinta, diceva: ‘Ho paura, Hitomo. La gente parla, giudica,
critica. Cosa
penserà di un negozio-torta? Perderemo tutti i nostri
clienti: ripensaci,
figlia mia.’
E mia mamma”, TenTen
sorrideva, anche se –come notò Neji- gli occhi le
si stavano inumidendo, “disse
semplicemente: ‘Le gente è amara, esattamente come
tutta
Mia nonna a quel punto
cedette, e i lavori di manutenzione cominciarono. Alla riapertura,
l’edificio
era coperto interamente da un telo.
Oh, adesso arriva la
parte imbarazzante…”, aggiunse TenTen, lanciando
uno sguardo fugace a Neji e
arrossendo. “Prometti di non ridere, ok?”
Il ragazzo annuì
masticando, così lei riprese: “Mia nonna e mia
mamma si erano preparate un
bellissimo discorso d’apertura, in cui spiegavano le
motivazioni per cui
avevano preso la decisione di trasformare
La mamma mi disse:
‘TenTen, ricorda: solo quando io e la nonna avremo finito di
parlare, tu
tirerai la corda. Non prima, ok?’
Io avevo capito, sapevo
cosa dovevo fare. Mi sentivo carica, felice di un compito
così importante!
E invece, non appena
mia nonna e mia madre salirono sul palco, io le seguii a ruota. Mancai
uno
scalino, caddi in avanti e mi aggrappai alla cordicella. Il telo cadde
circa
mezz’ora prima, così non ci fu nessun discorso, ma
solo commenti stupiti e
tanti ‘Ooh’.
Tutta colpa mia.”
TenTen lanciò
un’occhiata a Neji, imbarazzata. Il ragazzo la fissava con
aria impenetrabile.
Lei lo fulminò con lo
sguardo. “Il tuo labbro trema.”
“Niente affatto.”,
replicò lui, mentre un sorrisino gli si apriva sul volto.
“Ora, vuoi
continuare?”, aggiunse, affondando i denti nella meringa e
pensando mentalmente
Non ridere, non ridere, non ridere.
TenTen sospirò. “Tutti
sembrarono apprezzare l’idea, tanto che il nostro negozio
ricevette un mucchio
di pubblicità. Rimanemmo quasi sopraffatte
dall’enorme afflusso di gente, in
particolare di bambini. Adoravano la ‘casa-torta’,
e l’adorano anche adesso.”,
accennò con il capo ad alcuni bimbi che giravano per gli
scaffali, allungando
le manine verso i biscotti, troppo in alto per loro.
“Posso farti una
domanda, TenTen?”
“Certo.”
“Immagino che tua nonna
ormai sia…”
“…morta, esatto. E mia
madre con lei.”
Neji impallidì. Rimase
con la mano ferma a mezz’aria, nel tentativo di prendere
l’ennesima meringa.
Riuscì a balbettare solo un: “Scusa, io
non…”
“Non preoccuparti,
Neji.”, lo interruppe subito la ragazza, con un sorriso
forzato. “Dopotutto,
anche questo fa parte della storia.”
Prese un altro morso,
poi poggiò il dolce sul tavolo. “Successe circa
tre anni fa: mia nonna e mia
madre andarono via per qualche giorno. Alle terme, per riposarsi un
po’ dopo
tutto il lavoro che facevano qui in pasticceria. Lasciarono tutto a me,
una
diciassettenne inesperta ma con tanta voglia di imparare.
Però avevo paura,
sai? Una responsabilità così grande, tutta su di
me. Mi chiedevo se avrei
potuto farcela.
Beh, pensavo, almeno
durerà
solo una settimana. E invece mi sbagliavo.”
TenTen fece una pausa,
durante la quale si stropicciò gli occhi come una bambina.
Neji la fissava
senza dire una parola.
“Durante il viaggio di
ritorno, l’auto di mia madre fece un frontale con
un’altra macchina. Il
guidatore di questa era ubriaco, ed è morto sul colpo. Come
la mia nonnina. Mia
mamma mi raccontò che stava cantando una canzone alla radio
proprio nel momento
dell’incidente.”
“Un attimo. Tua madre,
hai detto? Ma…”
“Non ho finito, Neji.”,
lo interruppe la ragazza, secca. Lui rimase spiazzato. “La
mamma è
sopravvissuta al frontale, ma era molto grave. L’hanno
portata con urgenza
all’ospedale, dove poi io l’ho raggiunta. Sono
stata in quel maledetto posto
una settimana.”
TenTen strinse i pugni,
la voce le si affievolì. “I dottori mi illudevano,
dicevano che stava
migliorando a vista d’occhio, che presto sarebbe potuta
tornare a casa. Io ci
credevo, ma mia mamma…lei ha avuto sempre la certezza che
non avrebbe più
rivisto la pasticceria.
Un giorno, mi disse di
avvicinarmi al letto. Mi sciolse i capelli, cosa che mi
stupì profondamente:
portavamo sempre code o crocchie, per evitare che i dolci si
rovinassero. Erano
lunghi e lisci, ricordo che ne restai stupita. Mia madre
passò ore a
carezzarmeli, in silenzio.
Poi disse: “Ama,
TenTen. Ama molto, perché
Mi domandai perché mi
parlasse in quel modo, sentendo dentro di me la paura crescere.
Quella stessa sera, le
ferite che aveva riportato durante l’impatto si infettarono.
I chirurghi non
fecero in tempo. E’…E’ morta sotto i
ferri, senza che io potessi salutarla.”
Cadde il silenzio nella
cucina. Quei silenzi che non andrebbero rotti per niente al mondo, che
contengono molte più parole di quanto si immagini. Silenzi
sacri e quasi
eterni.
Neji non aveva ancora
staccato gli occhi dal viso di TenTen, in quel momento addolorato
eppure
impassibile. Una fitta allo stomaco lo avvertì che non gli
piaceva vederla
così, lei che aveva sempre visto ridere, scherzare, prendere
in giro.
Non voleva che
soffrisse così tanto. Non avrebbe voluto che le capitassero
tante sofferenze.
Non era giusto.
Non era giusto che
fossero capitate proprio a lei, a
TenTen.
Non riusciva a
sopportarlo.
In quel momento il
timer del forno iniziò a trillare, un suono insopportabile
alle orecchie e –in
quel momento- al cuore.
“Uh, è già pronta?”
TenTen si alzò dal tavolo, infilando i guanti da cucina.
Neji la seguì con lo
sguardo.
“Ma tu guarda! Ho
parlato davvero per così tanto tempo? La cottura di un
dolce, pensa un po’!”,
ridacchiò lei, tossendo per il vapore e parlando
più a se stessa che allo
Hyuga.
Posò la torta sul
tavolo e sorrise. “Allora, Neji…vuoi avere
l’onore di assaggiare anche questa
prelibatezza della Patisserie Parfait?”
Il ragazzo sorrise.
Allora sei fatta così, TenTen.
“Senz’altro.”
Il tintinnio dei campanelli della porta lo riscosse da quel
lungo momento di flashback.
Fece mente locale e si ricordò di dov’era.
Sì, ma lei…? Ah,
già.
La penna.
La cercò con gli occhi, ma non era più al
bancone.
Incuriosito e preoccupato, si alzò dalla sedia e si sporse
dalla cucina.
La trovò davanti ad uno scaffale, in compagnia di un bimbo
che doveva avere tre o quattro anni.
TenTen sorrideva. “Allora, Oky-chan.
Sono questi i dolcetti che volevi?”
Il bambino sorrise entusiasta. “Sì, Ten-chan!
Sono proprio questi!”
La ragazza prese una confezione e gliela porse. “E sentiamo,
Oky-chan: te li mangerai tutti da
solo?”
Oky-chan scoppiò a ridere. “Ma no! Questi sono per
la mia
mamma, compie gli anni oggi!”
Neji, vedendo gli occhi di TenTen annebbiarsi, fece un passo
in avanti. E invece, anche lei rise.
“Se è così, questi te li regalo.
Dì alla tua mamma che sono
da parte mia, ok? E falle tanti auguri, mi raccomando!”
“Grazie mille, Ten-chan!
Ciao!” Oky-chan corse
verso una donna
che stava osservando delle torte. Non appena il bimbo le si
avvicinò, lei
sorrise e, dopo che le ebbe raccontato perché avesse in mano
quei biscotti, si
voltò verso TenTen e fece un inchino.
La ragazza rispose con un gesto del capo e si girò.
Davanti a lei, c’era Neji. Sorrise.
Rimase sorpresa quando lui le si avvicinò e
l’abbracciò.
Sorpresa, certo. Neanche più di tanto.
“Sai, Neji? Profumi di biscotti.”
Fine
NdA:
Diavolo di una NejiTen. Mi ha fatto venire il magone (ossia,
stavo quasi per piangere. Quasi,
eh).
Dunque, l’idea è estremamente patetica. Me ne
rendo conto.
A me piaceva però. Quindi gh.
:3
Vediamo, devo ringraziare Laly e
Se vi state chiedendo: “Ma scusa, e il papà di
TenTen?’, vi
capisco: me lo sto chiedendo anch’io. ._.
Probabilmente scriverò una spin-off.
*annuisce*
Ovviamente i nonni, la mamma di TenTen e Oky-chan sono OC. I nomi sono
stati presi da nomix.it.
Anche questa storia fa parte delle DA&Quotes
(nome alquanto penoso, ma per adesso tengo questo
ù_u). La citazione è quella all’inizio
della storia, viene poi pronunciata da
Hitomo.
L’immagine è ‘amciu’
di moohra.
Gnam.
:Q_______________
Tra l’altro, la corrispondenza tra citazione e immagine mi
ha quasi spaventato. O_o’
E concludiamo con la dedica (sì, di solito si fa in alto. Ma
io la faccio qui >:D).
Dedico questa storia ad Aury,
persona meravigliosa che adoro.
Perché? C’è anche da chiedere il
perché?
Perché è Aury,
che cavolo! Splendidamente BiancaH,
un po’ meno splendidamente KibaHina
(che ci vuoi fare? Mi puoi rendere BiancaH, ma non puoi chiedermi di
tradire
l’amore della mia infanzia ç///c).
Perché è una Mamma-patata,
come io sono una Figlia-carota.
Perché mi ha appena indotto a scrivere una KibaHina,
e io ho accettato. D:
Perché lei mi ha scritto una splendida NaruHina,
e perché mi dedicherà un’altrettanto
splendida (non l’ho
ancora letta, ma sarà così <3) KonoHana.
Perché questo è un poco di quello che vorrei
dirti, ma so
che è poco: ti voglio bene.
Senza storpiature, bimbominkiate o cavolate varie. Ti
voglio bene, e basta.
(non sono brava con le dediche D: *si rende conto che dovrà
scriverne un’altra per il suo compleanno; si dispera D:*)
Ok, posso ritenere conclusa la cosa?
Quindi posso salutarvi dicendo che la storia partecipa alla
‘Love Challenge-Do you love me?’
di
Mayumi_san (bannerino sotto) e ringraziando tutti quanti coloro che
leggeranno,
commenteranno, passeranno per un salutino veloce.
Un bacio :3
Vale