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Autore: Regina Oscura    21/07/2010    2 recensioni
Storia all'inizio molto misteriosa, il primo capitolo è piuttosto strano beh...questo per me che scrivo sempre storie comiche. Il protaonista del primo capitolo è un ragazzo piuttosto bizzarro: Aveva lunghi capelli mori legati in una coda che quasi toccava la coscia, una pelle lattea, eterea e così pallida che sembrava non aver mai visto la luce del sole.E gli occhi... Sorpresa!!!leggete e scoprite! *Milli lin* p.s non so, mi sa che ho sbagliato a postarlo in azione, ditemi voi dove spostarlo please ^^
Genere: Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 24
Caen cadde sul freddo pavimento nero sbattendo violentemente le ginocchia, alzò lo sguardo verso il telo nero che aveva sempre guardato con rispetto si parava davanti a lui come un annuncio di morte.
I suoi occhi brillavano ancora fieri ostentando un sorrisetto che gli attraversava il viso come un taglio trasversale.
-Inchinati bastardo!- sibilò il Sacerdote calciandolo sulla schiena così forte da togliergli il fiato –Signora…- riprese con una sorta di ammirazione nella voce –Cosa volete fare di questo cane?
-Non c’è bisogno che tu lo sappia- quella voce fredda, metallica, che tante volte gli aveva donato speranza, colpì Caen come una doccia gelata –Vai pure, lasciaci soli.-
L’uomo si congedò con un inchino deferente e guardò Caen truce, gli occhi che brillavano d’odio appena nascosti dal cappuccio bianco del mantello.
Il rosso gli sorrise accondiscende, non temeva più nulla, l’abisso che lo aspettava non lo spaventava più, dopo tutto cosa lasciava dietro di sé?
Una vita vuota, la vita di una marionetta, di un contenitore privo di anima, un burattino ormai inutile che andava rotto.
Poi lasciava Josh.
Sì, il fratello era l’unica cosa importante che lasciava dietro di se.
Lo abbandonava, solo con i suoi incubi e le sue paure, ma se fosse riuscito a salvare il diario, quello sarebbe valso più di mille parole, più di tutto quello che da vivo avrebbe potuto fare.
-Caen, figlio mio- il suo tono privo di ogni emozione gli ricordava quello di una candela spenta che ancora emette un leggero sibilo soffocato dalla sua stessa cera.
-Cosa ci facevi nella libreria proibita?- poteva mentirle, dirle che ancora la rispettiva come una dea, che non aveva letto nulla, che era stato tutto uno sbaglio.
Poteva farlo, poteva, ma perché avrebbe dovuto?
-Scoprivo la verità- dichiarò con voce roca e più fievole di quanto volesse.
-Quale verità?
-Quella che voi non avete voluto accettare- annunciò con un tono fattosi più forte.
La tenda si mosse improvvisamente come se un turbine l’avesse scossa e una mano gelida, dalle dita lunghe e affilate strinse il collo di Caen.
Era eterea, rugosa, segnata dagli indelebili segni del tempo e, contemporaneamente, forte, possente e letale.
-Potrei ucciderti ora- disse la Madre -è da tantissimo tempo che non sento il profumo del sangue sulle mie mani.
Caen alzò lo sguardo verso il volto della donna e, vedendolo emergere dall’oscurità con quel suo pallore irreale, mormorò con voce soffocata –Voi siete proprio come vi avevo immaginato-.
Né lo stupore né l’orrore erano dipinti sul suo volto perché non provava nessuna delle due sensazioni, lo dominava solo la fredda certezza di dover salvare quel diario.
-Tu…- quella voce fredda che rimbombava ovunque non sembrava appartenere a quell’esile creatura che gli stringeva il collo -Tu, hai letto il Diario vero?
Caen sussultò impercettibilmente, allora sapeva della sua esistenza, credeva che la Madre non fosse nemmeno a conoscenza di quel manoscritto.
Si nascose di nuovo dietro quella maschera di un ghigno spavaldo ed enigmatico –Naturalmente.
Lei lo strinse ancora di più, le sue unghie strozzavano la carne del ragazzo che reprimeva qualsiasi segno di cedimento, sebbene sentisse i suoi polmoni accartocciarsi privi d’aria e i suoi occhi bruciare.
-Dov’è? – chiese la Signora con rabbia –Dov’è quel dannato diario?
Lui la guardò inespressivo –Dov’era prima è ora- sussurrò con un tono che cercava di sembrare scherzoso.
La Madre lasciò la presa –Lo spero per te.
Caen tossì cercando di riprendere ossigeno, ma i singulti della tosse lo soffocavano e lo costringevano a chiudere gli occhi velati da lacrime di dolore.
La Signora rise fredda –Comunque non ti posso ancora uccidere, mi servi vivo.-si avvicinò a lui sfiorandogli il naso –Quelli deboli come te mi servono sempre vivi, prima di essere gettati.
Caen sgranò gli occhi, ma cercò di rimanere inespressivo, allora non sarebbe morto ora? Cosa voleva ancora da lui?
–Vado a chiamare i Cacciatori per scortarti nelle prigioni- disse la Madre inespressiva –Dopo avrò ancora bisogno di te per un lavoretto- e se ne andò divorata dalla tenda lasciandolo solo con la morte.
La morte che ormai era una sua vecchia amica.
Una vecchia conoscente dalle mani gelide e sottili che lo gremivano continuamente per cercare di portarlo via con se per l’eternità.
Si scrollo di dosso il terrore, l’essenziale era salvare il libro, solo quel diario era importante.
E il miglior nascondiglio era fra i suoi simili.

Amy si svegliò, la paura che le attanagliava lo stomaco e la faceva respirare affannosamente, il buio, soffocante e caldo, la avvolgeva come una coperta troppo stretta.
Aveva bisogno d’aria, aveva bisogno di luce.
Ma il terrore le impedì di muoversi dal letto, rimase bloccata tra le coperte soffocata dall’oscurità.
L’incubo era tornato, lo sentiva strisciarle lungo la schiena dandole un sentore di gelo indistinto, che cosa aveva sognato?
Non lo ricordava, rimanevano solo immagini confuse, appena visioni, dai contorni imprecisi, dai visi irriconoscibili.
C’era Josh, ma non era lui, era diverso, un suo riflesso deformato, una sua ombra e un ragazzo coi capelli color del fuoco, la voce profonda, ma cosa le stava dicendo? Sentiva solo il terrore che aveva provato guardandolo in volto.
Non ricordava nient’altro, cosa le stava annunciando, chi era…
C’era Harry, un uomo, una pistola, e Lei, una voce crudele, sottile, che risuonava ovunque nella sua mente, nel suo corpo, inarrestabile.
Si abbracciò come per impedire al sogno di riprenderla fra le sue spire di paura, gli occhi sgranati nell’oscurità per paura delle ombre che potevano esserci, come se l’incubo potesse riemergere dal buio per divorarla.
Pensa a cose normali, si disse, aveva letto in un libro che serviva a calmare le crisi di panico, guarda le tue vecchie stelline fluorescenti appese al soffitto, ascolta il ticchettio della tua sveglia, così regolare, così normale…
Lentamente riprese a respirare regolarmente e il battito del suo cuore recuperò il suo solito ritmo, quel sogno le ricordava le continue immagini che si formavano come un’evanescente cortina di fumo davanti ai suoi occhi sempre più di recente.
Incubi dimenticati? Ricordi perduti? Cosa potevano essere?
Milioni di domande affollavano la sua mente ancora appesantita dal sonno, si premette la fronte con le mani, andate via, si diceva fra se, andatevene.
Si alzò dal letto con un gesto nervoso, buttando a terra il lenzuolo, il sonno non tornava e la sua mente era troppo stipata di pensieri, domande senza risposta, misteri.
Premette l’interruttore e la luce le ferì gli occhi violenta e improvvisa, come può esserlo solo la luce elettrica, chi era il ragazzo con i capelli rossi?
Le era familiare, ma non conosceva nessuno con i capelli così belli dalle mille stirature del fuoco, i suoi occhi non li ricordava, il suo era un viso vuoto, bianco come un foglio ancora tutto da scrivere.
Uscì dalla camera e scese le scale lentamente, erano persone reali quelle sognate?
Erano fatti realmente accaduti? O il tutto era semplicemente frutto della sua immaginazione? Forse entrambi, forse stava impazzendo, forse era già pazza.
Spalancò la porta della cucina e si sedette al tavolo buttandosi stancamente sulla sedia lanciò un’occhiata al vecchio orologio appeso alla parente davanti a lei: era presto, ancora mancavano diversi minuti alle sette.
Fece tutto con calma ripensando a tutto quello che era successo, l’incubo stava sfumando, sparendo dai suoi ricordi e trattenerlo era quasi impossibile, uno sforzo disumano.
Chi era l’uomo? Era anziano e alto, più di lei, ricordava solo degli occhi neri e stanchi, era a casa sua, ma cosa ci faceva? Perché era lì?
Spalancò il frigo e prese con delicatezza il cartoccio rosa del latte, afferrò una tazza e ci versò dentro il liquido biancastro.
C’era Josh, ma era davvero lui? Non lo sembrava, anzi non lo era, eppure lei se lo sentiva dentro, come un sussurro subdolo, che quel ragazzo dai lunghi capelli corvini era il suo amico d’infanzia.
Forse nei sogni certe cose si sanno e basta.
Ma era troppo vero per essere solamente un incubo, troppo solido, ogni sensazione era così pungente e reale sulla sua pelle che le sembrava di poterle provare ancora se solo chiudeva gli occhi per un attimo.
Versò i cereali al cioccolato nel latte con cautela, il rumore di quel cadere continuo e ticchettante la calmava.
Affondò un cucchiaino nel liquido lasciandolo soffocare dai cereali.
Che cosa le stava succedendo? Qualcosa nella sua testa non andava, o era realmente successo?
No, non poteva essere successe….vero?

Il ragazzo si vestì, con gesti stanchi, era successo di nuovo, quella stessa notte come una realtà tremenda.
Ancora Harry ne ricordava ogni terribile particolare.
Aveva paura, ne aveva tanta, era una ragazza minuta, indifesa, rapita.
Camminava lenta, la testa china, le mani legate.
Avanzava stretta fra due uomini dal cappuccio bianco, lei stessa coperta da una mantella color del sangue.
Vedeva la base di un trono scuro d’ebano, alto e curvo su di lei come un’ombra di morte.
-Inchinati!- le sibilava uno degli uomini incappucciati e l’aveva spinta con tale forza da farla cadere con violenza a terra, un terreno arido, polveroso e brullo come un deserto.
-Benvenuta, Sacrificio- rimbombava una voce orribile, risuonava ovunque irreale, terribilmente inumana.
-Ormai sei pronta…- constatava la voce mentre lei sentiva su di se degli occhi glaciali –Solitamente i sacrifici li consumiamo una notte di novilunio, ma per te non ho più tempo...
Più nulla.
Per un tempo assurdamente lungo.
Harry scosse la testa, un altro ricordo sbiadito come il colore di una vecchia foto macchiata e accecata dal tempo che è passato su di lei.
Di nuovo, aveva già visto una ragazza in una situazione simile, ma era un ricordo vivido e acceso, visto da una prospettiva totalmente diversa.
Ma erano passate così tante settimane, erano successe così tante cose da allora: avevano salvato Amy, le avevano fatto perdere la memoria,quel poliziotto era sparito dalla sua vita e il ricordo della ragazza sotto l’albero aveva distrutto le poche sicurezze che si era costruito.
Si passò una mano trai lunghi capelli castani ancora sciolti, ormai arrivavano alle scapole, era ora di tagliarli.
Se li legò in una coda, prese lo zaino e uscì –Ciao mamma- sussurrò al vuoto –Buon lavoro!- lei si sarebbe svegliata solo un’ora dopo.
Si avviò seguendo il marciapiede, il sole splendeva già alto e bollente facendo risplendere il cemento sotto di se.
Estate.
Sembrava così inadatta a quella situazione, come se dovesse sempre essere brutto tempo quando si è in confusione, quando si è tristi.
Si tolse la leggera felpa che avevo addosso, ormai anche la scuola stava per finire, l’unico momento che lo teneva a galla dalla perdizione nel nulla della sua disperazione.
Scosse la testa, ma che pensieri erano?
Lui avrebbe avuto ancora vicini Josh e Amy, vero?
Sì, sarebbero rimasti vicini comunque; ma il dubbio restava come un tarlo che lo divorava sempre un po’ di più, pezzo per pezzo, sicurezza per sicurezza.
Un tarlo impossibile da scacciare per quanto si sforzasse.
Josh gli passò di fianco, ma fu come se lo attraversasse un vetro, fu silenzioso, tremendamente.
Gli occhi verdi erano annebbiati da milioni di parole intrappolate dentro di lui senza via d’uscita, parole che la bocca non avrebbe mai potuto liberare.
-Josh?
Il ragazzo si voltò e sorrise, un sorriso vuoto e spento –Che cos’hai?- chiese Harry preoccupato.
-Niente….- prese un profondo respiro –è solo che è tutto così…così irreale. Non mi sembra ancora possibile.
Camminarono per un po’ in silenzio, solo il caldo vento estivo a scaldarli.
-E poi Caen non è ancora tornato, è una cosa assurda, dov’è? Perché non è qui? Proprio ora che avevo bisogno dei suoi chiarimenti…-
Caen…era suo fratello vero?
-Dov’è?- chiese Harry senza ascoltare veramente la risposta, riusciva solo a percepire il suono delle parole senza capirle e senza volerle capire.
-Purtroppo non lo so…- la sua voce risuonò triste come non mai.


angolo autrice (di chiary-chan)

la miry in questo momento è in vacanza ma mi ha incaricato a me di inserire questo nuovo capitolo!! ormai è una cosa ufficiale: sono riuscita a venere nominata in tutte le storie della milli-chan nell'angolo in fondo xd
parlando di cose serie: spero vi sia piaciuto il capitolo e se è così (e io sono sicura che è così perchè la milly-chan è una grandissima scrittrice) recensite, capito gente!! premete quel bottone infondo alla pagina e diteci cosa nè pensate!
ringrazio kamy per aver commentato lo scorso capitolo e le 4 persone che hanno messo la storia tra le seguite e le 3 tra i preferiti.
ok alla prossima

!*Milli Lin*
   
 
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