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Autore: Frances    22/07/2010    4 recensioni
Ho perso mio figlio.
Cos'altro mi resta, ormai?

[Parte della raccolta D.e.c.e.a.s.e]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lucrecia Crescent
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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MOTHER OF A STRAY CHILD

 

E' un maschio, dottoressa.

 

Esausta, affondando la schiena nell'ampio cuscino e rilassandoti faticosamente sul lettino umido dell'ambulatorio, riprendi fiato con difficoltà. Ansimando, mentre gocce di sudore ti imperlano la fronte e ti inumidiscono i capelli castani, ti senti improvvisamente più leggera, realizzata e fiera di te stessa.

Sei circondata dai volti conosciuti dei giovani apprendisti che ti hanno accompagnata nelle ultime cinque ore: li guardi uno ad uno, ringraziandoli tacitamente, ricevendo in cambio una gioiosa profusione di felicitazioni ed incoraggiamenti.

« ... Posso vederlo?» implori, balbettante, con voce fievole, mentre un'impazienza curiosa si impossessa di tutto il tuo essere dolorante. Tutti loro sembrano annuire all'unisono, senti qualche risposta affermativa giungere soffocata da una voce femminile.

Allarghi le braccia, con le mani aperte, accogliendo nel tuo abbraccio il fagotto di spugna viola che un'infermiera ti porge. Ti sembra leggero come una piuma, fragilissimo, e quando lo stringi a te vieni per un attimo colta dal panico che possa frantumarsi fra le tue mani impacciate. Scosti con due dita i lembi dell'asciugamano, muovendoti con cautela, il cuore che batte ancora a ritmo accelerato a causa dello sforzo e dell'emozione. 

E poi lo vedi per la prima volta, avvoltolato in quel panno umido, ancora spaesato e confuso dall'aria che di colpo ha iniziato a fluirgli nei polmoni. Gli hai sentito lanciare un solo urlo stridulo, poco dopo essere nato; ora è silenzioso, con il volto paonazzo e gonfio, gli occhi socchiusi e le minuscole mani serrate in pugni.

Lo riconosci immediatamente, sentendo quel piccolo cuore battere nel suo petto scosso dal respiro, e sul volto ti si dipinge un sorriso stanco. Hai sentito dentro di te il palpitare impetuoso di quel cuore per così tanto tempo, che ora che il tuo ventre è vuoto ti senti afferrare da una strana sensazione di nostalgia.

Lasci una carezza sulla fronte liscia di tuo figlio, mentre silenziose lacrime di felicità iniziano a colarti lungo le guance. La schiena dolorante, le gambe indolenzite, le fitte che percepisci lungo tutto il corpo... Niente di tutto ciò sembra più affliggerti, ora che senti il suo corpo minuscolo premuto contro il tuo. Ora che lui è lì, e respira, ed è vivo.

Lasci che gli assistenti lo prendano in braccio, dividendoti da lui in un gesto lento e doloroso. Poi affondi nei cuscini, sprofondando immediatamente in un sonno ristoratore.

 

Mio figlio diventerà un uomo bellissimo.

Sono fiera di essere sua madre.

 

« Mmm, quindi era giusta la mia analisi? E' di sesso maschile, si?»

Standotene seduta sul letto, con il cuscino a sostenerti la schiena, osservi in silenzio i movimenti febbrili di tuo marito. Indossa un camice sgualcito, con una macchia di caffè sul davanti, e da quando è entrato nella stanza non ha fatto altro che porre domande, scartabellare fascicoli, ascoltare le risposte dirette ed immediate delle infermiere. Gli studi il volto, notando le occhiaie e gli occhi vispi nonostante l'evidente insonnia che ha turbato le notti precedenti al parto. Ti infastidisce appena il tic nervoso che gli fa deformare un angolo della bocca, ad intervalli regolari, e ti mette in agitazione la sua abitudine di sistemarsi gli occhiali sul naso anche senza che ce ne sia bisogno, portando alla montatura due dita congiunte.

E soprattutto, ti rattrista che non ti abbia ancora rivolto neppure uno sguardo.

« Caro...?» bisbigli, mentre il bambino allunga un braccino per giocare con le ciocche che ti ricadono sul seno.

« Procedete alle analisi subito dopo il prossimo pasto. Voglio vedere i dati. Fra tre ore, giusto? Bene, vedete di fare in fretta.» lui sembra non sentirti, annotando rapidamente sui fogli, confrontando due cartelle, mentre le assistenti annuiscono e gli porgono altro materiale.

Non ti ha sentita, vero? E' sempre un uomo così impegnato, così serio, così dedito al suo lavoro. Devi solo alzare la voce.

« Caro, perché non...?»

« ...D'altronde i miei studi non potevano che essere corretti. Bene, voi, ricordatevi cosa vi ho detto riguardo il monitoraggio delle ore di sonno. Voglio che mettiate tutto per iscritto, chiaro? Battito cardiaco, ritmo respiratorio, ed impulsi cerebrali. Non tollererò nessuna svista. E poi, ah, sì...che mi dite della concentrazione di cellule di Jenova nel suo sangue? Provvedete a procurarvene un campione entro questa notte, sarò io ad analizzarlo, personalmente, sì?»

Lo osservi in silenzio mentre quasi ti dà le spalle ed inforca l'uscita, senza averti rivolto neppure una parola. Prendi fiato, stringendo vostro figlio con maggiore impeto:

« Professor Hojo.»

Lui si volta di scatto, mentre gli occhi neri ed arrossati sembrano illuminarsi di una minacciosa luce infastidita. Ti guarda per qualche istante come se neppure fosse in grado di riconoscerti, da sopra la sottile montatura delle lenti da presbite: poi la bocca contratta gli si distende in un sorriso stiracchiato.

« Oh, è lei, dottoressa Crescent.» rileva, con tono formale, rimanendo immobile vicino alla porta « Come si sente? Bene, sì?»

Ricambi il suo sguardo, incerta, mentre quelle sue domande fin troppo cortesi ed impersonali ti mettono leggermente in soggezione. Studi i suoi lineamenti tirati, le ciocche nere che gli ricadono sul volto scavato e sulle spalle, compatti e pesanti come se non fossero stati lavati per giorni.

Povero professore, pensi, cercando di tranquillizzarti, deve essere stata dura anche per lui.

« Sto bene, la ringrazio.» rispondi, con un sorriso, poi fai un timido tentativo, abbassando appena la voce, «...perché non viene a vedere, professore? Nostro figlio è bellissimo.»

 Hojo ti guarda perplesso per qualche istante, quasi non avesse la più pallida idea di cosa tu stia dicendo. Poi solleva le sopracciglia e congiunge le mani dietro la schiena, annuendo:

« Oh, sì. Il bambino.» muove qualche passo strascicato verso il letto, affiancandoti lentamente. « Suppongo lei abbia ragione...faccia vedere.»

Rinfrancata, gli porgi il neonato, pensando che lui voglia prenderlo in braccio; ma Hojo si limita a sporgersi appena, dando una rapida occhiata - quasi annoiata - prima alle sue corte gambe ancora cicciotte ed arcuate, poi alle mani aperte che tentano giocosamente di toccarlo, infine ai suoi occhi spalancati e pieni di entusiasmo.

 « Noto che ha già aperto gli occhi.» osserva, di colpo più entusiasta « Sono di un colore affascinante. E' una buona cosa. Si, proprio una buona cosa.» soffoca una strana risatina.

Tu annuisci, raggiante, mentre incontri ancora una volta lo sguardo divertito del bambino. Ha gli occhi grandi e verdissimi, profondi come due sorgenti di Lifestream. Non hai mai visto occhi così fantastici.

« Quale sarà il suo nome, professore?» domandi d'un tratto, impaziente. Ancora una volta sembri cogliere Hojo nel bel mezzo di qualche complesso ragionamento misterioso.

« Cosa, dottoressa? Un nome, dice?» farfuglia, stralunato « Oh, sì, direi che potrebbe essere appropriato. Un nome Cetra, si?» incrocia le braccia, ignorando i tuoi suggerimenti. «...sì, professoressa Crescent, un nome della mitologia Cetra. Un nome, vediamo...» di colpo solleva gli occhi, illuminato, scuotendo il capo « Oh, già. Questo esperimento ha già un nome.» farfuglia qualcosa che hai difficoltà a comprendere.

Lo guardi, confusa:

« Come?»

 « Il suo nome è Sephiroth.» ti liquida con un gesto distratto della mano « Ora mi lasci andare, Lucrecia. Ho del lavoro importante da sbrigare. Torni al più presto in laboratorio, si?»

Lo segui con lo sguardo, mormorando una risposta affermativa, fino a quando non sparisce dietro la porta scorrevole.

Quando ormai sei sola, la stanza inspiegabilmente sembra opprimerti ed insinuarti il disagio nelle ossa.

 

Vincent.

E' un pensiero che ti raggela, raggiungendoti all'improvviso, trafiggendoti le tempie come la punta di una freccia. Una freccia fredda e insidiosa che ti accusa e ti avvelena di un rimpianto inconsolabile.

Tu mi avresti stretta a te e avresti sorriso, vero?

Avresti preso nostro figlio fra le braccia, impacciato e goffo come ogni giovane padre?

 Scuoti il capo con violenza, sforzandoti di scacciare quegli occhi scarlatti e caldi che ancora oggi continuano ad inseguirti, chiedendoti per quale motivo tu li abbia respinti.

Abbassi lo sguardo su tuo figlio, trovando conforto nelle sue insolite iridi verdi e nella sua espressione tranquilla. Gli sorridi, posandogli un bacio lieve su di una piccola guancia.

 

Sephiroth, ti amo così tanto.

Sei il mio tesoro più grande.

 

Durante i primi mesi di gravidanza, Hojo parlava con entusiasmo della nuova vita che stava rapidamente crescendo dentro di te. Ti veniva a fare visita molto spesso, non appena trovava un momento libero fra un incarico e l'altro.

« Come si sente?» domandava, controllandoti il ritmo del polso « Ha ancora avuto qualche malore?»

Tu scuotevi il capo, la maggior parte delle volte. Dopo che ti eri sottoposta all'iniezione e le cellule di Jenova ti era entrate in circolo, il tuo corpo aveva tentato di ribellarsi, in un primo momento. Ti alzavi nel bel mezzo della notte, precipitandoti al bagno per rimettere, o scoprivi la mano bagnata di sangue quando la portavi alla bocca per coprire un colpo di tosse.

Le sue continue attenzioni però avevano la capacità di tranquillizzarti e di darti la forza per andare fino in fondo al progetto.

Ma ora che Sephiroth è nato, Hojo ti ignora per la maggior parte del tempo. Ti parla solo se strettamente necessario, non ti degna di uno sguardo quando vi incrociate nei corridoi. Non smette di chiamarti per cognome, sembra quasi riconoscerti a malapena quando ti vede.

E poi, vuole Sephiroth.

Lo sottopone ad esami continui, sembra che i prelievi di sangue non siano mai sufficienti. Lo ignora quando piange, però, lo ignora quando sta male, lo ignora quando ha fame. Si limita ad analizzare i suoi cambiamenti d'umore come se fossero dei fenomeni fantastici, delle manifestazioni da analizzare scientificamente. Come se il pianto di un bambino non sia altro che il lamento di una cavia sottoposta a delle iniezioni di cianuro.

Tu ti rinchiudi in te stessa, stringendo Sephiroth nella tua stanza silenziosa, cullandolo fino a che non si addormenta. Ora che lui è nato non riesci ad accettare che venga trattato come una cavia. Finché puoi occuparti di tuo figlio, finché nessuno vìola i momenti in cui puoi stare con lui, illudendoti che tutto vada alla perfezione, del resto non ti importa un bel niente. Non ti interessa il progetto, non ti interessa Hojo che ti ha solo usata, non ti interessa più nulla.

Vuoi solo stare con la creatura che di più ami al mondo.

 

La tua culla è vuota.

Dove ti hanno portato, bambino mio?

 

Ti accasci, le gambe che smettono d'un tratto di sorreggerti, le ginocchia che premono dolorosamente sul pavimento duro. Ansimi, con le mani che si rifiutano di abbandonare il merletto che orna i bordi del bellissimo lettino che hai comprato per Sephiroth. La stoffa soffice non ti è mai sembrata così ruvida e così fredda, non ti sei mai accorta di quanto sia brutta. Di quanto sia pomposa la decorazione e di quanto stoni con il cuscino bianco e liscio. Vuoto.

Senti un urlo disperato squarciarti la gola, mentre le lacrime amare ti rigano il volto, impietose, gocciolando dal mento. Afferri il lenzuolo e tiri, tiri, tiri, fino a squarciarlo. Capovolgi la struttura dondolante della culla, mandandola a frantumarsi per terra. Affondi le unghie nel cuscino, strappando brandelli di imbottitura, ignorando le minuscole schegge che ti si conficcano nei piedi nudi, nelle gambe e nei palmi delle mani.

Poi osservi il legno spezzato che giace immobile ai tuoi piedi, le piume soffici abbandonate tutt'attorno a te come un letto gelido di neve appena caduta, la federa macchiata del sangue che ha iniziato a colarti dalle ferite.

E fissando tutto ciò che hai fatto, capisci di aver sbagliato ogni cosa, fin dal primo istante.

 

Vincent, come ho potuto?

 

Come ho potuto anche solo pensare che vendere mio figlio alla scienza potesse essere la cosa giusta da fare?

 

Eri convinta che il semplice essere una scienziata potesse impedirti di commettere errori.

Ma anche in questo ti eri sbagliata.

 

Figlio mio, sei l'unica cosa che mi rimane.

Come ho potuto permettere che ti facessero una cosa simile?

 

Lui ormai ha dodici anni. Lo incontri per caso a Midgar, dopo essere stata spostata al Quartier Generale ShinRa perché tu assista degli esperimenti sul Mako.

Non hai osato neppure sperare di ritrovarlo lì, dopo tutti questi anni durante i quali nessuno si è mai curato di mandarti sua notizie; lo osservi mentre ti viene incontro, avanzando a passo deciso.

Le cartelle che avevi in mano scivolano sul pavimento, mentre lo segui con lo sguardo e lo riconosci immediatamente.

E' cresciuto tanto. Il suo volto perfettamente ovale, la sua carnagione chiara, ha dei bellissimi capelli argentati che gli lambiscono le guance, arrivando a sfiorargli le spalle larghe. Tutta la sua figura sembra brillare di una giovinezza perfetta, incantevole, quasi eterea. E la sua espressione è così fiera, così nobile nei suoi lineamenti ancora imprigionati dall'adolescenza.

Dio, è tuo figlio.

Si accorge del tuo sguardo e lo ricambia, mentre rallenta il passo e infine si ferma davanti a te, senza smettere di fissarti. E' ancora così giovane, ma è già diventato così alto... così alto che le sue spalle superano le tue di una buona spanna.

Ti accorgi di avere la gola secca e anche se ci sono mille cose che vorresti dirgli, non sei capace di pronunciare una sola parola. La tua mente è confusione, felicità, impazienza, euforia... un complesso ed intricato gomitolo di emozioni che non riesci a controllare.

Sephiroth rimane imperturbato e silenzioso, immobile e composto come una statua di granito; ti accorgi appena della divisa azzurra che indossa, degli stivali spessi, delle massicce protezioni assicurate alle sue spalle e della cintura di pelle che porta impresso il simbolo della SOLDIER. Non riesci a distinguere nessuna emozione nei suoi occhi verdi, non riesci a capire se lui ti abbia riconosciuto oppure no. Vedi solo un cupo bagliore che ti è nuovo e due lunghe ed affilate pupille da rettile.

Sono tua madre!

Parlami, amore mio!

Sono tua madre!

 

Una mano ossuta artiglia la spalla di Sephiroth, nella fessura fra il collo e la spessa spallina di metallo:

« Cosa c'è, Sephiroth? Conosci questa persona? »

Sposti gli occhi sull'uomo che ha appena parlato, riconoscendo immediatamente la voce.

Il professor Hojo è invecchiato molto; delle rughe profonde gli segnano gli angoli della bocca, la fronte ed i lati degli occhi. Gli basta concederti una breve occhiata perchè un lampo di riconoscimento gli attraversi lo sguardo, e serri la mascella:

« Oh, professoressa Crescent.» ti saluta come se non avesse mai condiviso il letto con te, come se tu fossi poco più di una scienziata di poco valore « Mi avevano detto che lei sarebbe venuta qui a Midgar.»

Gli rivolgi un cenno rigido, un'occhiata algida.

Ma poi ti senti accartocciare su te stessa, e capitoli, sconfitta.

 

« Professore, chi è questa donna?»

 

Ferita, guardi di nuovo i suoi occhi verdi e perplessi, che ti studiano, non ti riconoscono, non sanno chi tu sia.

Ed è in quel momento che comprendi.

Quelle iridi che sembrano brillare come la linfa del Pianeta sono gli occhi che Sephiroth ha ereditato da sua madre.

Sono gli occhi di Jenova.

 

Ho perso mio figlio.

Ho perso mio figlio.

Ho perso mio figlio.

Ho perso mio figlio.

 

Cos'altro mi resta, ormai?

 

(xxx)

 

 


Nota dell'autrice:

Dirge of Cerberus mi ha fatto senza dubbio voler male a Lucrecia Crescent. Non fa altro che chiedere scusa per metà del gioco e sembra quasi che il suo copione sia composto interamente di variazioni sul tema di "I'm so sorry". Ma in realtà la dottoressa Crescent è prima di tutto una donna estremamente coraggiosa - anche se non nego che sia stata abbastanza idiota a respingere Vincent per Hojo; in secondo luogo, in Final Fantasy VII non riesce a tornare al Lifestream a causa dell'amore immenso che prova per suo figlio, e per questo bisognerebbe almeno riconoscerle un ammirevole istinto materno.

Ad ogni modo, in DoC, il personaggio di Lucrecia è stato davvero gestito male. Hanno messo troppo in risalto il rimpianto per ciò che ha fatto a Vinnie, principalmente per giustificare l'aggiunta di Chaos e Omega e hanno vergognosamente trascurato il fatto che lei sia la vera madre di Sephiroth - che non so se mi spiego, è lo stracattivo della saga v_v

Ma torniamo a noi, ed al sano Final Fantasy VII. Cosa resta di una madre quando le viene strappato suo figlio? Magari Lucrecia è morta di dolore, chi lo sa? Di sicuro molta della sua voglia di vivere se n'è andata assieme a Sephiroth.

 

"I wanted to disappear... I couldn't be with anyone... I wanted to

die... But the Jenova inside me wouldn't let me die... Lately, I dream a lot of

Sephiroth... My dear, dear child."

 

Nel gioco afferma di non averlo mai potuto abbracciare neppure una volta, sin dalla sua nascita ç_ç Ma mi piace pensare che le cose per Lucrecia sia andate così, che prima sembrassero perfette come in un sogno e poi si siano guastate inesorabilmente.

E per la cronaca, quel Sephiroth di dodici anni sta indossando una divisa da SOLDIER di Terza Classe. Diventa un Prima ed un eroe decorato durante la guerra di Wutai, che scoppia più o meno una decina di anni prima di FFVII, quindi suppongo intorno al suo diciottesimo compleanno. Anche se non so quanto servano tutte queste minuzie sull'età di Sephiroth, visto che anche la Square fa la vaga, e prima dice "??" e poi venticinque/trenta.

L'OST di questa deathflash è composta di ben tre track: "A proposal", da Dirge of Cerberus (una delle poche musiche che davvero mi piaccia di quel gioco) per la parte iniziale, "The Nightmare Begins" da Final Fantasy VII per la parte centrale, e infine "Melody of Agony" da Crisis Core.

E detto questo, nasce la campagna "Il professor Hojo non è morto un numero soddisfacente di volte." Iscrivetevi numerosi v_v

 

 




   
 
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