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Autore: Mao_chan91    23/09/2005    8 recensioni
Aggrappandosi a quel qualcosa di reale che non lo era, poteva essere che non fossero mai esistiti. Eppure, in qualche modo, erano felici.
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kohaku, Sango
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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C’era cenere sulle vesti pulite, mentre giaceva nel profondo dei suoi occhi

¨Cold dust¨

 

 

Disclaimer: La serie di Inuyasha e i relativi personaggi non mi appartengono. Li ho semplicemente presi in prestito. Posseggo solo questa semplice idea, e la fan-fiction.
Rating: Penso sia PG14…o PG13, non saprei davvero.

Warnings: Sorta d’incesto. Forse nemmeno comprensibile. Interpretate il tutto come preferite.
Thanks to: Ondy e Bea per il loro assiduo sostegno. Siete assurdamente adorabili. E Chibi, in particolare, avvertendo anche di aver fatto di ognuna di loro una fan del mio pairing diletto, e poiché è di recente passato il compleanno di Chibi, desidero dedicare a lei questo testo. Su, su, ti auguro di portarti sempre bene la vecchiaia, ed ammetto che quattordici anni non sono poi la fine del mondo! U.U’’ Auguri con Milù e con la nuova scuola! ^o^ E, soprattutto, mi è stata d’aiuto la lettura di un particolare passo della meravigliosa “Vigil”, rintracciabile su Fanfiction.net. Ed altre migliaia di KohakuSan inglesi, ma questa in particolare. Tra le più recenti, ho adorato ed adoro tutt’ora anche “Drowning”, e ve la consiglio caldamente! ^^
Comments: Mnn, idea concepita in modo strano, indefinibile. Impreciso, anche. Avevo il desiderio di scrivere qualcosa del genere, trattando un fatto semplice. In superficie. Andateci a fondo, e potrete scoprire mille sfaccettature diverse per frase. Potrete non capirla, ma non biasimatene i concetti, per favore. E’ qualcosa che ho avvertito in prima persona, e spero di aver reso il più tangibile anche per voi. Finale ed inizio aperti, puramente voluti, come il resto.

Dedicated to: Chibi. Happy birthday! ^o^

C’era cenere sulle vesti pulite della donna, mentre giaceva nel profondo dei suoi occhi.
Lentamente, la mano sprofondava nel nero, scossa dai brividi.

Le dita si univano sulla sua schiena, e l’eterna ricerca era finita.
Setacciavano con le mani aria e terra con la speranza che non tutto finisse per sciogliersi, cercando un qualcosa cui appigliarsi per essere liberi di negare, qualcosa di ancor più reale.

Sangue stillava lieve dal loro petto, e quello di entrambi era rosso e caldo.

Eppure solo quello di lui possedeva una propria densità, facendogli capire di essere vivo, di non essere una visione trasparente anche per sé stesso.

Kohaku fissò la linfa vitale scivolare ed insudiciargli i polpastrelli delle dita.
Le ferite erano dense e livide, una vincolo di filo spinato scuro vi infieriva.
-Andrà tutto bene...-
Il volto della sorella era bianco, mentre sfiorava le lentiggini sulla sua pelle con la sua carne percettibile.

Forse viva, forse l’illusoria derisione del fato alla sua sagoma leggera e consistente di appena vaga essenza.
Una scheggia violacea indugiava nel torace del ragazzino, minacciando di venir asportata via dal flusso cremisi.

Il sangue lambiva anche le perle dell’isteria neonate, mentre la ragazza tentava di arginare i fiotti viscosi con uno strappo dell’abito, ottenendo solo di averne incrostati persino gli angoli della bocca.

Sommessamente, il ragazzino si concesse ad un respiro vitale e duro, tastando una foglia caduta dagli alberi e sentendola irreale.
Non come Sango.
Col solo sguardo, scrutava nella sua anima e vi vagava ebbro della sua confusione, dilettato dalla tremula scintilla nei suoi occhi, acquietato dallo stabile battito cardiaco.

Lei pareva invece averlo guardato allo stesso modo tante e tante volte in un’epoca distante, fino ad aver acquisito proprie certezze impossibili da scalfire, discostate dalla logica del mondo, ma per lei giuste.
Perché non c’era mai stato nulla di paragonabile alla semplicità e la sincerità di lui, nulla che potesse venir prima, e per quanto per la sua mancanza di doti, agli inizi, fosse stato additato quasi come deforme, avrebbe sempre avuto una schiena dietro la quale nascondersi, mani ad accarezzarlo, braccia a stringerlo.
-Andrà tutto bene, perché io ti amo.-

Le sue mani erano grandi, e le sue labbra ardenti, mentre posava piccoli baci sulla schiena lacera e nuda.
La ferita mortale trovava conforto, e non era più nulla perché ricordava che la sua pelle era sempre stata fredda, e ferite mortali avevano già leso e ucciso il suo corpo.
Il suo corpo era sempre stato freddo, come spetta ad ogni cosa in cui non risiede vita, e che non può più trovare ristoro o sollievo.
E’ andato, e quell’universo che un tempo gli appariva così chiaro, e suo non lo è mai stato.
Incatenato dalla nascita a valori che prevedevano fosse abile, forte e coraggioso, non era mai stato in grado di adeguarvisi.
Non v’era nulla che potesse amare, in quel mondo.

Ogni cosa era ingannevole, e non c’era nulla di ben definito.
Odiava, odiava ed odiava con intensità, perché la gente ricercava la perfezione, e per loro lei  sarebbe stata sudicia, avrebbe avuto un bel viso, ma le sue labbra per loro avrebbero certo saputo di marcio.
Poco importava.
Non le avrebbero mai toccate, perché loro erano uno stesso individuo e si appartenevano l’un l’altro, trovando completezza solo quando si sfioravano.
Debolmente, voltò la testa mostrandole dolcezza nel suo essere debole e rassegnato.
Per lei era Kohaku ed era giusto come le appariva.
Non era ingannevole, e le lastre opache che avevano raccolto il posto dei suoi occhi scioglievano con delicatezza le sue catene e le sue pene, e lo lasciavano accostato al suo cuore e freddo come sempre, eppure morto.

Sango sorrise.

Affondò la testa nell’incavo della sua spalla inerte, scoprendo che nulla era cambiato, perché era già morto da tanto tempo.
Eppure non ne aveva mai preso consapevolezza, e non intendeva farlo ora.

Attese, cullandolo in seno perché giacesse sereno, e non l’aveva mai visto più disteso.

Attese perché stava attendendo i suoi amici, e loro non avrebbero potuto comprendere.
Aveva ancora qualcosa da realizzare, finché lo vedeva vivo, e ne tastava le carni.
Attese di realizzarlo, continuando a vagare alla sua ricerca, ed invocandone il nome.
Attendendo di ritrovarlo, in eterno.
Fino a quel momento, il suo aspetto pulito avrebbe nascosto un sottile ma pesante strato di sporco.

 

 

 

  
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