Ed ecco la terza mini ff della serie "Essere Genitori"
Come avevo precedentemente annunciato anche sul gruppo (su fb e sul blog) questa vedrà come protagonisti Jasper e Alice. In principio doveva essere una one-shot, ma non sono riusciuta a limitare tutto in poche pagine, quindi ho optato per una mini ff di due o tre capitoli. ^^ spero vi piaccia, anche se ammetto di aver trovato un pò di difficoltà ad immergermi nella mente di JAsper ed il risultato è evidente! Uno sfacelo ahahahah XD Ne approfitto per:
Fare una piccola dedica a:
Luis
Vale_cullen1992
Link: Lupus in fabula: quando i Vampiri diventano fiaba! (round robin carinissimo, che cerca di riunire il fascino delle fiabe disney e i personaggi di Twilight)
Link mio gruppo su fb ( se volete aggiungermi anche tra gli amici, per me sarà un piacere.)
Vedo e Provvedo
«
No, è una follia. »
Noto
Alice scrollare le spalle, celando a stento il suo
sorriso sibilino. « Non vedo dove sia il problema, Edward. Io
l’ho visto. »
La
sua scusa a tutto. La mia dolce compagna è ormai avvezza
a certe discussioni con Edward, il quale tenta invano di farla
ragionare, ma la
sua bellissima testolina nera sa essere più dura del cemento
e, quando decide
qualcosa, farla desistere è impossibile.
«Potrei
sapere di cosa parlate? » mi intrometto, in tono
disinteressato, abbassando il libro che fingevo di leggere.
Vedo
un guizzo attraversare lo sguardo di Edward ed un
sorriso sardonico dipingersi sulle sue labbra. Qualunque sia
l’argomento in
discussione io ne faccio sicuramente parte e questo non può
che acuire la mia
curiosità.
Mio
fratello annuisce in risposta al mio pensiero. « Si,
riguarda decisamente anche te e forse dovresti aiutarmi a far ragionare
questa
folle di tua moglie. » propone, incrociando le braccia al
petto, con aria
soddisfatta.
Gli
scocco un’occhiata tutt’altro che benevola,
nonostante
tutto, non mi piace che qualcuno offenda il mio piccolo folletto.
« Spiegami. »
mormoro, riponendo il libro, con un tonfo sordo.
So
che non mi piacerà quello che sta per dirmi…
saggio le
emozioni attorno a me, captando l’irritazione della mia
compagna e la
preoccupazione di mio fratello, che si mescolano e si scontrano in una
lotta di
volontà. La caparbietà e l’ostinazione
sono difetti di entrambi.
Alice
gonfia le guance come una bambina, fortemente
indispettita. « Per lui sarà una sorpresa.
» sentenzia sicura ed io non posso
fare a meno di preoccuparmi. Quando lei organizza qualche sorpresa, di
solito,
sono sempre io a pagarne le spese.
Che
sia la decisione di organizzare una scuola di danza nel
nostro salone, o qualche assurda festa per l’intera Fork o
addirittura la
totale ristrutturazione di un rudere, adibito poi a suo personale
centro
estetico.
Che
se ne farà un vampiro di un centro estetico è poi
tutto
da valutare…
Sospiro
sommessamente, trattenendomi dallo sbuffare
contrariato.« Amore, Edward è molto preoccupato,
forse è il caso di discuterne.
» la riprendo cercando di essere ragionevole. Come se potesse
servire a
qualcosa. Nulla interferirà con i suoi piani, se
così ha deciso.
«
No! – sbotta, increspando le labbra in un broncio.
–
Partiremo domani, ho già prenotato tutto e resteremo
un’intera settimana. »
Partiremo?
«
Dov’è che andiamo? » domando
ingenuamente. Delle volte mi piacerebbe poter
usufruire del dono di Edward, per quanto molesto, sarebbe piacevole
talvolta
non essere all’oscuro di ciò che attraversa la
mente della mia mogliettina.
Anche
se delle volte sospetto sia meglio non saperlo.
Mio
fratello scuote il capo, evidentemente contrariato. «
Alice, è pericoloso. »
Sbuffo,
alzando gli occhi al cielo. « Volete dirmi di che
pericolo state parlando? » ritento.
«
Edward, sei sempre il solito musone. » lo rimprovera lei,
per nulla intenzionati a prestarmi attenzione. Stanno iniziando ad
irritarmi.
«
Mi sento ignorato! » esclamo, lasciandomi cadere a peso
morto sulla poltrona del soggiorno.
Alice
si volta verso di me ostentando un’espressione
scocciata. « Amore, smettila di lagnarti. – mi
rimprovera, visibilmente indispettita.
Certo, come se fosse lei ad essere diventata d’un tratto
invisibile. – Mi
occuperò di tutto io e le mie visioni non mentono, so quello
che ho visto e so
quello che dobbiamo fare. »
«
Questa non è una spiegazione. » rimbecco,
sottolineandole
l’ovvio, pur essendo certo di non ottenere ugualmente le
delucidazioni
desiderate.
Sventola
una mano, con fare teatrale, mentre un sorriso
piega le sue labbra, piene. « Ma è più
che sufficiente. »
Basta,
mi arrendo!
Mio
fratello esala un sospiro colmo di esasperazione, capitolando.
Sospetto che lei lo abbia ricattato per non rivelarmi le sue reali
intenzioni.
Qualche istante fa il terrore che proveniva da lui era più
che eloquente.
Non
c’è che dire, Alice è una maga della
contrattazione… o sarebbe
più opportuno dire una strega del
ricatto
«
Ho capito, vado ad avvisare gli altri che partiamo. » cede
Ed, allontanandosi tra un borbottio e un altro. Non sembra affatto
tranquillo
ma, tralasciando la leggera inquietudine, non appare in attesa di
sgradite
notizie, al contrario. Mi domando a cosa sia dovuto tutto questo
mistero. Mi
volto incontrando gli occhi color oro della mia compagna, che mi
fissano
soddisfatti ed esultanti, per la vittoria appena ottenuta e alla fine
anche a
me scappa un mesto sorriso.
Lei
è fatta così e io la amo anche per questo!
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Eccoci
in provincia Juneau, la capitale dell’Alaska,
in un paesino rustico piuttosto delizioso. Mi ritrovo a ringraziare
mentalmente
la mia natura di vampiro e la mia incapacità di percepire il
freddo, perché la
quantità di neve e ghiaccio che ci circonda, con il suo
candido bianco, trasmette
un senso totale di gelo. I pochi umani che abbiamo incontrato sulla
nostra
strada sono completamente avvolti in abiti pesanti e tremano come
foglie.
Mi
piacerebbe sapere il perché di questo viaggio.
Il
luogo non ha nulla di particolare e le piste da scii sono
ben distanti, il che mi lascia presupporre non sia per sciare che siamo
qui.
Renesmèe e Nate si rincorrono, impegnati in una battaglia di
neve, che
probabilmente li vedrà trasformati entrambi in pupazzi di
ghiaccio. Sono già
sulla buona strada…
Un
sorriso beato increspa le mie labbra, la loro gioia si
irradia come una luce calda, che mi scalda sin nel profondo. Quei due
bambini
hanno portato in casa nostra una serenità incommensurabile.
Quando osservo
Rosalie e la felicità che trasuda dal suo sguardo, non posso
fare a meno di
rammentare la tristezza che velava costantemente i suoi occhi, prima
dell’arrivo
di Nathan.
«
State attenti. » urlo in direzione delle due pesti, prima
di entrare in casa.
«
Si, zio Jazz! » rispondano all’unisono,
distrattamente,
troppo presi dalla loro corsa.
Scuoto
il capo divertito, attendo a scrollarmi la neve di
dosso, sull’uscio della porta.
«
Questa era l’ultima! » sospiro, posando al suolo
l’ultimo
bagaglio di mia moglie. È incredibile la quantità
di abiti che ha trascinato
con sé, soprattutto considerando che trascorreremo qui solo
tre giorni. Non
comprendo il motivo, ma la cosa non mi sorprende. Alice è
irrazionale, folle e
deliziosamente pazza.
Spesso
avevo incontrato vampiri che, conoscendo
l’inclinazione della mia piccola veggente, erano stati
sorpresi dall’enorme
pazienza che parevo dimostrare, domandandomi come potessi sopportare la
costante incertezza e i modi un po’ bizzarri di lei.
Ciò
che però nessuno aveva compreso era l’amore
profondo per
lei e la mia costante consapevolezza di non meritare una tale fortuna.
Alice
era stata in grado di salvarmi da me stesso, da quel passato che con le
sue
spire mi stavo stritolando, ogni giorno di più, soffocandomi
e annientandomi.
Lei era stata una boccata d’aria fresca, qualcosa di puro,
era stata capace di
donarmi un amore disinteressato, quando io non ero nulla più
che un automa
senza anima.
La
mia devozione non è che minima cosa rispetto a
ciò che mi
ha donato.
Ma
soprattutto, al di là di quella sua apparenza bizzarra
c’è una creatura meravigliosa che pur soffrendo
per un passato dimenticato e
l’assenza di ogni radice, non si lascia abbattere. Combatte e
affronta ogni
cosa con quel suo dolce sorriso, con la sua esuberanza e gioia di
vivere.
Lei
è un esempio, il mio esempio. Tutto ciò a cui io
aspiro.
«
Grazie amore. – gongola felice, correndo da una parte
all’altra
del cottage, riponendo un infinità di coperte e caldi
cuscini che ha deciso di
portare. Ha detto di voler rendere l’ambiente più
accogliente. – Non trovi che
sia delizioso questo posto? » domanda euforica.
Non
posso fare a meno di sorridere, la sua allegria come
sempre mi contagia. Percepirla infonde in me quella serenità
che ho agognato
per tanti anni, prima di incontrarla.
«
È favoloso. » concordo. « Ma non capisco
come mai hai
deciso di prenotare tutti piccoli cottage. »
Sono
un po’ preoccupato. È tutto il giorno che non
faccio
che rimuginare sulle sue presunte visioni, quelle relativamente al
quale lei
non ha voluto fornirmi spiegazioni. Non ho dimenticato la
preoccupazione di
Edward, e questo mi rende teso. Forse sarebbe il caso di restare tutti
uniti,
peccato che Alice non sembri assolutamente interessata alle mie
proteste.
«
Abbiamo bisogno della nostra intimità. » spiega
pacata,
mentre china sull’ennesima borsa tira fuori un peluche
bianco. Un orso. Neanche voglio
domandarmi cosa
voglia farci con quello.
Corrugo
la fronte, fortemente perplesso, iniziando
seriamente a dubitare della sua sanità mentale. «
Non credevo avessimo problemi
di intimità. » contesto, offeso. Non
sarò un amante perfetto, ma il mio potere
empatico mi permette di assecondare i suoi desideri meglio di chiunque
altro.
Lei
alza finalmente il capo scrutandomi divertita. « Amore,
non intendevo mica in quel senso. – mi schernisce,
mostrandomi la lingua. – Sei
un’amante favoloso! » mormora, dopo una leggera
esitazione. Il tono della sua
voce diviene immediatamente più basso e più roco,
andando a smuovere le corde
del mio desiderio. La osservo mentre si avvicina sinuosa ed elegante,
con la
gonna che asseconda perfettamente i suoi movimenti, delineando le sue
forme.
È
bellissima ed è mia.
Solo
mia.
Penso con un moto d’orgoglio.
Le
sue braccia circondano il mio collo ed il desiderio si
acuisce quando il suo profumo, di menta, fresco e zuccherino, satura i
miei
sensi. « Vuoi che ti dimostri le mie doti? »
sussurro suadente, stringendola in
un abbraccio possessivo e lambendo in un bacio dolce e appena
accennato, le sue
labbra morbide.
I
tintinnare della sua risata si diffonde per la sala e mi
sorride, con quel sorriso colmo d’amore che rivolge sempre e
solo a me e per il
quale ringrazio Dio, se uno ne esiste, tutti i giorni.
«
Ti ripeto che non devi dimostrarmi niente di tutto ciò.
–
sentenzia, rivolgendomi uno sguardo malizioso, - conosco più
che bene le tue
doti. » continua ammiccando.
Strofino
la punta del naso sul collo, soffiando le parole su
di esso, provocandole leggeri brividi. « E allora cosa vuoi
che faccia? »
percepisco la sua eccitazione soddisfatto, inspirando ancora
più a fondo il suo
odore. Cosa non le farei in questo momento.
«
Che tu vada a fare la spesa. »
Rialzo
il capo dal mio cantuccio, credendo erroneamente di
aver capito male. « La spesa? »
Lei
annuisce con convinzione e quella che ricevo è
l’equivalente di una doccia ghiacciata, per la mia
eccitazione.
«
Non credo di capire. » ammetto. Sono certo che Bella abbia
provveduto abbondantemente alle provviste per la piccola
Renesmèe, premurosa come
sempre. Per quanto riguarda noi vampiri siamo stati a caccia ieri, onde
evitare
problemi.
«
Per chi dov… »
«
Dobbiamo mantenere le apparenze naturalmente. » mi
interrompe bruscamente, spiegandomi come se fosse ovvio.
Naturalmente
io di ovvio non vedo nulla, considerando la
situazione.
Scuoto
il capo, sospirando sommessamente. « Qui non
c’è
nessuno e ci sono nei dintorni, a quasi eguale distanza, tre diversi
paesini.
Ne consegue che potremmo rivolgerci ad uno a caso di essi per
acquistare le
provviste. Quindi, anche se gli abitanti dei villaggi non ci vedessero
arrivare
a fare la spesa, ipotizzeranno che siamo andati nel centro vicino. » termino la mia
arringa soddisfatto della
logica delle mie asserzioni. « Chi ci ha affittato questi
cottage vive in
quello a nord est, ma no credo pretenda che facciamo la spesa li. Non
sospetterà nulla, vedrai. » la rassicurai, pur
essendo certo che il motivo
delle sue preoccupazioni è ben diverso. Il problema
è comprendere quale.
Il
suo sorriso sornione si amplia. Aveva previsto anche
questo, naturalmente. « Ma devi passare a recuperare una cosa
che ho ordinato
in città, quella a sud est, quindi considerando che devi
andare lì tutti
ipotizzeranno che la spesa la farai al supermercato in centro.
» Io detesto i piccoli paesini.
Ok,
mi
ha fregato.
Non
posso fare a meno di pensare che questo sia connesso con
la strana visione che ci ha condotto in questo posto, vorrei tanto
comprendere
perché desidera a
tal punto allontanarmi
da casa. Non capisco.
Un
atroce dubbio si fa largo nei miei pensieri ed io non
posso fare a meno di irrigidirmi. Che abbia visto qualcuno nelle sue
visioni?
Osservo
i suoi occhi da cerbiatta fissarmi in attesa di una
mia risposta, vittoriosi e soddisfatti, per la consapevolezza di aver
vinto,
per l’ennesima volta. Sa che non le rifiuterei mai nulla.
Eppure…
non può essere un uomo, Edward mi avrebbe detto la
verità. Sono certo che l’avrebbe indotta a
ragionare o almeno l’avrebbe
costretta a confessarmi ogni cosa. Oltretutto lei mi ama, di questo ne
sono
consapevole. Sono o non sono un empatico?
Sbuffo
frustrato, lasciando dondolare il capo con un cenno
di assenso. « Come vuoi! »
Lei
saltella felice, battendo le mani come un’invasata.
« La
lista è sul ripiano della cucina, insieme
all’indirizzo del negozio per
recuperare il pacco, che ho prenotato, e quello del supermercato.
– esita un
istante per darmi modo di assimilare il turbinio di parole che
fuoriesce dalla
sua bocca. – Vai prima al supermercato, perché il
negozio aprirà tra un po’ »
Annuisco,
per l’ennesima volta, affatto convinto.
Non
riesco a trattenermi. « Sei sicura di non volermi dire
nulla? » domando incerto.
Da
lei non proviene alcuna emozione negativa, solo
un’esaltazione ed un’allegria smodate, ma che
stavolta non riescono a
contagiarmi, a causa della preoccupazione.
«
Nulla! – esclama ridente. – Tu vai, io
resterò a sistemare
la casa! » conclude, scoccandomi un bacio veloce, prima di
trotterellare via
verso la stanza attigua.
Santa
pazienza.
Con
un sospiro, a me non resta che allontanarmi.
_____________________________
Giunto
nel paesino mi dirigo immediatamente verso la prima
tappa, desideroso di tornare quanto prima a casa, per scoprire le
intenzioni
della mia adorata mogliettina. Sono seriamente preoccupato.
Con
una lista della spesa lunga chilometri, contenente articoli
di cui non sapevo neanche l’esistenza, mi aggiro tra la
moltitudine di
scaffali, imponendomi di evitare smorfie disgustate per il turbine di
odori,
che mi circondano. Molti dei prodotti presenti sulla lista sono
ghiottonerie
per bambini, altri beni alimentari primari, altri ancora non ne ho la
minima
idea. L’ultima volta che sono entrato in un emporio era prima
della mia
trasformazione e non c’era assolutamente una simile
possibilità di scelta.
Normalmente a Forks è Esme ad occuparsi della spesa, in
veste di madre.
Mi
domando perché Alice abbia costretto me a questo lavoro
ingrato. Piccola pazza, con manie di
grandezza.
Scuotendo
il capo, pago la cassiera che mi osserva con aria
sognante, ben attendo ad ignorarla. In compenso ho incontrato il
padrone dei
vecchi chalet, che abbiamo affittato, e questo mi ha tranquillizzato
almeno in
parte sulle intenzioni di Alice, forse voleva realmente preservare le
apparenze.
Non
mi resta che tornare a casa per scoprirlo.
Mi
fermo dinanzi alle porte a vetri e quando si aprono mi
beo dell’aria gelida, ma pulita, che mi investe. Inspiro
profondamente, per
liberarmi dell’odore di cibo che mi impregna abiti e capelli
e, tranquillamente
mi avvio verso la macchina. Al supermercato mi hanno avvisato che il
negozio di
cui parlava Alice, presso il quale aveva ordinato chissà
cosa, è
momentaneamente chiuso, per ristrutturazione.
Ho
la netta sensazione si sia presa gioco di me. Come
al solito del resto…
Scuotendo
il capo, seriamente risentito, mi riprometto di
chiederle delucidazioni, una volta a casa. Sono seriamente deciso ad
utilizzare
anche il mio potere, pur di persuaderla a raccontarmi la
verità.
Mi
blocco, sulla soglia della portiera, percependo uno
sguardo indugiare su di me. Una situazione ben diversa dal solito,
dettata dai
lascivi pensieri di qualche donna o l’ostilità di
un adolescente con gli ormoni
in subbuglio.
Con
cautela mi volto, incuriosito, scontrando il mio sguardo
con quello di una bambina, avvolta in un cappottino bianco, un
po’ logoro, che mi
fissa da una panchina. Ha gli occhi color onice e dei lunghi capelli
castani,
increspati in dei ricci ribelli. Il suo aspetto è un
po’ trasandato, ma ha dei
lineamenti molto dolci ed un viso delizioso. Non ha più di
dieci anni, ne sono
certo.
Mi
guardo attorno in cerca della sua famiglia, non è bene
lasciare una bambina da sola, su di una panchina, con un simile tempo,
rischia
di prendere un raffreddore.
Razza
di irresponsabili.
Con
mio disappunto però noto che le poche persone che
attraversano la strada non le prestano attenzione, quasi fosse
invisibile.
Conversano tra loro, imbacuccati nei loro cappotti pesanti,
trascinandosi
dietro le loro buste o stringendo tra le mani qualche bicchiere ricolmo
di una
bevanda calda.
Nessuno
la nota.
Nessuno
le presta attenzione.
Sembra
trasparente, qualcuno a cui non viene attribuita alcuna importanza.
Qualcuno
che è al margine di questo modo, che osserva ogni cosa dai
suoi contorni, senza
interagire, senza che gliene sia concessa
l’opportunità.
Qualcuno
attorno al quale non c’è che vuoto.
Una sensazione conosciuta.
Non
posso fare a meno di scrutarla. Il suo sguardo trasmette
curiosità e sospetto, mentre mi studia attentamente,
stranamente incuriosita,
forse percependo la differenza che c’è tra noi. Ma
non è solo questo…
«
Ciao. » saluto, incerto. Non so perché
l’ho fatto, non
sono solito prestare attenzione agli umani, tanto meno ai bambini.
Eppure, quegli
occhi attenti e vigili mi hanno ricordato qualcosa, qualcuno.
Sembrano celare una vispa intelligenza, nascosta dietro
una finta indifferenza, verso un mondo che non ha alcuna rilevanza.
Un
mondo traditore.
Un
mondo bugiardo.
Io
lo avverto, percepisco il turbine delle sue emozioni,
della tristezza che colma quel cuore infinitamente giovane eppure tanto
ferito,
di lacerazioni profonde, alle quali sarà difficile porre
rimedio.
Uno
sguardo che si affaccia sul vuoto, per rifuggire dal
triste baratro di ricordi angoscianti. Non posso fare a meno di notare
il viso
smagrito ed i segni di una sofferenza inconsueta per la sua
età. Vorrei sapere
chi sia e cosa ci fa da sola in mezzo al freddo.
Lei
risponde con un semplice cenno della mano, senza
proferire parola. Non sorride, non parla, ma le sue emozioni mi
giungono chiare
e nitide.
Vengo
sommerso da quel tumulto di sensazioni, che mi
lasciano traballante e desideroso di arrecarle sollievo. Vorrei davvero
aiutarla.
Dal
suo stomaco percepisco un gorgoglio, segno della fame ed
accenno un sorriso soddisfatto.
Forse
un modo c’è, almeno non avrò sprecato
una mattinata in un supermercato per i
soli deliri di mia moglie.
Rivolgo
la mia attenzione alla busta della spesa,
poggiandola in terra, iniziando a scavare tra le numerose leccornie che
Alice
mi ha costretto ad acquistare. Non ho la minima idea di cosa possa
piacere ad
un bambino, ma qualcosa mi dice che apprezzerà di certo
quello che le porgo.
Afferro
un pacchetto di quelle che sembrano essere patatine
al formaggio, mi sembra quasi di poterne avvertire la puzza anche
attraverso la
confezione plastificata. Non posso fare a meno di domandarmi come gli
umani
possano trovare allettante una cosa simile, prima della trasformazione
non ero
avvezzo ad assumere formaggi, il loro olezzo mi disgustava anche
all’epoca.
Sospiro
optando per quelle, insieme ad una barretta di
cioccolata.
Ai
bambini piace la cioccolata… Nessie
e Nate ne sono ghiotti. Se fossero qui si tufferebbero a
capofitto nella busta, pronti a depredarla, ed io sarei costretto a
subire le
ire di Rose e Bella, infuriate per aver guastato l’appetito
dei loro adorabili
mocciosi.
Reprimo
un sorriso e prendo un profondo respiro, volgendo
nuovamente il mio sguardo alla bambina. Non voglio spaventarla
più di quanto
non lo sia.
Mi
avvicino a lei, con discrezione, lentamente e senza
alcuna fretta, restando ad una certa distanza. Riesco a percepire il
leggero
velo di diffidenza e temo quasi di vederla fuggire via, da un istante
all’altro.
«
Tieni. – mormoro, lasciando che il mio potere
l’avvolga,
tranquillizzandola. - A me queste non piacciono e le ho comprate per
sbaglio. »
mento, per invogliarla ad accettare. Non comprendo nemmeno io il
perché di
quelle premure, ma quella creatura, con il suo sguardo ferito fa
montare in me
un senso di protezione inaudito.
Forse
perché quello sguardo io l’ho già visto.
Forse
perché quelle sensazioni io le conosco.
Forse
perché so bene cosa vuol dire sentirsi indesiderati e
comprendere
di essere nulla di più che uno spettatore di un mondo che si
detesta, che ci detesta.
«
Puoi accettare. – la persuado ad avvicinarsi, allungando
verso di lei il pacchetto. – Prendi. »
Dopo
l’ennesima esitazione, si sporge con uno scatto verso
di me, afferrando il pacchetto, prima di fuggire via.
Che
strana creatura.