Crossover
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Autore: Feel Good Inc    23/07/2010    4 recensioni
Raccolta multifandom di one-shot (non necessariamente romantiche) basate sui prompt dei 15 hugs.
Capitolo 1: Harry Potter | Harry ~ Hermione | « Hermione, ti sto implorando. »
Capitolo 2: Death Note | L ~ Misa | « Misa-Misa si annoia, Ryuuzaki-san. »
Capitolo 3: Kingdom Hearts | Sora ~ Naminè | « Cosa posso fare per essere sicuro che riuscirò a ricordarti, un giorno? »
Capitolo 4: Alice in Wonderland | Hatter ~ Alice | « Non vado matta per i cappelli. »
Capitolo 5: Un ponte per Terabithia | Jess ~ Leslie | « Quella corda è vecchia, non c’è da fidarsi. »
Capitolo 6: Harry Potter | Sirius ~ Remus | « Non è divertente, Sirius. È una cosa mostruosa. Io sono una cosa mostruosa. »
Capitolo 7: Card Captor Sakura | Shaoran ~ Sakura | « Ma Sakura, immagino che tu sappia come preparare un po’ di cioccolato… »
Capitolo 8: Death Note | L ~ Near | « È una reazione naturale, non c’è motivo di vergognarsene. »
Capitolo 9: Kingdom Hearts | Riku ~ Sora | « Non so perché ma non prevedo nulla di buono. »
Capitolo 10: Pokémon | Drew ~ Vera | « Non posso trovarmi davvero in questo pasticcio con te. »
Capitolo 11: Kuroshitsuji | Sebastian ~ Ciel | « Zia Anne, tu sai chi è quel ragazzo? »
Capitolo 12: Cronache del Mondo Emerso | Sennar ~ Nihal | « Ora ci sono qui io. È tutto finito. »
Capitolo 13: Kingdom Hearts | Axel ~ Roxas | « Come sarebbe a dire, ‘perché’?! Perché siamo amici, no? »
Capitolo 14: Pokémon | Ash ~ Misty | « Spera solo di arrivare vivo a domani mattina, Ketchum. »
Capitolo 15: Death Note | Watari ~ L | « Io non ho niente dentro. Eppure fa male. Perché? »
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga, Film, Libri, Videogiochi
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Non fatevi spaventare dal cambiamento di nickname, sono sempre io xD

 

Ultimo capitolo ç__ç

L’ho scritto secoli fa, in realtà. Ci ho rimuginato su a lungo perché ogni volta che lo rileggo mi sembra che manchi qualcosa. È un po’ la stessa cosa che mi bloccava con il capitolo su Near – guarda caso, anche ora si parla di Death Note. Sarà destino. Oh, beh, io vi ho avvisati.

[Di nuovo un rapporto assolutamente non romantico – solo paterno. Dio sa se non è importante anche quello.]

 

Grazie a Dany92 e Fede_Wanderer per le recensioni al precedente capitolo; non merito tanti complimenti, proprio no.

Grazie a Rein94, RiruSevilla, Shadow Eyes e YunaRoseMasen per aver inserito la raccolta tra le preferite.

Grazie a pralinedetective e Rein94 per averla inserita tra le ricordate.

Grazie a Akachi, bika, Dany92, Elos, Nuit e Raimbow per averla seguita.

Cosa posso dire, se non che è tutto merito vostro se sono arrivata fino a qui?

Vi adoro.

 

Spero di ritrovarvi al più presto con una nuova storia. E adesso, buona lettura.

Hope you like it <3

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Abisso

 

 

 

 

 

Fandom: Death Note

Personaggi: Watari / Quillsh Wammy, L Lawliet

Genere: Introspettivo, Malinconico

Rating: Verde

Ambientazione: Molti anni prima del caso Kira

Prompt: #10. Worse days (I giorni peggiori)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando era arrivato all’istituto, il bambino aveva faticato ad ambientarsi.

Lui lo aveva visto vagare nei corridoi, lentamente e senza meta, per ore intere, prima di crollare a sedere in quella maniera curiosa sul pavimento nudo. Lo aveva visto rifiutare ogni genere di cibo che non fosse zuccherato a livelli impensabili, e supplire a modo suo all’eventuale carenza, immergendo le caramelle nel miele purissimo o riempiendosi la tazza della colazione con più zollette di zucchero che caffelatte. Lo aveva visto guardarsi intorno con occhi sbarrati, quasi a voler capire meglio, a cercare qualcosa che tuttavia non riusciva a vedere.

Eppure mai, neppure una volta, lo aveva visto cedere.

 

 

Era quando chiudeva gli occhi e vedeva la neve.

Il bambino lo sapeva, sapeva benissimo che era solo un effetto del ricordo e della nostalgia e delle cose sopite. Ma la consapevolezza non gli impediva di sentire, ogni volta che trovava il bianco della neve ad aspettarlo nel buio della mente, lo stesso freddo di quella prima volta (…)

 

 

Quella notte Quillsh Wammy era sveglio. Il recente viaggio all’estero aveva stravolto il suo fuso orario mentale, impedendogli di riadattarsi subito all’abituale ritmo giorno/notte. Perciò, quando i passi risuonarono fuori dalla sua porta, strappandolo ai suoi pensieri e al suo lavoro al computer, non esitò un istante ad interrompersi e ad uscire in corridoio.

Il bambino era lì nell’ombra, seminascosto in un pigiama troppo grande, la manina aperta sul muro. Si voltò a guardarlo piano, negli occhi nessuna traccia di espressione.

L’uomo lo fissò, sorpreso, ma non preoccupato. « Cosa succede? »

« Non riesco a dormire. »

Preciso, puntuale, sintetico. Neanche un’inflessione nel tono di voce.

« Hai bisogno di parlare? »

Scosse la testa. « Ho bisogno di capire. »

L’uomo sorrise, incoraggiante. « Capire cosa? »

Quegli occhi immensi e neri perforavano i suoi.

« Capire perché mi sento così. »

 

 

Era quando restava in silenzio e sentiva le campane.

E succedeva spesso, non importava il luogo o il contesto. E non serviva neppure tapparsi le orecchie, infilare la testa sotto un cuscino, canticchiare qualcosa a mezza voce; le campane erano sotto la sua pelle e dentro la sua testa e gli rimbombavano nel petto – non le senti, non le sentite? Ma come fate a non sentirle? (…)

 

 

L’uomo rimase immobile a guardarlo. Non li separavano che pochi metri, ma in quello spazio in penombra giaceva un abisso.

Il bambino proseguì, sempre in quel suo tono lucido. Come se non gli importasse del dolore intrinseco di quella domanda cruda.

« Io non ho niente dentro. Eppure fa male. Perché? »

La manina sul muro – se ne accorse all’improvviso – si era chiusa a pugno.

 

 

Era quando restava da solo, come era successo in quei giorni (…)

 

 

« Non è così… »

« Certo che è così. Io sono vuoto, lo sono adesso più che mai. Ed è colpa tua » concluse, in tono piatto, fissandolo senza accusa.

L’uomo non capiva. Ricambiò lo sguardo, anche se gli faceva male – era così distaccato, Dio, così terribilmente adulto. Così sbagliato.

« Perché dici questo? »

 

 

Era quando non sentiva la sua mano pronta a sorreggerlo, come era successo in quei giorni (…)

 

 

« Perché te ne sei andato via. Per troppo tempo. E a me è rimasto il vuoto. »

Per troppo tempo’.

Era stato via per pochi giorni.

In quel momento – soltanto in quel momento – i suoi occhi neri e immensi si riempirono di lacrime. Che scesero giù, sempre più giù, in silenzio.

Il bambino si portò la mano al viso, evidentemente sorpreso. Si toccò una guancia, avvicinò i polpastrelli agli occhi. Forse gli venne voglia di assaggiarli. Ma l’uomo non gli diede il tempo di fare altro.

In pochi passi superò l’abisso, cadde in ginocchio e se lo strinse al petto.

Lui non si mosse, ma Quillsh Wammy sentì che, dentro la stretta, tornava davvero bambino.

« Non me ne andrò mai più. Non ti lascerò più solo. Te lo prometto. »

 

 

Era quando si ricordava di essere un bambino.

Erano i giorni peggiori.

   
 
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