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Autore: _Mary    28/07/2010    20 recensioni
“Puoi aiutarmi a cercarne un po’, Dean?” aveva chiesto Luna all’improvviso.
Dean l’aveva guardata: i capelli svolazzanti, la gonna lunga, lo sguardo limpido; sembrava una bambina messa in abiti da adulta.
Aveva forzato un sorriso.
“Certo. Tutte quelle che vuoi”.
Prima classificata alla 'I Edizione Contest Artistico - Storie, coppie e colori' indetta da MaBra e lilyblack sul forum di EFP.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Thomas, Luna Lovegood | Coppie: Dean/Luna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
- Questa storia fa parte della serie 'Puzzle' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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NdA: non mi ritengo affatto una grande esperta di Hayez, né di arte più in generale. La mia interpretazione di questa immagine è quella, riduttiva, di un qualunque turista che decide di entrare in un museo in piena estate per cercare tregua dall’afa estiva; niente di chissà quanto elevato, quindi, solo fantasia a briglia sciolta.

Quello che mi piace di questo quadro, è che offre tanto spazio per fantasticare. Ne ho almeno due interpretazioni, infatti. La prima, è che esso rappresenti un bacio rubato: l’uomo è vestito con cappello e mantello, quasi come se dovesse allontanarsi dal castello o, comunque, fingere di essere lì per un altro motivo che non sia la sua amata. È un innamorato che non può permettersi di rivelarsi al mondo, che deve ricorrere a mille sotterfugi per vedere la sua bella, e che quindi può baciarla solo così, di nascosto, mentre è ufficialmente impegnato in chissà quale ambasciata per conto di qualcuno.

Anche se così non fosse, e l’uomo fosse innamorato della fanciulla in abito azzurro senza che ciò comporti grandi tragedie, questo dipinto mi dà comunque l’impressione di qualcosa di… breve e drammatico. Un bacio dato con passione, che deve interrompersi a causa di qualcosa che c’è oltre quell’apertura che si vede sullo sfondo. Una guerra? Una richiesta di aiuto da parte di un confinante? Lì fuori c’è qualcosa che separa l’uomo dalla ragazza, ad ogni modo, e quello è il bacio di un probabile addio che i due si scambiano. E, ne sono assolutamente sicura, l’uomo si rende conto che potrebbe essere l’ultima volta che vede la sua amata.

L’ultimo bacio prima di andarsene, e forse anche il primo, se l’uomo non ha mai avuto il coraggio o la possibilità di dichiararsi. Ecco un altro motivo per cui questo bacio sembra così passionale: è quasi troppo tardi per darlo.

È a questa interpretazione che mi sono attenuta per la mia one-shot: l’interpretazione di una che non sa né leggere né scrivere ma che non riesce a fare a meno di immaginare background per qualsiasi foto o dipinto o immagine veda, in una afosa giornata di luglio, mentre si aggira pigramente in un museo.

 

DISCLAIMER: i personaggi appartengono a JK Rowling e la fanfiction non ha scopo di lucro.

 

Conchiglie

 

 

Hogwarts stava curando le sue ferite. Il castello era particolarmente silenzioso: non c’erano le risate degli studenti, non c’era il brusio delle persone nella Sala Grande, non c’era neanche quel silenzio carico di rabbia e di paura che doveva avervi regnato dell’ultimo anno.

Non c’era niente. Una cupola di silenzio gravava sulle teste di tutti, pesante, opprimente. Li schiacciava, li uccideva, li terrorizzava, li dominava.

Dean aveva l’impressione di non camminare davvero, di non vedere ciò che stava guardando. Era sospeso in un limbo in cui i morti lo guardavano ed i feriti lo ammonivano coi loro lamenti. Il sangue per terra era tutto ciò che sentiva esistere davvero: rosso, dall’odore metallico. Era ancora più reale delle parti di Hogwarts crollate, dei quadri svuotati, di quello strano silenzio.

Lord Voldemort gli aveva concesso una tregua. Dean non sapeva se sarebbe sopravvissuto al secondo assalto, quella notte. Era stato solo quando aveva visto persone che conosceva morirgli davanti che si era reso conto di stare davvero combattendo. Quando si era trovato a temere per Seamus, per i suoi amici, per se stesso.

Perché quello che davvero aveva provato era stata la paura. Non aveva mai capito cosa significasse davvero, avere paura. Mai come allora aveva sentito la sua morsa fredda attanagliarlo ed impedirgli di respirare, mai come allora aveva avvertito il fiato dolce della morte, vicino, troppo vicino. Forse solo quando era stato attaccato dai Ghermidori qualche tempo prima, un tempo che sembrava essersi dilatato all’infinito nella sua memoria, per comprimersi brutalmente quando aveva capito che, di nuovo, il filo a cui era appesa la sua vita era sottile quello di una magnifica e fragile ragnatela argentata.

In quella battaglia, però, c’erano molte più persone che rischiavano la vita. E questo lo spaventava più di tutto: che qualcuno avesse sentito, come lui, quel respiro mortale, e potesse non essergli sopravvissuto.

 

“Pensi che riuscirò di nuovo a vedere i Nargilli?”

Luna si torturava le mani, seduta in bilico su una sedia della sala di Villa Conchiglia. Erano appena fuggiti da Villa Malfoy. Fuori dalla finestra, il sole stava colorando il mare coi suoi colori di pace. Il silenzio tra loro due era così pesante, ma Dean non aveva avuto la forza di interromperlo, di cercare di dire qualcosa. Quella notte erano successe troppe cose.

Aveva alzato lo sguardo su Luna, perplesso.

“Non li ho più visti, da un certo momento in poi. Non ho più visto niente” aveva mormorato lei. “Era così buio laggiù”.

Dean aveva annuito. Non sapeva cosa le avessero fatto, a Villa Malfoy, ma il suo aspetto diceva abbastanza: così magra, con i capelli intrecciati ed il viso sporco, Luna non sembrava più lei.

Dean non aveva potuto fare a meno di provare tenerezza per quella ragazza che, a Hogwarts, aveva giudicato ‘la strana’. Forse era stata proprio quella sua stranezza che le aveva permesso di sopravvivere laggiù, nel buio.

“Certo che riuscirai a vederli, Luna” aveva detto, cercando di rassicurarla.

Luna l’aveva guardato. L’aveva ringraziato con un sorriso timido, mentre il sole saliva sempre più in alto nel cielo.

 

Ad ogni passo, Dean sentiva crescere l’ansia. Sarebbe stata solo colpa sua se Luna fosse morta: non aveva neanche diciassette anni, non avrebbe dovuto combattere, ed invece non era riuscito a farla rimanere a Villa Conchiglia.

Però, non poteva fare a meno di sentire un briciolo di speranza farsi lentamente strada nel suo animo. Se non era lì per terra, forse stava bene.

Ad un tratto, vide Neville nell’atrio. Sembrava molto più vecchio di quanto era stato poco prima, nella Stanza delle Necessità. Dean si chiese come dovesse sembrare lui, come il peso della guerra dovesse aver segnato anche il suo sguardo, come quello dei morti che aveva visto gli fosse rimasto addosso.

“Hai visto Luna?” gli chiese, avvicinandosi.

Neville si passò una mano sulla fronte sudata, scuotendo la testa.

“No. Immagino che ciò significhi che è viva” disse cupamente, abbassando lo sguardo sul cadavere ai suoi piedi.

Dean si sentì stringere lo stomaco. Il corpo era di una bambina di non più di tredici anni. Neanche lei avrebbe dovuto essere lì, eppure era rimasta, come altri che non avrebbero più visto niente e il cui ultimo ricordo di Hogwarts sarebbe stato quello di un posto tenuto in mano dai Mangiamorte, scosso dagli incantesimi e dalla guerra.

“Forse sta aiutando i feriti” proseguì Neville.

Dean annuì, chiedendosi se lo avrebbe rivisto, alla fine di tutto. Capì che Neville stava pensando lo stesso, quando gli prese una mano e gli disse:

“Buona fortuna, Dean”.

 

Una sera, Dean stava vicino al camino. Aveva sentito una presenza alle sue spalle, e poco dopo Luna lo aveva raggiunto sul divano. Doveva essere uscita: profumava di mare, e aveva i capelli bagnati dalla pioggia.

Dean aveva forzato un sorriso.

“Bella serata, eh?” aveva chiesto, ironico, mentre il vento ululava.

Luna aveva annuito distrattamente.

“È il tempo ideale per i Ricciocorni” aveva risposto. “Amano le tempeste come questa”.

Dean aveva alzato gli occhi al cielo.

“Tu non mi credi, vero? Non pensi che esistano i Ricciocorni”.

Dean aveva esitato.

“Non li ho mai visti, Luna. Come possono esistere se nessuno li ha mai visti?”

Luna gli aveva sorriso.

“Tu hai bisogno di vedere una cosa per credere che esista?”

“Si chiama ‘realismo’”.

Luna aveva dondolato il capo, pensierosa.

“Forse non ti è ancora capitato di vederli, però questo non vuol dire che non esistano”.

 

Dean si sforzò di non guardare i corpi delle persone stese sul pavimento della Sala Grande. Ne aveva già riconosciuti troppi.

I Weasley erano tutti riuniti intorno al cadavere di Fred. Aveva cercato di non ricordarlo da vivo, ma era troppo tardi.

Più il tempo passava, più temeva di non trovare Luna. O di trovarla bianca e fredda, per terra.

Ora non c’era più silenzio. Forse, tutto sommato, lo avrebbe preferito, piuttosto che sentire i pianti straziati di amici e parenti sui corpi di quelle vittime. Avrebbe preferito potersi tappare le orecchie e chiudere gli occhi, ma sapeva che non sarebbe cambiato nulla.

I pianti sarebbero continuati, i morti non sarebbero tornati in vita.

Vide poco distante Madama Chips: sembrava stremata. Aveva combattuto anche lei, ma ora si dava da fare per aiutare i feriti. Decise di chiedere a lei.

“Madama Chips!” chiamò, avvicinandosi.

Lei si voltò.

“Ha visto Luna, signora? Luna Lovegood?”

Lei annuì con un sorriso tremulo.

“Penso che la pozione stia facendo effetto in questo stesso istante” rispose.

Dean sentì il suo sangue gelarsi nelle vene. Le era successo qualcosa.

“Sta bene? Dov’è? Cosa le è successo?”

“È stata colpita, ma questa ora dovrebbe bastare a rimetterla in sesto. L’ho vista andare verso le scale”.

Madama Chips si voltò, avviandosi verso un ragazzo che la stava chiamando. Dean avrebbe voluto prendere a pugni qualcosa: Luna avrebbe potuto essere ovunque.

Cominciò a percorrere quel tratto di Sala Grande avanti ed indietro, torturandosi le mani. Aveva capito che avrebbe dovuto trovarla. L’aveva capito quando era stato quasi colpito da una Maledizione Senza Perdono.

Avrebbe almeno dovuto salutarla, accertarsi che stesse bene, come lei aveva fatto con lui a Villa Conchiglia, quando si era accorta dei suoi incubi, di come sognasse sempre quella notte in cui lo avevano catturato. Di come continuasse a sognare lo sguardo spento di Dirk Cresswell. Non l’aveva mai ringraziata, e in quel momento avrebbe potuto essere troppo tardi.

D’un tratto, Dean si fermò nel suo via vai davanti quel pezzo di muro. Forse sapeva dove trovare Luna.

 

Una mattina l’aveva trovata in riva al mare. Era di spalle: il vento freddo le faceva arruffare i capelli, e la gonna troppo larga che Fleur le aveva prestato le svolazzava intorno ai piedi nudi. Era rannicchiata, intenta a smuovere la sabbia di fronte a sé.

Dean non seppe mai cosa le fece intuire la sua presenza, alle sue spalle. L’aveva vista solo fargli un cenno con la mano, chiedendogli di avvicinarsi.

Dean aveva obbedito. Luna si era alzata in piedi, una conchiglia rosata in mano.

“Ciao, Dean” l’aveva salutata. Lui aveva notato la collana di piccole conchiglie che si era messa al collo. “Ciao” aveva risposto.

Luna aveva seguito il suo sguardo.

“È dei molluschi che vivono qui dentro che si nutrono i Plimpi d’acqua salata” aveva spiegato, prendendo una delle conchiglie tra le sue dita. “Mia madre diceva che queste conchiglie fanno fare bei sogni”.

Dean aveva aggrottato la fronte, perplesso.

“Non ne ho mai sentito parlare” disse cautamente.

Luna scrollò le spalle.

“Certo, non hai mai conosciuto mia madre. Ha scoperto lei questo loro uso” aveva risposto cominciando a camminare.

Dean l’aveva seguita, spiazzato.

“Puoi aiutarmi a cercarne un po’, Dean?” aveva chiesto Luna all’improvviso.

Dean l’aveva guardata: i capelli svolazzanti, la gonna lunga, lo sguardo limpido; sembrava una bambina messa in abiti da adulta.

Aveva forzato un sorriso.

“Certo. Tutte quelle che vuoi”.

 

L’aveva trovata. Dean si trattenne a stento dal correrle incontro. Luna guardava accigliata un punto del muro di fronte a sé, nel corridoio del settimo piano.

Le si avvicinò, e Luna si voltò verso di lui.

“Non funziona più. La Stanza delle Necessità non si apre” mormorò.

Dean alzò le spalle. Ora che l’aveva trovata, gli sembrava di avere tutto il tempo del mondo.

“Avrei voluto rivedere la stanza in cui ci esercitavamo con l’ES” proseguì Luna. “Te la ricordi, Dean? Sembrava di avere degli amici”.

Dean annuì.

“Ti hanno ferita?”

Luna lo guardò spaesata.

“Oh, no. Ho solo preso una brutta botta e mi sono fatta male al braccio, ma ora sto bene” rispose.

“Non voglio che tu torni a combattere” disse lui, spaventato. “Sei ancora debole”.

“Dean, pensi davvero che se resterò indietro sarò al sicuro?” chiese Luna, dolcemente.

Dean deglutì.

“Volevo darti questa”.

Luna si mise una mano nella tasca dei pantaloni. Quando la tirò fuori, Dean vide la collana che le aveva visto addosso a Villa Conchiglia.

“Non ho finito la tua, ma tu hai più bisogno di sogni di me, dato che ti limiti a credere in ciò che vedi” disse Luna, tendendogliela.

Dean sorrise, non sapendo cosa dire. La prese in mano: sembrava emettere tranquillità, cosa che non avrebbe mai creduto possibile in quel contesto.

C’era di nuovo silenzio. Sette piani più in basso, tutto continuava. Lì, invece, davanti alla parete che li separava dalla Stanza delle Necessità, Dean si sentiva di nuovo sereno. Anche a Villa Conchiglia era stato così: la paura si affrontava meglio, in due.

Dean si mise in tasca la collana, mormorando un ‘Grazie’ senza fiato. Luna gli sorrise.

Poi sentirono la voce.

“Visto? Harry Potter è morto! Lo capite adesso, illusi? Non è mai stato altro che un ragazzo che contava sul sacrificio degli altri!”

Si sentì raggelare. La tregua era finita, e Lord Voldemort era tornato a parlare.

Ma cosa stava dicendo?

Guardò Luna interrogativo. La prese per mano e cercò di condurla verso le scale, ma la sentì gemere, stringendo a sé il braccio.

“La pozione” mormorò. Dean non capì.

“Il braccio. Mi fa ancora un po’ male”.

Dean annuì, prendendole l’altro braccio, poi si diressero di corsa nell’atrio.

Sentì Luna trattenere il fiato. A quel che poteva vedere da sopra tutte le altre teste, Harry giaceva sul prato, e Lord Voldemort gli camminava davanti.

Dean non poteva credere ai suoi occhi. Harry non poteva essere morto. Non lui.

Sentì Luna avvicinarsi, e vide la sua stessa espressione riflessa sul suo volto: incredulità; paura; dolore.

Si sentì crollare. Voldemort aveva ucciso Harry.

“… Ucciso mentre tentava di mettersi in salvo…” stava dicendo Voldemort.

Dean si scosse. Stava per urlare che non era vero, che era un bugiardo, ma si interruppe quando vide che Neville si stava avventando contro di lui, la bacchetta sguainata.

“Neville” esalò Luna, al suo fianco.

Dean trattenne il fiato: Voldemort l’aveva Disarmato.

“E chi è costui?” sibilò. “Chi si è offerto volontario per dimostrare che cosa accade a chi combatte quando la battaglia è perduta?”

Dean si guardò intorno: erano raggelati tutti.

Vide una Mangiamorte, che riconobbe come Bellatrix Lestrange, scoppiare in una risata folle.

“È Neville Paciock, mio signore! Il ragazzo che ha dato tanti grattacapi ai Carrow! Il figlio degli Auror, ricordate?”

Dean sentì che Luna gli aveva stretto un braccio. Non riusciva più a respirare.

Voldemort disse qualcosa, e Dean vide Neville alzarsi, le mani chiuse a pugno.

“E allora?” rispose, fiero.

“Mostri spirito e ardimento, e discendi da una nobile stirpe. Sarai un Mangiamorte molto prezioso. Abbiamo bisogno di gente come te, Neville Paciock”.

Dean sgranò gli occhi, come molti di quelli che poteva vedere: Voldemort stava proponendo a Neville di diventare un Mangiamorte?

“Mi unirò a te quando l’inferno gelerà” sputò Neville. “Esercito di Silente!” chiamò.

Dean urlò, con tutta la rabbia e la morte che aveva nel cuore. Urlò per i suoi amici, urlò per Hogwarts, urlò per Harry. Urlò perché non sarebbe potuta finire così, perché Voldemort non avrebbe vinto, non avrebbe tentato nessuno con le sue offerte.

Urlò perché era ancora vivo, e non si sarebbe piegato.

Sentiva Luna accanto a sé, sentiva gli altri che rispondevano a Neville, vedeva i Mangiamorte cercare di zittirli.

Ma non ci riuscivano. L’Esercito di Silente aveva qualcosa per cui combattere, e avrebbe continuato a resistere.

Poi, Voldemort disse qualcos’altro, ed Appellò quello che sembrava uno straccio. Mentre il boato si zittiva bruscamente, Neville venne pietrificato e quello che Dean riconobbe come il Cappello Parlante gli venne ficcato in testa.

Strinse a sé Luna, alzando la bacchetta. Vide i Mangiamorte fare lo stesso.

Voldemort aveva capito: sembrava un pericoloso serpente, mentre si aggirava in quello spiazzo davanti all’atrio, un serpente pronto a gustarsi una preda che si era dimostrata particolarmente difficile da conquistare.

L’avrebbe fatta soffrire.

“Il nostro Neville ora dimostrerà che cosa accade a chiunque sia così sciocco da continuare ad opporsi a me” disse Voldemort, mentre incendiava il Cappello Parlante.

“No!”

Dean si sentì urlare insieme a tutti gli altri. Decise che era il momento di intervenire, a costo di farlo da solo. Vide che tutti quelli che erano rimasti nell’atrio avevano pensato la stessa cosa: nessuno avrebbe accettato di arrendersi, avrebbero combattuto per difendere Neville, anche da soli, contro Voldemort ed i suoi Mangiamorte.

Ma si accorse che qualcun altro stava venendo dalla foresta.

“I Centauri!” esclamò Luna.

Dean non aveva visto quelli: centinaia di persone stavano correndo verso il castello, in loro aiuto.

Si sentì rinascere. Quella notte non combatteva solo Hogwarts: tutti coloro che credevano nella libertà si stavano radunando per l’ultima battaglia contro il mago oscuro più potente di tutti i tempi. Dean sapeva che uno dei due schieramenti non si sarebbe più rialzato, il giorno dopo.

Luna stava per seguire gli altri, ma Dean la trattenne, trascinandola via dall’atrio, nel corridoio più vicino.

“Rimani qui” le ordinò bruscamente.

“Devo combattere” ribatté Luna, cercando di divincolarsi.

Dean la trattenne.

“Adesso… sei… troppo… debole. Non puoi” disse, cercando di bloccarla.

“Devo combattere anche io! Ci sono i miei amici lì, e qui potrei comunque essere ferita o peggio!”

Dean scosse la testa.

“Posso farcela” aggiunse Luna, guardandolo negli occhi.

Non gli era mai parsa così forte. Dean si sentì orgoglioso di lei, mentre cercava di trattenerla.

La baciò.

La sentì bloccarsi all’improvviso. Non gli importava più nulla: la battaglia a pochi passi di distanza, la morte di Harry Potter, l’arrivo degli altri, niente. La stava baciando, c’era solo lei. Sapeva che avrebbe potuto non rivederla mai più, che avrebbe dovuto combattere, di lì a poco. Lei doveva sapere che la lasciava con la morte nel cuore, doveva capirlo, prima di vederlo allontanarsi forse per sempre.

Dean sentì un rumore più forte degli altri provenire dall’atrio. Si separò da lei.

“Resta qui” le disse in un soffio.

Luna non disse niente. Dean le carezzò una guancia e si avviò verso la battaglia.

Alla fine, avrebbe scoperto che Luna non gli aveva obbedito, e che era comunque andata a combattere.

 

*

 

Dean non riusciva a festeggiare. Non ancora, almeno.

C’erano state troppe morti per poter gioire. Il sole faceva capolino tra le nuvole, quel giorno, e creava tantissime scintille sulla superficie del Lago Nero, mentre Hogwarts, poco distante, mostrava ancora le sue ferite.

C’erano state troppe morti. Troppe, ma per fortuna non quella di Luna.

La vide, poco distante, e le sorrise.

Lei lo salutò, avvicinandosi a grandi passi.

“Oggi mi viene a prendere papà” gli disse quando gli fu vicina.

Dean sorrise mestamente. Era rimasto lì, come altri, per aiutare a seppellire i corpi e per cercare di rimettere in sesto Hogwarts. Anche Luna aveva deciso di restare, fino a quel momento.

“Sono contento che tu torni a casa” rispose.

“Puoi venire a trovarci. Papà è simpatico, vedrai che ti troverai bene con lui” proseguì la ragazza, sgranando gli occhi.

Dean sorrise.

“Sarò felice di venire a trovarti. Molto”.

Tra i due scese il silenzio. Il vento carezzava le foglie del salice sotto il quale si erano incontrati, creando con le ombre delle foglie giochi di luce sul volto di Luna. All’improvviso, Dean si ricordò di una cosa.

“Oh… ti devo restituire…”.

Si frugò nelle tasche, imbarazzato.

“Ecco”.

La collana di conchiglie era ancora intera, nonostante tutto. Luna sorrise.

“Hai ragione. Fa fare bei sogni” disse Dean.

Luna annuì.

“Tienila tu. Ne hai più bisogno di me”.

Dean sorrise di nuovo, scostandole una ciocca di capelli dal viso. Poi la strinse a sé in un abbraccio.

Il vento soffiava con dolcezza, increspando la superficie del lago. Alcuni ragazzi, poco distanti, sedevano a gambe incrociate, parlando. Dean non sapeva quanto ci avrebbero messo le risate per tornare ad essere parte di quel luogo, né sapeva quando la vita avrebbe ricominciato a scorrere, lì. Ma sapeva che la forza di Hogwarts era nei suoi studenti e nel legame che li aveva uniti da sempre: l’amore.

Aveva intuito che Voldemort non l’aveva capito. Non aveva mai saputo cosa significasse poter abbracciare qualcuno, sentire la sua testa contro il suo petto, carezzargli i capelli. Per questo aveva perso.

Con delicatezza, Luna si liberò dalla sua presa.

“Ho visto che in riva al lago queste ci sono” disse, indicando le conchiglie. Le scintillavano gli occhi.

“Di un’altra varietà, però. Sono quelle che mangiano i Plimpi d’acqua dolce. Mi aiuti a raccoglierne un po’?”

Dean le sorrise, grato.

“Certo. Tutte quelle che vuoi.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con mia grossa, enorme, indescrivibile sorpresa, questa storia si è classificata prima alla ‘I Edizione Contest Artistico – Storie, coppie e colori’, indetta da MaBra e lilyblack sul forum di EFP – qui. Bisognava scegliere un dipinto tra quelli a disposizione - ed basare la storia sulla sua interpretazione - ed una lettera, alla quale era collegata una coppia – nel mio caso, il dipinto era ‘Il bacio’ di Hayez e la coppia, ovviamente, Dean/Luna.

 

Ringrazio le giudici per il contest fantastico e per i giudizi più che dettagliati; inoltre, colgo l’occasione per complimentarmi di nuovo con tutte le partecipanti <3

 

Grazie a chi è arrivato fin qui – per i pomodori ci sono le recensioni, alle quali risponderò molto educatamente via e-mail <3

 

Di seguito, il giudizio:

 

Prima classificata: _Mary - Conchiglie

ORIGINALITA' : 8/10
L'originalità è sicuramente aiutata dalla coppia, della quale si legge piuttosto poco. Non sono totalmente assenti elementi originali come il pensiero di Dean in primo piano, solitamente accantonato per il più intrigante personaggio di Luna, oppure una figura della stralunata corvonero più coraggiosa e decisa di quanto non siamo abituavi a vedere.

Si poteva fare però di meglio, scegliendo un taglio diverso del quadro, osando un pò di più viste le innegabili potenzialità.


ATTINENZA E COERENZA CON L'IMMAGINE: 10/10

Niente da dire in negativo, seppure si concentri su questo punto quelle possibilità inespresse di audacia di cui parlavo prima. Assolutamente coerente comunque il quadro con la storia e viceversa, non osando sei riuscita sicuramente a restare in un ambito sicuro e a non strafare sbagliando, come a volte invece accade.

GRAMMATICA E LESSICO: 15/15
La grammatica è perfetta, e ugualmente sulla punteggiatura non si potrebbe dire niente di negativo anche volendo. Il ritmo della storia è incalzante dove deve e dilatato dove i pensieri di Dean prendono una piega più intimistica.

CARATTERIZZAZIONE DEI PERSONAGGI: 10/10
Non potrebbe essere migliore, non ho mai letto pensieri di Dean meglio caratterizzati. Riesci, con l'uso sapiente dei mezzi lessici e grammaticali, a dare vita ad un personaggio minore alzandolo alla stregua di uno dei tanti eroi della saga potteriana. Qualsiasi figura appaia, nel tuo piccolo affresco ispirato ad Hayez, ha un suo peso ed una sua importanza.

GRADIMENTO PERSONALE: 9.5/10
La storia è delicata, romantica, tocca parecchie corde nel cuore di chi la legge. I mezzi pratici della lingua sono usati sapientemente e rendono il tutto omogeneo, coeso esattamente come deve essere un buon racconto. La dilatazione spazio temporale, a volte sbagliata, è quì resa bene e non incappi in nessun errore nonostante l'immissione dei ricordi che a volte crea numerosi problemi.

TOTALE: 52/55

   
 
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