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Autore: Mao_chan91    26/09/2005    6 recensioni
Lei è quel tipo di lente di ghiaccio che non desidera ferire. Eppure, continua a farlo.
Genere: Malinconico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Miroku, Sango
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Così com’era che quel tale riserbo in cui amava rifugiarsi stava abbattendo con forza quella coltre di comprensione che non capiva, e forzava ad insinuarsi oltre le sue barricate, vi erano diversi momenti della giornata in cui amava soffermarsi su se


Disclaimer:
La serie di Inuyasha e i relativi personaggi non mi appartengono. Li ho semplicemente presi in prestito. Posseggo solo questa semplice idea, e la fan-fiction.
Rating: PG13, o anche di meno.

Warnings: La prima frase, lo riconosco e mi è stato fatto notare, non è semplice da capire alla prima lettura. Alla seconda, però, migliora, e modificarla avrebbe rovinato l’idea che avevo.
Thanks to: Le solite ed adorabili ff inglesi di Fanfiction.net. Non saprei citarne una in particolare, ma una che amo è Eyes clouded, not yet blind. E The art of vanishing, of course.
E l’immancabile parere di Ondy. Per me è la massima esperta in materia MiroSan, ed i frammenti di quel che ha iniziato a scrivere sono di una delizia unica. Per l’appunto uno di questi, mi ha ispirato, dandomi la spinta a scrivere. Grazie per essere la stupida ragazza che sei, non ti cambierei con nulla al mondo.
Comments: Un po’ sullo stile di Cold dust, credo. Non ho idea se ce ne saranno altre scritte a questo modo, e già mi stupisco di aver scritto un qualcosa con tale rapidità. Una mezz’ora di sera, poco di più al pomeriggio. Idee partorite tra notte e giorno. E’ già una lettura più chiara e semplice rispetto all’altra, ad ogni modo, e sarei lieta di ricevere commenti. In proposito, nell’eventualità che a Lisachan capiti di leggere qui, ci terrei a ringraziarla per il commento. Mi dispiaceva non essere riuscita a farti figurare come una coppia il pairing cui tengo così tanto, e sono immensamente felice di aver raggiunto lo scopo.
Mhh, tutto qui, credo. Ah, ed il titolo in principio supponevo di metterlo in inglese, ma il suono non mi convinceva. Non che questo sia il meglio, ma è meglio.


                                                                                             

                                                                                                   Lente di ghiaccio

 

 

Così com’era che quel tale riserbo in cui amava rifugiarsi stava abbattendo con forza quella coltre di comprensione che non capiva, e forzava ad insinuarsi oltre le sue barricate, vi erano diversi momenti della giornata in cui amava soffermarsi sui ma ed i se.
Corpo di bambina aveva presto dovuto accogliere mente adulta, e man mano che il carico di responsabilità aumentava il peso cominciava ad abbatterne le difese, forzandola a non rispondere ad ogni gesto con freddezza, ma con una dannata emotività che rifuggiva con gran disperazione.
Perché era la sua debolezza, che a tempo debito l’aveva resa forte, ma che ora non contava più nulla.

Non più di un qualcosa che si agitava nel suo ventre, come una vipera ansiosa di far uso del proprio veleno, era una parte di sé che non voleva liberare.
Anche se fosse andato tutto per il peggio, avrebbe costretto l’afflizione ad annidarsi ovunque ma non nel suo cranio, ove la sua sanità era più labile.
Esulata dalla realtà che non desiderava fosse tale, anelando unicamente a qualcosa dalla consistenza calda cui stringersi, in cui credere.
Più si attenua il dolore, e più è fragile la cupola di vetro che la divide dal mondo esterno, e quel qualcosa di vivo in lei vuole inoltrarcisi ad ogni costo, freme convulsamente senza che possa porvi freno.
Ed una mano viva, calda e gentile si tende a lei.
Un calore umano, così umano da giungerle assurdo e straniero nel suo mondo, in quello che non può abbattere perché costruito e saldato con cura.
Ma lui lo desidera, e non c’è niente che possa fermarlo.
Lo desidera perché la ama, e di questo lei è confusa.
E’ confusa perché lui  è Miroku.

Accettandone la mano, condurrebbe con sé colui che rinsalda le sue barriere e le fa ripetere che il mondo è pregno di malvagità, e lui stesso è crudele con lei.
La ama, ma è crudele.

Non basta la sua vita, perché né la propria, né quella dell’uomo assumono importanza rispetto al resto.

Vuole delle consapevolezze, un qualcosa che la rassicuri.
E’ giovane, più giovane di quanto non sia mai stata, e sa tremare.
Non può mostrarlo al padre, perché ha fiducia in lei, che è una guerriera.
Ed una guerriera non trema.

Così Sango gioca ad esserlo, finge, finge e questa maschera le penetra il viso, perché la calzi alla perfezione.
E’ debole, ma ostentando sicurezza può fingere di non esserlo.

Quando la vita aveva smesso di contare qualcosa, allora era divenuta forte in una maniera che intimoriva lei stessa.
Era giocare ad essere immortali.
Giocare ad essere i più forti.

La forza di chi non ha più nulla da perdere, e che allontana la sua personalità coerente e decisa, accogliendone una che non le appartiene.
Vuole essere libera.
Libera di ridere e di piangere quando ne sente il bisogno, ma farlo significherebbe mostrare la propria debolezza al mondo, ed ha giurato a stessa di non rendersi mai vulnerabile.
Vulnerabilità porta ad una persona confusa, e lei lo è, ma non vuole esserlo.
Lo è sempre stata.
Mostrandolo apertamente, però, tornerebbe a ferire con intensità gli altri.

Lei è una lente di ghiaccio che non desidera esser posta al sole, perché non desidera ferire.
Come i raggi solari ne colpiscono crudelmente la figura, ciò che le è attorno brucia.
Chi le è intorno.
E lei con loro.
E’ quel tipo di lente di ghiaccio che non desidera ferire, ma continua, inconsapevolmente, a farlo.

I capelli color dell’ebano sono sciolti, mossi dal vento per ondeggiarle con grazia sulla schiena, fino al suolo.
Stringe le ginocchia al petto, e sente di non aver nulla da dire.

Nulla che non sia stato già palesato dal modo in cui lo guarda da tanto.
Quella luce aspra che è viva e muore quando lui si volta nella sua direzione.
E’ dura, e sa di non dovergli concedere di dominarne di continuo i pensieri.

Eppure, ne è già persa.

Con una ferma delicatezza tutta sua, lui avanza imperterrito nel discostarne il velo opaco, ed il panorama attorno a lei comincia a divenire più nitido.
Lei non vede nulla, ma lui.
E desidera tentare.

Tituba, ed accosta la mano alla sua.
La sente inerme, e difficile da controllare.

La solleva con un movimento del polso, ed agl’occhi di lui appare leggera e fragile, come una farfalla dalle ali troppo pesanti per essere sostenute.

L’accoglie in una stretta che non ferisce, attento a non toccarla oltre perché sa che può spezzarla.
E’ una sensazione nuova e strana per lei, e non avverte che un gran freddo che l’intimorisce, ma non si ritrae.

Lentamente, comincia a piovere, e con accortezza lui l’attira a sé e ne accosta il viso al petto, avvolgendola tra le pieghe dei suoi abiti, senza che l’essere rigido di lei si scomponga, ma si addolcisce.
Flette un poco le dita, e ricorda con stupore di essere viva.
Smette di giocare alla morte, e le sue unghie stringono il tessuto come un bambino si avvinghia al ventre materno, che desidera stringere per sempre.
A lui non importa se quella stretta gli fa male, perché lei non vorrebbe saperlo.
Perché le sue lacrime sono calde, e lei è viva.
Gentile, quell’aggettivo che lei è sempre stata solita attribuirgli con una facilità ancor maggiore di quanto potesse definirlo lascivo ed insensibile, accoglie il corpo bagnato sul suo e la stringe fino ad ottenere che il suo respiro si stabilizzi.
E’ stanca, e sa che non potrà mai fare nulla, per questo.
Teme che non vivrà a lungo.
Teme di doverla lasciare sola, e che questo le sia letale.
Teme, con lei, di divenire una lente di ghiaccio che ferisce, e distrugge.
Non sa che il suo pensiero è lo stesso.
Nessuno lo sa.
Ed allo stesso modo nessuno sa che, se finiranno per distruggersi a vicenda, se finiranno assieme, potranno vivere ancora senza tormento.
Sango solleva il viso verso quello di Miroku, e le sue guance sono arrossate, i suoi occhi offuscati.
Offuscati del resto del paesaggio, ma vedono con chiarezza lui.
Ed ognuno fissa il viso dell’altro nella propria mente, come l’ultima cosa che desidera ricordare.

 

  
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