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Autore: Chibi Girlz    30/07/2010    0 recensioni
Questa è la nostra prima fanfic in assoluto e speriamo che possa piacere.
Roy, per le vacanze di Natale, vuole invitare il tenente in montagna, così da poter finalmente trascorrere un po' di tempo solo con lei e magari tentare qualcosa, ma i suoi piani non vanno come avrebbe sperato...
Riuscirà il nostro intrepido colonnello nel suo proposito?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Riza Hawkeye, Roy Mustang
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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4_Tutti insieme ''appassionatamente'' - S-si può sapere perché ci siete tutti?!?! -.
L’esclamazione a dir poco irata del colonnello lasciò tutti quanti palesemente di stucco.
C’erano tutti per davvero: Havoc, Fury, Falman, Breda, Sheska, Maria, Denny, Armstrong... addirittura Hughes con la famigliola al completo!!!
- Ehi, Roy! Perché quella faccia? - esclamò Maes, venendo avanti.
- Non pensavo sareste venuti tutti voi! -.
Lo sconcertato sguardo del colonnello vagava senza tregua sul gruppo attorno a lui: non riusciva a concepire che... che la sua tanto sognata vacanza con il tenente dovesse includere pure tutta quella gente!!
Non avrebbe avuto chance di stare un po' in intimità con lei!!!
- Colonnello... c'è qualche problema? -.
La voce incerta del tenente lo costrinse a calmarsi e assumere un atteggiamento almeno lontanamente consueto e calmo: non aveva certo intenzione di farsi scoprire così, per un'inezia.
Se proprio Riza doveva venire a sapere dei suoi sentimenti per lei, sarebbe stato proprio lui a dirglielo, e non una stupida circostanza a scoprirlo.
Un uomo doveva preoccuparsi anche di come il proprio amore veniva esplicato. Almeno, lui la pensava così.
- No, niente... sono solo... - tacque: era solo cosa...?
"Infuriato con Maes per aver combinato questo gran casino" non era proprio la migliore risposta del caso, pur essendo quella che reputava più sincera, così preferì zittirsi in cerca di qualcosa di meglio.
- ... sorpreso? - gli venne in soccorso Hughes in tono affabile - Effettivamente doveva essere una sorpresa...! -.
La risposta dell'uomo fece prudere le mani del colonnello, che desiderò avere indosso i suoi preziosi guanti col suo cerchio alchemico per poterlo carbonizzare lì, all'istante: doveva essere una sorpresa?!
"Dovevo immaginarmi un tiro del genere da te, Maes, ma non finisce qui. Sappi che appena ne avrò l'occasione te la farò pagare...!!" pensò l'alchimista, risentito, cercando di mascherare i suoi intenti pseudo-omicidi dietro uno sguardo semplicemente perplesso.
Nessuno sospettò niente di quel che gli stava passando per la testa, fortunatamente.
- Allora, andiamo? -.
Hughes lo prese allegramente per un braccio e lo sospinse con una certa forza verso il loro treno.
Riza rimase indietro ad osservare il profilo del colonnello, leggermente accigliata: le sembrava strano.
Non era una certezza, ma semplicemente un'impressione, anche se di una certa entità. Conoscendosi, ipotizzò la cosa come una qualche percezione del suo sviluppatissimo sesto senso, che sembrava essersi accresciuto quasi esclusivamente per permetterle di decifrare i comportamenti del suo superiore.
Era quasi un potere magico, considerato il modo tutto personale di Roy Mustang di proteggere le persone che gli stavano a cuore.
Comunque, dopo pochi minuti di analisi, desisté e si affrettò a raggiungere gli altri.
Il tempo di salire tutti che il treno già si stava muovendo per uscire dalla stazione. Il vagone su cui erano saliti era quasi vuoto, fortunatamente, per cui Mustang ebbe una scelta abbastanza libera per i posti a sedere. Se ne scelse uno un po' appartato, vicino alla porta che dava sul vagone successivo.
Tirò un sospiro di sollievo, pensando che almeno per il viaggio sarebbe stato in pace senza Hughes e le sue assurde e sgradevoli sorprese, ma dovette ricredersi quando Havoc, Breda e Armstrong si sedettero nei tre posti attorno a lui rimasti vuoti. Sembrava un assedio vero e proprio.
- Ehilà, colonnello! Ha l'aria abbattuta! -.
L'allegro saluto di Jean si perse in un silenzio da parte del moro che fece presagire una certa tensione nell'aria.
- C'entra qualche donna, eh colonnello? - tentò Breda in tono provocatorio.
Il moro avvampò.
- E questo cosa c'entra, Breda?! Ricordati con chi stai parlando!!! - sbottò Roy, in tono arrogante e irritato.
"I guanti... voglio i miei guanti... datemi i miei guanti... voglio i..." continuava a ripetersi nella mente il colonnello, cercando di scacciare l'ipotesi di prenderli a schiaffi tutti quanti. Era un'idea, però, che l'allettava terribilmente.
- Non si preoccupi, colonnello! Non ci dimentichiamo che lei è il playboy più incallito che abbia mai marciato su questa terra e che ogni donna si prostrerebbe ai suoi piedi se glielo chiedesse... - commentò sarcasticamente Havoc, ridacchiando della sua stessa battuta.
Mustang gli rivolse un'occhiata di sbieco tale da incenerire all'istante e il subordinato si spostò un po', giusto per evitare quella vicinanza pericolosa.
Il colonello rimase per qualche ora a guardare attraverso il finestrino e a pensare come poter stare un po’ da solo con il tenente Hawkeye.
Non gli vennero in mente molte cose, eccetto le stupidaggini: di quelle il suo cervello abbondava in modo impressionante, soprattutto in quel momento, in cui gli era difficile pensare con il brusio delle chiacchere dei suoi amici di sottofondo.
Viaggiarono tutto il giorno e Roy, sconsolato e stufo di tutte quelle chiacchiere di cui avrebbe volentieri fatto a meno, cadde addormentato.
Aggiunto al suo bisogno quasi estremo di riposare c’era la noia, che aveva raggiunto tali livelli critici che anche dormire era una soluzione più che accettabile per combatterla.
Si svegliò quando la voce dell’altoparlante annunciò l’arrivo del treno alla stazione.
- Ehi, colonnello siamo arrivati! - esclamò Havoc, pimpante, afferrando la propria valigia dallo scomparto in alto e avviandosi verso l'uscita dal vagone.
Il moro rimase lì per dieci minuti buoni, mezzo intontito dal sonno.
Armstrong tirò giù, oltre alla propria valigia, pure quella del collega e gliela porse con un: - Si svegli, colonnello Mustang! Avrà tutta la notte per riposare, non dubiti! -.
Quel tono era così vigoroso che riuscì a svegliare completamente il moro, che si passò una mano sul viso e si mise in piedi, afferrò la valigia e seguì l'energumeno giù dal vagone.
Dire che faceva freddo lassù era un eufemismo, e certamente non l'avrebbe aiutato a non prendersi una polmonite.
Il cielo era scuro, violaceo, con le tipiche sfumature del crepuscolo che cedeva velocemente il passo alla notte vera e propria. La neve fioccava leggera, turbinando di tanto in tanto smossa da qualche refolo di vento più forte.
Era uno spettacolo così quieto da conferire una pace interiore incredibile. E poi, era un paesaggio così romantico...
- Royyyyy, da questa parte! -.
Il colonnello fu richiamato dalla voce di Hughes, del quale incontrò il profilo più in alto, su una collinetta di neve da cui si saliva sulla funivia che conduceva ad un agglomerato di puntolini gialli sulla fiancata della montagna. Con ogni probabilità, l'hotel.
Si affrettò in direzione dell'amico, desideroso di raggiungere il caldo e confortevole rifugio dell'hotel per sfuggire al freddo della neve che gli stava consumando le forze.
Poco mancò che cadesse a faccia in giù nella foga di risalire il cumulo.
 - Finalmente! Credevo avessi intenzione di rimanere nel vagone fino a domani! - lo prese in giro Maes, allegro.
- Sta' zitto... - disse semplicemente Roy, appoggiandosi sulle ginocchia e cercando di riprendere fiato: aveva corso come un forsennato per non farsi lasciare indietro ed era stanco.
 - Appena in tempo! - aggiunse l'amico, al vedere arrivare un'altra cabina.
Entrarono al volo e Mustang iniziò a sfregarsi le mani cercando di scaldarle, mentre aspettavano che il veicolo ripartisse.
Com'era imbarazzante essere l'Alchimista di Fuoco e doversi preoccupare di congelare vivo...
Ci impiegarono un po' ad arrivare a destinazione. Sì e no quindici minuti, forse meno. Tempo sufficiente affinché i muscoli del colonnello si intirizzissero almeno un pochino.
Quando scesero, l'alchimista fu ben lieto di sgranchirsi gli arti, indolenziti dal freddo e dal prolungato star fermo.
Il resto del gruppo era davanti all'entrata e attendeva il loro arrivo.
Entrarono tutti assieme e Hughes si occupò della prenotazione e della distribuzione delle chiavi delle stanze. A Roy, ovviamente, toccò quella al piano più alto e più lontana da tutte le altre.
"Magari qualche entità a me sconosciuta ce l'ha davvero con me..." bofonchiò tra sé, mentre si separava dagli altri e saliva al terzo piano in silenzio, fissando truce la piccola e lucente chiave che stringeva in mano.
Sul portachiavi d'argento era inciso elegantemente il numero della sua stanza, la 317.
Arrivato al pianerottolo, iniziò a percorrere il corridoio che gli si apriva davanti, sbirciando tutti i numeri affissi sulle porte in cerca della sua.
Infine, la trovò: era sulla destra, non molto distante dalla curva del corridoio opposta alla scala.
Sollevato, infilò la chiave nella toppa e la girò, facendo scattare la serratura. Aprì la porta e osservò la stanza: un semplice letto in un angolo, un piccolo comò con la lampada, un armadio a destra della porta e, nel centro della parete sinistra, una piccola porta che, con ogni probabilità, portava al bagno.
Entrò, felice di potersi riposare un po'.
Lasciò la valigia in un angolo e l'aprì, in cerca del pigiama. Si spogliò e lo indossò, quindi richiuse il bagaglio e, assicuratosi che l'uscio fosse chiuso, se ne andò a dormire.
Il mattino dopo avrebbe sistemato la sua roba e si sarebbe reso presentabile.
Sentiva che l'aspettava una vacanza... impegnativa.
  
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