Notti senza cuore.
Watashi wa anata no koto ga wasureraremasen
Non mi posso dimenticare di te.
I
suoi occhi scuri erano dentro ai miei,
ancora più profondi e terrificanti. Realizzai lentamente, e
fui pervaso dal
terrore.
Stavo
infrangendo la promessa, ma ogni
singolo muscolo del mio corpo, sembrava essersi arreso al desiderio di
parlarle,
di poterla tenere al mio fianco. Così vicina,
così vicina…
Mi
sentii colpevole, lo giuro, ma ogni senso di giustizia sfugge dalle
mani, quando si ha la gioia di rivedere qualcuno perso da tempo.
Con
lentezza, lasciai scivolare lo sguardo
sulle labbra rosee, e fui pervaso da un brivido quando le vidi
dischiudersi.
Voleva parlare, e questo mi riportò violentemente alla
realtà. Sembrò
titubante, disposta ad esprimersi soltanto dopo un mio gesto
d’assenso. Ne
approfittai, feci un paio di passi indietro e distolsi lo sguardo dal
suo viso.
Avevo
parecchie vie di fuga intorno a me, ma
il mio corpo umano mi avrebbe permesso di allontanarmi lentamente,
oltre tutto
sarei sicuramente risultato bizzarro.
Trasalii.
Bizzarro?
Mi
guardai i vestiti, e mi accorsi che
qualsiasi tentativo di fuga sarebbe stato inutile, mi avrebbe
riconosciuto fra
mille. Quant’ero stato idiota a non cambiarmi
d’abito.
Cominciai
a sudare freddo.
- Kannushi*-Sama,
posso aiutarla?- La sua voce svolazzò
intorno al mio corpo, stordendomi. Non riuscii a credere a
ciò che aveva appena
detto. Non solo non mi aveva riconosciuto, mi aveva scambiato per un
monaco.
-Kagome…-
Mi lasciai sfuggire, pentendomene
subito dopo. Vidi i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa.
Si
sentii in imbarazzo, le sue guance presero
colore ed il suo sguardo sfuggì svelto al mio, catturato dal
terreno asciutto.
Sapevo che chiamandola per nome, oltre ad aver innescato un forte
disagio,
avevo provocato la sua ira. Non mi conosceva, o almeno, così
credeva. Chiamarla
per nome, era stato l’ennesimo errore della giornata. Non era
rispettoso, non
lo era affatto.
Quando
tornò a guardarmi, dall’iridi castane
riuscii a leggere un’altra emozione: Aveva paura.
Era
comprensibile. Incontrare un uomo ad
un’ora tanto tarda, e scoprire che questo suddetto individuo
è a conoscenza del
vostro nome, non è per nulla rassicurante.
-Come
conosce il mio nome?- Mi chiese
corrugando le sopracciglia, sforzandosi di sembrare sicura di se. Io
colsi
immediatamente la sua insicurezza, e ne apprezzai il coraggio. Se
avessi potuto
farlo, mi sarei abbandonato ad un sorriso.
Quella
forza d’animo mi ricordò il primo
scontro con Sesshomaru, nella tomba di nostro padre. Aveva avuto fegato
quella
volta.
-Higurashi-San…-
Mi corressi, nella speranza
di rimediare all’offesa di poco prima.
Il
suo volto tuttavia, non si distese.
-Come
sai il mio nome?- Mi chiese nuovamente,
abbandonando ogni formalità e fulminandomi con lo sguardo.
–Parla!- Esclamò,
sempre più arrabbiata.
Io
in tutta risposta, permasi nel mio
silenzio. In fin dei conti che avrei potuto fare, spiegarle la
situazione?
No,
sarebbe stato quanto meno folle. Avevo
già commesso troppi errori, per potermene permette altri.
Sorrisi
sghembo, e con una notevole forza
d’animo presi a correre verso il torii, ignorando la sua voce
chiamarmi, lo
attraversai e scesi le scale velocemente.
Sentii
il vento passarmi fra i capelli, e il
suo profumo disperdersi nell’aria. Il cuore mi fece male, non
era facile
andarsene sapendo che, molto probabilmente non mi sarebbe mai
più capitato di
starle così vicino.
Una
volta giunto alla fine della scalinata,
mi voltai, spinto da uno strano sesto senso, e la rividi. Era immobile,
presenziava sotto il torii, con lo sguardo fisso su di me, un vigliacco
votato
alla fuga.
Quando
fui abbastanza lontano da non sentire
più la sua presenza, mi fermai per prendere fiato. La fatica
mi aveva spossato
a tal punto da costringermi a sedermi, mi lasciai scivolare per terra,
e senza
pensarci troppo appoggiai il capo sull’erba.
Il
cuore mi batteva all’impazzata, sia per
l’adrenalina scatenata durante la fuga, sia per essergli
potuto stare accanto
per qualche manciata di minuti.
Poggiai
il braccio sul viso, comprendoni gli
occhi, e respirai profondamente.
-Dannazione…-
Imprecai ripensando a ciò che
avevo fatto. –Avrei dovuto starle alla larga…
Dannazione.- Alzai il braccio
lentamente, ed osservai la mia mano, umana,
tremare.
Affondai
le dita fra i capelli scuri e mi
torturai la cute, cercando di calmare quell’inquietudine
insopportabile.
Intorno a me, il silenzio era quasi spaventoso. Per quanto mi fu
difficile
crederlo, ero riuscito a raggiungere un posto silenzioso in quella
città piena
di caos.
Fu
soprattutto per l’assenza di suoni che mi
accorsi di quell’unico, improvviso quanto impercettibile
rumore alle mi spalle.
Mi voltai, e scattante balzai in piedi, pronto a difendermi.
Spalancai
le palpebre quando i miei occhi
misero a fuoco quella figura, snella e velata da una strana malinconia.
-Ancora
tu…- Ringhiai, risultando tuttavia
poco minaccioso. Lei rimase immobile, concentrando il suo sguardo sul
mio corpo
mutato, soprattutto sui capelli lunghi e non più argentei.
-Abbiamo
già avuto occasione?- Mi domandò,
vagamente confusa. Sbuffai e lasciai ricadere lo sguardo di lato,
tornando ad
imprecare contro la mia stupidità. Due errori in un giorno.
Seguire
Kagome era diventato così abituale
che a volte, i suoi incontri li sentivo miei.
-Tsè,
sei quella miko del tempio, no?- Le
diedi le spalle, per nulla preoccupato. Infondo avevo capito che le
sacerdotesse
dell’epoca di Kagome non avevano alcun potere spirituale, non
c’era nulla da
temere.
-Si.-
Rispose pacata. –Tu invece sei
Inuyasha… Non mi sbaglio, vero?-
Cominciai
a sentirmi disturbato dalla sua
presenza, e mi pentii per aver abbassato la guardia. Come faceva quella
dannata
a conoscere il mio nome?
Ringhiai,
minacciandola con lo sguardo.
Dovevo mostrarmi forte, far trasparire la mia debolezza da essere umano
sarebbe
stato troppo pericoloso.
-Come…
come sai il mio nome?- Le domandai,
impaziente.
Lei
sorrise, e per un lungo istante venni
travolto da una malinconia pungente, come se il suo viso tentasse di
richiamare
alla mia memoria qualcuno, in modo violento e quasi fastidioso.
Distolsi lo
sguardo, affaticato da quell’immagine.
-Dovresti
smetterla di seguire Kagome, non è saggio.-
Si fece più seria, e il suo tono parve più un
rimprovero che un consiglio, mi
irritò particolarmente.
-Come
fai a saperlo? Chi diavolo sei?- Alzai
il tono di voce tanto da farla sussultare, tuttavia non si mosse.
Sorrise
ancora, questa volta in modo apatico. La guardai negli occhi, e ci vidi
il
nulla.
C’era
qualcosa in lei che non mi convinceva,
ma i miei sensi umani non riuscivano a soddisfare le domande che
velocemente si
stavano affollando nella mia mente.
Quando
Kagome era stata male, il mattino
precedente, avevo percepito qualcosa di strano nell’odore di
quella donna, ma
non ci badai molto. Grosso errore.
-In
questa vita sono Tanaka Reiko, eppure
sono convinta che non sia questo il nome che tu, mezzo
demone, desideri sapere.- Rispose sprezzante. Quel suo
sottolineare la mia natura, mi rese irrequieto. Sentii il sangue
ribollire, per
l’offesa recatami, ma quello non era né il luogo,
né il momento per pensare all’orgoglio.
Grugnii e la scrutai da cima a fondo, alla ricerca di un qualsiasi
punto
debole.
Non
riuscivo a comprendere quale fosse la sua
posizione, e questo m’irritava.
-Di
cosa diavolo blateri, stupida miko?-
Strinsi i pugni, cercando di trattenere la rabbia che ormai si era
impossessata
quasi del tutto di me.
Inaspettatamente,
Reiko mi diede le spalle, e
con una tranquillità e leggerezza che nemmeno a Kikyou avevo
visto possedere, s’incammino
sino a un albero di ciliegio, per poi sedersi sul prato.
Appoggiò la schiena al
tronco largo e rugoso, e m’invitò ad avvicinarmi.
Come
sempre, in un primo istante mi mostrai
diffidente, in seguito, però, spinto dalla
curiosità, mi accucciai di fronte a
lei, mantenendo comunque una certa distanza.
-Ho
dei ricordi su di voi, si manifestano di
tanto in tanto, da nulla. Ho visto dei volti, tanti volti, e fra questi
ci
siete tu e Kagome.- Parlò lentamente, a voce bassa, come se
ci fosse qualcuno
pronto ad ascoltare le sue parole. Istintivamente mi guardai intorno,
ma non
vidi nessuno.
Tranquillizzato
da quella solitudine, mi lasciai
andare ai pensieri.
In
tutto il periodo in cui avevo seguito
Kagome, ero stato sempre in guardia, attento a non farmi vedere
né da lei, né
da altri, per cui era impossibile che mi avesse visto in quel lasso di
tempo.
Le cose non tornavano.
Avevo
spesso sentito parlare di cose di
questo genere, di esseri umani in grado di comunicare con persone di
altre
epoche, ma non ci avevo mai creduto.
-Non
riesco a capire, che intendi con ricordi?-
Le chiesi, sempre più infastidito da quel non
sapere.
-E’
difficile da credere, ne sono
consapevole. Io stessa più volte ho creduto
d’essere pazza, ma dal momento in
cui Kagome mi si è presentata in carne e ossa, ho cominciato
a credere in ciò
che vedo. - Sorrise amaramente, torturandosi gli abiti con le mani. Mi
sembrò
sincera, per questo rimasi silente, lasciandole il tempo di continuare.
-Ci
sono dei momenti in cui la mia mente si
assopisce, per dare spazio a questi strani ricordi.
Sono io a viverli, per questa ragione non conosco il mio aspetto in
quell’altra
vita, tuttavia c’è una sensazione sgradevole che
mi fa sentire chiaramente
diversa, è come se dentro di me non ci fosse nulla. Ogni
volta che mi succede,
mi sento presa dall’ansia, come se fossi rinchiusa in una
stanza buia. - Sussurrò.
Osservai
la sua mano destra affondare fra i
fili d’erba, tremante. Se fossi stato nelle mie solite
condizioni, avrei potuto
fiutare l’agitazione fuoriuscire dai ogni poro del suo corpo.
-Che
ruolo abbiamo noi, nei tuoi confronti,
in questi ricordi? -Le chiesi quieto, facendole alzare lo sguardo. In
un primo
momento sembrò incerta, non era sicura di volermi rivelare
tutto, eppure in
fine scelse di parlare.
-Siete
nemici. Siete alleati. -
Una
volta saltato l’ultimo scalino della
rampa di scale, si voltò a guardarmi. Non riuscii a vedere
il suo sguardo per
via della lontananza, ma qualcosa dentro di me aveva cominciato a
cambiare, e
nel profondo sapevo a cosa era dovuto. Io sapevo che
quell’incontro era stato
importante.
Rimasi
immobile per qualche secondo, poi in
silenzio mi voltai, e simile a un fantasma rientrai in casa.
Non
avevo sonno.
Scivolai
in cucina e mi misi a sedere su una
delle quattro sedie, l’orologio mi rivelò
l’ora. Era troppo tardi per tornare a
dormire, tuttavia persino troppo presto per rimanere sveglia. Tirai un
sospiro
profondo, e unendo le braccia, feci da cuscino alla testa, per poi
abbandonarmi
a me stessa.
Continuai
a pensare a quel ragazzo a lungo,
ma per quanto sia difficile da credere, i miei pensieri non erano
quelli di una
persona turbata, tutt’altro, il cuore non smetteva di battere
veloce, e le
gambe continuavano a tremarmi. Ero emozionata. Provai a pensare e a
ripensare a
una motivazione valida che mi spingesse a sentirmi così,
agitata fra la
malinconia e l’eccitazione, e l’unica ragione che
riuscii a trovare, fu quella
strana somiglianza fra quel misterioso monaco e Inuyasha. Avevo scorto
qualcosa
in lui, qualcosa di stranamente familiare.
Sbuffai,
e con grande sorpresa sentii la
pancia gorgogliare per la fame. Ne rimasi stupita.
Abbandonai
quel fastidioso stato vegetativo,
e mi misi alla ricerca di cibo. Frugai ovunque, ma non riuscii a
trovare nulla
che facesse a caso mio. Avevo voglia di qualcosa di dolce, qualcosa al
cioccolato o alla crema per esempio, ma in casa mia delizie del genere
erano davvero
difficili da trovare.
Sbuffai
ancora, e poggiando le mani sui
fianchi, provai pensare a una qualsiasi soluzione.
-Cosa
potrei mangiare a quest’ora di notte?-
-Se
hai appetito, posso prepararti io
qualcosa- La voce pacata di mia madre mi fece voltare.
-Sono
stata io a svegliarti?-Le domandai,
sentendomi tremendamente in colpa.
-Niente
affatto!- Esclamò lei con la sua
solita allegria, facendomi sentire leggermente più
tranquilla. Le sorrisi.
La
rabbia che il giorno prima aveva
avvelenato la mia mente, stava lentamente scemando, lasciando spazio
all’affetto
incondizionato che provavo per mia madre.
-Nel
pomeriggio andremo a guardare i fiori,
che ne dici di preparare i bento? Intanto mangiucchiamo qualcosa. - Il
sorriso
dolce di mia madre mi disarmò, non avrei mai potuto
reclinare quella proposta.
Le risposi con un sorriso, e dopo essermi rimboccata le maniche,
scivolai in
dispensa a prendere le confezioni di alga nori. Passai attraverso il
corridoio
poco illuminato, e per poco non andai a sbattere contro un mobile. Per
evitarlo
sbandai contro il muro, e mi ritrovai con lo sguardo fisso sulla sala
da
pranzo.
Fu
grazie al buio, o meglio grazie a quell’ostacolo
che riuscii a scoprire la verità. Sconcertata feci irruzione
nella stanza, e
osservai il vassoio con cui poche ore prima la mamma mi aveva portato
il tè,
afferrai la scatola di cartone e lessi a voce bassa, sperando con tutto
il
cuore di sbagliarmi, ma così non fu.
-Sonniferi.-
Il
mondo mi crollò addosso.
Sentii
tutto il mio corpo tremare,
soprattutto le gambe, ormai incapaci di sorreggere il mio peso. Lasciai
cadere
la scatola di sonniferi, e mi appoggiai alla sedia per evitare di
cadere. Non era vero, non poteva essere vero.
Mia
madre non mi avrebbe mai drogato, non ne avrei mai avuto motivo
infondo.
Sicuramente avevo frainteso tutto, sì, doveva per forza
essere così.
Infondo
avrebbe potuto prenderli lei quei
sonniferi, per poi scordarsi di rimetterli al loro posto, sarebbe stato
più
sensato e meno doloroso. Il mio cuore era sicuro che si trattasse di un
equivoco, eppure la mia mente parlava chiaro.
Quel
pomeriggio l’avevo passato dormendo,
come d’altronde anche la sera e gran parte della notte, non
c’erano altre
spiegazioni. Il mio corpo non avrebbe mai richiesto così
tante ore di sonno,
mai.
Incapace
di pensare, mi precipitai in cucina
come una furia, desiderosa di spiegazioni e di poter strillare quanto
questa
cosa fosse assurda. Percorsi il corridoio al contrario, e una volta
giunta a
destinazione misi le mani in bella vista, come a evidenziare la
mancanza dell’alga.
Sul
mio volto, ne sono assolutamente certa,
la rabbia era dipinta con colori chiari, sono sempre stata un libro
aperto in
fin dei conti. Fulminai la mia genitrice con lo sguardo, e con respiri
silenziosi pretesi spiegazioni.
Notai
l’espressione del suo viso cambiare, incupirsi
tutto un tratto, ed ebbi la certezza che non avrei mai voluto avere.
-Kagome-chan…-
Disse, mordendosi le labbra.
Nel sentire la sua voce ebbi un sussulto, e automaticamente feci un
passo
indietro, scuotendo il capo.
-L’ho
fatto per il tuo bene, tesoro Mi si
avvicinò, porgendo la mano verso la mia guancia, a volerla
accarezzare. Rimasi
pietrificata, e strizzai gli occhi al suo tocco, che per la prima volta
mi
sembrò gelido. –Devi credermi, dovevo impedire che
lo incontrassi piccola mia…
Devi lasciarti il passato alle spalle, o finirai con
l’impazzire. - Sembrò
implorarmi.
Mi
sottrassi alla sua carezza, e
indietreggiai sino a ritrovarmi con le spalle al muro, mi strofinai gli
occhi,
ormai pieni di lacrime, e la intimai a starmi lontana. Non volevo il
suo aiuto,
la sua stupida protezione non aveva fatto che ferirmi.
La
testa cominciò a dolermi terribilmente, mi
lasciai andare, scivolando lentamente sul pavimento.
-Non
ho alcuna intenzione di dimenticarmi di
Inuyasha, lui è come una luce inestinguibile. -
L’autrice
si esprime:
Buona
sera lettori ^^
Spero
che questo capitolo vi sia piaciuto più
dell’altro, poiché ho notato un notevole calo
“d’ascolti”. Beh, non perdo tempo
e passo alle note.
*Monaco.
Kagome
scambia Inuyasha per monaco per i suoi
abiti, che assomigliano molto a quelli da festa dei monaci Shintoisti.
Durante
il dialogo Kagome si arrabbia con
Inuyasha perché lui si è preso la confidenza di
chiamarla per nome, cosa molto
intima per i giapponesi.
Credo
che non ci sia altro da dire, le cose
procedono in modo ambiguo, ma lentamente vanno a risolversi.
Sono
quasi sicura che questa ff non sarà
molto lunga, anche perché ho già tutta la storia
in mente, e buona parte già
scritta, per cui non mi dilungherò come di mio solito.
Per
questa volta non vi ringrazierò uno a uno
ma sappiate che adoro sempre ogni commento che mi lasciate, se non
fosse per le
belle parole che mi scrivete, avrei chiuso bottega da tempo, data la
mia scarsa
autostima.
Ringrazio
molto anche le sante persone che
hanno aggiunto “Notti senza cuore” fra le
preferite\seguite\ricordate, e Luca
Blight per aver segnalato questa ff per le scelte, anche se credo non
verrà
scelta né ora né mai.
Beh,
ora posto che sono già in ritardo di un
paio di giorni! Un bacio ^^
P.S:
L'immagine è sempre di Sakurakan, il discorso è
sempre lo stesso, non sono capace di graficare, però mi
diverto troppo xD.
Favole.