Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Favols    31/07/2010    9 recensioni
Ho fatto un test una volta, uno di quelli che si trovano sulle agende, e che si fanno insieme alle amiche.
Era piuttosto insolito. La diciannovesima domanda era la seguente:
"Hai mai sfiorato la morte?"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Notti senza cuore. 

Watashi wa anata no koto ga wasureraremasen 

Non mi posso dimenticare di te.

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Non poteva essere, quasi non credevo a ciò che stava accadendo. Lei… Quanto tempo era passato dall’ultima volta che l’avevo avuta così vicina? Troppo, tanto da essere crudele. Per un attimo mi dimenticai di tutto quanto, c’erano soltanto i suoi occhi. Potei sentire nuovamente il suo profumo, non il suo odore. Anche se non sembra, è differente. Riconoscere il suo odore da lontano significa trovarla ovunque, sentirlo da vicino, è riuscire a distinguere la fragranza del fiore che posa sulla sua pelle, e dargli un nome; Iris. Riuscivo a percepirlo da essere umano, e non più da segugio attento.

I suoi occhi scuri erano dentro ai miei, ancora più profondi e terrificanti. Realizzai lentamente, e fui pervaso dal terrore.

Stavo infrangendo la promessa, ma ogni singolo muscolo del mio corpo, sembrava essersi arreso al desiderio di parlarle, di poterla tenere al mio fianco. Così vicina, così vicina…

Mi sentii colpevole, lo giuro, ma ogni senso di giustizia sfugge dalle mani, quando si ha la gioia di rivedere qualcuno perso da tempo.

Con lentezza, lasciai scivolare lo sguardo sulle labbra rosee, e fui pervaso da un brivido quando le vidi dischiudersi. Voleva parlare, e questo mi riportò violentemente alla realtà. Sembrò titubante, disposta ad esprimersi soltanto dopo un mio gesto d’assenso. Ne approfittai, feci un paio di passi indietro e distolsi lo sguardo dal suo viso.

Avevo parecchie vie di fuga intorno a me, ma il mio corpo umano mi avrebbe permesso di allontanarmi lentamente, oltre tutto sarei sicuramente risultato bizzarro.

Trasalii.

Bizzarro? Mi guardai i vestiti, e mi accorsi che qualsiasi tentativo di fuga sarebbe stato inutile, mi avrebbe riconosciuto fra mille. Quant’ero stato idiota a non cambiarmi d’abito.

Cominciai a sudare freddo.

- Kannushi*-Sama, posso aiutarla?- La sua voce svolazzò intorno al mio corpo, stordendomi. Non riuscii a credere a ciò che aveva appena detto. Non solo non mi aveva riconosciuto, mi aveva scambiato per un monaco.

-Kagome…- Mi lasciai sfuggire, pentendomene subito dopo. Vidi i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa.

Si sentii in imbarazzo, le sue guance presero colore ed il suo sguardo sfuggì svelto al mio, catturato dal terreno asciutto. Sapevo che chiamandola per nome, oltre ad aver innescato un forte disagio, avevo provocato la sua ira. Non mi conosceva, o almeno, così credeva. Chiamarla per nome, era stato l’ennesimo errore della giornata. Non era rispettoso, non lo era affatto.

Quando tornò a guardarmi, dall’iridi castane riuscii a leggere un’altra emozione: Aveva paura.

Era comprensibile. Incontrare un uomo ad un’ora tanto tarda, e scoprire che questo suddetto individuo è a conoscenza del vostro nome, non è per nulla rassicurante.

-Come conosce il mio nome?- Mi chiese corrugando le sopracciglia, sforzandosi di sembrare sicura di se. Io colsi immediatamente la sua insicurezza, e ne apprezzai il coraggio. Se avessi potuto farlo, mi sarei abbandonato ad un sorriso.

Quella forza d’animo mi ricordò il primo scontro con Sesshomaru, nella tomba di nostro padre. Aveva avuto fegato quella volta.

-Higurashi-San…- Mi corressi, nella speranza di rimediare all’offesa di poco prima.

Il suo volto tuttavia, non si distese.

-Come sai il mio nome?- Mi chiese nuovamente, abbandonando ogni formalità e fulminandomi con lo sguardo. –Parla!- Esclamò, sempre più arrabbiata.

Io in tutta risposta, permasi nel mio silenzio. In fin dei conti che avrei potuto fare, spiegarle la situazione?

No, sarebbe stato quanto meno folle. Avevo già commesso troppi errori, per potermene permette altri.

Sorrisi sghembo, e con una notevole forza d’animo presi a correre verso il torii, ignorando la sua voce chiamarmi, lo attraversai e scesi le scale velocemente.

Sentii il vento passarmi fra i capelli, e il suo profumo disperdersi nell’aria. Il cuore mi fece male, non era facile andarsene sapendo che, molto probabilmente non mi sarebbe mai più capitato di starle così vicino.

Una volta giunto alla fine della scalinata, mi voltai, spinto da uno strano sesto senso, e la rividi. Era immobile, presenziava sotto il torii, con lo sguardo fisso su di me, un vigliacco votato alla fuga.

Quando fui abbastanza lontano da non sentire più la sua presenza, mi fermai per prendere fiato. La fatica mi aveva spossato a tal punto da costringermi a sedermi, mi lasciai scivolare per terra, e senza pensarci troppo appoggiai il capo sull’erba.

Il cuore mi batteva all’impazzata, sia per l’adrenalina scatenata durante la fuga, sia per essergli potuto stare accanto per qualche manciata di minuti.

Poggiai il braccio sul viso, comprendoni gli occhi, e respirai profondamente.

-Dannazione…- Imprecai ripensando a ciò che avevo fatto. –Avrei dovuto starle alla larga… Dannazione.- Alzai il braccio lentamente, ed osservai la mia mano, umana, tremare.

Affondai le dita fra i capelli scuri e mi torturai la cute, cercando di calmare quell’inquietudine insopportabile. Intorno a me, il silenzio era quasi spaventoso. Per quanto mi fu difficile crederlo, ero riuscito a raggiungere un posto silenzioso in quella città piena di caos.

Fu soprattutto per l’assenza di suoni che mi accorsi di quell’unico, improvviso quanto impercettibile rumore alle mi spalle. Mi voltai, e scattante balzai in piedi, pronto a difendermi.

Spalancai le palpebre quando i miei occhi misero a fuoco quella figura, snella e velata da una strana malinconia.

-Ancora tu…- Ringhiai, risultando tuttavia poco minaccioso. Lei rimase immobile, concentrando il suo sguardo sul mio corpo mutato, soprattutto sui capelli lunghi e non più argentei.

-Abbiamo già avuto occasione?- Mi domandò, vagamente confusa. Sbuffai e lasciai ricadere lo sguardo di lato, tornando ad imprecare contro la mia stupidità. Due errori in un giorno.

Seguire Kagome era diventato così abituale che a volte, i suoi incontri li sentivo miei.

-Tsè, sei quella miko del tempio, no?- Le diedi le spalle, per nulla preoccupato. Infondo avevo capito che le sacerdotesse dell’epoca di Kagome non avevano alcun potere spirituale, non c’era nulla da temere.

-Si.- Rispose pacata. –Tu invece sei Inuyasha… Non mi sbaglio, vero?-

Cominciai a sentirmi disturbato dalla sua presenza, e mi pentii per aver abbassato la guardia. Come faceva quella dannata a conoscere il mio nome?

Ringhiai, minacciandola con lo sguardo. Dovevo mostrarmi forte, far trasparire la mia debolezza da essere umano sarebbe stato troppo pericoloso.

-Come… come sai il mio nome?- Le domandai, impaziente.

Lei sorrise, e per un lungo istante venni travolto da una malinconia pungente, come se il suo viso tentasse di richiamare alla mia memoria qualcuno, in modo violento e quasi fastidioso. Distolsi lo sguardo, affaticato da quell’immagine.

-Dovresti smetterla di seguire Kagome, non è saggio.- Si fece più seria, e il suo tono parve più un rimprovero che un consiglio, mi irritò particolarmente.

-Come fai a saperlo? Chi diavolo sei?- Alzai il tono di voce tanto da farla sussultare, tuttavia non si mosse. Sorrise ancora, questa volta in modo apatico. La guardai negli occhi, e ci vidi il nulla.

C’era qualcosa in lei che non mi convinceva, ma i miei sensi umani non riuscivano a soddisfare le domande che velocemente si stavano affollando nella mia mente.

Quando Kagome era stata male, il mattino precedente, avevo percepito qualcosa di strano nell’odore di quella donna, ma non ci badai molto. Grosso errore.

-In questa vita sono Tanaka Reiko, eppure sono convinta che non sia questo il nome che tu, mezzo demone, desideri sapere.- Rispose sprezzante. Quel suo sottolineare la mia natura, mi rese irrequieto. Sentii il sangue ribollire, per l’offesa recatami, ma quello non era né il luogo, né il momento per pensare all’orgoglio. Grugnii e la scrutai da cima a fondo, alla ricerca di un qualsiasi punto debole.

Non riuscivo a comprendere quale fosse la sua posizione, e questo m’irritava.

-Di cosa diavolo blateri, stupida miko?- Strinsi i pugni, cercando di trattenere la rabbia che ormai si era impossessata quasi del tutto di me.

Inaspettatamente, Reiko mi diede le spalle, e con una tranquillità e leggerezza che nemmeno a Kikyou avevo visto possedere, s’incammino sino a un albero di ciliegio, per poi sedersi sul prato. Appoggiò la schiena al tronco largo e rugoso, e m’invitò ad avvicinarmi.

Come sempre, in un primo istante mi mostrai diffidente, in seguito, però, spinto dalla curiosità, mi accucciai di fronte a lei, mantenendo comunque una certa distanza.

-Ho dei ricordi su di voi, si manifestano di tanto in tanto, da nulla. Ho visto dei volti, tanti volti, e fra questi ci siete tu e Kagome.- Parlò lentamente, a voce bassa, come se ci fosse qualcuno pronto ad ascoltare le sue parole. Istintivamente mi guardai intorno, ma non vidi nessuno.

Tranquillizzato da quella solitudine, mi lasciai andare ai pensieri.

In tutto il periodo in cui avevo seguito Kagome, ero stato sempre in guardia, attento a non farmi vedere né da lei, né da altri, per cui era impossibile che mi avesse visto in quel lasso di tempo. Le cose non tornavano.

Avevo spesso sentito parlare di cose di questo genere, di esseri umani in grado di comunicare con persone di altre epoche, ma non ci avevo mai creduto.

-Non riesco a capire, che intendi con ricordi?- Le chiesi, sempre più infastidito da quel non sapere.

-E’ difficile da credere, ne sono consapevole. Io stessa più volte ho creduto d’essere pazza, ma dal momento in cui Kagome mi si è presentata in carne e ossa, ho cominciato a credere in ciò che vedo. - Sorrise amaramente, torturandosi gli abiti con le mani. Mi sembrò sincera, per questo rimasi silente, lasciandole il tempo di continuare.

-Ci sono dei momenti in cui la mia mente si assopisce, per dare spazio a questi strani ricordi. Sono io a viverli, per questa ragione non conosco il mio aspetto in quell’altra vita, tuttavia c’è una sensazione sgradevole che mi fa sentire chiaramente diversa, è come se dentro di me non ci fosse nulla. Ogni volta che mi succede, mi sento presa dall’ansia, come se fossi rinchiusa in una stanza buia. - Sussurrò.

Osservai la sua mano destra affondare fra i fili d’erba, tremante. Se fossi stato nelle mie solite condizioni, avrei potuto fiutare l’agitazione fuoriuscire dai ogni poro del suo corpo.

-Che ruolo abbiamo noi, nei tuoi confronti, in questi ricordi? -Le chiesi quieto, facendole alzare lo sguardo. In un primo momento sembrò incerta, non era sicura di volermi rivelare tutto, eppure in fine scelse di parlare.

-Siete nemici. Siete alleati. -

 

 

 

 

Una volta saltato l’ultimo scalino della rampa di scale, si voltò a guardarmi. Non riuscii a vedere il suo sguardo per via della lontananza, ma qualcosa dentro di me aveva cominciato a cambiare, e nel profondo sapevo a cosa era dovuto. Io sapevo che quell’incontro era stato importante.

Rimasi immobile per qualche secondo, poi in silenzio mi voltai, e simile a un fantasma rientrai in casa.

Non avevo sonno.

Scivolai in cucina e mi misi a sedere su una delle quattro sedie, l’orologio mi rivelò l’ora. Era troppo tardi per tornare a dormire, tuttavia persino troppo presto per rimanere sveglia. Tirai un sospiro profondo, e unendo le braccia, feci da cuscino alla testa, per poi abbandonarmi a me stessa.

Continuai a pensare a quel ragazzo a lungo, ma per quanto sia difficile da credere, i miei pensieri non erano quelli di una persona turbata, tutt’altro, il cuore non smetteva di battere veloce, e le gambe continuavano a tremarmi. Ero emozionata. Provai a pensare e a ripensare a una motivazione valida che mi spingesse a sentirmi così, agitata fra la malinconia e l’eccitazione, e l’unica ragione che riuscii a trovare, fu quella strana somiglianza fra quel misterioso monaco e Inuyasha. Avevo scorto qualcosa in lui, qualcosa di stranamente familiare.

Sbuffai, e con grande sorpresa sentii la pancia gorgogliare per la fame. Ne rimasi stupita.

Abbandonai quel fastidioso stato vegetativo, e mi misi alla ricerca di cibo. Frugai ovunque, ma non riuscii a trovare nulla che facesse a caso mio. Avevo voglia di qualcosa di dolce, qualcosa al cioccolato o alla crema per esempio, ma in casa mia delizie del genere erano davvero difficili da trovare.

Sbuffai ancora, e poggiando le mani sui fianchi, provai pensare a una qualsiasi soluzione.

-Cosa potrei mangiare a quest’ora di notte?-

-Se hai appetito, posso prepararti io qualcosa- La voce pacata di mia madre mi fece voltare.

-Sono stata io a svegliarti?-Le domandai, sentendomi tremendamente in colpa.

-Niente affatto!- Esclamò lei con la sua solita allegria, facendomi sentire leggermente più tranquilla. Le sorrisi.

La rabbia che il giorno prima aveva avvelenato la mia mente, stava lentamente scemando, lasciando spazio all’affetto incondizionato che provavo per mia madre.

-Nel pomeriggio andremo a guardare i fiori, che ne dici di preparare i bento? Intanto mangiucchiamo qualcosa. - Il sorriso dolce di mia madre mi disarmò, non avrei mai potuto reclinare quella proposta. Le risposi con un sorriso, e dopo essermi rimboccata le maniche, scivolai in dispensa a prendere le confezioni di alga nori. Passai attraverso il corridoio poco illuminato, e per poco non andai a sbattere contro un mobile. Per evitarlo sbandai contro il muro, e mi ritrovai con lo sguardo fisso sulla sala da pranzo.

Fu grazie al buio, o meglio grazie a quell’ostacolo che riuscii a scoprire la verità. Sconcertata feci irruzione nella stanza, e osservai il vassoio con cui poche ore prima la mamma mi aveva portato il tè, afferrai la scatola di cartone e lessi a voce bassa, sperando con tutto il cuore di sbagliarmi, ma così non fu.

-Sonniferi.-

Il mondo mi crollò addosso.

Sentii tutto il mio corpo tremare, soprattutto le gambe, ormai incapaci di sorreggere il mio peso. Lasciai cadere la scatola di sonniferi, e mi appoggiai alla sedia per evitare di cadere. Non era vero, non poteva essere vero. Mia madre non mi avrebbe mai drogato, non ne avrei mai avuto motivo infondo. Sicuramente avevo frainteso tutto, sì, doveva per forza essere così.

Infondo avrebbe potuto prenderli lei quei sonniferi, per poi scordarsi di rimetterli al loro posto, sarebbe stato più sensato e meno doloroso. Il mio cuore era sicuro che si trattasse di un equivoco, eppure la mia mente parlava chiaro.

Quel pomeriggio l’avevo passato dormendo, come d’altronde anche la sera e gran parte della notte, non c’erano altre spiegazioni. Il mio corpo non avrebbe mai richiesto così tante ore di sonno, mai.

Incapace di pensare, mi precipitai in cucina come una furia, desiderosa di spiegazioni e di poter strillare quanto questa cosa fosse assurda. Percorsi il corridoio al contrario, e una volta giunta a destinazione misi le mani in bella vista, come a evidenziare la mancanza dell’alga.

Sul mio volto, ne sono assolutamente certa, la rabbia era dipinta con colori chiari, sono sempre stata un libro aperto in fin dei conti. Fulminai la mia genitrice con lo sguardo, e con respiri silenziosi pretesi spiegazioni.

Notai l’espressione del suo viso cambiare, incupirsi tutto un tratto, ed ebbi la certezza che non avrei mai voluto avere.

-Kagome-chan…- Disse, mordendosi le labbra. Nel sentire la sua voce ebbi un sussulto, e automaticamente feci un passo indietro, scuotendo il capo.

-L’ho fatto per il tuo bene, tesoro Mi si avvicinò, porgendo la mano verso la mia guancia, a volerla accarezzare. Rimasi pietrificata, e strizzai gli occhi al suo tocco, che per la prima volta mi sembrò gelido. –Devi credermi, dovevo impedire che lo incontrassi piccola mia… Devi lasciarti il passato alle spalle, o finirai con l’impazzire. - Sembrò implorarmi.

Mi sottrassi alla sua carezza, e indietreggiai sino a ritrovarmi con le spalle al muro, mi strofinai gli occhi, ormai pieni di lacrime, e la intimai a starmi lontana. Non volevo il suo aiuto, la sua stupida protezione non aveva fatto che ferirmi.

La testa cominciò a dolermi terribilmente, mi lasciai andare, scivolando lentamente sul pavimento.

-Non ho alcuna intenzione di dimenticarmi di Inuyasha, lui è come una luce inestinguibile. -

 

 

 

 

 

L’autrice si esprime:

 

Buona sera lettori ^^

Spero che questo capitolo vi sia piaciuto più dell’altro, poiché ho notato un notevole calo “d’ascolti”. Beh, non perdo tempo e passo alle note.

 

 

*Monaco.

 

Kagome scambia Inuyasha per monaco per i suoi abiti, che assomigliano molto a quelli da festa dei monaci Shintoisti.

Durante il dialogo Kagome si arrabbia con Inuyasha perché lui si è preso la confidenza di chiamarla per nome, cosa molto intima per i giapponesi.

 

Credo che non ci sia altro da dire, le cose procedono in modo ambiguo, ma lentamente vanno a risolversi.

 

Sono quasi sicura che questa ff non sarà molto lunga, anche perché ho già tutta la storia in mente, e buona parte già scritta, per cui non mi dilungherò come di mio solito.

 

Per questa volta non vi ringrazierò uno a uno ma sappiate che adoro sempre ogni commento che mi lasciate, se non fosse per le belle parole che mi scrivete, avrei chiuso bottega da tempo, data la mia scarsa autostima.

Ringrazio molto anche le sante persone che hanno aggiunto “Notti senza cuore” fra le preferite\seguite\ricordate, e Luca Blight per aver segnalato questa ff per le scelte, anche se credo non verrà scelta né ora né mai.

 

Beh, ora posto che sono già in ritardo di un paio di giorni! Un bacio ^^

 

 

P.S: L'immagine è sempre di Sakurakan, il discorso è sempre lo stesso, non sono capace di graficare, però mi diverto troppo xD.

Favole.

   
 
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