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Autore: Lady Snape    31/07/2010    2 recensioni
Preston A. Lodge III, il banchiere, il direttore dell'albergo di Colorado Springs, ricco, bello, raffinato... eppure qualcosa non quadra a dovere. Dopo la bancarotta del 1873, bisogna riprendere in mano la situazione, far ripartire gli affari e, possibilmente, liberarsi dai debiti. Ma come? A voi la possibilità di scoprirlo leggendo questa Fanfiction!
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salve a tutti! Oggi vi presento la mia fan fiction ambientata nel fantastico mondo de “La signora del West”. Mitico telefilm e mitici personaggi!

Io sono particolarmente affezionata al trio della Misericordia, come lo chiamo io (Jake, Hank e Lauren), e all’avvenente Preston A. Lodge III, che già dal nome con tanto di numerale si capisce che elemento è! Ad accomunare questi personaggi ci sono le risate e le lacrime, dato che ogni personaggio è stato sfaccettato a dovere e provoca reazioni così contrastanti, eppure così vere.

In questa fanfic riprendo un po’ il filo degli avvenimenti dove erano stati interrotti e mi sono ispirata a ciò che si è saputo dovesse accadere nella Settima Serie, purtroppo cancellata.

Il povero Preston ha perduto i suoi averi della crisi economica del 1873, ha messo in vendita l’hotel e deve rimborsare tutti i suoi clienti in qualche modo. Indovinate chi ci metterà lo zampino?

 

Buona lettura!

 

 

1 capitolo - A COLLOQUIO CON IL LEONE

 

 

Il passo di Eva Simmons sulle vie di Boston era frettoloso, ma allo stesso tempo deciso. Non credeva a quello che era successo, non riusciva a capacitarsene, eppure quella era la triste realtà.

Per quanto fosse diventata una donna indipendente, si trovava a subire gli errori della sua famiglia e a dover porre rimedio a quello che combinava suo fratello, il suo fratellastro per l’esattezza, che, nonostante fosse un uomo già da molto tempo, era decisamente un incapace. Non sapeva a chi dare la colpa del modo di essere di James, ma dipendeva sicuramente da qualcuno e la prima persona che le venne in mente fu la madre dell’uomo e la seconda il loro padre, che per quel figlio maschio stravedeva.

Eva non trovava assolutamente nulla di buono in lui, anzi, pensava che la sua capacità di disonorare il buon nome della famiglia si fosse parecchio acuita dalla morte di Mr. Simmons.

                La strada era oltremodo trafficata. Quella era la zona finanziaria della città. Durante la mattina, mentre era nello studio nel suo appartamento, la donna aveva ricevuto una lettera da James che le chiedeva di raggiungerlo per le 10 nella banca di Preston A. Lodge II. Quel nome non le disse niente di buono: se a chiamarti è un banchiere si tratta inequivocabilmente di debiti e se si tratta di quel banchiere le cose sono anche peggio.

James aveva trascorsi da giocatore d’azzardo, aveva già lapidato parte delle sue sostanze in affari sbagliati, quindi ora temeva davvero che si fosse dato il colpo di grazia, di quelli eclatanti da lasciare il segno nella memoria dei bostoniani.

                La banca era imponente, una facciata altissima in stile neoclassico, con colonne di ordine gigante. Eva salì la scalinata monumentale e varcò il portone di ferro. Un usciere la riconobbe subito: aveva appena concluso un romanzo a puntate sul Boston Globe, molto seguito, e non era raro che, quando passeggiasse per le vie della città, qualcuno le facesse complimenti o chiedesse anche autografi. Fu accompagnata in un ufficio privato, l’ufficio del direttore. Appena entrata, la sua mente fotografò una delle scene più pietose degli ultimi anni: Mr. Lodge era seduto dietro la sua scrivania con l’aria da vecchio leone, lo sguardo glaciale e un sorrisetto ironico stampato sul volto: la rappresentazione di uno che sta per incassare una grande quantità di denaro; suo fratello invece era l’apoteosi della codardia e della remissività. Immaginava che aver ricorso a lei nuovamente lo gettava in una sorta di commiserazione del fallito che era. Se James era arrendevole, Eva era proporzionalmente orgogliosa e aveva imparato a tener testa a tutti. Non si tirava mai indietro e aveva colto la sfida che gli aveva lanciato suo padre quando era ancora una ragazzina: diventare la migliore del suo anno al college. Eva ci era riuscita e da allora aveva raggiunto una grande sicurezza di sé.

< Sono contento di vederla, Miss Simmons. > esordì il banchiere, alzandosi al suo arrivo.

< Mi dispiace di non poter dire lo stesso. > Eva non voleva affatto compiacere un avvoltoio come quello. Se c’era una cosa che non sopportava erano le persone ipocrite.

Mr. Lodge le chiese di accomodarsi nella sedia accanto a quella dove James era letteralmente sprofondato, cappello in mano, senza fiatare. Non la salutò, ma Eva aveva altri problemi in quel momento.

< La ragione per cui siete stata fatta chiamare è parecchio incresciosa. > il tono dispiaciuto di quell’uomo era davvero ridicolo < Mr. Simmons ha un problema con la nostra banca. Non può onorare un debito che ha contratto con noi e la banca in questo momento è stata costretta a chiedergli di restituirle il prestito che era stato concesso. Sono scaduti i termini di pagamento e non possiamo più prorogarli. >

< Immagino che il problema sia che James non ha più niente per poter pagare le cambiali. > dedusse la donna, puntando uno sguardo di brace verso suo fratello che sollevò leggermente la testa, per poi lasciarla ricadere sul petto.

< Questo mi rincresce. > rispose il banchiere < Comunque sia Mr. Simmons ha chiesto di ricorrere a voi. L’altra soluzione sarebbe quella di denunciarlo alle autorità, ma significherebbe finire in carcere per bancarotta. >

Sembrava quasi che quell’uomo stesse tentando di far loro un favore. Eva sospettava che ci fosse qualcosa di diverso sotto, anche perché non aveva mai sentito parlare della generosità di Preston A. Londge II, mai sentito che si fosse fatto scrupoli nel denunciare agli agenti qualcuno dei suoi clienti spolpati fino all’osso. Immaginava che un Lodge “buono” non esistesse. L’avevano raggiunta voci sulla sua prole, una prole degna di lui, che aveva fatto fortuna sempre nel campo finanziario, ma nessuno si era dimostrato in qualche modo generoso. In ogni caso se James fosse finito in carcere, la sua vita si sarebbe oltremodo complicata: non solo la sua reputazione ne avrebbe risentito, ma anche quella delle due sorellastre minori. Il loro padre, unico legame che tutti e quattro avevano, era stato un uomo incapace di restare solo e alla morte di ogni moglie ne era seguita un’altra, fino alla madre di Becky e Anne, deceduta solo un anno prima rispetto al compianto Mr. Simmons, che quindi non aveva avuto il tempo di portare all’altare la quarta moglie. Aperto il testamento, James era stato nominato a sorpresa tutore delle due ragazzine. La sorpresa era stata di Eva, che non si capacitava della cecità di suo padre nell’affidare le due minori nelle mani di un incapace. James le aveva mandate a vivere da una vecchia zia, ma restava il gestore del loro patrimonio, che, deduceva Eva, probabilmente si era volatilizzato.

< Capisco, ma io come potrei aiutarlo? Sono una scrittrice e, per quanto riesca a vendere bene i miei libri, non so se sarò capace di risanare il debito. >

< Voi non siete solo una scrittrice, Miss Simmons, ma la proprietaria di Victor Hill. > rispose con semplicità il banchiere.

Victor Hill era un terreno situato in Texas. Questo terreno era una potente azienda agricola, un ranch di tutto rispetto che aveva fatto del grano e dei bovini la fonte di guadagno più importante della famiglia. Era un’eredità che Eva aveva ricevuto da sua madre e, di conseguenza, nessun altro poteva metterci le mani sopra. Una parte era già andata in fumo quando non aveva l’età legale per disporne a piacimento, grazie all’intervento combinato dei due uomini della famiglia Simmons; quello che restava era diventato per la donna una fonte importante di sostentamento: vivere solo con la sua attività intellettuale non era semplice; specie agli inizi era stato fondamentale poter contare su quella rendita, una rendita cospicua, questo lo ammetteva. C’era stata anche un altro risvolto interessante, scoperto quando aveva ricevuto gli atti di proprietà di Victor Hill: era stata la dote di sua madre e, per una strana clausola inserita da suo nonno quando la seconda Mrs. Simmons era stata portata all’altare, si era automaticamente trasformata nella dote dei suoi futuri figli.

Ciò che Mr. Lodge le stava chiedendo in quell’ufficio elegante, in maniera nemmeno molto velata, era di barattare la rispettabilità dei Simmons con una fonte di ricchezza che aveva permesso a tutti, non solo ad Eva, di ricevere un’istruzione elevata, una posizione sociale più che rispettabile a Boston e una fonte di sostentamento ormai necessaria. Eva, per il suo buon cuore, aveva disposto in segreto di riservare una minima parte delle rendite del ranch a Becky e Anne, in modo da poter dare loro un matrimonio degno, scommettendo che James le avrebbe ridotte a possedere solo gli abiti che indossavano.

< Victor Hill non è in vendita. > disse con fermezza Eva < Non sono una stupida, non posso vendere il terreno che ci permette di avere un’entrata sicura. Inoltre, mi dispiace informarvi, ci  sono delle precise disposizioni che rendono quella proprietà inalienabile, tanto da costituire in pratica la mia dote. Quindi, a meno che non decida di chiedermi in moglie e io decida malauguratamente di accettare, non potrà avere quei terreni. >

 A questo punto Mr. Lodge strinse il suo sguardo glaciale ed Eva poté sentire chiaramente le rotelle del suo cervello girare impazzite alla ricerca di una qualche soluzione. L’uomo si alzò con eleganza e lentezza calcolata e si diresse verso un armadio sulla destra. Preso del whisky e dei bicchieri decise di offrirne a tutti i presenti. Dopo aver sorseggiato, il sorriso, che era scomparso durante le ultime rivelazioni, tornò prepotente.

< Io non credo che non le importa di gettare la famiglia nell’ignominia. > questa era una deduzione facile, conoscendo anche solo minimamente Eva < Ovviamente la questione dell’inalienabilità del terreno crea qualche problema, ma, grazie a Dio, credo di aver trovato una soluzione. >

Eva temeva davvero che l’avrebbe chiesta in moglie. Il primo pensiero che le venne in mente fu quello di trovare un modo per assassinarlo la prima notte di nozze senza venirne incolpata, ma poi ricordò che Mrs. Lodge era viva e vegeta.

Preston A. Lodge II aveva guardato con grande interesse alle possibilità di guadagno che quel terreno offriva. Aveva indagato a lungo e aveva scoperto che il grano e le vacche potevano anche andarsene in malora, perché sotto quel suolo fecondo c’era una miniera di carbone di una rilevanza consistente. Miss Simmons aveva preferito non sfruttarla, per chissà quali ragioni, ma lui, che si intendeva di commerci e di affari, sapeva come far fruttare quella risorsa. Sapeva bene che stava mettendo in pratica un ricatto, ma l’obiettivo era troppo allettante per rinunciarvi. Era rimasto deluso dalle rivelazioni della donna, ma aveva anche trovato la soluzione giusta, quella che avrebbe permesso di prendere due piccioni con una fava, anzi, addirittura tre!

< L’unica soluzione attuabile per evitare che James vada in galera > e calcò sulla parola “galera” < che le sue sorelle non riescano più di conseguenza a sposarsi un giorno non è la vendita, dato che è impossibile, ma un matrimonio. > fece una pausa, quasi per vedere l’effetto che le sue parole avevano fatto sulla ragazza < Mi creda, l’uomo che la sposerà ne sarà felicissimo. Si da il caso che il mio ultimogenito non abbia una moglie. E’ un banchiere e ha un resort in Colorado. Ha studiato ad Harvard, è di bella presenza e credo che abbiate molto in comune. > concluse, quasi come se fosse una reclame.

Eva non ricordava di questo fantomatico ultimogenito di Mr. Lodge. Da un lato era un sollievo che non si fosse proposto in prima persona, dall’altro non credeva che James e le sue sorelle meritassero un tale sacrificio da parte sua. Però, se quell’idiota fosse davvero stato arrestato e condannato, gli fosse sequestrato tutto quello che possedeva, incluso il suo onore, anche lei ne avrebbe risentito: i suoi editori forse non sarebbero stati più tanto cordiali con lei, probabilmente avrebbero rotto il contratto, e anche il Boston Globe avrebbe fatto marcia indietro. Scrivere per lei era molto importante, ma con la reputazione rovinata sarebbe stato difficile, per pubblicare i suoi romanzi sarebbe dovuta andare in capo al mondo.

 

               

 

               

 

   
 
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