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Autore: Ilaja    02/08/2010    8 recensioni
In memoria alla strage avvenuta trent'anni fa, nella stazione di Bologna, il 2 Agosto 1980. Dolore e orrore insieme. 85 morti, 200 feriti.
Tengo molto a questa storia. Che la mia speranza per un mondo migliore senza orrore, senza sangue, senza eccidi passi attraverso questi computer e arrivi ai vostri cuori, in una chiamata d'aiuto.
Vi ringrazio per l'attenzione
Ilaja
Genere: Drammatico, Guerra, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il linguaggio dei colori

 

I sottili peli frusciano leggeri nell’olio e, quando sono unti per bene, si dedicano alle macchie di colore sparse per la tavolozza, lievi e intense al tempo stesso, piene di vita e morte insieme. Nero e bianco, rosso e giallo, azzurro e verde.

Le tela è lì, pulita, bianca. Di quel bianco che fa quasi paura. Perché nessuno sa cosa è celato dietro, nessuno immagina cosa nascondono le rugose venature che danno volume al bianco disorientante, al vuoto abominevole che riempie il cuore di paura.

Poi, luce. Giallo. Sole. Gioia. Caldo.

Verde, la chioma degli alberi. Fresca. Pulita. Vivace. Brillante.

Azzurro, libertà nel cielo. Dietro il verde. Dietro il giallo. Un cielo nascosto ai più, un cielo chiaro, semplice, primitivo, emblema di fraternità, e di libertà, di viaggiare, di sognare, di parlare. Volo.

Bianco. Leggere nuvole. Macchie di vuoto celate dietro altro vuoto, sorrisi, pensieri, speranze.

Nero. Ombra. Tutto. Segni di carboncino che viaggiano sotto i colori e ombre, ombre piacevolmente fredde, frescura sotto la chioma verde dell’albero, opposto alla luce chiara del giallo. Gli opposti si attraggono. E così fanno il nero e il giallo, uniti dietro il soggetto da illuminare e da scurire. Amore tra opposti. Buffo.

Una pennellata nella trementina, per pulire il pennello, ormai ingombro di troppi colori. Fruscio di fazzoletti per asciugarlo, e di nuovo giù, tra l’olio, unto, sottile, leggero da intingere.

Indecisione sulla tavolozza.

Viola. Un fiore. Piccolo tra le radici scure dell’albero dalla chioma verde. Minuto, semplice, sorridente, vivace. Ti guarda, lo accarezzi, lui chiude gli occhi come un cucciolo quando lo coccolano, assaporando il piacere di quel tocco delicato.

Ancora giallo. Luce, luce, luce! Piccoli riflessi, denti scoperti, labbra incurvate.

Dita che s’intrecciano. Gioia. Amore.

Il pennello tentenna, viene lasciato, esanime, sul tavolo. Baci, tenerezze.

“Dai, devo finire il disegno, per favore!”

Lui se ne va, sorridente, lei ridacchia, riprende in mano il pennello, mentre il sapore rimane sospeso, lì, come un piacevole peso da portare, sulla sua bocca.

Poi, scuro. Il telegiornale.

“Ti ho detto di non accendere la televisione quando dipingo!”

“E’ successa una cosa tremenda!”

Il pennello è di nuovo a terra, abbandonato, vittima della tragedia. La tivù urla, soffre. Una bomba. Ottantacinque morti, duecento feriti. Una stazione in frantumi. Orrore.

Il telefono che scivola, nella fretta di fare un numero. “Mamma?” Una voce affranta, incapace di reggere di fronte a tanto odio. “Mamma! Dove sei?”

Silenzio. Linea rotta. Lacrime. Singhiozzi disperati.

“Mam-ma…” Voce rotta. Cuore spezzato.

La madre doveva partire quella mattina. Doveva prendere il treno. Alle 10:26.

“No…”

Il telefono squilla. Un uomo. Ha la voce seria. Lei sa già cosa deve dirle.

Non sa che fare. Chiude la chiamata, le braccia di lui che l’avvolgono, un sostegno, una corda prima del dirupo.

Il pennello è ancora lì, esanime, abbandonato come il cuore della fanciulla. Una mano tremante lo afferra, sfiora la tela, la colora lievemente, poi ricade, incapace di reggere al dolore.

Rosso. Amore? Passione? No. Rosso. Sangue. Odio.

Un cuore straziato. La pena che lo rode.

La guerra che sopravvive. La vita che muore.

 

 

In memoria alla strage di Bologna, in occasione del suo trentesimo anniversario. Ottantacinque morti, duecento feriti gravi. La bomba è esplosa il 2 Agosto 1980, alle 10:25, nella stazione. Impiegati, viaggiatori, passanti, uccisi per un inutile atto di terrorismo.

Invito chiunque abbia letto questa storia, a riflettere sull’orrore di queste inutili guerre, e a pensare sempre, prima di agire. Siamo noi la generazione che verrà, siamo noi quelli che dovranno vigilare su questo mondo. Noi abbiamo la responsabilità di evitare questo orrore. Noi dobbiamo mandare l’allarme.

Oggi, a Bologna, il governo, pur avendo espresso il suo profondo rammarico per tutto ciò, non era presente alla manifestazione della piazza. Le parole che ha detto oggi sono fumo, per noi bolognesi. Fumo in faccia. Una presa in giro.

Ho sentito un sopravvissuto raccontare la sua storia. Diceva: “Ho sfiorato la morte con un dito. Una signora, con una prontezza di riflessi eccezionale, mi ha trascinato via dal mio posto di lavoro, dove, l’istante successivo, è piovuto il soffitto, schiacciando la mia scrivania, le mie carte, la mia seggiola.”

Certe cose ti fanno venire i brividi. E ancor di più, fanno venire i brividi le persone che se ne fregano di tutto ciò.

Aiutatemi, voi, di efp, e tutti quelli che leggeranno questa storia, a denunciare questi orrori, a farne tesoro e a migliorare il mondo, in modo che non debbano succedere mai più.

Con dolore ma con piacere nel firmare e postare questa storia,

Vostra,

Chiara

 

  
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