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Autore: Mo in Wonderland    03/08/2010    1 recensioni
1. Watson. Devo rimettermi il più presto, devo guarire, devo andare da Sherlock.
2. Holmes. Non posso fare nulla per salvare la vita a Watson, ma posso salvare la sua reputazione, posso risolvere il caso. E lo farò, lo farò per lui.
[HolmesxWatson accennata]

Genere: Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non si ecciti! 1. Watson
  NdA:
  Ok, io non so come mi sia uscita. Mi è venuta l'ispirazione, mentre guardavo Sherlock Holmes, di scrivere la parte dell'esplosione al molo dal punto di vista di Watson. Doveva essere una drabble, poi ho scritto due facciate. E ne ho scritte altre due per il Pov di Holmes.
  In realtà è solo un diversivo per farmi perdonare del fatto che sono in ritardo per il nuovo capitolo di No More.
  [HolmesxWatson accennata]

  “Non si ecciti!” Tanto facile per lui, vero? Lui, non ha Irene in crisi isterica sulle spalle, lui non deve rincuorarla pur sapendo che comunque, se non riuscissimo a fermare il tutto, l’unica a morire sarebbe lei. E lui non ha nessuno che armeggia con i suoi pantaloni, dannatissimo Holmes!
  “Chiuda quella valvola…” Lascio andare le gambe di Irene e corro a chiuderla, senza nemmeno sforzarmi di capire perché. Dobbiamo tentare il tutto per tutto ed è inutile stare a fare congetture: devo fidarmi di Holmes - come sempre, d’altro canto. Le ossa che ha buttato negli ingranaggi ormai non servono più, le sento scricchiolare lontano, inghiottite nel macchinario. Mi volto e Holmes è appeso con la mia cintura alla catena trasportatrice, Irene lo guarda come se fosse la sua ultima salvezza - poi finalmente inizia a gocciolare dal soffitto. Ma certo, che stupido, le condutture dell’acqua, bisogna staccare la catena dal soffitto! Mi appendo velocemente dietro Irene, in attesa, Holmes controlla che la valvola sia chiusa e poi “E saltiamo, tre, due-” il suo berretto vola via, scompigliandogli i capelli “uno!” Tiro, tiro con tutte le mie forze e cadiamo scomposti sul pavimento umido, insieme ai calcinacci. Vedo Irene scivolare verso la sega a nastro, è un attimo e Holmes afferra la sua camicia e la ferma - siamo immobili e silenziosi, solo il rumore sottile della sega che scorre mi riempie la testa.
  Siamo salvi. Irene è salva, Sherlock è salvo.
  La aiuto a rialzarsi e lei mi rivolge un “Grazie” sospirato e appiccicoso - dannata donna, doveva metterci in questi casini? Non poteva starsene a casa, invece di seguirci fin qui? E intanto quel traditore di Blackwood se ne sarà già andato, già, “Vado a inseguire Blackwood…” Mi volto, mentre Holmes sfila una forcina dai capelli di Irene, li vedo con la coda dell’occhio. Lei dovrà ringraziarlo adeguatamente, meglio non disturbare, giusto. Il più velocemente possibile mi allontano, esco di nuovo dal macello e l’aria della notte mi pizzica la pelle sudata. Eccolo là sulla sua barca, che se ne va a largo con quello sguardo da insolente stampato in viso. Senza nemmeno accorgermene lo inseguo lungo il molo, se riesco a prenderlo-
  - flip - tìn
  Devo aver- no una trappola era ovvio! Mi volto e Holmes mi corre incontro. No, esploderà tutto, “Holmes!” Tutto il fiato che avevo in gola per avvisarlo, deve andarsene, deve-
  E poi esplode, come una bomba, tanto che mi assorda l’orecchio destro e poi anche a sinistra, tutte le botti si trasformano in fiamme.
  E’ come essere in Afghanistan, ancora una volta e sento il sapore amaro della bile in bocca, prima di ritrovarmi a mezz’aria.
  E poi il buio. Non sono in Afghanistan, non sono a Londra, non sono da nessuna parte.

  La prima cosa che sento è quella fitta lancinante sul collo, come se migliaia di artigli ci si fossero conficcati - fa così male che non mi rendo conto nemmeno di star respirando. E poi freddo, quasi ghiaccio, soprattutto sulla ferita - dev’essere ancora scoperta e brucia, brucia come le fiamme del molo di - quando? Ieri sera? Due giorni fa? La settimana scorsa? Quanto ho dormito?
  Prendo un respiro che mi riempie i polmoni e lo sento rimbombare in testa.
  “John?” E’ appena un sussurro, un tocco fresco sul braccio, un po’ di sollievo.
  Faccio per girarmi, ma sento un fitta nel collo che mi toglie il respiro e mi fa strizzare gli occhi.
  “No, John, non muoverti.” Ancora la stessa voce, la riconosco, dev’essere Mary. Spalanco gli occhi, ma c’è solo un mobile di legno scuro, così li socchiudo per proteggermi dalla luce.
  “Mh - Mèi?” La lingua è pesante, la bocca impastata, ma lei mi sente lo stesso.
  “Sì, John, sono io.” Dev’essere alle mie spalle - un fruscio e dei ticchettii leggeri sul pavimento di legno e poi qualcosa di scuro entra nella mia visuale. “Devi stare fermo, il chirurgo arriverà fra poco. Riposati.” Dev’essermi davanti, vedo solo la stoffa blu del suo vestito.
  “Hms?” Non mi interessa di come sto, resisterò, ce l’ho sempre fatta. Devo sapere di lui, lui come sta, Mary? Dov’è? Non è morto vero? Dimmi di no, ti prego, dimmi che è ancora vivo. Dimmi che non è morto.
  “Cosa c‘è, John?”
  “Homs-” Sussurro tra i denti, sopportando il dolore al collo ogni volta che cerco di dire qualcosa.
  E’ un piccolo sospiro, un sibilo quasi - Mary lo fa sempre: espira dal naso quando sorride. “Holmes? Oh, è stato il primo a venire a vedere come stavi.”
  Vuol dire che è vivo, che sta bene, probabilmente non è nemmeno ferito.
  E’ vivo. Espiro piano, stringendo i denti e abbozzo un sorriso, per quanto possa.
  “Hanno emesso un mandato di cattura nei suoi confronti, lo sa tutta Londra, è ricercato-” E allora com’è venuto qui, in un ospedale pubblico?
  “- e anche un pessimo medico.” Certo, si sarà travestito, come al suo solito. Magari si sarà anche pettinato, per l’occasione, e avrà rubato il mio camice - forse avrà messo anche quegli occhialetti tondi che non indossa mai, li tiene per l’occasione giusta, me lo dice sempre.
  “Risolverà il caso. L‘ha promesso a me e a te. Ce la farà a tutti i costi.”
  Stacco un braccio dal busto e cerco di afferrare una mano di Mary, ma il dolore è così forte che sono costretto a chiudere gli occhi e arricciare le labbra. Le dita di Mary si intrecciano alle mie, ora è più vicina, riesco a sentire il suo profumo leggero di violetta.
  “Grazie-” Esce un po’ come un ringhio, ma so che lei capirà.
  Devo rimettermi il più presto, devo guarire, devo andare da Sherlock.

   
 
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