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Autore: Josie_n_June    04/08/2010    3 recensioni
"Non c'entra niente da chi sei stato generato, o perché. Tu sei chi sei. [...]Non è la discendenza a stabilire ciò che siamo, è quello che facciamo della nostra vita. [...] Tu puoi scegliere la tua parte. Anzi, l'hai già fatto." Un Cavaliere di Drago. Una sacerdotessa. Un mago. Un'Assassina. A dieci anni dalla Grande Battaglia d'Inverno, un nuovo periodo oscuro travolge il Mondo Emerso. Non ci sono più eroi a combattere. Quattro ragazzi si trovano dentro una guerra che non si è mai conclusa, senza alcuna garanzia di vederne la fine. E sta a loro, decidere il loro destino. Una storia a due mani scritta qualche capitolo a testa, e quindi imprevedibile anche per noi che siamo le autrici. Se vi abbiamo incuriosito almeno un po', perché non date una sbirciata?
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Il sole splendeva alto nel cielo, nonostante l’inverno fosse ormai alle porte. La luce che filtrava dalle finestre illuminava a tratti il viso del Generale dell’Accademia dei Cavalieri di Drago, mentre camminava spedito lungo i corridoi del palazzo.

Parascheuazo aveva le labbra storte in una smorfia di disgusto e repulsione, anche se, in effetti, era con tutta probabilità difficilmente distinguibile dalla sua espressione abituale. Di fatto, il volto del Generale era per metà attraversato da una profonda cicatrice, che gli storpiava la bocca verso il basso in una posa piuttosto strana.

Ma, nonostante questo, l’astio nei suoi occhi era probabilmente ben visibile, perché i due allievi Cavalieri che aveva portato con sé badavano bene a restargli a una certa distanza.

I due ragazzini non erano estranei ai pettegolezzi di corte e, inoltre, quasi tutti all’Accademia sapevano del contrasto tra il Generale Endacril Parascheuazo e il re della Terra del Sole. Anche se pochi, tutto sommato, sapevano il perché.

Questo non toglieva l’evidenza che nessuno dei due fosse più odioso all’altro, tranne forse, nel caso del re, per il Supremo Generale, ma era da un po’ che lui non si faceva vedere a Makrat.

Così, stava a Parascheuazo amministrare gli affari dell’Accademia, e questo includeva, purtroppo per lui, anche trattare direttamente con il re.

Cosa che il Generale avrebbe evitato molto volentieri.

Parascheuazo odiava quel ragazzino. Ventotto anni e Cavaliere di Drago, aveva cominciato a farsi strada nella politica quando molti altri della sua età non avevano ancora la più pallida idea di come andasse il Mondo. Nessuno l’aveva visto come una minaccia. Parascheuazo compreso.

La cosa che più bruciava al Generale era, infatti, che era stato lui ad addestrare quel moccioso. Certo, in mezzo a un altro centinaio di studenti, ma quel ragazzo era portato, e Parascheuazo l’aveva capito al volo.

L’aveva allenato personalmente, come un vero e proprio maestro. Aveva notato l’arroganza e l’ambizione del marmocchio, ma non vi aveva dato peso. Aveva pensato che se ne sarebbero andate con la maturità, e l’acquietarsi degli ormoni adolescenziali.

Beh, si era sbagliato di grosso.

E quel giorno, quando l’aveva portato con sé a Palazzo come semplice attendente per andare a trovare la sua protetta, la regina, aveva probabilmente fatto la storia del Mondo Emerso.

Il ragazzo era subito stato notato dall’assemblea che affiancava la sovrana in capo al regno, e anche se, a dire il vero, il Supremo Generale si era dimostrato subito abbastanza contrariato, Parascheuazo non aveva capito il perché, all’inizio.

Nessuno avrebbe immaginato che, di lì a dieci anni, quel bambino sarebbe stato la persona più potente di tutto il Mondo Emerso.

Parascheuazo strinse i pugni, e li riaprì, e li richiuse qualche altra volta in modo spasmodico. Solitamente manteneva una certa freddezza, perché, nonostante i fatti, il Generale continuava a vedere quel marmocchio come un marmocchio.

Ma non quella volta. Un certo nervosismo, anche se non l’avrebbe mai ammesso, si faceva strada nel suo petto insieme alla rabbia.

Il re l’aveva fatto chiamare in fretta e furia. Come ogni volta, Parascheuazo aveva accampato con leggerezza una scusa perché fosse il re ad andare da lui, in Accademia. Era una cosa che l’aiutava a manifestare la propria autorità di fronte a quell’arrogante, e che, sostanzialmente, lo divertiva molto.

Ma con sua grande sorpresa, il re aveva insistito. O meglio, tra le righe, aveva ordinato che fosse lui, a raggiungerlo a palazzo. E per quanto gli sarebbe piaciuto, Parascheuazo non poteva disobbedire agli ordini del re.

Così aveva eseguito. La cosa in sé lo irritava, ma non era solo questo. Se il re cominciava ad imporre seriamente la propria autorità, significava che aveva un piano. E soprattutto, se lo convocava con una tale urgenza, che aveva qualcosa tra le mani.

E questa non era mai una buona cosa.

Il re, infatti, sospettava di lui. E i suoi sospetti, per l’appunto, erano fondati.

Parascheuazo faceva parte di quella forza segreta, neonata, che capitanava le forze dei ribelli dalla Terra dell’Acqua. Era una Resistenza o, almeno, un germoglio di essa. La guerra imperversava violenta da più di sei anni lungo il confine della Terra dei Giorni, ed era solo grazie all’aiuto che quella forza nascosta offriva ai fammin che era riuscita a durare così tanto.

Sfruttando il proprio ruolo nell’Accademia, il Generale forniva informazioni di alto livello dall’interno stesso di Makrat, la capitale della Terra del Sole.

Partecipava alle assemblee di quel consesso di maghi, capi militari e sovrani, che, per via della sua prudenza e della sua giovinezza, veniva chiamato semplicemente Consiglio. Anche se, soprattutto tra i giovani, si stava diffondendo un nuovo appellativo, derivato dal luogo in cui l’assemblea si riuniva.

Consiglio delle Acque.

O qualcosa del genere. Parascheuazo era sicuro che il re non ne sapesse niente, ma di certo non era stupido. E più volte, il Generale gli aveva fatto capire di non essere precisamente dalla sua parte.

Nonostante questo, il re non osava condannarlo o anche soltanto accusarlo. Sapeva benissimo che Parasheuazo godeva di estrema popolarità tra le file dei Cavalieri, popolarità che pochissimi prima di lui avevano avuto. Il re non poteva giustiziarlo perché in quel caso, i Cavalieri di Drago si sarebbero uniti contro di lui, scatenando una guerra civile senza precedenti in cui, di certo, il sovrano sarebbe risultato sconfitto. E anche Parascheuazo lo sapeva, ed era l'unico motivo per cui si permetteva di trattare il re come un semplice giovane di ventotto anni con un Drago e una spada.

Beh, questo valeva, ovviamente, finché i sospetti del re rimanevano soltanto sospetti.

Gli venne in mente quello che gli aveva detto una volta Indil, piuttosto preoccupata:

“Vieni via, Endacril. Non importa che tu rimanga nella Terra del Sole, abbiamo spie che ci forniscono informazioni sufficienti e meno sospettabili di te. E poi all’Accademia c’è…”

“No.” l’aveva interrotta Parascheuazo “Lui non fa parte del Consiglio. Lo sai bene.” le aveva sorriso “Devo rimanere qui, Indil. A Makrat c’è bisogno di qualcuno che tenga a freno quel marmocchio e che protegga l’Accademia.”

Così era rimasto. Ma in realtà, c’era un altro motivo per cui non si era trasferito, come tutti i ribelli, nella Terra dell’Acqua.

Sfruttando il proprio ruolo di Generale, aveva l’opportunità di star vicino ai giovani Cavalieri. Di formarli, e di notare in loro talento, coraggio, un particolare senso di giustizia. E quando ne incontrava uno degno, di indirizzarlo sulla giusta strada, strada che conduceva solitamente molto, molto lontano dal re e, con una certa frequenza, verso la Marca dei Boschi.

A quel punto, Parascheuazo dovette riscuotersi dai propri pensieri. Era arrivato di fronte alle alte, elaborate porte della sala del trono. Prese un profondo respiro, e lanciò un’occhiata ai due ragazzini in armatura alle sue spalle.

“Voi avete intenzione di entrare?” chiese semplicemente.

“Assolutamente no, Generale.” rispose subito uno dei due Cavalieri.

Parascheuazo abbozzò la metà di un sorriso. “Ragazzi furbi.” commentò, prima di spalancare le porte con un unico, ampio gesto.

E lui era lì.

Impettito, fasciato nell’armatura, con le spalle rivolte alla porta e lo sguardo fuori dalla finestra. I corti capelli di un biondo chiarissimo erano resi quasi bianchi dai riflessi del sole, che illuminava il fisico potente, muscoloso e slanciato. Il re della Terra del Sole si voltò, e lo squadrò freddamente con i suoi occhi di quel verde così spento.

“Ben arrivato, Generale.” disse Dohor, abbozzando un ghigno.

Parascheuazo rispose con un mezzo –per forza di cose- sorriso “Non granché bene, veramente. Avrei da fare, Dohor, non ho tutto il giorno per sbrigare le tue faccende ufficiali.”

Lo chiamava sempre per nome. Niente sire, o maestà, o vostra altezza, o plurale maiestatis per lui. Il Generale rimaneva il maestro storpio, e il re il marmocchio a cui aveva insegnato. “Se dovevi parlarmi di guerra potevi mandarmi un messo.”

“In verità, Endacril” replicò il re, voltandosi verso di lui “Non era esattamente il caso di passare in Accademia.”

Aveva la spada tra le mani, ed era evidente che si stava allenando. Parascheuazo sapeva che lo faceva tutti i giorni per più di un’ora.

Dohor fece per affondare la spada, poi si produsse in un tondo perfetto. “Gli argomenti di cui devo parlarti sono piuttosto… delicati.” menò con precisione la spada intorno a sé, come se davvero si trovasse nel mezzo di una battaglia. “Come sta, Ido?” chiese ad un tratto.

Parascheuazo trattenne un sorriso. Non gli era sfuggito il tono cupo e represso con cui aveva nominato il Supremo Generale dell’Accademia. “Bene.” rispose “Nella Terra del Fuoco c’è un bel clima, di questi tempi, e riesce perfettamente a tenere d’occhio la situazione nella Terra della Notte. Ti porge i suoi omaggi.” aggiunse.

Il re annuì. “Mi sono sempre chiesto perché non abbia voluto portare la sua sposa con sé.”

“Dice che non vuole metterla in pericolo.” rispose prontamente Parascheuazo “Quella è una zona calda.”

Dohor fece una smorfia. “Capisco.”

Il Generale non rispose. Si limitò ad inarcare le sopracciglia, immobile, in totale disaccordo con il fatto che Dohor potesse comprendere la preoccupazione per una sposa, aspettando che finisse. Dopo un paio di minuti, il re rilassò le braccia, e con un unico gesto ripose la spada nel fodero. Immerse le mani in una bacinella d’acqua e si inumidì il viso e il collo.

Poi fece segno alle due guardie ai due lati del trono. “Lasciateci.”

I due soldati obbedirono senza esitare, e uscirono dalla sala chiudendosi la porta alle spalle. A quel punto, Parascheuazo fissò Dohor.

“Allora? Qual è il motivo della mia convocazione a palazzo?” chiese con leggera ironia.

Il re sorrise. “In realtà di tratta di affari, Endacril. Affari che, come presumo, non ti faranno piacere.”

Il Generale ridacchiò. “Affari, dici? Affari che non mi faranno piacere…” rimase qualche secondo in silenzio, poi allargò le braccia. “Allora sono ansioso di scoprire cosa c’è che non va.”

Un lieve segno di fastidio passò sul volto del re. “Ne sono convinto.”

Gli voltò di nuovo le spalle, e si diresse con tutta calma verso un grosso ed elaborato tavolo di pietra contro il muro.

Parascheuazo notò che sopra c’era distesa una grande cartina della Terra dei Giorni, con diversi segnalini e una spessa linea rossa che indicava l’avanzata delle truppe del re. Accanto ad essa, diversi rotoli di pergamena. Dohor ne prese alcuni, e prese a sfogliarli dirigendosi di nuovo, con lentezza, verso Parascheuazo.

“Mi chiedevo…” mormorò, senza alzare gli occhi dai fogli “Avete dei registri, all’Accademia?”

Parascheuazo si mostrò sorpreso. “Registri?”

“Sì.” rispose il re “Con nomi, date d’iscrizione e di diploma dei Cavalieri di Drago.”

Il Generale sorrise sarcastico. “Lo sai benissimo, Dohor, hai passato la vita in quell’Accademia.”

Dohor alzò un secondo lo sguardo. “Rinfrescami la memoria, allora.”

Era un ordine. E Parascheuazo, divertito, obbedì. “Ne abbiamo più di uno, sì. Da quando t’interessi delle questioni formali dell’Accademia?”

Il re non rispose. Continuò a scorrere i fogli di pergamena con lo sguardo, e dopo un po’ fece: “Conosci un certo Dolbar, Endacril?”

Il Generale si mostrò sorpreso. “Dovrei?”

“Proveniente dalla Terra del Vento, ventenne, diplomato due anni fa. Stando a questa scheda ha un drago verde.” alzò gli occhi per guardarlo.

Parascheuazo scosse la testa, con una leggera inquietudine nascosta da un’espressione interrogativa.

“No?” il re prese un altro dei fogli, e lesse “Sear, ventiquattro anni, diplomato cinque anni fa. Un ragazzo nobile di queste parti, con un drago di terra. Niente?”

Parascheuazo scosse la testa, conficcandosi le unghie nella carne.

 “Liton, Fren, Kevat, Vedris… Nessuno?”

Dohor si avvicinò a Parascheuazo. Nei suoi occhi c’era una scintilla strana, diversa. Il Generale la riconobbe: vittoria. E vendetta.

“Sono tutti scomparsi dall’Accademia. Partiti per una missione e mai più tornati.” disse il re, ormai a un passo da lui “Non ne sapevi nulla?”

“No.” si limitò a dire Parascheuazo, senza battere ciglio, uno sguardo di velata sfida fisso negli occhi del sovrano “In che modo questo riguarda me?”

“Riguarda te” riprese Dohor “Perché l’Accademia è sotto il tuo controllo. E perché questi Cavalieri non sono affatto scomparsi nel nulla.”

Gli voltò le spalle, e si diresse a passo spedito verso il tavolo con la cartina “E’ stato il Generale Pineider a raccogliere queste informazioni su di loro. Nella Terra dei Giorni.” si voltò  guardarlo “Perché questi Cavalieri, Generale, combattono insieme ai ribelli!” gridò il re, sbattendo un pugno sul tavolo.

Parascheuazo rimase in un silenzio attonito. Non perché fosse sorpreso. Semplicemente, non avrebbe mai pensato che il re sarebbe venuto a saperlo.

“Non hai niente da dire a tua discolpa, Generale? Quei ragazzi erano sotto la tua responsabilità, e adesso sono nella Terra dei Giorni in aiuto dei fammin! Si sono rivoltati alla Terra del Sole, e ai loro sovrani! Come ti giustifichi per questo?” gridò il re, furioso.

Per la prima volta, davanti a Dohor, Endacril non seppe cosa replicare. Non poteva ammettere niente. Ma non poteva neanche discolparsi.

Dohor rimase per parecchio tempo immobile, in attesa che parlasse. Poi, indossò la sua maschera.

Parascheuazo la conosceva. Era la maschera del re giusto e retto, ma terribile nella collera, pronto a fare azioni all’apparenza sbagliate per il bene del suo popolo.

“Sono estremamente deluso, Generale.” dichiarò Dohor, in tono grave “Deluso dall’ordine dei Cavalieri di Drago. Deluso dall’istituzione dell’Accademia. Deluso da te.” si voltò e si diresse a passo lento e deciso verso il trono. Salì i tre scalini, si sedette e appoggiò i gomiti sui braccioli. Lo guardò dall’alto e, dopo, cominciò a parlare. “Non avrei mai creduto che l’Accademia potesse ridursi a livelli così infimi. E’ chiaro che non può continuare ad essere gestita in questo modo. Occorre prendere un serio Provvedimento a riguardo.” fece una pausa, e poi continuò “Da questo momento in avanti, decreto che ogni Generale e insegnante dell’Accademia debba passare al vaglio di una commissione composta dal re e da alcuni funzionari da lui scelti, prima di essere eletto. Stabilisco inoltre che la stessa commissione debba esaminare ogni incarico proposto ai Cavalieri, prima che esso sia loro assegnato. Ordino infine che ogni Cavaliere di Drago in missione per il Mondo Emerso torni immediatamente a Makrat, affinché sia fatta una rivalutazione profonda dei loro mandati e affinché possano riconfermare la loro fedeltà ai sovrani e al regno. Chiunque non abbia fatto ritorno entro due mesi sarà considerato un disertore, e condannato a morte. Verranno poste delle basi sui confini della Terra del Sole per coordinare il rientro dei Cavalieri, e sarà tua incombenza, Generale, vigilare sul loro operato. Personalmente. Partirai domani per il confine della Terra del Mare.” Respirò profondamente “Questo è tutto. Mi preoccuperò di far sì che questo Provvedimento divenga valido al più presto.” inclinò la testa di lato “Puoi andare. Avrai molte cose da sistemare, prima della partenza. E stavolta…” aggiunse, chinandosi leggermente verso di lui “Vedi di non deludermi.”

Parascheuazo fu sicuro di vedere il bagliore di un ghigno sul viso perfetto del re.

Strinse i denti. “Sono sicuro che questo decreto sarà provvidenziale.” disse atono “Ma non per l’Accademia.”

Prima che Dohor potesse ribattere qualsiasi cosa gli voltò le spalle, e si diresse a grandi passi verso la porta. La spalancò con rabbia, tanto che i due studenti che aveva portato con sé trasalirono dallo spavento.

Parascheuazo non li degnò di uno sguardo, deciso ad uscire il prima possibile da quel palazzo.

Non riusciva ancora a crederci.

Il marmocchio aveva appena preso in pugno tutto il Mondo Emerso.

 

 

“…In seguito, fu chiaro che Dohor aveva sposato Sulana solo per acquistare il titolo di Re della Terra del Sole. Esiliò o uccise tutti coloro che gli si contrapponevano, e avvicinò a sé le persone che potevano aiutarlo per i suoi scopi.
Da allora, governa con il pugno di ferro sulla Terra del Sole, e mira a estendere il proprio dominio su tutto il Mondo Emerso. Non si cura dei bisogni del popolo, non più dello strettamente necessario, e di rado. Sta sferrando violenti attacchi contro i fammin  della Terra dei Giorni, e temiamo che non riusciranno a resistere ancora a lungo.

Noi, storici e letterati, che viviamo a stretto contatto con quest’uomo spregiudicato, tremiamo all’idea che possa riuscire nei suoi scopi. Questo significherebbe un nuovo regno del Tiranno, una nuova epoca scura per il nostro amato Mondo Emerso.

Preghiamo gli dèi che non ci riesca."

Dagli Scritti di Trea, Storico di Corte, frammento.

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Note:

Ecco, cominciamo con i commentini di fine capitolo.

Questo primo, in particolare, può sembrare piuttosto noioso, ma stiamo cercando di imitare l’impostazione troisiana della storia –la citazione da un documento “storico” ne è un esempio- per cui un prologo ci voleva. E’ più che altro un riepilogo del panorama sul quale si svolge la nostra storia: Dohor è re della Terra del Sole da circa otto, nove anni, e ha già il protettorato della Terra della Notte. Adesso si è lanciato alla conquista della Terra dei Giorni allo scopo ostentato di riportare la pace tra i fammin che adesso vivono lì, dopo che re Rewar –il precedente sovrano della Terra della Notte- l’ha attaccata. In realtà, come saprà chiunque abbia letto le Guerre, il suo scopo è semplicemente quello di impadronirsene, ma i re delle altre Terre non lo sospettano ancora. Dohor in effetti è visto, per il momento, soltanto come un giovane filantropo.

Ovviamente qualcuno è più sveglio; il Consiglio delle Acque è appena nato, e ancora il re della Terra del Sole non sa della sua esistenza. Il ruolo del Consiglio nella guerra della Terra dei Giorni è semplicemente di supporto e di aiuto, per adesso.

La situazione è più o meno questa… La trama comincerà a delinearsi nei seguenti capitoli. Vi promettiamo che gli altri sono meno noiosi XD

A prestissimo,

Josie e June

  
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